C'È SEMPRE TEMPO di Maurizio Chierchia
Inviato: martedì 17 gennaio 2023, 0:48
Le onde trasportano sulla spiaggia schiuma malsana, come se qualcuno avesse rovesciato in mare un container di shampoo scadente per inquinare l’oceano intero. Una puzza di uovo marcio ricopre l’isola e la avvolge in una nebbia invisibile di gas putrescente. Le nuvole sulla mia testa fanno da tetto alla valanga di domande che mi attanagliano, imprigionandole nella mente, senza dargli possibilità di fuggire in cerca di risposte.
Che ci faccio qui? Dove mi trovo? Perchè non c’è nessuno?
In lontananza un tuono preannuncia l’arrivo di una tempesta, sull’orizzonte i fulmini si aggrovigliano dentro le nubi. Devo trovare riparo al più presto!
L’isoletta non sembra grande, al suo centro si erge un ammasso enorme di roccia nera. La vegetazione è assente. Non c’è un albero, un cespuglio, nemmeno un ramoscello secco. Ovunque volga lo sguardo trovo solo una distesa grigia e desolata, solo il mio costume rosso spicca in mezzo a questo mortorio. Anche il silenzio che permea questo posto mette i brividi.
Attraverso la spiaggia di pietre taglienti cercando di stare attento a non squartarmi un piede. Più mi avvicino alla parete rocciosa più questa si innalza imponente, piena di pertugi e cunicoli che da lontano non avevo notato. Un lampo illumina l’entrata di una piccola caverna a pochi metri da me. Seguo il consiglio di madre natura e mi ci fiondo dentro.
Abituo in poco tempo gli occhi all’oscurità, sono rintanato in un buco scavato nella pietra non più largo del mio monolocale. Mi siedo a terra spalle al muro, il soffitto fa da lavagna ai miei quesiti dove cerco di riordinare le idee.
«Stamattina ero a casa, sono andato in spiaggia, ho fatto il giro con la tavola… c’era una signora che grid—» Un rumore alla mia destra mi fa sobbalzare!
Una piccola figura spunta fuori da un tunnel minuscolo impossibile da notare al buio. Indossa un costumino rosa a due pezzi, anche se il pezzo di sopra è superfluo, ed è coperta di polvere. È una bambina e avrà si e no tre anni! Che ci fa qui una bambina?
Appena mi vede mi salta addosso, avvinghiandosi a me come un koala a un albero d’eucalipto. La stringo forte… non so perché… forse per un istinto di protezione naturale verso una creatura indifesa? O forse perché per me è naturale proteggere?
«Come ci sei finita qui? Dove sono tua mamma e tuo papà?» Stacco delicatamente la presa e mi chino per guardarla negli occhi. A differenza di quanto immaginassi, non piange dalla paura e non sembra per niente spaventata.
Magari i suoi genitori vivono su quest’isola e possono aiutarmi!?
«Come ti chiami piccola? Sai che è proprio grazioso quel costume?» Una scintilla nei suoi occhi tradisce l’emozione che prova nel sentirsi ammirata.
«Maria, mi chiamo Maria! Ti piace? L’ho scelto io!» Salta di gioia, piroettando e mettendosi in mostra come una principessa.
«Taaaantissimo! Ora però, potresti portarmi dalla tua mamma?» Incrocio le dita dietro la schiena, sperando che questa bimba possa realmente condurmi da qualcuno.
«Certo! Vieni! Ti sei già dimenticato?»
Già dimenticato? Dimenticato cosa?
Incurante della tempesta in arrivo, Maria sgattaiola fuori dalla grotta e corre verso la spiaggia, dalla parte da cui sono venuto. È veloce la piccoletta!
Parto all’inseguimento della leprotta rosa e in pochi secondi la raggiungo, rischiando di cadergli sopra e di schiacciarla. Non so come, ma mi sembra di aver già vissuto tutto questo. Una sorta di déjà vù!
Fermi nel punto in cui ho ripreso conoscenza, Maria mi indica una donna. È inginocchiata su un corpicino esile col costumino rosa… e accanto a quello di un ragazzo dal costume rosso!
«Ecco la mamma! Tu l’hai salvata! Ricordi?»
Nella mia testa i ricordi si fanno più vividi.
Una bambina che corre verso un mare in tempesta, la madre che cerca disperatamente di salvarla dalle onde, i polmoni che mi si riempiono fino a scoppiare…
L’ennesimo lampo rischiara il cielo e le mie idee. Ora so dove sono!
Prendo in braccio Maria e insieme fissiamo l’orizzonte.
In fondo, non è mai troppo tardi per salvare qualcuno!
Che ci faccio qui? Dove mi trovo? Perchè non c’è nessuno?
In lontananza un tuono preannuncia l’arrivo di una tempesta, sull’orizzonte i fulmini si aggrovigliano dentro le nubi. Devo trovare riparo al più presto!
L’isoletta non sembra grande, al suo centro si erge un ammasso enorme di roccia nera. La vegetazione è assente. Non c’è un albero, un cespuglio, nemmeno un ramoscello secco. Ovunque volga lo sguardo trovo solo una distesa grigia e desolata, solo il mio costume rosso spicca in mezzo a questo mortorio. Anche il silenzio che permea questo posto mette i brividi.
Attraverso la spiaggia di pietre taglienti cercando di stare attento a non squartarmi un piede. Più mi avvicino alla parete rocciosa più questa si innalza imponente, piena di pertugi e cunicoli che da lontano non avevo notato. Un lampo illumina l’entrata di una piccola caverna a pochi metri da me. Seguo il consiglio di madre natura e mi ci fiondo dentro.
Abituo in poco tempo gli occhi all’oscurità, sono rintanato in un buco scavato nella pietra non più largo del mio monolocale. Mi siedo a terra spalle al muro, il soffitto fa da lavagna ai miei quesiti dove cerco di riordinare le idee.
«Stamattina ero a casa, sono andato in spiaggia, ho fatto il giro con la tavola… c’era una signora che grid—» Un rumore alla mia destra mi fa sobbalzare!
Una piccola figura spunta fuori da un tunnel minuscolo impossibile da notare al buio. Indossa un costumino rosa a due pezzi, anche se il pezzo di sopra è superfluo, ed è coperta di polvere. È una bambina e avrà si e no tre anni! Che ci fa qui una bambina?
Appena mi vede mi salta addosso, avvinghiandosi a me come un koala a un albero d’eucalipto. La stringo forte… non so perché… forse per un istinto di protezione naturale verso una creatura indifesa? O forse perché per me è naturale proteggere?
«Come ci sei finita qui? Dove sono tua mamma e tuo papà?» Stacco delicatamente la presa e mi chino per guardarla negli occhi. A differenza di quanto immaginassi, non piange dalla paura e non sembra per niente spaventata.
Magari i suoi genitori vivono su quest’isola e possono aiutarmi!?
«Come ti chiami piccola? Sai che è proprio grazioso quel costume?» Una scintilla nei suoi occhi tradisce l’emozione che prova nel sentirsi ammirata.
«Maria, mi chiamo Maria! Ti piace? L’ho scelto io!» Salta di gioia, piroettando e mettendosi in mostra come una principessa.
«Taaaantissimo! Ora però, potresti portarmi dalla tua mamma?» Incrocio le dita dietro la schiena, sperando che questa bimba possa realmente condurmi da qualcuno.
«Certo! Vieni! Ti sei già dimenticato?»
Già dimenticato? Dimenticato cosa?
Incurante della tempesta in arrivo, Maria sgattaiola fuori dalla grotta e corre verso la spiaggia, dalla parte da cui sono venuto. È veloce la piccoletta!
Parto all’inseguimento della leprotta rosa e in pochi secondi la raggiungo, rischiando di cadergli sopra e di schiacciarla. Non so come, ma mi sembra di aver già vissuto tutto questo. Una sorta di déjà vù!
Fermi nel punto in cui ho ripreso conoscenza, Maria mi indica una donna. È inginocchiata su un corpicino esile col costumino rosa… e accanto a quello di un ragazzo dal costume rosso!
«Ecco la mamma! Tu l’hai salvata! Ricordi?»
Nella mia testa i ricordi si fanno più vividi.
Una bambina che corre verso un mare in tempesta, la madre che cerca disperatamente di salvarla dalle onde, i polmoni che mi si riempiono fino a scoppiare…
L’ennesimo lampo rischiara il cielo e le mie idee. Ora so dove sono!
Prendo in braccio Maria e insieme fissiamo l’orizzonte.
In fondo, non è mai troppo tardi per salvare qualcuno!