I commenti di Davide Mannucci ai finalisti

Appuntamento alle 21.00 di lunedì 17 ottobre con un tema di uno dei due Campioni della Nona Era: Davide Mannucci
Avatar utente
antico
Messaggi: 7161

I commenti di Davide Mannucci ai finalisti

Messaggio#1 » mercoledì 16 novembre 2022, 18:28

Sono davvero contento di aver avuto la possibilità di vivere un’esperienza così emozionante e gratificante. Dovrei ringraziare MC per avermela data ma il merito è solo mio che ho vinto... Battute autocelebrative a parte, faccio i complimenti a tutti gli autori. La qualità dei racconti è davvero alta e per me stilare una classifica è stato davvero difficile. Il tema, apparentemente, sembrava offrire la strada più ovvia, perché scrivere di sentimenti è considerato facile, ma può diventare un’arma a doppio taglio e farti male perché, come diceva il nonno, “Ognuno faccia il suo”. In realtà era un tema che lasciava campo libero e la maggior parte di voi ha spaziato in lungo e in largo. Più o meno quasi tutti avete messo il tema al vostro servizio, che è quello che volevo vedere. I racconti strappalacrime, non tutti ma la maggior parte, non sono mai stati patetici o pieni di cliché e mi hanno consolato perché ho piacevolmente scoperto che il vizietto ce l’hanno anche altri e ci sanno fare. Complimenti a tutti. Se ho scontentato qualcuno chiedo scusa. Ho cercato di fare tutto nel miglior modo possibile. Grazie ancora a MC, a me stesso che ho acchiappato il Lauro su quella poltrona da Campione e soprattutto a voi che avete scritto racconti che mi hanno emozionato.


COME SE FOSSE FACILE
Il racconto descrive concretamente e in modo piuttosto accurato ciò che succede a un genitore quando si affacciano le prime esperienze per i figli, soprattutto i primi “allontanamenti”. Anche lo stile è buono, anche se una prima persona così immersiva aiuta sì a calarsi nella scena ma, in questo caso e naturalmente secondo la mia personale opinione, rischia di togliere qualcosa all’empatia col protagonista. Si ha come l’impressione che chi narra sia un padre telecamera che descrive tutto alla perfezione ma che trasmette poca emozione. Il racconto è piacevole ma manca di personalità emotiva, quel colpo di reni emozionale che il lettore, che si tratti di un rosa, di un giallo o di un horror, vuole sentire. Ripeto che il racconto descrive tutto bene ma lo fa, almeno con me, senza trasmettermi emozioni, come se l’autore non masticasse questo genere e fosse stato molto più attento alla forma (corretta) piuttosto che al contenuto. Ho trovato che mancasse un conflitto su cui strutturare tutta la scena. Questa è la mia opinione ovviamente. La storia resta buona, è pur sempre finalista di un’edition dalla qualità più che buona.

NON TI LASCIO ANDARE
Un racconto scritto da qualcuno che sa scrivere davvero bene. Questo è il commento che ho fatto mentalmente alla fine della lettura. In realtà è quello che è successo all’inizio che mi ha portato a una valutazione più che positiva. Con quel “Gne gne” sono stato trascinato nel bel mezzo della storia. Un gancio davvero degno di nota. In un attimo ho provato empatia per la vittima, ho compreso la follia del carnefice e sono rimasto sospeso tra l’ironia comica di quell’espressione e la drammaticità del contesto. Complimenti davvero per la trovata geniale. Conquistare un lettore con uno GNE GNE non è da tutti. Lo stile è ottimo perché non mi sono mai inceppato e niente mi ha strappato da quello che stava succedendo in quell’appartamento. Ho concluso la lettura con l’angoscia per la fine del povero portiere ma anche con la speranza che riuscisse a disarmarlo e a ribaltare la situazione. E questo succede quando un racconto è scritto come Dio (o chi per esso) comanda. Complimenti.

CELSO
Ottimo racconto che non raggiunge le vette della classifica solo perché la qualità dei racconti è schifosamente alta. Ottima la descrizione dei fatti e perfetto l’inserimento del gatto in tutta la struttura. Protagonista evidente nel titolo e silente ed efficace coprotagonista nello svolgimento. L’unico neo del racconto, che di fatto è quello che lo penalizza in classifica rispetto agli altri sopra, è il tema messo in bocca a Celso. Aveva lavorato così bene il micio nella funzionalità della storia che mi è sembrata una forzatura fargli esporre il tema. Magistrale lo stile che non appesantisce un monologo che poteva altrimenti risultare ridondante. Devo fare i complimenti a chi ha scritto questa storia, capace di emozionare in così pochi caratteri. Il dettaglio e la frase sul tonno sono da applausi.

NA-NA-NO
Racconto che colpisce allo stomaco, soprattutto se certe esperienze si sono vissute più o meno da vicino. La declinazione del tema non è certo la più originale ma la realizzazione, almeno fino al finale, è davvero degna di nota. Lo stile è davvero buono perché la storia va via liscia senza appesantirsi mai. L’unico appunto che faccio alla storia, ed è quello che la penalizza pesantemente ai fini della classifica, è il finale che arriva improvviso, veloce, senza fermarsi neanche il tempo di poterlo apprezzare. Sono sicuro che con mille caratteri in più sarebbe venuto fuori un racconto da applausi. Consiglio a chi lo ha scritto di passare dal laboratorio e svilupparlo senza limiti di caratteri perché per tre quarti è perfetto e quello che è stato seminato non va tagliato, neanche di una virgola. Ma un racconto dal potenziale così alto merita un finale più ampio, con un maggior approfondimento psicologico del protagonista. Complimenti.

PAUSA PRANZO
Altro racconto molto ben scritto ma penalizzato da una qualità generale altissima che mi costringe a fare una classifica con parametri spesso minuscoli e davvero oscillanti. Detto questo, ho apprezzato la tensione che cresce in modo progressivo e lineare. La storia nel complesso è buona anche se, a mio avviso, andava preparato meglio il finale, con una semina più accurata. La seconda persona secondo me in questo caso stona un po’ perché non sono riuscito a empatizzare con Marta, apparentemente perfetta, forse troppo, al limite della nausea. Per carità, nessun grosso problema ma, sempre secondo me, una terza o una prima mi avrebbe permesso di coinvolgermi molto di più, con distacco da Marta e quindi più disponibile a mettermi nei suoi panni. Pardon, sono un lettore complicato! Detto questo la seconda persona, seppur forse non adatta alla storia, è stata usata molto bene. Una buona prova giustamente arrivata in finale.

MI VIVI DENTRO
Racconto emozionante e struggente. Non ho un gatto, ho un cane ma il risultato non cambia se cambi animale: ho un gran mal di stomaco adesso e per il momento mi affido alla giovane età del mio Beagle ma se penso e mi calo completamente nel racconto smetto di leggere e mando a monte l’edition. Insomma, il racconto emoziona e anche con me c’è riuscito. Vabbè, io ho il vizietto si sa e mi emoziono facilmente. Ma è proprio questo che a volte frega. Si scrive di getto, si scrive di cose che si sono vissute e, anche quando si scrive bene, perché questo racconto è scritto davvero bene, la forma e qualche sfumatura sintattica ne risentono e, in contest dove la qualità è alta, i dettagli fanno la differenza. Forse mi sbaglio ma la sensazione è che la storia sia stata realmente vissuta e il racconto scritto con le lacrime agli occhi. Dico questo perché i pochi racconti che ho scritto su una storia che mi ha dilaniato dentro (quelli dove c’è una bambina come protagonista) sono quelli meno riusciti al fine della gara. Questo però è riuscito ad arrivare in finale proprio perché chi lo ha scritto è qualcuno che ci sa fare quando scrive. Con meno coinvolgimento questo sarebbe sicuramente andato a dar noia al podio ma probabilmente non mi avrebbe regalato lo straziante mal di stomaco che ho adesso e non mi avrebbe regalato queste emozioni che, anche quando fanno male, fanno un gran lavoro dentro. Grazie.

AXA
Se questo non lo ha scritto Maramonte allora in MC deve essere arrivato qualcuno che mastica la fantascienza come fa il nostro amico pugliese. Ben scritto davvero e perfettamente gestita la trama. Ho adorato l’atmosfera nella quale ci si cala già dai primi caratteri. Non sono un amante della fantascienza ma qui su MC, anche grazie ad autori così, ho imparato ad apprezzarla. Ognuno deve fare il suo, diceva mio nonno, e questo autore il suo lo sa fare davvero bene.
Sono stato rallentato a tratti dai corsivi perché non sempre ho capito bene chi stesse parlando o pensando ma poi in seconda lettura ho messo le cose a posto. Forse la prosa in alcune frasi è un po’ troppo ridondante, quasi da anni 70 ma niente che vada a scalfire una prova davvero ottima che solo per dettagli e la (quasi) perfezione dei racconti sopra questo, non arriva sul podio. Davvero complimenti.

L’INFANTICIDA
Non avevo capito che i bambini fossero i futuri dittatori, proprio non c’ero arrivato, anche se i dettagli seminati magistralmente nel corso della storia mi avevano incuriosito. Poi, alla fine sono partiti i “Aaaah ecco perché il figlio del fabbro” o i “Porca vacca, Josif e Francisco, ma certo!”. E questo succede quando la semina è fatta bene. L’autore sa quel che fa e sa come fare quando vuole portare una storia da A a B. Belli i dialoghi, efficaci i Tag e chirurgici i beat. Nulla da dire sullo stile perché niente ti stacca da quel tavolino, dalle carte distribuite (che bel dettaglio, che bel modo per non annoiare il lettore e per distrarlo dalla semina!) e dall’undicesima sigaretta del collega più anziano. Ottima la rivelazione finale, fatta con semplicità ma allo stesso tempo con tensione drammatica. Un altro racconto che mi ha fatto battere il cuore, che poi è quello che desidera un lettore. Racconto che non si dimentica, complimenti.

OPERAZIONE BARBAGIANNI
Un racconto decisamente originale nel suo svolgimento. Si crede di trovarsi davanti al solito poliziesco, neanche troppo di qualità peraltro, e ci si ritrova a commentare ad alta voce “CASPITA!” per poi sentire la figlia che esclama “Babbo...anche meno” perché in realtà scappa qualcosa di più colorito di un semplice caspita... Che dire? Trattare in modo così ironico un tema come le patologie mentali è rischioso ma se riesce bene di solito i risultati sono degni di nota e in questo caso direi proprio che ci siamo. I caratteri limitati forse hanno ingabbiato i troppi personaggi rendendo a volte la storia confusa ma la resa nel complesso c’è e c’è pure bene. Si passa dal dialogo tra poliziotti alla pillola che sa tanto di fantascienza e poi PUFF, ci si trova legati dalle cinghie che, nella testa del protagonista, escono dal giubbotto antiproiettile (geniale). Non si piazza troppo in alto in classifica solo perché lo stile, decisamente buono anche se migliorabile, è a tratti un po' pesante, da sbozzare. Però un racconto che mi ha emozionato strappandomi sorrisi e quel caspita di cui sopra. Prova più che buona.

VEGLIA
Racconto dalla declinazione molto prevedibile ma scritto bene, anche se quei periodi lunghi mi hanno fatto perdere a volte il filo. L’uso della prima persona, che sembra facile ma spesso è un’arma a doppio taglio, in questo caso è davvero ben riuscito. La storia affronta un tema doloroso e lo fa senza cadere nel patetico o nei luoghi comun i. Ho apprezzato la delicatezza e la semplicità con cui trapela l’assoluta indifferenza dei genitori nei confronti della volontà del figlio. C’è tanto background qua e si sente. Una scrittura consapevole, anche se manca quel qualcosa che costringa il cuore a fare a cazzotti con lo stomaco. Nel complesso una prova buona in una finale davvero bella di racconti ben scritti.

ANCORA QUI
Racconto davvero bello e scritto con uno stile che per me è inconfondibile. Probabilmente faccio una figuraccia ma questo credo lo abbia scritto un tale della Liguria che in questo periodo dovrebbe fare la spola tra distese di ulivi e frantoi vari. Sì, lo stile è quello di Scattina ma dopo la figuraccia del mio collega Campione d’Era che ha scambiato il sottoscritto per il buon Michael, lo dico sottovoce. Ma venendo al racconto direi proprio che qua alziamo l’asticella della qualità. Ottima la declinazione del tema. E poi è carico di tensione emotiva. Sì, mi sono emozionato molto via via che leggevo. La storia apparentemente è un dialogo tra un barbone e un cane (anzi, un monologo che nella testa del tizio è un dialogo, bellissima resa, chapeau!) e potrebbe passare inosservato tutto il background che si annusa fin dall’inizio ma l’autore lo fa emergere in modo così naturale da far sembrare facile scrivere un racconto così. Empatizzare con entrambi i protagonisti della storia è automatico. Complimenti davvero. L’unico neo, forse, è la mancanza di maggiori dettagli sensoriali che aiutino ancor di più a calarsi in un contesto così particolare. Un’ultima curiosità, prima di concludere: e se la storia la facessimo raccontare dal cane?

DON’T SAY A PRAYER FOR ME NOW
Ho iniziato a canticchiare appena ho letto il titolo e, anche mentre leggevo, ho lasciato la mia cantilena in sottofondo. Che bel racconto! Che bella esperienza leggere racconti così. La semina è ottima anche se con un po’ di cultura musicale, un minimo di attenzione ai nomi e un inizio di adolescenza devastata dal gesso alla gamba di Simon Le Bon, si intuisce che il finale ci porterà in quella direzione. Però il tutto è fatto in modo sottile e delicato. Si sposta l’attenzione del lettore sullo scontro generazionale padre/figlia con dettagli importanti. L’indifferenza della figlia coperta dalla fretta di prepararsi e uscire è un pugno allo stomaco.
Tutto si svolge in modo così naturale che l’angoscia sale via via che leggi. Perché si sa che accadrà qualcosa, perché questo racconto ti presenta la normale e pericolosa tranquillità di una giornata ordinaria. Perché sai che ogni momento con la persona che ami è importante ma puntualmente rimandi quei momenti alle occasioni speciali e la quotidianità è data per scontata, perché “Tanto ci vediamo domani”. Tremenda questa frase, bravissimo e chirurgico l’autore in questo caso e, quando arriva la parola Bataclan, diventa una bomba che esplode e una frase che martella nella testa per tutta la vita: “Tanto ci vediamo domani”. Non sappiamo se la ragazza sarà tra le vittime dell’attentato ma sappiamo comunque che la vita del padre non sarà più la stessa: ci saranno traumi e ferite da curare e allora la vita ti avrà dato un’altra possibilità oppure vivrai per sempre con quel “tanto ci vediamo domani” piantato nella testa.
Ecco, questa è una piccola porzione delle tante emozioni che mi ha dato questa storia. Dire così tante cose in così pochi caratteri (in questo caso più di mille in meno di quelli a disposizione) significa saper scrivere, essere scrittori consapevoli e avere la capacità di dire anche quando non si scrive tutto. Un racconto da standing ovation, perché riesce ad arrivare davanti a racconti scritti in modo esemplare. Insomma, chiunque tu sia, hai vinto.



Torna a “167° Edizione All Time - Davide Mannucci Edition - La 2° della Decima Era”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite