Una Napoli - Juri Villani
Inviato: domenica 2 aprile 2023, 11:05
Ciao e buona sfida e divertimento a tutti.
Bonus: tutti
Potere inutile - protagonista
Animale fastidioso - presente
Oggetto anacronistico - presente
Una Napoli
Edoardo si rigira di scatto nel letto, il telefono sta suonando con il fastidioso triin triin preimpostato da sveglia, e lui inizia la sua giornata come al solito, con una bella bestemmia.
Che cazzo di ore saranno?, pensa, con gli occhi abbottonatissimi a causa delle tre ore scarse di sonno di cui ha potuto godere quella notte.
Una birra e poi a letto, si era detto. Sì, come sempre… è rientrato alle quattro.
“Buongiorno, Edoardo, oggi ti aspetta una giornata ricca di impegni gratificanti.” Zitta, per favore.
Sì concentra un istante e riesce a far star zitta l’AI dello smartphone. Ride tra sé. Potevano toccargli in sorte chissà quali poteri, col mondo pieno di polari, e invece… lui al massimo bypassa le notifiche e spegne il tostapane a distanza. Almeno ha rimandato per un po’ a dormire quella voce femminile che all’inizio lo attizzava quasi, ma che dopo un po’ è diventata come una mamma fastidiosa che irrompe, non richiesta, nel quotidiano. Aveva provato anche con una voce maschile, ma faceva troppo gay friendly per i suoi gusti, e allora, nonostante la scocciatura, era tornato sul femminile.
Con sacerdotale calma si tira a sedere sul letto e sente immediatamente la testa pesante e gli occhi gonfi. Immagina la sua immagine riflessa allo specchio come quella di un rospo e ride di sè e dei sui quarantacinque anni.
Doccia.
“Caro Edoardo, per ristabilire il tuo equilibrio biochimico ti consiglio… “. Ora è più sveglio e allora ci gioca con l’AI. “... di bere subito altra birra!”.
“Ahahah, bene, Zenobia, va bene.”
Col bagno caldissimoo entra subito in un’altra dimensione, dove i muscoli della schiena si rilassano e avverte meno la stanchezza.
Piacevolmente intrappolato in quella dimensione fa il punto della giornata. Oggi è Sabato, quindi non ha niente da fare. Bene, si potrebbe cominciare col pulire casa, e pranzare con calma, leggere e poi riposare un po’. Vorrebbe cominciare Martin Eden. Poi di pomeriggio potrebbe andare a fare un aperitivo… porca troia! Ma quale Sabato del mese è oggi? Il secondo! E che ore sono! Le nove e mezzo! Porca puttanissima!
Per fortuna anche se è Marzo non fa freddo e può far partire la Seat Marbella a bomba, come quando era una macchina giovane. Così per giocare, tanto in quella zona residenziale appena fuori dal centro di Pistoia non circola nessuno, parte a fiamma, facendo stridere tutta la macchina come se fosse una lattina arrugginita.
Si diverte a immaginare lo stupore dei passanti che lo vedono: penseranno di aver visto una specie di dinosauro in giro per le strade, invece di un automobile volante moderna. Roba meccanica come quella non si vede ormai quasi più. Tutte auto fullelecritc o flyingelectric. È solo per un cavillo burocratico di una legge del 2024 che si può ancora circolare con quei rottami acciottolanti; cosa che comunque comporta diverse criticità, come l’essere additato come un altro “rottame”, ma della società, o, peggio ancora, l’effettiva impossibilità di fare colpo su una donna. Ma sono entrambe situazioni con cui Edoardo ha da molto imparato a convivere serenamente, e a bilanciare, rovesciando la medaglia: con una macchina obsoleta come quella si possono prendere i dossi stradali a velocità da film comico…ma soprattutto, si può sgommare usando il freno a mano, cosa ormai impossibile con le auto moderne. Lo stridere degli pneumatici sull’asfalto è una libidine per Edoardo, che lo riporta indietro ai tempi in cui era ragazzo e lo fa ridere come allora. Un passato che lui nostalgicamente considera più vero, con meno filtri social e AI, del presente.
Sfrecciando davanti agli autovelox attiva il suo potere e fa registrare agli apparecchi velocità assurde, contro le quali potrà fare ricorso e non beccarsi la multa. Trecentocinquanta chilometri orari sulla provinciale!
Accende lo stereo e ci inserisce un compact disc; un altro oggetto che farebbe strabuzzare gli occhi a un ragazzo di oggi. Alza il volume a palla, con i bassi sfondati da decenni che friggono come patatine nell’olio bollente.
Tu sei. Liberooo. Di essereee. Niente più. Di un numeroooooo!
Sei…
“Sei in ritardo.”
“Sei in ritardo.”, ripete la vocina del cane, grazie al Dog-AI, impostata sul tono più irritante mai stato concepito nell’universo. Quel barboncino non gli è mai rimasto simpatico.
“Sì, scusami Marzia… i ragazzi sono pronti?”
“Padre! Padre!”
“Padre un accidenti!”, e accoglie i suoi due figli con un bello scapaccione a testa. “Babbo!”
La sua ex-suocera lo fredda con un’occhiata assassina, resa ancora più perforante dagli occhiali appuntiti stile cat-eye, che gli rendono le pupille come giganti, per un istante.
“Scusami, Marzia… dai ragazzi, ora andiamo.”
Mentre Sirio e Ipazia prendono i loro zaini per il fine settimana, lei continua a squadrarlo con uno sguardo carico di tutto il disprezzo accumulato negli anni. Come se fossero raggi solari concentrati da una lente d’ingrandimento, Edoardo si sente bersagliato da tutti i pensieri negativi che lei riesce a evocare dai suoi personali inferni. Sarà un super-potere? Si chiede, ironico. Il matrimonio finito con Silvia, troppo presa da carriera e viaggi di lavoro per essere una compagnia con cui condividere serenamente cose semplici e tempo insieme senza interferenze. I lavori che “non sono lavori” di lui, prima aspirante scrittore, poi insegnante precario di storia, e dopo il divorzio, barista, cameriere, rider, assistente agli anziani. Dalla precarietà economica all’esclusione sociale il passo è breve. Condanna del giudice al poter vedere i bambini solo due fine settimana al mese e interdizione della responsabilità genitoriale permanente; impossibilità di avere parola su scuola, sport, futuro…
“Ciao Marzia, ci vediamo domani. Stammi bene.”
“Alle 19.”
“Sì… Andiamo ragazzi, siete pronti? ”
Mentre stanno tutti uscendo dal vialetto dell'abitazione, il piccolo cane si divincola dalla stretta di Marzia e se la svigna verso l’uscita, forse per dare un ultimo saluto ai ragazzi, ma più probabilmente per tentare un estremo tentativo di fuga.
Correndo e abbaiando euforico finisce per intrampolare tra i piedi di Edoardo, che per poco non cade pure lui. “Accidenti”, starnazza la bestiola. Edoardo invece molla una bella bestemmia toscana d.o.c.g., di quelle che gli ha indirettamente insegnato suo nonno quando era particolarmente incarognito.
Non appena riprende l’equilibrio si blocca, e sente, persino di spalle, su di sé lo sguardo infuriato della ex-suocera. Sì, pensa, deve avere un superpotere capace di penetrare i pensieri altrui.
“Edoardo, sei veramente un pessimo esempio da seguire.”, e in stile duello west alla Sergio Leone solleva lo smartwatch e glielo punta contro.
“Per favore, Marzia, lasciami in pace per questa volta.”
Il suo “no” parte come il proiettile di una colt e colpisce il bersaglio. A Edoardo manca solo il cappello da cow-boy che cade afflosciato e un primo piano sul volto sconfitto, con la barba da fare.
La notifica negativa che lei gli ha assegnato, per legge, mette il suo status di “genitore parzialmente attivo” in uno stato di “preallerta”. Un altro passo falso e il suo status di genitore parzialmente attivo scenderà di livello.
Non appena si ricorderà di accendere il telefono, Edoardo vedrà tutti questi aggiornamenti.
“Grazie, Marzia, ti voglio bene anche io.”
Arrivati a casa di Edoardo, i figli, in quell’ambiente che per loro è una tana sicura, si lasciano finalmente andare. Scarpe buttate da una parte, giubbotti firmati da un’altra, e via verso la libertà. Ipazia con una capriola e salto mortale si svacca sul divano, Sirio invece si sofferma a osservare la curiosa, per lui, libreria del babbo.
Edoardo contempla, rincuorato, l’atteggiamento spontaneo dei due di fronte alle cose e alla vita. Tredici anni lui e undici lei, è ancora presto per la cultura di vincere sulla natura. Anche se lui è profondamente convinto del contrario, ovvero che la Natura sia più intelligente della Cultura. Non saranno le preoccupazioni della vita adulta a modellare diversamente il loro spirito. Quelle ci sono sempre state e sempre ci saranno. Lo sarà invece il loro atteggiamento rispetto al Leviathano; il grande mostro delle civiltà, della scala di valori culturali, dei modi uniformati di fare e pensare… Si chiede se lui stesso ha fornito loro gli strumenti giusti per difendersi dall’assedio costante e quotidiano della comunità, della massa, del fiume in piena, contro il singolo e la scintilla universale che brucia solo in lui.
Poteteee stareee a gallaaa.
Beh, lui ce l’ha messa tutta, almeno; anche con l’esempio in prima persona, anche se forse è discutibile.
Si chiede dove i superpoteri, oggi così diffusi nel mondo, li porteranno. E si risponde da solo che, se saranno via via sempre più diffusi come sembra, saranno praticamente ininfluenti a far brillare la loro stella segreta, tanto saranno facoltà accessibili a tutti. Forse la Natura li ha tirati fuori dal cilindro perché siamo troppo idioti, come specie, per risolvere i problemi che noi stessi abbiamo causato al pianeta.
Si diverte intanto a vedere come questi si stanno sviluppando nei suoi figli, grazie a un dono che sembra innato e poioi alle tecniche di sviluppo e gestione ormai insegnate, per le nuove generazioni, nelle scuole. Sirio sembra propendere per un’intelligenza molto analitica e il calcolo e quindi la previsione degli eventi. Ipazia invece per una dote fisica di resistenza e atleticità fuori dal comune. Lo fa ridere il fatto che avesse immaginato per i figli esattamente l’opposto; come i nomi, a cui i suoceri erano ovviamente contrari, lascerebbero presupporre.
“Babbo, cosa c’è per pranzo?”, chiede lei.
“Caro Edoardo, oggi ti consiglio un pranzo detox a base di… “.
“Zitta, maledetta.”, e la spegne con lo sforzo di una minima concentrazione.
“Cosa vorreste, ragazzi? Pasta? Lasagne?”
“Patatine fritte!”, dicono entrambi! Come quando erano piccoli. “E ciccia!”
Era uno dei suoi piatti forti ed è ancora uno dei suoi preferiti. Tagliate sottili, chips, come ha imparato nel periodo in cui ha fatto il cameriere.
“Ok! Pelate le patate voi, che io vado a prendere la carne.”
“Non ce l’hai già in casa, surgelata?”
“Io vado da Dino, ragazzi.” L’ultimo macellaio del paese, una sorta di highlander, che in barba ai protocolli haccp degli ultimi cinquant’anni serve ancora la carne toccandola con le mani, e con un grembiule talmente sporco di sangue che sembra appena uscito da un concerto degli Slayer.
“Babbo, chi sono gli Slayer?”
“Un’altra domanda sciocca come questa e vi diseredo.”
E ridono, trovandolo buffo.
Non sapranno chi sono gli Slayer, ma i baffi se li leccano comunque. Gli ha fatto due svizzerine di manzo al sangue, cotte nel burro, in barba a tutti i protocolli healty degli ultimi trent’anni.
“Volete un goccio di vino, ragazzi?”
Lo guardano come se gli avesse proposto una follia al limite del concepibile.
“Se non vi va, questo sangiovese lo bevo io.” Che ha un gusto che rammenta il sole appena appassito di Agosto, e le morte stagioni, che la presente è viva e il suon di lei.
“Cosa dici, babbo?”
“Niente… una vecchia poesia.”
Finito il pranzo si accoccolano tutti insieme sul divano, come facevano un po’ di anni fa.
Sirio ha trovato, nel mare caotico di strani libri sparsi un po’ ovunque, un’opera intitolata Zimiamvia; gli sembra un mattone complicatissimo ma qualcosa di quell’arcana scrittura lo affascina e ci si perde. Ipazia legge un fumetto d’avventura, I Falchi dell’Outremer, anche se dietro ci nasconde l’erotico Yra la Vampira; tanto si è sdraiata un po’ di sbieco e non la vede nessuno.
Edoardo pensa che avrebbe voglia anche lui di leggere qualcosa ma il sonno che gli è mancato durante la notte prende il sopravvento.
Si sveglia con la vibrazione del telefono, che tiene sempre silenzioso, nelle orecchie.
Marzia.
Porca puttana.
“Pronto?”, dice con voce impastata.
“Dove siete?”
“Che vuoi dire?”
“Sei diventato sordo? Dove siete?”
“Dove siamo… a casa!”
“Bravo! Complimenti! E il corso di cinese potenziato?”
Porca puttana maledetta! Se ne era completamente dimenticato. E ormai è tardi.
“Sei sempre il solito.”
“Ciao.”
Vabè, sopravviveremo anche questa volta, anche senza qualcosa da dover per forza fare il sabato pomeriggio.
“Sirio, svegliati, e preparami un po’ di caffe!”
Con la coda dell’occhio vede una nuova notifica sul telefono e si rifiuta di guardarla; sarà l’ennesima nota negativa segnalata da Marzia? Non vuole pensarci. Non vuole pensare ad altro che non siano i figli e il tempo da passare unicamente con loro. L’AI del telefono fa partire un messaggio che lui spegne con un moto di rabbia. Cinque minuti dopo ne parte un altro. Gli viene in mente quella canzone che si intitola “Andate tutti affanculo”.
“Babbo cosa mangiamo stasera?”, chiede Sirio, col fiatone. Ha appena vinto l’ennesima partita a ping pong con la sorella. Fuori c’era il sole e allora tutto il resto poteva aspettare. Ipazia ha perso tutte le partite, troppo irruenta, per niente tattica, ma è comunque strafelice, forse per il fatto di essersi buttata con tutte le forze su tutte palline che comunque non riusciva a prendere. “Pizza!”, dice. “Babbo, cosa prendi?”
“... “
“Babbo?!”
Edoardo ha avuto un flash pazzesco e stenta a riprendersi.
Una Napoli.
Era la pizza preferita del suo babbo Riccardo. Il ricordo lo prende e lo getta di botto in un mondo che non c’è più, dove lui era piccolo e anche i suoi fratelli, e uscivano tutti insieme il Sabato sera per andare alla Casa del Popolo e al Circolo, a mangiare una pizza. Niente ristoranti, che era roba da signori. In compagnia degli amici del paese, grandi e piccoli, sempre gli stessi, che negli anni crescevano, invecchiavano o se ne andavano.
Una Napoli. Il suo babbo l’avrà presa per venti e più anni di fila, sempre la stessa. Niente materie prime dop o cazzate del genere. “Gourmet” era una parola sconosciuta. Roba da ingrosso, sempre. Barattoloni di passata di pomodoro, secchiate di acciughe. Birra alla spina semitrasparente e sgasata.
Eppure erano tutti felici. Il babbo, la mamma, i fratelli, gli amici, i conoscenti. Quelle serate scivolavano via una dopo l’altra, confondendosi tra loro in un carnevale di ricordi allegri e semplici… il gelato Sammontana, le partite a biliardino, le nottate a chiacchierare sulle terrazze.
Edoardo, oltre a rendersi ben conto di invecchiare, si chiede quale sia il confine tra il romanticismo dei ricordi e l’effettiva realtà delle cose, ma non sa darsi una risposta.
L’AI continua a mandargli delle notifiche ma ora non ne ha proprio voglia.
“Ok, ragazzi. Io una Napoli. Voi?”
Mezz’ora dopo rientra a casa con tre cartoni fumanti. “Forza, ragazzi, è pronto.”
“Babbo, devi controllare il telefono.”, e Sirio glielo passa.
“Dai, lascia stare ora, mangiamo, che le pizze sono calde.”
“Secondo me è meglio se dai un’occhiata. Hai ricevuto tantissime chimate. Te lo eri dimenticato qui.”
“Fammi vedere. Voi mettetevi a tavola intanto, almeno ceniamo tutti insieme.”
Quella stronza di Marzia gli ha mandato un’altra valutazione negativa sullo status di responsabilità genitoriale temporanea. Così il suo livello ha raggiunto il livello di allarme giallo. In assenza della sua visualizzazione e della richiesta, da parte dell’AI, della sua disponibilità a chiedere assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale permanente o all’assistente sociale designato, l’allarme è divenuto arancione. Nessuno ha risposto alle chiamate, né avrebbe potuto perché Edoardo non aveva il telefono con sé e solo il proprietario dell’apparecchio può, per i sistemi di privacy e sicurezza, farlo.
Allarme rosso. Partita automaticamente la chiamata alla stazione delle forze dell’ordine più vicine e all’assistente sociale.
Porca straputtana. Se solo si fosse ricordato di prendere il telefono, avrebbe potuto perlomeno interferire, posporre l’AI, col proprio potere… se.
Tira il telefono sul divano con un gesto sconsolato. “Ragazzi, mi sa che non potrete dormire da me stanotte.”
“Nooo! Perchè?”
“Poi ve lo spiego, ora mangiamo, dai.”, e li fa l’occhiolino.
Preparata la tavola, a Edoardo viene voglia di sentire un po’ di musica. Nel suo archeologico lettore cd e mette la colonna sonora di “Giù la testa.”
Iniziano a mangiare sul principio della voce femminile. Sul coro, profondo e dolce, Edoardo vede dalla finestra dietro di sé i lampeggianti blu.
Si beve, gustandolo, tutto il bicchiere di birra Moretti. Maremma com’è bona, in compagnia dei ragazzi.
FINE
Bonus: tutti
Potere inutile - protagonista
Animale fastidioso - presente
Oggetto anacronistico - presente
Una Napoli
Edoardo si rigira di scatto nel letto, il telefono sta suonando con il fastidioso triin triin preimpostato da sveglia, e lui inizia la sua giornata come al solito, con una bella bestemmia.
Che cazzo di ore saranno?, pensa, con gli occhi abbottonatissimi a causa delle tre ore scarse di sonno di cui ha potuto godere quella notte.
Una birra e poi a letto, si era detto. Sì, come sempre… è rientrato alle quattro.
“Buongiorno, Edoardo, oggi ti aspetta una giornata ricca di impegni gratificanti.” Zitta, per favore.
Sì concentra un istante e riesce a far star zitta l’AI dello smartphone. Ride tra sé. Potevano toccargli in sorte chissà quali poteri, col mondo pieno di polari, e invece… lui al massimo bypassa le notifiche e spegne il tostapane a distanza. Almeno ha rimandato per un po’ a dormire quella voce femminile che all’inizio lo attizzava quasi, ma che dopo un po’ è diventata come una mamma fastidiosa che irrompe, non richiesta, nel quotidiano. Aveva provato anche con una voce maschile, ma faceva troppo gay friendly per i suoi gusti, e allora, nonostante la scocciatura, era tornato sul femminile.
Con sacerdotale calma si tira a sedere sul letto e sente immediatamente la testa pesante e gli occhi gonfi. Immagina la sua immagine riflessa allo specchio come quella di un rospo e ride di sè e dei sui quarantacinque anni.
Doccia.
“Caro Edoardo, per ristabilire il tuo equilibrio biochimico ti consiglio… “. Ora è più sveglio e allora ci gioca con l’AI. “... di bere subito altra birra!”.
“Ahahah, bene, Zenobia, va bene.”
Col bagno caldissimoo entra subito in un’altra dimensione, dove i muscoli della schiena si rilassano e avverte meno la stanchezza.
Piacevolmente intrappolato in quella dimensione fa il punto della giornata. Oggi è Sabato, quindi non ha niente da fare. Bene, si potrebbe cominciare col pulire casa, e pranzare con calma, leggere e poi riposare un po’. Vorrebbe cominciare Martin Eden. Poi di pomeriggio potrebbe andare a fare un aperitivo… porca troia! Ma quale Sabato del mese è oggi? Il secondo! E che ore sono! Le nove e mezzo! Porca puttanissima!
Per fortuna anche se è Marzo non fa freddo e può far partire la Seat Marbella a bomba, come quando era una macchina giovane. Così per giocare, tanto in quella zona residenziale appena fuori dal centro di Pistoia non circola nessuno, parte a fiamma, facendo stridere tutta la macchina come se fosse una lattina arrugginita.
Si diverte a immaginare lo stupore dei passanti che lo vedono: penseranno di aver visto una specie di dinosauro in giro per le strade, invece di un automobile volante moderna. Roba meccanica come quella non si vede ormai quasi più. Tutte auto fullelecritc o flyingelectric. È solo per un cavillo burocratico di una legge del 2024 che si può ancora circolare con quei rottami acciottolanti; cosa che comunque comporta diverse criticità, come l’essere additato come un altro “rottame”, ma della società, o, peggio ancora, l’effettiva impossibilità di fare colpo su una donna. Ma sono entrambe situazioni con cui Edoardo ha da molto imparato a convivere serenamente, e a bilanciare, rovesciando la medaglia: con una macchina obsoleta come quella si possono prendere i dossi stradali a velocità da film comico…ma soprattutto, si può sgommare usando il freno a mano, cosa ormai impossibile con le auto moderne. Lo stridere degli pneumatici sull’asfalto è una libidine per Edoardo, che lo riporta indietro ai tempi in cui era ragazzo e lo fa ridere come allora. Un passato che lui nostalgicamente considera più vero, con meno filtri social e AI, del presente.
Sfrecciando davanti agli autovelox attiva il suo potere e fa registrare agli apparecchi velocità assurde, contro le quali potrà fare ricorso e non beccarsi la multa. Trecentocinquanta chilometri orari sulla provinciale!
Accende lo stereo e ci inserisce un compact disc; un altro oggetto che farebbe strabuzzare gli occhi a un ragazzo di oggi. Alza il volume a palla, con i bassi sfondati da decenni che friggono come patatine nell’olio bollente.
Tu sei. Liberooo. Di essereee. Niente più. Di un numeroooooo!
Sei…
“Sei in ritardo.”
“Sei in ritardo.”, ripete la vocina del cane, grazie al Dog-AI, impostata sul tono più irritante mai stato concepito nell’universo. Quel barboncino non gli è mai rimasto simpatico.
“Sì, scusami Marzia… i ragazzi sono pronti?”
“Padre! Padre!”
“Padre un accidenti!”, e accoglie i suoi due figli con un bello scapaccione a testa. “Babbo!”
La sua ex-suocera lo fredda con un’occhiata assassina, resa ancora più perforante dagli occhiali appuntiti stile cat-eye, che gli rendono le pupille come giganti, per un istante.
“Scusami, Marzia… dai ragazzi, ora andiamo.”
Mentre Sirio e Ipazia prendono i loro zaini per il fine settimana, lei continua a squadrarlo con uno sguardo carico di tutto il disprezzo accumulato negli anni. Come se fossero raggi solari concentrati da una lente d’ingrandimento, Edoardo si sente bersagliato da tutti i pensieri negativi che lei riesce a evocare dai suoi personali inferni. Sarà un super-potere? Si chiede, ironico. Il matrimonio finito con Silvia, troppo presa da carriera e viaggi di lavoro per essere una compagnia con cui condividere serenamente cose semplici e tempo insieme senza interferenze. I lavori che “non sono lavori” di lui, prima aspirante scrittore, poi insegnante precario di storia, e dopo il divorzio, barista, cameriere, rider, assistente agli anziani. Dalla precarietà economica all’esclusione sociale il passo è breve. Condanna del giudice al poter vedere i bambini solo due fine settimana al mese e interdizione della responsabilità genitoriale permanente; impossibilità di avere parola su scuola, sport, futuro…
“Ciao Marzia, ci vediamo domani. Stammi bene.”
“Alle 19.”
“Sì… Andiamo ragazzi, siete pronti? ”
Mentre stanno tutti uscendo dal vialetto dell'abitazione, il piccolo cane si divincola dalla stretta di Marzia e se la svigna verso l’uscita, forse per dare un ultimo saluto ai ragazzi, ma più probabilmente per tentare un estremo tentativo di fuga.
Correndo e abbaiando euforico finisce per intrampolare tra i piedi di Edoardo, che per poco non cade pure lui. “Accidenti”, starnazza la bestiola. Edoardo invece molla una bella bestemmia toscana d.o.c.g., di quelle che gli ha indirettamente insegnato suo nonno quando era particolarmente incarognito.
Non appena riprende l’equilibrio si blocca, e sente, persino di spalle, su di sé lo sguardo infuriato della ex-suocera. Sì, pensa, deve avere un superpotere capace di penetrare i pensieri altrui.
“Edoardo, sei veramente un pessimo esempio da seguire.”, e in stile duello west alla Sergio Leone solleva lo smartwatch e glielo punta contro.
“Per favore, Marzia, lasciami in pace per questa volta.”
Il suo “no” parte come il proiettile di una colt e colpisce il bersaglio. A Edoardo manca solo il cappello da cow-boy che cade afflosciato e un primo piano sul volto sconfitto, con la barba da fare.
La notifica negativa che lei gli ha assegnato, per legge, mette il suo status di “genitore parzialmente attivo” in uno stato di “preallerta”. Un altro passo falso e il suo status di genitore parzialmente attivo scenderà di livello.
Non appena si ricorderà di accendere il telefono, Edoardo vedrà tutti questi aggiornamenti.
“Grazie, Marzia, ti voglio bene anche io.”
Arrivati a casa di Edoardo, i figli, in quell’ambiente che per loro è una tana sicura, si lasciano finalmente andare. Scarpe buttate da una parte, giubbotti firmati da un’altra, e via verso la libertà. Ipazia con una capriola e salto mortale si svacca sul divano, Sirio invece si sofferma a osservare la curiosa, per lui, libreria del babbo.
Edoardo contempla, rincuorato, l’atteggiamento spontaneo dei due di fronte alle cose e alla vita. Tredici anni lui e undici lei, è ancora presto per la cultura di vincere sulla natura. Anche se lui è profondamente convinto del contrario, ovvero che la Natura sia più intelligente della Cultura. Non saranno le preoccupazioni della vita adulta a modellare diversamente il loro spirito. Quelle ci sono sempre state e sempre ci saranno. Lo sarà invece il loro atteggiamento rispetto al Leviathano; il grande mostro delle civiltà, della scala di valori culturali, dei modi uniformati di fare e pensare… Si chiede se lui stesso ha fornito loro gli strumenti giusti per difendersi dall’assedio costante e quotidiano della comunità, della massa, del fiume in piena, contro il singolo e la scintilla universale che brucia solo in lui.
Poteteee stareee a gallaaa.
Beh, lui ce l’ha messa tutta, almeno; anche con l’esempio in prima persona, anche se forse è discutibile.
Si chiede dove i superpoteri, oggi così diffusi nel mondo, li porteranno. E si risponde da solo che, se saranno via via sempre più diffusi come sembra, saranno praticamente ininfluenti a far brillare la loro stella segreta, tanto saranno facoltà accessibili a tutti. Forse la Natura li ha tirati fuori dal cilindro perché siamo troppo idioti, come specie, per risolvere i problemi che noi stessi abbiamo causato al pianeta.
Si diverte intanto a vedere come questi si stanno sviluppando nei suoi figli, grazie a un dono che sembra innato e poioi alle tecniche di sviluppo e gestione ormai insegnate, per le nuove generazioni, nelle scuole. Sirio sembra propendere per un’intelligenza molto analitica e il calcolo e quindi la previsione degli eventi. Ipazia invece per una dote fisica di resistenza e atleticità fuori dal comune. Lo fa ridere il fatto che avesse immaginato per i figli esattamente l’opposto; come i nomi, a cui i suoceri erano ovviamente contrari, lascerebbero presupporre.
“Babbo, cosa c’è per pranzo?”, chiede lei.
“Caro Edoardo, oggi ti consiglio un pranzo detox a base di… “.
“Zitta, maledetta.”, e la spegne con lo sforzo di una minima concentrazione.
“Cosa vorreste, ragazzi? Pasta? Lasagne?”
“Patatine fritte!”, dicono entrambi! Come quando erano piccoli. “E ciccia!”
Era uno dei suoi piatti forti ed è ancora uno dei suoi preferiti. Tagliate sottili, chips, come ha imparato nel periodo in cui ha fatto il cameriere.
“Ok! Pelate le patate voi, che io vado a prendere la carne.”
“Non ce l’hai già in casa, surgelata?”
“Io vado da Dino, ragazzi.” L’ultimo macellaio del paese, una sorta di highlander, che in barba ai protocolli haccp degli ultimi cinquant’anni serve ancora la carne toccandola con le mani, e con un grembiule talmente sporco di sangue che sembra appena uscito da un concerto degli Slayer.
“Babbo, chi sono gli Slayer?”
“Un’altra domanda sciocca come questa e vi diseredo.”
E ridono, trovandolo buffo.
Non sapranno chi sono gli Slayer, ma i baffi se li leccano comunque. Gli ha fatto due svizzerine di manzo al sangue, cotte nel burro, in barba a tutti i protocolli healty degli ultimi trent’anni.
“Volete un goccio di vino, ragazzi?”
Lo guardano come se gli avesse proposto una follia al limite del concepibile.
“Se non vi va, questo sangiovese lo bevo io.” Che ha un gusto che rammenta il sole appena appassito di Agosto, e le morte stagioni, che la presente è viva e il suon di lei.
“Cosa dici, babbo?”
“Niente… una vecchia poesia.”
Finito il pranzo si accoccolano tutti insieme sul divano, come facevano un po’ di anni fa.
Sirio ha trovato, nel mare caotico di strani libri sparsi un po’ ovunque, un’opera intitolata Zimiamvia; gli sembra un mattone complicatissimo ma qualcosa di quell’arcana scrittura lo affascina e ci si perde. Ipazia legge un fumetto d’avventura, I Falchi dell’Outremer, anche se dietro ci nasconde l’erotico Yra la Vampira; tanto si è sdraiata un po’ di sbieco e non la vede nessuno.
Edoardo pensa che avrebbe voglia anche lui di leggere qualcosa ma il sonno che gli è mancato durante la notte prende il sopravvento.
Si sveglia con la vibrazione del telefono, che tiene sempre silenzioso, nelle orecchie.
Marzia.
Porca puttana.
“Pronto?”, dice con voce impastata.
“Dove siete?”
“Che vuoi dire?”
“Sei diventato sordo? Dove siete?”
“Dove siamo… a casa!”
“Bravo! Complimenti! E il corso di cinese potenziato?”
Porca puttana maledetta! Se ne era completamente dimenticato. E ormai è tardi.
“Sei sempre il solito.”
“Ciao.”
Vabè, sopravviveremo anche questa volta, anche senza qualcosa da dover per forza fare il sabato pomeriggio.
“Sirio, svegliati, e preparami un po’ di caffe!”
Con la coda dell’occhio vede una nuova notifica sul telefono e si rifiuta di guardarla; sarà l’ennesima nota negativa segnalata da Marzia? Non vuole pensarci. Non vuole pensare ad altro che non siano i figli e il tempo da passare unicamente con loro. L’AI del telefono fa partire un messaggio che lui spegne con un moto di rabbia. Cinque minuti dopo ne parte un altro. Gli viene in mente quella canzone che si intitola “Andate tutti affanculo”.
“Babbo cosa mangiamo stasera?”, chiede Sirio, col fiatone. Ha appena vinto l’ennesima partita a ping pong con la sorella. Fuori c’era il sole e allora tutto il resto poteva aspettare. Ipazia ha perso tutte le partite, troppo irruenta, per niente tattica, ma è comunque strafelice, forse per il fatto di essersi buttata con tutte le forze su tutte palline che comunque non riusciva a prendere. “Pizza!”, dice. “Babbo, cosa prendi?”
“... “
“Babbo?!”
Edoardo ha avuto un flash pazzesco e stenta a riprendersi.
Una Napoli.
Era la pizza preferita del suo babbo Riccardo. Il ricordo lo prende e lo getta di botto in un mondo che non c’è più, dove lui era piccolo e anche i suoi fratelli, e uscivano tutti insieme il Sabato sera per andare alla Casa del Popolo e al Circolo, a mangiare una pizza. Niente ristoranti, che era roba da signori. In compagnia degli amici del paese, grandi e piccoli, sempre gli stessi, che negli anni crescevano, invecchiavano o se ne andavano.
Una Napoli. Il suo babbo l’avrà presa per venti e più anni di fila, sempre la stessa. Niente materie prime dop o cazzate del genere. “Gourmet” era una parola sconosciuta. Roba da ingrosso, sempre. Barattoloni di passata di pomodoro, secchiate di acciughe. Birra alla spina semitrasparente e sgasata.
Eppure erano tutti felici. Il babbo, la mamma, i fratelli, gli amici, i conoscenti. Quelle serate scivolavano via una dopo l’altra, confondendosi tra loro in un carnevale di ricordi allegri e semplici… il gelato Sammontana, le partite a biliardino, le nottate a chiacchierare sulle terrazze.
Edoardo, oltre a rendersi ben conto di invecchiare, si chiede quale sia il confine tra il romanticismo dei ricordi e l’effettiva realtà delle cose, ma non sa darsi una risposta.
L’AI continua a mandargli delle notifiche ma ora non ne ha proprio voglia.
“Ok, ragazzi. Io una Napoli. Voi?”
Mezz’ora dopo rientra a casa con tre cartoni fumanti. “Forza, ragazzi, è pronto.”
“Babbo, devi controllare il telefono.”, e Sirio glielo passa.
“Dai, lascia stare ora, mangiamo, che le pizze sono calde.”
“Secondo me è meglio se dai un’occhiata. Hai ricevuto tantissime chimate. Te lo eri dimenticato qui.”
“Fammi vedere. Voi mettetevi a tavola intanto, almeno ceniamo tutti insieme.”
Quella stronza di Marzia gli ha mandato un’altra valutazione negativa sullo status di responsabilità genitoriale temporanea. Così il suo livello ha raggiunto il livello di allarme giallo. In assenza della sua visualizzazione e della richiesta, da parte dell’AI, della sua disponibilità a chiedere assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale permanente o all’assistente sociale designato, l’allarme è divenuto arancione. Nessuno ha risposto alle chiamate, né avrebbe potuto perché Edoardo non aveva il telefono con sé e solo il proprietario dell’apparecchio può, per i sistemi di privacy e sicurezza, farlo.
Allarme rosso. Partita automaticamente la chiamata alla stazione delle forze dell’ordine più vicine e all’assistente sociale.
Porca straputtana. Se solo si fosse ricordato di prendere il telefono, avrebbe potuto perlomeno interferire, posporre l’AI, col proprio potere… se.
Tira il telefono sul divano con un gesto sconsolato. “Ragazzi, mi sa che non potrete dormire da me stanotte.”
“Nooo! Perchè?”
“Poi ve lo spiego, ora mangiamo, dai.”, e li fa l’occhiolino.
Preparata la tavola, a Edoardo viene voglia di sentire un po’ di musica. Nel suo archeologico lettore cd e mette la colonna sonora di “Giù la testa.”
Iniziano a mangiare sul principio della voce femminile. Sul coro, profondo e dolce, Edoardo vede dalla finestra dietro di sé i lampeggianti blu.
Si beve, gustandolo, tutto il bicchiere di birra Moretti. Maremma com’è bona, in compagnia dei ragazzi.
FINE