Capo ha sempre ragione - Angelo Frascella
Inviato: domenica 2 aprile 2023, 20:06
Camminare con Danny è come portare in giro un bambino che indossa i pattini. Solo che Danny scivola su uno strato d’aria, è alto due teste più di me, e quando si ferma per aspettarmi, invece di sbuffare per la mia lentezza, mi indica con il lungo braccio ossuto, sorride allegro e mi canzona: – Sbrigati! Non vorrai far arrabbiare Capo al primo incontro!
Capo! Lo dice come se fosse un nome proprio.
Cerco di raggiungerlo, ma lui torna a scivolare rapido sul marciapiede. Anche Danny è un Polare come me. Il suo superpotere? Levita, ma solo di pochi centimetri. Una cosa da nulla, ma Danny riesce usare questa piccola capacità per divertirsi, mentre io fino a oggi ho adoperato la mia per rovinarmi la vita.
– Ti muovi, lumacone?
Si è fermato all’ingresso del garage di un grosso condominio. Apre il cancello con il telecomando e vi si infila dentro.
Accelero e, quando mi accorgo che il cancello automatico sta iniziando a chiudersi, mi metto a correre, atto contrario alla mia natura, come mi ricordano la pancia ballonzolante e il fiatone.
Mi infilo nella fessura fra i due battenti, poi mi fermo per riportare il respiro a un ritmo accettabile.
Danny sta aspettando davanti alla serranda di un box auto. Sorride come se stesse per presentarmi la ragazza dei miei sogni. O come il Destino che si gode in anticipo ciò che sa per succedermi.
Alza la mano pronto a bussare, ma prima mi chiede: – Sei pronto?
Pronto per cosa? Per rovinarmi la vita mischiandomi con una banda criminale? Ma poi, che razza di banda si incontra in un box auto? Dovrei mollare tutto e andare via.
– Pronto!
Danny mi fa l’occhiolino, poi batte sul metallo. Tre colpi brevi, tre lunghi, tre brevi. Il loro segnale è l’SOS in codice morse. È davvero il caso di darmela a gambe.
– Ricorda: Capo ha sempre ragione.
Non finisce la frase che il box è aperto.
L’interno è affollato da attrezzi da palestra. Un uomo dalla pelle olivastra si sta allenando sulla panca. Solleva con scioltezza un bilanciere caricato con cinquanta chili per lato. Non sembra sudato, quindi suppongo che stia facendo quel numero per impressionarmi. E devo dire che ci riesce perfettamente.
Il suo compare siede su una palla da ginnastica e mi dà le spalle. Non dà cenno di essersi accorto del mio arrivo. Continua a giocare con uno stupido puntatore laser, facendo danzare un puntino di luce rossa sui cartoni da uova che ricoprono le pareti del box.
Cento Chili poggia il bilanciere e si alza a sedere. Mi guarda come se stesse osservando una pozza di vomito lasciata da uno sconosciuto sul marciapiede, poi si rivolge a Danny: – E questo sarebbe il tuo amico Christian? Il nostro asso nella manica, eh, Daniel? A me pare più il morto del tressette.
Sottolinea il disprezzo sputando per terra. Puntatore dirige il laser sul grumo di saliva.
– Smetti di fare lo stupido, Alfy. E saluta il nostro ospite.
Finalmente quello si gira verso di me.
È minuto e mingherlino. La testa è coperta da una matassa disordinata di capelli ricci e rossi. Mi guarda con disapprovazione, come se il mio essere lì gli avesse rovinato la giornata, e mi rivolge un cenno svogliato della mano.
– Io sono Carlos – riprende Cento Chili, – ma puoi chiamarmi Capo. O almeno potrai farlo se deciderò di farti entrare nella banda. Altrimenti, non ti preoccupare, non avrai modo di chiamare più nessuno.
Alfy inizia a ridere sguaiatamente.
Sbircio Danny in cerca di soccorso. Lo spilungone si limita a stringersi nelle spalle, ma non so se stia provando a dirmi: sei stato tu a chiedermi di presentarti alla gang oppure Capo è fatto così.
– Cosa aspetti, recluta? – mi incalza Carlos. – Fammi vedere cosa sai fare.
– Va bene, ma ho bisogno di una cavia.
– Io non faccio da cavia a nessuno. Vai da Alfy.
Mi sposto rapidamente verso il ricciolino, sposto un’altra panca e mi siedo di fronte a lui.
– Ascoltami, Alfy.
– Ascolto chi voglio. E per te mi chiamo Alfredo.
Un dubbio mi sfiora. Sottovalutare un Polare, può significare incorrere in conseguenze inaspettate, come trovarsi premuto contro il soffitto da una forza misteriosa.
– Ehm… tu che poteri hai?
– Alfy emette dall’occhio un raggio laser così potente che può indicare una parola sulla lavagna di una classe di scuola a dieci metri di distanza. – Capo ride, mentre Alfredo alza gli occhi al cielo e sbuffa. – Ora vogliamo andare avanti?
– Alfredo, per favore, pensa a un evento del passato che solo tu conosci...
Poi respiro a fondo e lo guardo in fondo agli occhi. La sua testa è piena di sussurri e raffiche di vento. Un’immagine mi si materializza davanti agli occhi… un’immagine che avrei preferito non vedere.
– Da bambino hai squartato il gatto del vicino di casa, poi hai finto fosse stato il cane del dirimpettaio.
Dicono che i serial killer iniziano in questo modo.
– Allora? – Carlos gli sta puntando gli occhi addosso, mentre io ho sempre più voglia di correre via. Basterebbe che l’uomo dall’occhio laser smentisse ciò che ho detto per segnare la mia fine. O forse che lo confermasse…
– Esatto.
Carlos mi batte le mani in modo plateale e si avvicina.
– Ora devi dare due cose. La prima è giurare che non leggerai nella mia mente. Qualunque cosa accada.
– Lo giuro. – D’istinto metto una mano sul petto e alzo l’altra, come quando ero bambino.
– La seconda è questa! – Mi tira in piedi dalla camicia e mi mette una mano sul volto. – Dimmi perché un poliziotto come te fa la cavolata di venire qui, da solo, a rischiare la vita.
Dalla la mano che mi tiene sulla faccia mi arriva una scossa elettrica. Sento lo stesso dolore lieve, ma inaspettato, di quando prendo la scossa toccando il carrello della spesa o lo sportello dell’auto.
– Questo è solo un assaggio. Se non scuci subito la dannata verità, scoprirai come si muore su una sedia elettrica.
Sono fritto, in senso letterale.
Una seconda scossa. Sento i peli del braccio che mi si rizzano.
– Non sono un poliziotto. Lo giuro. – Spero che mi creda, perché non ho modo di provarlo.
– Sei fuori dal giro e non sembri un delinquente. Se non fossi un poliziotto, perché dovresti comprometterti con noi? Alfy, perquisiscilo.
Il rosso mi passa le mani addosso, trova il walkman nella tasca e lo passa a Carlos.
– Guarda qui, Capo!
– Oh, bene. – Carlos maneggia il mio vecchio lettore di cassette con la mano libera. – Stavi registrando quello che ci siamo detti vero?
Sto tremando e so che Carlos lo sente attraverso la mano che mi tiene ancora poggiata sul mio volto.
– No! No! È solo un vecchio walkman per ascoltare la musica. Non può registrare. Non c’è nemmeno il tasto REC. È un regalo della mia ex, che sapeva quanto mi piacciano gli oggetti vintage. È lei, la mia ex, il motivo per cui sono qui. È la direttrice del Centro Commerciale che voglio proporvi di derubare. Col mio potere posso scoprire da lei i codici della cassaforte!
Ho parlato a macchinetta e credo che fra un po’ vomiterò… spero solo di riuscire a farlo senza sporcare la mano di Carlos.
Lui però inizia a ridere, si riprende la mano e la usa per dare una pacca sulla schiena di Alfredo. Anche Danny sta ridendo.
– Ci sei cascato come un fesso. Non ho mai pensato tu potessi essere un pulotto. Ti stavo solo mettendo alla prova. La notizia cattiva è che se dovessero catturarti e minacciarti di tortura non ci penseresti due volte a fare i nostri nomi. Quella buona è che sei un uomo d’onore. In qualunque momento avresti potuto leggermi nel pensiero e scoprire che le scosse che ti ho dato sono le più forti che sono in grado di produrre, ma non l’hai fatto, come avevi promesso. Ora puoi chiamarmi Capo e spiegarci il colpo che sei venuto a proporre.
Potrei dirgli la verità: che la mia telepatia è molto limitata. Non leggo il pensiero, leggo un pensiero… grosso modo uno ogni ora e mezza. Di più non riesco. Ma meglio lasciarlo nella sua convinzione.
Anche perché la paura lasciando il corpo si sta portando via anche la forza di stare in piedi e sento i muscoli diventare di burro e la testa leggera…
– Sven… – inizio a dire. La testa vortica, il mondo si sta facendo buio e il pavimento mi ha appena schiaffeggiato…
– Un centro commerciale il sabato pomeriggio. L’inferno in Terra – sbuffa Alfy, facendo correre il laser impazzito sulla fronte delle persone che si aggirano per il parcheggio.
– Così fai le prove per quando per quando sarai nell’Inferno vero. – Carlos gli dà una gran pacca sulla schiena, dopo aver chiuso il furgone scassato con cui siamo arrivati. – In ogni caso c’è un altro buon motivo per essere qui! Nella macchina vinci-panino hanno messo in palio il nuovissimo Gourmetburger di McDuck.
Conosco bene quel gioco. Ogni giorno c’è un quiz difficilissimo a cui rispondere. Dubito che questi quattro possano indovinare.
Danny invece è tutto un sorriso e si guarda attorno come un bambino al parco giochi.
– Allora, Chris, ce la fai ad arrivare in fondo al colpo senza svenire? – Carlos mi fissa con lo sguardo serio, anche se la bocca sorride.
Mi ero quasi convinto di essere nel mezzo di un’uscita tra amici. Invece no. Ho organizzato una rapina, come il protagonista di un film. O il personaggio secondario che viene ucciso appena le cose si fanno dure.
– D’accordo – riprende Carlos. – Qualche raccomandazione prima di entrare. Non facciamoci notare. Non usiamo i poteri al di fuori di quello che prevede il piano. Tu, Chris, dovrai leggere la combinazione della cassaforte dalla mente della tua ex. Io con una scossa manderò in cortocircuito la serratura dell’ufficio che la contiene. Tu, Danny, potrai avvicinarti alla cassaforte senza far scattare l’allarme a pressione del pavimento. Infine, tu, Alfy… cerca di non dare troppo fastidio.
Carlos chiude la frase con la risata e Alfy grugnisce.
Iniziamo a camminare verso l’ingresso.
– Ricordate – continua Carlos, – i nostri poteri sono scarsi, ma non è uno svantaggio. Se fossimo potenti, saremmo supercattivi nel mirino dei Polari più dotati; gente come noi, invece, passa inosservata, si infila ovunque, e punta dritto all’obiettivo.
– Giusto, Capo – dice Alfy, facendo ondeggiare il laser sull’insegna del Centro Commerciale.
Attraversiamo il vestibolo in mezzo a un fiume di persone, tutte lì per godersi un sabato tranquillo. Tutti tranne noi. In quel fiume siamo rifiuti che deturpano l’acqua limpida… e a un tratto ho la sensazione di essere altrettanto visibile. La guardia giurata mi vedrà e mi arresterà prima che possa compiere il mio crimine.
– Sono sempre stato una persona onesta. Che ci faccio qui? – sussurro.
Danny cala un braccio sulla mia spalla.
– Come che ci fai? Sei qui per avere vendetta, no? La tua ex, l’unica donna di cui ti sei fidato al punto da non usare la telepatia su di lei, ti ha tradito, no? Me l’hai raccontato tu quando mi hai chiesto di presentarti la gang. E noi ora ruberemo dalla cassaforte del suo Centro Commerciale. E ora che vedo la ricchezza di questo posto, so che il nostro primo colpo ci renderà ricchi.
Mi blocco e lo guardo. Ha appena spiattellato il nostro piano in mezzo alla gente, ok. Ma questo è il problema minore, visto il rumore di fondo di musica e chiacchiere. Ma, se ciò che ha detto è vero, sono in mano a un branco di dilettanti.
– Il primo colpo? Sul serio?
Danny però è scivolato avanti e si sta guardando attorno stupito.
Luci, centinaia di negozi pieni, uomini, donne, bambini carichi di pacchi. Sarebbe bello essere in mezzo a loro con una famiglia mia o con degli amici.
Mi rimetto a camminare e mentre passo accanto a Danny e gli faccio segno di muoversi. Siamo rimasti indietro.
Alfredo si è seduto in un salottino e sta infastidendo a un gatto tenuto al guinzaglio. Gli fa saettare davanti il puntino rosso, ma più in là di quanto il laccio gli permetta di arrivare. Così il felino salta e finisce con l’impiccarsi, per poi essere strattonato dalla padroncina che parla con un’amichetta. Entrambe continuano ad accennare passi di un balletto per TikTok. Povero gatto, creatura libera imprigionata da una padrona distratta. Il riassunto della mia storia con Diana.
Evocata dal mio pensiero, ecco la mia ex-padrona nel mezzo della galleria. Discute col cretino con cui mi ha sostituito. Mi fermo a due passi da Alfy con lo sguardo diretto verso di loro. Lei bella e professionale come sempre. Non un gesto fuori posto, elegante anche mentre litiga. Il cretino, proprietario di un negozio per elegantoni, è vestito come un manichino e ha lo stesso livello intellettivo. Si agita e deforma la faccia come un guitto sul palco di un teatro da quattro soldi.
– Capo è andato in perlustrazione… in realtà sta tentando la fortuna alla macchina vinci-panini. – Alfy ha il suo solito tono di voce svogliato, che si accende però subito di curiosità quando capisce. – È lei vero? La sgualdrina che ti ha spezzato il cuore e spinto a rompere le palle a degli sconosciuti?
Non mi va che la chiami così. Sono arrabbiato, voglio vendetta, ma il fatto che si permetta di chiamarla così mi infastidisce. L’allusione alla mia mancanza di amici mi innervosisce ancora di più.
– Sì. È lei – mi limito a rispondere. Ho bisogno dell’aiuto della gang e non posso mettermi a litigare.
– Guarda che le combino.
Inizia ad abbagliare il cretino col suo laser. Lui agita le mani davanti al viso, come se dovesse scacciare via un insetto.
Sento Danny ridere e, soprattutto, il gatto agitarsi. Ha perso il suo gioco e lo rivuole. Con uno strattone si libera dalla padrona e salta addosso ad Alfy. Lui urla, neanche fosse stato attaccato da un giaguaro, spinge via l’animale che ne approfitta per scappare via.
La padroncina si ricorda di aver un animale e gli va dietro disperata.
– Ci si accorge di ciò che si ha quando lo si perde – dice Danny ridacchiando.
Quello sconquasso ha attratto l’attenzione di Diana, direttrice sempre attenta a ciò che accade qui, e del cretino, pettegolo che si fa sempre gli affari degli altri.
Mi ritrovo addosso i loro occhi, carichi di curiosità quelli di lei e di rabbia, quelli di lui.
Faccio un cenno di saluto e mi stringo nelle spalle. Che caso incontrarsi qui, dove tu lavori, vero?
Mi fa segno di avvicinarmi, mentre con un altro gesto secco liquida il manichino. Poco male. Era lei era il primo obiettivo.
– Che ci fai qui, con tutti i centri commerciali che ci sono in città?
Devo portarla a pensare al codice della cassaforte del suo ufficio. Ho pensato diverse strategie per farlo.
– Ascolta…
– Credi mi basti rivederti per convincermi a rimettermi con te? Non sei così affascinante!
– A dire il vero ti ho lasciato io, dopo aver scoperto che mi tradivi.
– O forse ti ho tradito perché mi trascuravi?
– Ma che scusa è? – Il discorso mi sta portando troppo lontano. Devo tornare al piano. – Ascolta…
Il gatto impazzito all’improvviso mi salta in testa e mi usa come trampolino per arrivare a un lampadario a un metro e mezzo sopra di me.
Arriva la padroncina piangente e mi tira per un braccio. – Mi aiuti signore, la prego!
Poi giunge l’amica, si ferma accanto a lei, le passa una mano sulla spalla e poi si rimette a provare i passetti del ballo.
Intorno si sta fermando una folla. Finalmente il loro sabato pomeriggio si animerà.
Il cretino si riavvicina sbraitando: – Te l’ho detto che devi proibire l’ingresso agli animali.
– E io invece ho detto a te che se mi avessi rivolto di nuovo la parola, avrei sfrattato il tuo negozio.
Bene. C’è aria di crisi. Il cretino se ne va con la testa bassa e giurerei che le sue orecchie siano basse come quelle di un cane dopo un rimprovero.
La ragazzina continua a tirarmi per il braccio e Diana mi guarda incerta.
Cerco aiuto. Alfy è di nuovo seduto nel salotto, annoiato come se nulla stesse succedendo. Potrei chiedergli di usare il laser per attirare il gatto giù, ma non vorrei che quello saltasse e si spiccicasse. Lo so, i gatti cadono sempre in piedi, ma con la mia fortuna questo potrebbe essere il primo non sapersi tuffare. Carlos non si vede. Peccato: con i suoi muscoli potrebbe facilmente prendermi sulle spalle. Daniel sta in un capannello di spettatori con lo sguardo rivolto in alto. Lo chiamo.
– Danny, se io tenessi in braccio una pedana, riusciresti a sollevarti anche da lì?
– Certo! Basta anche un pezzo di cartone.
Mi faccio largo tra la folla e prendo la sagoma di cartone di Howard MacDuck, l’odiosa mascotte dei panini MacDuck. La stendo per terra davanti a Danny e lui ci sale sopra.
– Fai attenzione Chris. Se per caso dovessi inclinarla io verrei proiettato in avanti. Come capita a quelli che fanno acqua-jet.
Lui ridacchia, ma io sento l’intestino agitarsi. Me lo vedo, in volo parabolico, atterrare di testa per rialzarsi sanguinante.
Danny levita di qualche centimetro e io inizio a sollevare la sagoma. È strano sentire il peso di pochi grammi di quel pezzo di cartone e vedere quello spilungone sollevarsi come se fossi dotato di superforza.
Più alzo le braccia e più è difficile tenere dritta la pedana. Così procedo lento, mentre la folla mi incita come in un evento sportivo e la ragazzina urla al micio che Superman sta arrivando per salvarlo.
Mi accorgo degli smart phone puntati su di me. Sono venuto per compiere il mio primo furto e invece sto per diventare un meme: QUANDO TUA MADRE NASCONDE I SOLDI FUORI PORTATA, QUANDO HAI BISOGNO CHE UN AMICO TI TIRI SU, QUANDO VUOI FARE UN DISPETTO ALLA TUA EX E TI RITROVI A FARLE UN FAVORE…
– L’ho preso!
Sento un acuto miagolio, poi un soffio, infine Danny grida – Ahia!
Il gatto salta giù in braccio alla padrona e Danny parte in un tuffo carpiato con doppio avvitamento verso la folla che si apre, mostrando al centro Carlos. Capo allunga le braccia e prende al volo lo spilungone.
Un applauso si leva dalla folla.
– Forse dovrei ingaggiare te e i tuoi amici come animatori della galleria – sta ridendo Diana.
So che dovrei conservare il mio jolly telepatia per la combinazione della cassaforte, ma devo sapere cosa sta pensando ora.
Concentro il mio sguardo su di lei e apro le porte della mente. Entrare nella sua testa è un’esperienza strana, un mondo di odori e colori, forme geometriche cangianti, alcune calde come lava e altre gelide. Se qualcuno entrasse nei miei pensieri probabilmente vedrebbe solo una goccia che cade ritmicamente da un rubinetto.
In mezzo a quel Luna Park di sensazioni percepisco un pensiero: Christian mi piace ancora. È molto più divertente di quel baccalà in giacca e cravatta.
La mente di lei si chiude e, per un attimo, mi perdo nel suo sorriso, il sorriso che un tempo era casa mia. Il rubinetto nella mia testa si chiude. Non ripeterò l’errore di innamorami di lei.
– Non ho bisogno di te, sai?
Noto un cestino dell’immondizia. Tiro fuori dalla tasca il vecchio walkman e lo getto.
Poi vado via lasciandola a guardarmi come la pietra preziosa che non potrà più aggiungere alla sua collezione.
La macchina vinci-panini lampeggia a pochi passi da noi come un albero di Natale.
Carlos stringe fra le mani il Gourmetbourger come il più grande tesoro del mondo. Anche io, Danny e Alfy ne abbiamo uno. Siamo curiosi di assaggiarlo, ma aspettiamo che Capo dia il primo morso.
– E così non siete davvero una banda di delinquenti?
– No – Danny sorride. – Siamo un gruppo di amici che si allena insieme e ogni tanto va bere una birra. Abbiamo sparso la voce per divertirci ed evitare i fastidi.
– Per esempio, io posso tenere la musica alta in qualunque momento del giorno e della notte senza che i vicini protestino. – Finalmente Alfy ha un’espressione cordiale.
– Ma allora perché, quando vi ho chiesto di aiutarmi in un colpo, non avete rifiutato?
– Avremmo rovinato il buon nome della gang. – Alfy ha alzato un po’ il panino e lo sta annusando.
– E poi ero curioso di scoprire fino a dove ti saresti spinto. – Carlos sta accarezzando il tesoro fra le sue mani come un cucciolo da coccolare.
– Un colpo lo abbiamo davvero portato al termine. – Questa volta Alfy mi strizza addirittura l’occhio.
Sorrido ripensando a come mi sono avvicinato a quel tipo che stava mangiando il Gourmetbourger e gli ho letto nel pensiero la risposta al quiz di oggi.
– È il momento – annuncia Carlos. Addenta il panino e chiude gli occhi.
Attendiamo il responso.
Dopo aver masticato, ingoiato e respirato sentenzia.
– Mmmh. È insipido!
Assaggio anche io. Capo ha sempre ragione.
Capo! Lo dice come se fosse un nome proprio.
Cerco di raggiungerlo, ma lui torna a scivolare rapido sul marciapiede. Anche Danny è un Polare come me. Il suo superpotere? Levita, ma solo di pochi centimetri. Una cosa da nulla, ma Danny riesce usare questa piccola capacità per divertirsi, mentre io fino a oggi ho adoperato la mia per rovinarmi la vita.
– Ti muovi, lumacone?
Si è fermato all’ingresso del garage di un grosso condominio. Apre il cancello con il telecomando e vi si infila dentro.
Accelero e, quando mi accorgo che il cancello automatico sta iniziando a chiudersi, mi metto a correre, atto contrario alla mia natura, come mi ricordano la pancia ballonzolante e il fiatone.
Mi infilo nella fessura fra i due battenti, poi mi fermo per riportare il respiro a un ritmo accettabile.
Danny sta aspettando davanti alla serranda di un box auto. Sorride come se stesse per presentarmi la ragazza dei miei sogni. O come il Destino che si gode in anticipo ciò che sa per succedermi.
Alza la mano pronto a bussare, ma prima mi chiede: – Sei pronto?
Pronto per cosa? Per rovinarmi la vita mischiandomi con una banda criminale? Ma poi, che razza di banda si incontra in un box auto? Dovrei mollare tutto e andare via.
– Pronto!
Danny mi fa l’occhiolino, poi batte sul metallo. Tre colpi brevi, tre lunghi, tre brevi. Il loro segnale è l’SOS in codice morse. È davvero il caso di darmela a gambe.
– Ricorda: Capo ha sempre ragione.
Non finisce la frase che il box è aperto.
L’interno è affollato da attrezzi da palestra. Un uomo dalla pelle olivastra si sta allenando sulla panca. Solleva con scioltezza un bilanciere caricato con cinquanta chili per lato. Non sembra sudato, quindi suppongo che stia facendo quel numero per impressionarmi. E devo dire che ci riesce perfettamente.
Il suo compare siede su una palla da ginnastica e mi dà le spalle. Non dà cenno di essersi accorto del mio arrivo. Continua a giocare con uno stupido puntatore laser, facendo danzare un puntino di luce rossa sui cartoni da uova che ricoprono le pareti del box.
Cento Chili poggia il bilanciere e si alza a sedere. Mi guarda come se stesse osservando una pozza di vomito lasciata da uno sconosciuto sul marciapiede, poi si rivolge a Danny: – E questo sarebbe il tuo amico Christian? Il nostro asso nella manica, eh, Daniel? A me pare più il morto del tressette.
Sottolinea il disprezzo sputando per terra. Puntatore dirige il laser sul grumo di saliva.
– Smetti di fare lo stupido, Alfy. E saluta il nostro ospite.
Finalmente quello si gira verso di me.
È minuto e mingherlino. La testa è coperta da una matassa disordinata di capelli ricci e rossi. Mi guarda con disapprovazione, come se il mio essere lì gli avesse rovinato la giornata, e mi rivolge un cenno svogliato della mano.
– Io sono Carlos – riprende Cento Chili, – ma puoi chiamarmi Capo. O almeno potrai farlo se deciderò di farti entrare nella banda. Altrimenti, non ti preoccupare, non avrai modo di chiamare più nessuno.
Alfy inizia a ridere sguaiatamente.
Sbircio Danny in cerca di soccorso. Lo spilungone si limita a stringersi nelle spalle, ma non so se stia provando a dirmi: sei stato tu a chiedermi di presentarti alla gang oppure Capo è fatto così.
– Cosa aspetti, recluta? – mi incalza Carlos. – Fammi vedere cosa sai fare.
– Va bene, ma ho bisogno di una cavia.
– Io non faccio da cavia a nessuno. Vai da Alfy.
Mi sposto rapidamente verso il ricciolino, sposto un’altra panca e mi siedo di fronte a lui.
– Ascoltami, Alfy.
– Ascolto chi voglio. E per te mi chiamo Alfredo.
Un dubbio mi sfiora. Sottovalutare un Polare, può significare incorrere in conseguenze inaspettate, come trovarsi premuto contro il soffitto da una forza misteriosa.
– Ehm… tu che poteri hai?
– Alfy emette dall’occhio un raggio laser così potente che può indicare una parola sulla lavagna di una classe di scuola a dieci metri di distanza. – Capo ride, mentre Alfredo alza gli occhi al cielo e sbuffa. – Ora vogliamo andare avanti?
– Alfredo, per favore, pensa a un evento del passato che solo tu conosci...
Poi respiro a fondo e lo guardo in fondo agli occhi. La sua testa è piena di sussurri e raffiche di vento. Un’immagine mi si materializza davanti agli occhi… un’immagine che avrei preferito non vedere.
– Da bambino hai squartato il gatto del vicino di casa, poi hai finto fosse stato il cane del dirimpettaio.
Dicono che i serial killer iniziano in questo modo.
– Allora? – Carlos gli sta puntando gli occhi addosso, mentre io ho sempre più voglia di correre via. Basterebbe che l’uomo dall’occhio laser smentisse ciò che ho detto per segnare la mia fine. O forse che lo confermasse…
– Esatto.
Carlos mi batte le mani in modo plateale e si avvicina.
– Ora devi dare due cose. La prima è giurare che non leggerai nella mia mente. Qualunque cosa accada.
– Lo giuro. – D’istinto metto una mano sul petto e alzo l’altra, come quando ero bambino.
– La seconda è questa! – Mi tira in piedi dalla camicia e mi mette una mano sul volto. – Dimmi perché un poliziotto come te fa la cavolata di venire qui, da solo, a rischiare la vita.
Dalla la mano che mi tiene sulla faccia mi arriva una scossa elettrica. Sento lo stesso dolore lieve, ma inaspettato, di quando prendo la scossa toccando il carrello della spesa o lo sportello dell’auto.
– Questo è solo un assaggio. Se non scuci subito la dannata verità, scoprirai come si muore su una sedia elettrica.
Sono fritto, in senso letterale.
Una seconda scossa. Sento i peli del braccio che mi si rizzano.
– Non sono un poliziotto. Lo giuro. – Spero che mi creda, perché non ho modo di provarlo.
– Sei fuori dal giro e non sembri un delinquente. Se non fossi un poliziotto, perché dovresti comprometterti con noi? Alfy, perquisiscilo.
Il rosso mi passa le mani addosso, trova il walkman nella tasca e lo passa a Carlos.
– Guarda qui, Capo!
– Oh, bene. – Carlos maneggia il mio vecchio lettore di cassette con la mano libera. – Stavi registrando quello che ci siamo detti vero?
Sto tremando e so che Carlos lo sente attraverso la mano che mi tiene ancora poggiata sul mio volto.
– No! No! È solo un vecchio walkman per ascoltare la musica. Non può registrare. Non c’è nemmeno il tasto REC. È un regalo della mia ex, che sapeva quanto mi piacciano gli oggetti vintage. È lei, la mia ex, il motivo per cui sono qui. È la direttrice del Centro Commerciale che voglio proporvi di derubare. Col mio potere posso scoprire da lei i codici della cassaforte!
Ho parlato a macchinetta e credo che fra un po’ vomiterò… spero solo di riuscire a farlo senza sporcare la mano di Carlos.
Lui però inizia a ridere, si riprende la mano e la usa per dare una pacca sulla schiena di Alfredo. Anche Danny sta ridendo.
– Ci sei cascato come un fesso. Non ho mai pensato tu potessi essere un pulotto. Ti stavo solo mettendo alla prova. La notizia cattiva è che se dovessero catturarti e minacciarti di tortura non ci penseresti due volte a fare i nostri nomi. Quella buona è che sei un uomo d’onore. In qualunque momento avresti potuto leggermi nel pensiero e scoprire che le scosse che ti ho dato sono le più forti che sono in grado di produrre, ma non l’hai fatto, come avevi promesso. Ora puoi chiamarmi Capo e spiegarci il colpo che sei venuto a proporre.
Potrei dirgli la verità: che la mia telepatia è molto limitata. Non leggo il pensiero, leggo un pensiero… grosso modo uno ogni ora e mezza. Di più non riesco. Ma meglio lasciarlo nella sua convinzione.
Anche perché la paura lasciando il corpo si sta portando via anche la forza di stare in piedi e sento i muscoli diventare di burro e la testa leggera…
– Sven… – inizio a dire. La testa vortica, il mondo si sta facendo buio e il pavimento mi ha appena schiaffeggiato…
– Un centro commerciale il sabato pomeriggio. L’inferno in Terra – sbuffa Alfy, facendo correre il laser impazzito sulla fronte delle persone che si aggirano per il parcheggio.
– Così fai le prove per quando per quando sarai nell’Inferno vero. – Carlos gli dà una gran pacca sulla schiena, dopo aver chiuso il furgone scassato con cui siamo arrivati. – In ogni caso c’è un altro buon motivo per essere qui! Nella macchina vinci-panino hanno messo in palio il nuovissimo Gourmetburger di McDuck.
Conosco bene quel gioco. Ogni giorno c’è un quiz difficilissimo a cui rispondere. Dubito che questi quattro possano indovinare.
Danny invece è tutto un sorriso e si guarda attorno come un bambino al parco giochi.
– Allora, Chris, ce la fai ad arrivare in fondo al colpo senza svenire? – Carlos mi fissa con lo sguardo serio, anche se la bocca sorride.
Mi ero quasi convinto di essere nel mezzo di un’uscita tra amici. Invece no. Ho organizzato una rapina, come il protagonista di un film. O il personaggio secondario che viene ucciso appena le cose si fanno dure.
– D’accordo – riprende Carlos. – Qualche raccomandazione prima di entrare. Non facciamoci notare. Non usiamo i poteri al di fuori di quello che prevede il piano. Tu, Chris, dovrai leggere la combinazione della cassaforte dalla mente della tua ex. Io con una scossa manderò in cortocircuito la serratura dell’ufficio che la contiene. Tu, Danny, potrai avvicinarti alla cassaforte senza far scattare l’allarme a pressione del pavimento. Infine, tu, Alfy… cerca di non dare troppo fastidio.
Carlos chiude la frase con la risata e Alfy grugnisce.
Iniziamo a camminare verso l’ingresso.
– Ricordate – continua Carlos, – i nostri poteri sono scarsi, ma non è uno svantaggio. Se fossimo potenti, saremmo supercattivi nel mirino dei Polari più dotati; gente come noi, invece, passa inosservata, si infila ovunque, e punta dritto all’obiettivo.
– Giusto, Capo – dice Alfy, facendo ondeggiare il laser sull’insegna del Centro Commerciale.
Attraversiamo il vestibolo in mezzo a un fiume di persone, tutte lì per godersi un sabato tranquillo. Tutti tranne noi. In quel fiume siamo rifiuti che deturpano l’acqua limpida… e a un tratto ho la sensazione di essere altrettanto visibile. La guardia giurata mi vedrà e mi arresterà prima che possa compiere il mio crimine.
– Sono sempre stato una persona onesta. Che ci faccio qui? – sussurro.
Danny cala un braccio sulla mia spalla.
– Come che ci fai? Sei qui per avere vendetta, no? La tua ex, l’unica donna di cui ti sei fidato al punto da non usare la telepatia su di lei, ti ha tradito, no? Me l’hai raccontato tu quando mi hai chiesto di presentarti la gang. E noi ora ruberemo dalla cassaforte del suo Centro Commerciale. E ora che vedo la ricchezza di questo posto, so che il nostro primo colpo ci renderà ricchi.
Mi blocco e lo guardo. Ha appena spiattellato il nostro piano in mezzo alla gente, ok. Ma questo è il problema minore, visto il rumore di fondo di musica e chiacchiere. Ma, se ciò che ha detto è vero, sono in mano a un branco di dilettanti.
– Il primo colpo? Sul serio?
Danny però è scivolato avanti e si sta guardando attorno stupito.
Luci, centinaia di negozi pieni, uomini, donne, bambini carichi di pacchi. Sarebbe bello essere in mezzo a loro con una famiglia mia o con degli amici.
Mi rimetto a camminare e mentre passo accanto a Danny e gli faccio segno di muoversi. Siamo rimasti indietro.
Alfredo si è seduto in un salottino e sta infastidendo a un gatto tenuto al guinzaglio. Gli fa saettare davanti il puntino rosso, ma più in là di quanto il laccio gli permetta di arrivare. Così il felino salta e finisce con l’impiccarsi, per poi essere strattonato dalla padroncina che parla con un’amichetta. Entrambe continuano ad accennare passi di un balletto per TikTok. Povero gatto, creatura libera imprigionata da una padrona distratta. Il riassunto della mia storia con Diana.
Evocata dal mio pensiero, ecco la mia ex-padrona nel mezzo della galleria. Discute col cretino con cui mi ha sostituito. Mi fermo a due passi da Alfy con lo sguardo diretto verso di loro. Lei bella e professionale come sempre. Non un gesto fuori posto, elegante anche mentre litiga. Il cretino, proprietario di un negozio per elegantoni, è vestito come un manichino e ha lo stesso livello intellettivo. Si agita e deforma la faccia come un guitto sul palco di un teatro da quattro soldi.
– Capo è andato in perlustrazione… in realtà sta tentando la fortuna alla macchina vinci-panini. – Alfy ha il suo solito tono di voce svogliato, che si accende però subito di curiosità quando capisce. – È lei vero? La sgualdrina che ti ha spezzato il cuore e spinto a rompere le palle a degli sconosciuti?
Non mi va che la chiami così. Sono arrabbiato, voglio vendetta, ma il fatto che si permetta di chiamarla così mi infastidisce. L’allusione alla mia mancanza di amici mi innervosisce ancora di più.
– Sì. È lei – mi limito a rispondere. Ho bisogno dell’aiuto della gang e non posso mettermi a litigare.
– Guarda che le combino.
Inizia ad abbagliare il cretino col suo laser. Lui agita le mani davanti al viso, come se dovesse scacciare via un insetto.
Sento Danny ridere e, soprattutto, il gatto agitarsi. Ha perso il suo gioco e lo rivuole. Con uno strattone si libera dalla padrona e salta addosso ad Alfy. Lui urla, neanche fosse stato attaccato da un giaguaro, spinge via l’animale che ne approfitta per scappare via.
La padroncina si ricorda di aver un animale e gli va dietro disperata.
– Ci si accorge di ciò che si ha quando lo si perde – dice Danny ridacchiando.
Quello sconquasso ha attratto l’attenzione di Diana, direttrice sempre attenta a ciò che accade qui, e del cretino, pettegolo che si fa sempre gli affari degli altri.
Mi ritrovo addosso i loro occhi, carichi di curiosità quelli di lei e di rabbia, quelli di lui.
Faccio un cenno di saluto e mi stringo nelle spalle. Che caso incontrarsi qui, dove tu lavori, vero?
Mi fa segno di avvicinarmi, mentre con un altro gesto secco liquida il manichino. Poco male. Era lei era il primo obiettivo.
– Che ci fai qui, con tutti i centri commerciali che ci sono in città?
Devo portarla a pensare al codice della cassaforte del suo ufficio. Ho pensato diverse strategie per farlo.
– Ascolta…
– Credi mi basti rivederti per convincermi a rimettermi con te? Non sei così affascinante!
– A dire il vero ti ho lasciato io, dopo aver scoperto che mi tradivi.
– O forse ti ho tradito perché mi trascuravi?
– Ma che scusa è? – Il discorso mi sta portando troppo lontano. Devo tornare al piano. – Ascolta…
Il gatto impazzito all’improvviso mi salta in testa e mi usa come trampolino per arrivare a un lampadario a un metro e mezzo sopra di me.
Arriva la padroncina piangente e mi tira per un braccio. – Mi aiuti signore, la prego!
Poi giunge l’amica, si ferma accanto a lei, le passa una mano sulla spalla e poi si rimette a provare i passetti del ballo.
Intorno si sta fermando una folla. Finalmente il loro sabato pomeriggio si animerà.
Il cretino si riavvicina sbraitando: – Te l’ho detto che devi proibire l’ingresso agli animali.
– E io invece ho detto a te che se mi avessi rivolto di nuovo la parola, avrei sfrattato il tuo negozio.
Bene. C’è aria di crisi. Il cretino se ne va con la testa bassa e giurerei che le sue orecchie siano basse come quelle di un cane dopo un rimprovero.
La ragazzina continua a tirarmi per il braccio e Diana mi guarda incerta.
Cerco aiuto. Alfy è di nuovo seduto nel salotto, annoiato come se nulla stesse succedendo. Potrei chiedergli di usare il laser per attirare il gatto giù, ma non vorrei che quello saltasse e si spiccicasse. Lo so, i gatti cadono sempre in piedi, ma con la mia fortuna questo potrebbe essere il primo non sapersi tuffare. Carlos non si vede. Peccato: con i suoi muscoli potrebbe facilmente prendermi sulle spalle. Daniel sta in un capannello di spettatori con lo sguardo rivolto in alto. Lo chiamo.
– Danny, se io tenessi in braccio una pedana, riusciresti a sollevarti anche da lì?
– Certo! Basta anche un pezzo di cartone.
Mi faccio largo tra la folla e prendo la sagoma di cartone di Howard MacDuck, l’odiosa mascotte dei panini MacDuck. La stendo per terra davanti a Danny e lui ci sale sopra.
– Fai attenzione Chris. Se per caso dovessi inclinarla io verrei proiettato in avanti. Come capita a quelli che fanno acqua-jet.
Lui ridacchia, ma io sento l’intestino agitarsi. Me lo vedo, in volo parabolico, atterrare di testa per rialzarsi sanguinante.
Danny levita di qualche centimetro e io inizio a sollevare la sagoma. È strano sentire il peso di pochi grammi di quel pezzo di cartone e vedere quello spilungone sollevarsi come se fossi dotato di superforza.
Più alzo le braccia e più è difficile tenere dritta la pedana. Così procedo lento, mentre la folla mi incita come in un evento sportivo e la ragazzina urla al micio che Superman sta arrivando per salvarlo.
Mi accorgo degli smart phone puntati su di me. Sono venuto per compiere il mio primo furto e invece sto per diventare un meme: QUANDO TUA MADRE NASCONDE I SOLDI FUORI PORTATA, QUANDO HAI BISOGNO CHE UN AMICO TI TIRI SU, QUANDO VUOI FARE UN DISPETTO ALLA TUA EX E TI RITROVI A FARLE UN FAVORE…
– L’ho preso!
Sento un acuto miagolio, poi un soffio, infine Danny grida – Ahia!
Il gatto salta giù in braccio alla padrona e Danny parte in un tuffo carpiato con doppio avvitamento verso la folla che si apre, mostrando al centro Carlos. Capo allunga le braccia e prende al volo lo spilungone.
Un applauso si leva dalla folla.
– Forse dovrei ingaggiare te e i tuoi amici come animatori della galleria – sta ridendo Diana.
So che dovrei conservare il mio jolly telepatia per la combinazione della cassaforte, ma devo sapere cosa sta pensando ora.
Concentro il mio sguardo su di lei e apro le porte della mente. Entrare nella sua testa è un’esperienza strana, un mondo di odori e colori, forme geometriche cangianti, alcune calde come lava e altre gelide. Se qualcuno entrasse nei miei pensieri probabilmente vedrebbe solo una goccia che cade ritmicamente da un rubinetto.
In mezzo a quel Luna Park di sensazioni percepisco un pensiero: Christian mi piace ancora. È molto più divertente di quel baccalà in giacca e cravatta.
La mente di lei si chiude e, per un attimo, mi perdo nel suo sorriso, il sorriso che un tempo era casa mia. Il rubinetto nella mia testa si chiude. Non ripeterò l’errore di innamorami di lei.
– Non ho bisogno di te, sai?
Noto un cestino dell’immondizia. Tiro fuori dalla tasca il vecchio walkman e lo getto.
Poi vado via lasciandola a guardarmi come la pietra preziosa che non potrà più aggiungere alla sua collezione.
La macchina vinci-panini lampeggia a pochi passi da noi come un albero di Natale.
Carlos stringe fra le mani il Gourmetbourger come il più grande tesoro del mondo. Anche io, Danny e Alfy ne abbiamo uno. Siamo curiosi di assaggiarlo, ma aspettiamo che Capo dia il primo morso.
– E così non siete davvero una banda di delinquenti?
– No – Danny sorride. – Siamo un gruppo di amici che si allena insieme e ogni tanto va bere una birra. Abbiamo sparso la voce per divertirci ed evitare i fastidi.
– Per esempio, io posso tenere la musica alta in qualunque momento del giorno e della notte senza che i vicini protestino. – Finalmente Alfy ha un’espressione cordiale.
– Ma allora perché, quando vi ho chiesto di aiutarmi in un colpo, non avete rifiutato?
– Avremmo rovinato il buon nome della gang. – Alfy ha alzato un po’ il panino e lo sta annusando.
– E poi ero curioso di scoprire fino a dove ti saresti spinto. – Carlos sta accarezzando il tesoro fra le sue mani come un cucciolo da coccolare.
– Un colpo lo abbiamo davvero portato al termine. – Questa volta Alfy mi strizza addirittura l’occhio.
Sorrido ripensando a come mi sono avvicinato a quel tipo che stava mangiando il Gourmetbourger e gli ho letto nel pensiero la risposta al quiz di oggi.
– È il momento – annuncia Carlos. Addenta il panino e chiude gli occhi.
Attendiamo il responso.
Dopo aver masticato, ingoiato e respirato sentenzia.
– Mmmh. È insipido!
Assaggio anche io. Capo ha sempre ragione.