SI SEDES NON IS di Maurizio Chierchia
Inviato: martedì 21 marzo 2023, 0:37
Gli sguardi del Dio Bes si perdono alle mie spalle. Le due statue osservano il giardino senza focalizzarsi su nulla, gli occhi non suggeriscono alcuna via da seguire, nessun indizio da scovare.
I turisti ignoranti si limitano a fotografare e sghignazzare senza comprendere il reale significato della Porta Alchemica. Non capiscono che dietro quegli epigrafi così strampalati c’è molto di più e che le loro risate farebbero rivoltare nella tomba il marchese di Pietraforte. Sono stolti, schiavi della tecnologia che dilaga in questo mondo. Appiccicati a quegli aggeggi quasi fossero una parte di loro, metà umani e metà robot.
«Come cambiano i tempi…»
Tossisco portandomi il fazzoletto di stoffa davanti alla bocca per educazione. Il sangue tinge le mie iniziali di rosso, M. S. VII. Lo ripiego in quattro e lo infilo nel taschino ignorando il mio stato di salute. Dopo novant’anni il corpo si degrada e un po’ alla volta gli atomi che lo compongono tornano a far parte del “tutto” che ci circonda. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Sulla soglia della porta c’è la più interessante delle incisioni, “SI SEDES NON IS”. Per una vita mi sono arrovellato alla ricerca di una soluzione a quest’enigma, la chiave per il vero mondo dei sogni. Se solo avessi avuto prima l’illuminazione ora starei brindando con Morfeo.
Il dono lasciatomi da mio padre prima che scomparisse è stato il tassello finale per arrivare alla comprensione, ma ci è voluta una vita intera. Anche se “una vita” non è il termine adatto. In una vita ne viviamo almeno quattro: infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia. Inoltre viviamo di rabbia, di gioia, di speranze e di angosce, e tutto ciò crea molteplici vite per ogni essere. Quanti di noi possono dire di vivere una vita sola?
Infilo la mano in tasca ed estraggo il dono, un amuleto con le sembianze del dio egizio Bes, protettore della crescita dell’uomo e custode del sonno. Lo stesso dio è raffigurato ai lati della porta ma solo due raffigurazioni al mondo hanno qualcosa in comune; l’amuleto ereditato da mio padre, e la statua situata sulla sinistra della Porta Alchemica. Essi sono l’unico vero indizio per aprire la porta, e solo un vero alchimista come me poteva arrivarci. Entrambi non hanno le gambe.
Da una borsa in pelle tiro fuori una motosega e l’accendo. La folla intorno mi guarda stupita e inizia a riprendermi con i cellulari.
Conto a ritroso da tre, due, uno e… sono dall’altra parte.
Mi volto e osservo il mio vecchio corpo a terra tranciato a metà, dilaniato in una pozza di sangue.
«Ha funzionato!»
Se siedi non vai e se non siedi vai, se hai solo il busto non puoi sederti e nel sonno le gambe non servono, sono paralizzate.
Bisogna osare, mutare per elevarsi, come il bruco in farfalla.
Perdere qualcosa per ottenerne una migliore.
«Ora potrò vivere nei sogni per l’eternità!»
Ma palesandosi di fronte a me, il gigantesco nano deforme Bes mi afferra per darmi la notizia peggiore delle mie vite.
«Quali sogni? Io custodisco gli incubi!»
I turisti ignoranti si limitano a fotografare e sghignazzare senza comprendere il reale significato della Porta Alchemica. Non capiscono che dietro quegli epigrafi così strampalati c’è molto di più e che le loro risate farebbero rivoltare nella tomba il marchese di Pietraforte. Sono stolti, schiavi della tecnologia che dilaga in questo mondo. Appiccicati a quegli aggeggi quasi fossero una parte di loro, metà umani e metà robot.
«Come cambiano i tempi…»
Tossisco portandomi il fazzoletto di stoffa davanti alla bocca per educazione. Il sangue tinge le mie iniziali di rosso, M. S. VII. Lo ripiego in quattro e lo infilo nel taschino ignorando il mio stato di salute. Dopo novant’anni il corpo si degrada e un po’ alla volta gli atomi che lo compongono tornano a far parte del “tutto” che ci circonda. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Sulla soglia della porta c’è la più interessante delle incisioni, “SI SEDES NON IS”. Per una vita mi sono arrovellato alla ricerca di una soluzione a quest’enigma, la chiave per il vero mondo dei sogni. Se solo avessi avuto prima l’illuminazione ora starei brindando con Morfeo.
Il dono lasciatomi da mio padre prima che scomparisse è stato il tassello finale per arrivare alla comprensione, ma ci è voluta una vita intera. Anche se “una vita” non è il termine adatto. In una vita ne viviamo almeno quattro: infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia. Inoltre viviamo di rabbia, di gioia, di speranze e di angosce, e tutto ciò crea molteplici vite per ogni essere. Quanti di noi possono dire di vivere una vita sola?
Infilo la mano in tasca ed estraggo il dono, un amuleto con le sembianze del dio egizio Bes, protettore della crescita dell’uomo e custode del sonno. Lo stesso dio è raffigurato ai lati della porta ma solo due raffigurazioni al mondo hanno qualcosa in comune; l’amuleto ereditato da mio padre, e la statua situata sulla sinistra della Porta Alchemica. Essi sono l’unico vero indizio per aprire la porta, e solo un vero alchimista come me poteva arrivarci. Entrambi non hanno le gambe.
Da una borsa in pelle tiro fuori una motosega e l’accendo. La folla intorno mi guarda stupita e inizia a riprendermi con i cellulari.
Conto a ritroso da tre, due, uno e… sono dall’altra parte.
Mi volto e osservo il mio vecchio corpo a terra tranciato a metà, dilaniato in una pozza di sangue.
«Ha funzionato!»
Se siedi non vai e se non siedi vai, se hai solo il busto non puoi sederti e nel sonno le gambe non servono, sono paralizzate.
Bisogna osare, mutare per elevarsi, come il bruco in farfalla.
Perdere qualcosa per ottenerne una migliore.
«Ora potrò vivere nei sogni per l’eternità!»
Ma palesandosi di fronte a me, il gigantesco nano deforme Bes mi afferra per darmi la notizia peggiore delle mie vite.
«Quali sogni? Io custodisco gli incubi!»