Il mio bambino
Inviato: martedì 21 marzo 2023, 0:02
È bello tornare a casa dopo un duro giorno di lavoro. Sul pianerottolo mi accoglie un odore di sedano, vino rosso e carote. Angela deve aver cucinato il polpettone.
Giro le chiavi nella toppa ed entro. Tutto è come speravo: la tavola è apparecchiata, il pavimento è lucido, il gatto è sul divano.
“Sono a casa” faccio due passi e mi affaccio in cucina. Lei sta rosolando la carne a fuoco lento e appena mi vede mi regala un sorriso.
Non le dò il tempo di parlare e le stampo un bacio sulle labbra. “Ho fame” avvicino una mano alla pentola, ma Angela mi dà uno schiaffo sul dorso.
“Ora fila, che tra poco è pronto.”
Scatto sull’attenti per prenderla in giro, poi torno in salotto a mettere l’ultimo tassello al puzzle della felicità.
“Dove sei?”
Il gatto drizza la testa dal cuscino e mi guarda serio.
“Non ce l’ho con te” guardo dietro il divano ma non c’è nessuno.
“Dove ti sei cacciato?” vado alla portafinestra e mi affaccio in balcone.
Niente.
Richiudo il battente e guardo dietro la tenda.
Di nuovo niente.
Torno in cucina con un groppo in gola. “Riccardo è in camera sua?”
Angela sta versando le patate nella pentola. “No, è uscito.”
La punta di uno spillo mi si conficca nel petto. “Uscito?”
Mi giro verso la finestra: una luna piena spende nel cielo.
“È notte!”
Angela ride. “Sono le 7 e mezza, c’è l’ora legale.”
“Non può uscire con il buio, è un bambino.”
“Un bambino?”
“Quando torna a casa mi sente, quant’è vero…”
“Riccardo è al parco con i suoi amici, non corre nessun pericolo. E ora vieni, andiamo a cena” Angela spegne il fuoco, prende la pentola, mi oltrepassa e si siede a tavola. Inizia a fare le porzioni.
“Non restare lì impalato e vieni a mangiare.”
Batto un piede a terra. “Voi cambiate le regole e io sono l’ultimo a…”
La porta di casa si apre e si richiude. Entra un ragazzino magro, abbronzato. Il naso all’insù. I capelli neri, tagliati corti.
Faccio fatica a riconoscerlo.
“Ciao pa’, ciao ma’.” Mi passa accanto e va verso il bagno. “Io mi faccio una doccia.”
Mi schiarisco la voce. “Dove sei stato?”.
“In bici con Luca e Diego. Adesso puzzo come una pecora.”
“Ceni con noi?”
“Non ho fame” entra in bagno e chiude la porta.
“Attento al soffione che è lento!” grido, ma nessuno risponde.
Vado a tavola e mi siedo. Nel mio piatto c’è mezzo chilo di polpettone.
“Non mangi?”
“Non ho più fame, Angela.”
“Che ti succede?”
La fisso negli occhi. “Lui non è più il mio bambino.”
“Che dici!”
“Ieri, solo ieri, era diverso. Oggi è cambiato.”
“Sei tu che la vedi così. Hai pensato troppo al lavoro e non ti sei accorto che stava crescendo.”
Deglutisco. “Hai ragione, sono un pessimo padre.”
“Non essere troppo severo con…”
“La verità è che gli anni migliori ci scappano di mano da un giorno all’altro. E ora lui non è più il…”
“Papà!” la voce di Riccardo, dal bagno. “Il soffione si è staccato e sta uscendo tutta l’acqua. Aiuto!”
Mi alzo di scatto, mentre un sorriso convinto mi increspa le labbra.
Angela aggrotta la fronte. “Che hai da ridere?”
Le indico la porta. “Lui è ancora il mio bambino.”
Corro verso il bagno.
Giro le chiavi nella toppa ed entro. Tutto è come speravo: la tavola è apparecchiata, il pavimento è lucido, il gatto è sul divano.
“Sono a casa” faccio due passi e mi affaccio in cucina. Lei sta rosolando la carne a fuoco lento e appena mi vede mi regala un sorriso.
Non le dò il tempo di parlare e le stampo un bacio sulle labbra. “Ho fame” avvicino una mano alla pentola, ma Angela mi dà uno schiaffo sul dorso.
“Ora fila, che tra poco è pronto.”
Scatto sull’attenti per prenderla in giro, poi torno in salotto a mettere l’ultimo tassello al puzzle della felicità.
“Dove sei?”
Il gatto drizza la testa dal cuscino e mi guarda serio.
“Non ce l’ho con te” guardo dietro il divano ma non c’è nessuno.
“Dove ti sei cacciato?” vado alla portafinestra e mi affaccio in balcone.
Niente.
Richiudo il battente e guardo dietro la tenda.
Di nuovo niente.
Torno in cucina con un groppo in gola. “Riccardo è in camera sua?”
Angela sta versando le patate nella pentola. “No, è uscito.”
La punta di uno spillo mi si conficca nel petto. “Uscito?”
Mi giro verso la finestra: una luna piena spende nel cielo.
“È notte!”
Angela ride. “Sono le 7 e mezza, c’è l’ora legale.”
“Non può uscire con il buio, è un bambino.”
“Un bambino?”
“Quando torna a casa mi sente, quant’è vero…”
“Riccardo è al parco con i suoi amici, non corre nessun pericolo. E ora vieni, andiamo a cena” Angela spegne il fuoco, prende la pentola, mi oltrepassa e si siede a tavola. Inizia a fare le porzioni.
“Non restare lì impalato e vieni a mangiare.”
Batto un piede a terra. “Voi cambiate le regole e io sono l’ultimo a…”
La porta di casa si apre e si richiude. Entra un ragazzino magro, abbronzato. Il naso all’insù. I capelli neri, tagliati corti.
Faccio fatica a riconoscerlo.
“Ciao pa’, ciao ma’.” Mi passa accanto e va verso il bagno. “Io mi faccio una doccia.”
Mi schiarisco la voce. “Dove sei stato?”.
“In bici con Luca e Diego. Adesso puzzo come una pecora.”
“Ceni con noi?”
“Non ho fame” entra in bagno e chiude la porta.
“Attento al soffione che è lento!” grido, ma nessuno risponde.
Vado a tavola e mi siedo. Nel mio piatto c’è mezzo chilo di polpettone.
“Non mangi?”
“Non ho più fame, Angela.”
“Che ti succede?”
La fisso negli occhi. “Lui non è più il mio bambino.”
“Che dici!”
“Ieri, solo ieri, era diverso. Oggi è cambiato.”
“Sei tu che la vedi così. Hai pensato troppo al lavoro e non ti sei accorto che stava crescendo.”
Deglutisco. “Hai ragione, sono un pessimo padre.”
“Non essere troppo severo con…”
“La verità è che gli anni migliori ci scappano di mano da un giorno all’altro. E ora lui non è più il…”
“Papà!” la voce di Riccardo, dal bagno. “Il soffione si è staccato e sta uscendo tutta l’acqua. Aiuto!”
Mi alzo di scatto, mentre un sorriso convinto mi increspa le labbra.
Angela aggrotta la fronte. “Che hai da ridere?”
Le indico la porta. “Lui è ancora il mio bambino.”
Corro verso il bagno.