I commenti di Andrea Lauro ai finalisti

Appuntamento fissato per le 21.00 di lunedì 20 febbraio con un tema del Campione in carica (ex aequo con Davide Mannucci) Andrea Lauro!
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I commenti di Andrea Lauro ai finalisti

Messaggio#1 » mercoledì 15 marzo 2023, 15:51

Prefazione ai commenti

Allora: la mia paura era che il tema fosse troppo restrittivo. Perché sì, sulla carta poteva anche sembrare buono, mi son messo lì con l’Antico a girarlo da una parte e dall’altra per essere sicuro che fosse abbastanza buono. Ma poi arriva il momento della verità, quando lo sottoponi a voi concorrenti e mi fischiano le orecchie per tutti i saracchi che tirate. E magari li avete pure tirati, eh.
Ma i racconti che sono venuti fuori sono strepitosi. Stre-pi-to-si. Ce n’è davvero per tutti i palati, generi diversissimi, delle idee che mi hanno fatto saltare sul divano. E una qualità superba, sono rimasto basito.
E poi penso, devo metterli pure in fila, #mannaggiaamè. Dura lex sed lex. E niente, è stata un’impresa, me li ero pure stampati, rendendomi complice della deforestazione, pur di leggerli e rileggerli in vari momenti della giornata. Li ho spostati su e li ho spostati giù. Mi son detto, qui valorizziamo il bilanciamento generale della storia. Qui l’idea è pazzesca, non può restare sotto. Qui c’ho lasciato un pezzo ‘e core, che vogliamo fare?
E alla fine la classifica ha preso vita. Spero d’avervi reso giustizia almeno con i commenti.
E vi ringrazio ancora, m’avete regalato dei racconti immensi.


I commenti

Un’altra volta
Questo pezzo mi è piaciuto tantissimo. Anche a una seconda lettura (e a una terza) non perde il suo fascino, tutto è al posto giusto. Il nome stesso del dispositivo, “ricordatore”, è così raffazzonato che sembra proprio dire: attenti, non badate a me, datemi per scontato ma focalizzatevi sulla bella storia che c’è dietro. Un po’ come in “The eternal sunshine of the spotless mind”.
“E se io, di nuovo, non fossi pronto?” in questa piccola battuta c’è tutta l’angoscia del protagonista, l’incapacità di sentirsi adeguato al proprio ruolo.
Adoro il momento in cui a metà c’è il twist: quando entra in scena lei, la figlia che li guarda e tutto prende una piega diversa. Da lì il riscatto, il sospiro di sollievo e nuove consapevolezze.
Senza contare che la stessa scena, giuro praticamente identica, mi è successa nemmeno un mese fa. Anche a noi è andato tutto bene, eh, ma un mezzo trauma da scampato pericolo c’è stato eccome. Di quelli che cominci a dire, oh da adesso la mia vita deve essere buona davvero, perché mi hanno appena dato un giro gratis.
Piena empatia per il protagonista perché ancora adesso sto lì a chiedermi, e se fossimo stati mezzo metro più avanti?
Grazie per questo pezzo, se quest* autor* ha già pubblicato voglio leggere qualcosa di suo!

Perdonami perché ho peccato
Questo è proprio un pezzo centrato. Equilibrato, azzeccato. E di una difficoltà tecnica pazzesca: due punti di vista che si danno il cambio, più personaggi che nonostante il poco spazio a disposizione sono ben caratterizzati, battute di dialogo con il giusto taglio ironico, la trasformazione e il riscatto della protagonista.
L’autor* ha giocato duro, e l’ha fatto dimostrandosi decisamente all’altezza. Complimenti!

Alan e Rose. Sempre.
Altro bellissimo pezzo. F. Brown risorge e scrive per Minuti Contati! E lo fa dosando sapientemente i dialoghi, i dettagli, rende i personaggi credibili.
Un racconto che se l’avessi letto in Cosmolinea B-2 non mi sarei accorto della differenza. C’è altro da dire?

25 novembre
Un crescendo di violenza psicologica e, come si poteva intuire dalle prime righe, anche fisica.
Ho molto apprezzato come sia stato ben dosato il climax di questo terribile pezzo, che aumenta la portata e la velocità della crisi fino al punto zero, quell’unica parola a separare: “Respiro.”
L’autor* mette in pausa, si prende tempo, e con la battuta finale setta il nuovo ordine. Decisamente efficace. Davvero nulla da dire, mi spiace che in vetta ci fossero tutti questi piccoli capolavori tra cui dover scegliere.

Cicatrici
Caspita, un pezzo bello pesante. Chi può sapere cosa gira nella testa di un’adolescente (spero d’averla immaginata dell’età giusta) nel percorso di elaborazione di un lutto. Abbiamo una figura materna che manca così tanto da essere presente. Un padre che non riesce a comunicare la propria disperazione. E questa Sara che vorrebbe far di più ma probabilmente non si sente legittimata. E lei, Adele, si procura delle lesioni e le tiene nascoste, evita il confronto con chi le vuole.
Incomunicabilità, semplicemente, da parte di tutti e quattro. Se proprio proprio, ma mi rendo conto che è una grossa pretesa, mi sarebbe piaciuto avere uno scorcio ulteriore, un fil rouge tra queste isole per alzare ancora l’impatto finale.

L’isola del tesoro
Ma molto carino anche questo! Mi è piaciuta molto la declinazione diversa che è stata data del tema. Il vecchio pirata e la sua amica di una vita. Amica e pure un obiettivo, un obiettivo perseguito per tutta la vita e sempre raggiunto a metà, ma poi in fondo ci va bene anche così, ridimensioniamolo questo obiettivo, riempiamolo della nostra vita e capiamo assieme dove si va a finire.
Un racconto davvero piacevole, metaforico e… umano.

Ci penserà il gatto
Oh, un pezzo molto godibile. Partito da una premessa chiara e divertente, “gliel’ho ripetuto mille volte che non so badare al gatto”, ha mantenuto stabile la cifra scanzonata fino alla fine.
L’ho trovato equilibrato. Ecco, rispetto al racconto “Il Torinese”, in cui avevo sentito il problema di quella punch-line sola soletta che lasciava le aspettative troncata a metà, qui invece trovo che l’effetto sorpresa sia stato metabolizzato in modo efficace.
Non un racconto da vetta della classifica, ma davvero niente male.

Il torinese
Ahah il classico caso in cui ti dici, ok adesso devo rileggerlo tutto per vedere come mi ha fregato.
Allora: la narrazione mi è piaciuta, riesci a restare in linea con il flusso narrativo senza doverti fermare. Da questo punto di vista l’autor* ha dimostrato bravura nel creare la trappola. E penso che ci siamo cascati tutti, anche perché noi procediamo e sappiamo che sta per succedere qualcosa, lo intuiamo e guarda un po’, non era quello!
Ecco, se si dovesse rimettere mano al testo io però eliminerei quella riga “Per fortuna che la mia cara mogliettina doveva andare a spasso per le vie dello shopping”. Quella, subito dopo “Dove stai andando, furbetta?”, la sento come un forzare troppo la mano nel tentativo di depistarci.
La punch-line finale (ma immagino di non essere stato l’unico a farlo notare): la battuta di dialogo arriva di botto, e il racconto chiude. Fine? Ho quello smarrimento di non aver capito. Poi passa mezzo minuto, aspetta no, quello che l’autor* voleva farmi scoprire era il depistaggio. Ecco, questo mezzo minuto (mezzo minuto per me che son tardo, per gli altri saran stati dieci quindici secondi) è per me l’unico punto veramente debole. Perché ti lascia così, con l’attesa troncata sul più bello, soprattutto dopo una narrazione così liscia. Insomma, i dubbi che rimangono in testa sono due: 1) sono stato fregato 2) non ho capito.
Il primo è buono e salutare, il secondo no. Sono sicuro che con una linea in più, magari qualcosa di ironico sulla moglie lasciata a pensare a tutt’altro, il lettore avrebbe eliminato il dubbio #2 e il finale sarebbe stato più impattante. Il racconto “Ci penserà il gatto” secondo me gestisce meglio questo difficile compromesso.
E in tutto questo, chi va a prendere Michele al mini-basket?!

Il soffritto
Oddio, volete farmi morire. Cioè, io ti arrivo all’ultima riga, l’ultima riga di questo racconto in cui mi viene una fame del porco perché insomma, ‘sto soffrittino vogliamo farlo diventare qualcos’altro, insomma che ci facciamo, qualcosa di leggero o più carico, dimmelo per favore. E pure il bianco del Sud ci mettiamo, visto che m’era già venuta fame perché non accompagnarla bene, ‘sta cosa.
Ti arrivo all’ultima riga, dicevo, di questa cena che si prospetta impegnativa, tutti i sensi all’erta, e noi ci stiamo male perché cominciamo a pensare dove possa essere la magagna, starà nel pacco che è arrivato, starà nel modo in cui lui si accorge di non averle mai detto quanto stava bene.
E prima di arrivare all’ultima riga poi mi dico be’, è proprio vero che la meta sarà bella, ma alla fine è il viaggio che hai fatto per arrivarci a rendere il tutto migliore, no? Chissà quanto sarò contento quando arriverò al finale e guarderò indietro dicendomi, che bel panorama.
E poi ti arrivo all’ultima rigAAAAAAAAAARRRRRRRRGGGHHHHH.
E va bene. Me la metto via.

La gita
Mi è piaciuto lo scambio iniziale tra i due protagonisti, l’ho trovato molto efficace per essere catapultati in un contesto diverso dal nostro. Divertente anche il techno-blabbing, funzionale per dare questa idea di impaccio nel predisporre tutti i bagagli per la vacanzina (ho riso su “sferofrigo”).
Secondo me fino alla battuta “Tre anni - risponde Linda con voce metallica” la tensione è stata gestita molto bene. Siamo in un contesto domestico simil-serio, con tecnologia a profusione e asfalti metallici (!), e l’introduzione di un criceto di venticinque chili appare perfettamente normale, benissimo.
Ecco, da questo punto però la tensione ha cominciato a sfilacciarsi. Arriva l’infodump sulla politica energetica globale, arrivano il background su Gerardo, il modo in cui Linda riesce a risolvere i problemi. Ma nel frattempo abbiamo perso la presa sui modi indaginosi della coppia per gestire la situazione, secondo me era questo il vero asset del testo.

Fa la tua scelta
Un testo in cui il meccanismo a più piani temporali ci permette di avere una visione d’insieme sulla scelta non facile del protagonista. Che a noi sembra facilissima, beninteso! L’antagonista appare subito fredda (“niente lacrime”) e arrivista, ci si schiera istintivamente contro.
Abbiamo molti dettagli visivi, in questo racconto. Non sempre però tutti questi dettagli hanno il focus sulla narrazione, non ci aiutano con la storia ma risultano più dei segnaposto, degli strumenti per tagliare i dialoghi. Lo so, è difficile andare al di là del puro “gesto meccanico”, ma siccome ho avuto questa impressione solo nella prima parte e non nella seconda, sono sicuro che è solo questione di rivedere il testo per dare equilibrio al tutto.
Peccato per i refusi q.b. sparsi nel testo (e nel titolo).

Che colpo!
Un racconto di genere heist! Interessanti i modi sempre nuovi che trova il protagonista per chiudere il colpo. L’uso dell’ossigeno è divertente, un po’ rischioso forse, ma d’altronde l’isola alle Seychelles non ammette ripensamenti.
Ecco, mi sarei giocato meglio il colpo di scena finale. L’espediente narrativo del partner che fa il doppio gioco non è una novità, è molto utilizzato in film e serie tv e proprio perché piace agli spettatori. Io lo apprezzo, ad esempio. E allora usiamolo! Però avrei seminato meglio. Marica all’inizio si mostra titubante, ok, ma non abbiamo davvero motivo di pensare che ci possa essere sotto altro. Qual è il suo bisogno? Tiene davvero al protagonista? Per lei è solo un lavoro, e la preoccupazione è di altro tipo?
Mi rendo conto non sia facile utilizzare i dettagli e i dialoghi giusti per creare questa semina, però l’effetto su quelle due righe finali sarebbe dirompente!



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