Giungla di cemento
Inviato: domenica 4 giugno 2023, 23:48
Giungla di cemento
Midnight salta fuori dalle ombre. Gli artigli lacerano il fianco della preda. Il vecchio ratto squittisce e prova a liberarsi dalla presa, ma i suoi movimenti riescono solo ad allargare le ferite.
Midnight lo tira a sé e lo morde alla base del collo. Sa quanto possa essere pericolosa una preda senza via di scampo e cerca di finirla in fretta, prima che disperazione e odio abbiano la meglio sulla paura. Stringe le fauci, affondando le zanne nella gola: il ratto da un ultimo sussulto e smette di respirare.
Midnight si lecca il sangue dal muso. Il sapore accende la fame, ma quello non è un buon posto per mangiare: altri della sua specie cacciano in quella parte dell’edificio e non ha voglia di contendere la preda con qualcun altro.
Morde il ratto, si guarda attorno e lo solleva, allontanandosi verso un posto più sicuro.
Un rumore.
Midnight si ferma e si volta verso destra. La luce del tramonto filtra dalle veneziane pericolanti e illumina il corridoio di rosso sanguigno. Il rumore si ripete: può sentirne la vibrazione trasmettersi dal pavimento alle zampe.
Esita: gli esseri umani hanno abbandonato da tempo le tane fredde, eppure a volte Midnight ha la sensazione che qualcosa di loro sia rimasto intrappolato tra i muri cadenti. Gli spifferi di vento nei corridoi del sesto piano assomigliano troppo al pianto di un bambino, mentre, in alcune stanze vicine al giardino, la muffa sulle pareti sta crescendo in modo da formare linee che lui non riconosce, ma che gli fanno rizzare il pelo.
Si sposta in una zona d’ombra, cercando di fare meno rumore possibile, appoggia la preda a terra e annusa l’aria.
Polvere, muffa, sporcizia e… qualcos’altro. Un odore diverso da qualsiasi cosa abbia mai sentito. Odore di qualcosa di vivo e forte. Odore di predatore.
Il cuore gli martella nel petto. L’istinto gli urla di scappare, anche a costo di abbandonare la preda appena catturata, ma esita. Se scappa, non saprà mai la causa del rumore e come può difendersi se non conosce la minaccia?
Midnight entra nella stanza attutendo i movimenti con la parte felpata delle zampe. Si mantiene sottovento e usa il pelo scuro per nascondersi nell’ombra di un pilastro della struttura.
Lo Straniero è sdraiato sul pavimento di una stanza laterale. È la creatura più grande che Midnight abbia mai visto, eppure le forme ricordano quelle dei membri della sua specie, con zampe affusolate, muso baffuto e la lunga coda che frusta il pavimento. Sotto il pelo nero si intuisce un corpo agile, ma possente. Una forza selvaggia che non viene attenuata dalle ferite aperte sui fianchi e sulla schiena.
Lo Straniero è circondato da alti steli d’erba, foglie e rampicanti, di un tipo che il gatto non ha mai visto prima. Alcuni si originano dalle ferite aperte e avvolgono la zampa posteriore destra e il collo in lunghe spire.
La creatura si volta nella sua direzione.
Midnight si immobilizza e trattiene il respiro.
Lo Straniero ringhia e scopre i denti: lo ha individuato, ma per ora non sembra intenzionato ad attaccare.
Il gatto si fa avanti e lo fronteggia.
L’istinto non è più quello di scappare, quanto quello di sottomettersi. Si ricorda di quando era un cucciolo e si sdraiava sulla schiena davanti agli anziani della sua specie, offrendo il ventre in segno di umiltà. Sarebbe il modo più corretto di approcciarsi alla maestosa creatura che ha davanti, ma lui non è più un cucciolo.
Si fa avanti. Lo Straniero snuda gli artigli, ma Midnight si limita a lasciare a terra il ratto catturato: un gregario si sottomette a un superiore, ma quando un capo ne incontra un altro gli offre un dono.
Lo Straniero studia il ratto. Lo annusa. Sposta lo sguardo su di Midnight ed emette un altro ringhio.
Lui si siede sul posteriore e resta impassibile.
La creatura afferra la preda e la divora in un solo morso. Si lecca le labbra.
Distende la zampa posteriore destra. I viticci oppongono resistenza, ma lo Straniero ruggisce e li strappa.
Un fiotto di sangue zampilla a terra: le piante coprivano una frattura scomposta e l’osso spezzato ha squarciato le carni.
La creatura lascia che si formi una pozza cremisi sul pavimento, abbassa la testa e la lambisce con la punta della lingua, guardando Midnight negli occhi.
Vuole che lo imiti? Ha offerto il suo stesso sangue in cambio della preda?
Il gatto si abbassa sulle zampe anteriori e accetta il dono.
Il sangue è caldo e il tepore si diffonde dallo stomaco al resto del corpo.
Midnight ansima. Il cuore gli martella nel petto e i muscoli flettono.
Abbassa lo sguardo e guarda nella pozza.
Il riflesso è quello dello Straniero.
Bagh muove un passo indietro e piega la testa. Il riflesso nell’acqua è il suo, eppure sente che non gli appartenga. Non del tutto. Lo agita con una zampata nel fiume e si allontana.
Sceglie un albero dal tronco largo, posizionato sul bordo di uno sperone roccioso. Lo scala fino al ramo più alto, che oltrepassa le chiome della foresta. Da quella posizione gode di un’ottima vista della vallata.
La sua vallata.
Bagh affonda gli artigli nella corteccia, solleva il capo e lancia il ruggito più forte di cui è capace. Il suono echeggia tra le colline. Porta con sé una sfida a chiunque sia in ascolto: quello è il suo regno e le prede al suo interno sono il suo nutrimento. Se qualcuno vuole contestare il suo dominio, dovrà farlo con la violenza.
Qualcuno risponde. Non il ruggito dei suoi simili, ma un verso basso e gutturale.
Bagh ringhia e si solleva.
L’urlo si ripete: lui ne individua l’origine in un’area chiara che risalta nell’oscurità della foresta.
Anche se non è stato un membro della sua specie a sfidarlo, il verso deve appartenere a un animale possente, abbastanza forte da non temere di rivelare la sua posizione ai predatori in agguato nel buio. Non c’è spazio per una simile creatura nel suo territorio.
Salta giù dall’albero e raggiunge il fiume. Lo risale per un tratto e lo guada in un’insenatura dove le rive sono più vicine e la corrente meno violenta. Si scrolla di dosso l’acqua e prosegue.
Nello spazio tra gli alberi si intravede il bianco della città in rovina.
La foresta la assedia da ogni lato, la soffoca con i rampicanti e ne fa crollare le mura con le radici, ma non è ancora riuscita a piegarla. C’è ancora una traccia dell’antica gloria nelle torri che si stagliano nel cielo notturno e negli edifici decorati da statue.
Bagh si ferma al limitare degli alberi. Un brivido gli corre lungo la schiena e nella mente si forma il termine “tane fredde”, anche se non ha idea di cosa significhi.
Il verso del misterioso rivale risuona tra le rovine, più forte e vicino. Lo guida verso una struttura poco distante. Parte dei muri laterali sono crollati e un albero è riuscito a crescere fino a sfondare i gradoni del fianco sinistro, estendendo rami e chiome oltre le ferite inflitte alla pietra. Eppure, quello che ne è rimasto in piedi è sufficiente a gettare ombre inquietanti sul sentiero.
L’istinto gli urla di allontanarsi e di tornare alla foresta ma se il misterioso nemico ha avuto il coraggio di entrare in quel luogo, lui non può essere da meno.
Sale le scale fino alla sommità, dove le pietre sono scivolose per la condensa e il fiato gli diviene vapore davanti alla bocca. All’interno vi è un grande salone, delimitato per tre lati da colonne scolpite in forma di serpente e per un terzo lato da una parete decorata con giganteschi bassorilievi che brillano alla luce della luna. I rami dell’albero che sta distruggendo l’edificio sono riusciti a spaccare alcuni blocchi del pavimento, al punto che in alcune punti si aprono degli squarci nel vuoto.
Il suo rivale è al centro della stanza. Un altro pensiero che non sembra appartenergli lo identifica come umano, ma c’è qualcosa di strano in lui. Le braccia sono troppo lunghe e la testa ha una forma affusolata. Inoltre, il corpo è coperto da capo a piedi da una folta peluria rossastra. Ha le braccia sollevate e sta saltellando da un piede all’altro, rivolto verso le figure scolpite nella parete. A intervalli regolari si ferma, batte le zampe ed emette un verso gutturale che viene distorto e ingigantito dall’eco nell’edificio.
Bagh risponde all’urlo con un ruggito. Il rivale si volta, snuda i denti e prende a battersi il petto con i pugni, gonfiando il corpo muscoloso.
Cominciano a muoversi in circolo.
Bagh raspa il pavimento.
Il rivale snuda le zanne.
Si caricano.
Lui spicca un salto e affonda gli artigli nel torace del nemico. L’urto del colpo sbilancia l’avversario e lo fa sbattere di schiena contro una colonna crollata. Bagh lo blocca sul posto a cerca di azzannarlo alla gola, ma il movimento è interrotto da un pugno sotto l’orecchio.
Un secondo pugno lo prende alla mandibola e lo manda a terra. L’avversario gli salta addosso e schianta su di lui le zampe pesanti. Una costola si spezza, strappandogli un ruggito di dolore, ma lui trova la forza di azzannargli un braccio. Si avvinghiano l’uno all’altro e rotolano sul pavimento, scambiandosi morsi, pugni e artigliate.
Il rivale sale su di lui e solleva i pugni per schiacciargli la testa. Bagh fa forza sulla schiena e lo sbilancia. Il fianco dell’avversario è scoperto ed è a portata delle sue zanne.
Scatta la testa in avanti… e percepisce il vuoto sotto di lui. Perde il contatto con l’avversario e cade. Sopra di loro, lo squarcio del pavimento in cui sono caduti.
Ruggisce, affondando nel buio.
Midnight spalanca gli occhi. È sdraiato a terra, il muso ancora immerso nella pozza di sangue. Le zampe sono anchilosate, ma riesce a rialzarsi.
Guarda lo Straniero e riconosce l’immagine riflessa nel fiume, anche se il corpo martoriato e le ossa spezzate hanno ben poco della potenza che aveva percepito nella visione.
Si avvicina e appoggia il muso sul suo. Lo lecca.
Bagh lo lecca a sua volta e si solleva. Strappa ancora una volta i rampicanti che imprigionano la zampa ferita e la offre a Midnight.
Il gatto osserva l’arto spezzato.
Si era sbagliato: il sangue versato non era un dono, ma una richiesta di aiuto.
Qualunque cosa sia successa nella foresta, il corpo dello Straniero non resisterà ancora a lungo, ma c’è un’ultima cosa che deve fare prima di morire: trovare il suo rivale e completare la caccia.
Midnight si avvicina e lecca la zampa spezzata. L’arto trema, ma non arretra.
Il gatto guarda lo Straniero negli occhi.
A suo modo, anche quello è un dono. Un essere orgoglioso come lui non avrebbe mai affidato la sua ultima volontà a un gregario.
Spalanca le fauci e addenta la carne esposta.
Il sole è tramontato. L’unica luce è quella dei lampioni lungo la via principale. Midnight annusa l’aria e segue la traccia di odore in un vicolo che costeggia le tane.
Da un bidone della spazzatura fa capolino la testa di un grosso cane. Il muso è costellato da cicatrici e l’orbita sinistra è vuota. Snuda i denti e si aggrappa con le zampe anteriori ai bordi del cassonetto.
Midnight si accuccia sulle zampe e spicca un salto, atterrando sulla metà chiusa del bidone. L’impatto fa perdere la presa al cane, che cade in mezzo ai rifiuti. Si rialza, ma il gatto lo guarda fisso nell’unico occhio rimastogli e lascia che il ringhio di Bagh emerga dalle fauci.
Il guercio uggiola e si accuccia nell’angolo più lontano del cassonetto.
Midnight fa un altro salto e sale su un muretto vicino. Lo percorre nella sua lunghezza per raggiungerne un altro che prosegue verso nord.
L’odore si intensifica. Midnight prende a muoversi con più circospezione, accucciato sulle zampe per ridurre la figura esposta. Si ferma per annusare l’aria e per tendere l’orecchio ai rumori che infrangono il silenzio che lo circonda. Raggiunge la parete che delimita un vicolo senza uscita, stretto tra la parte settentrionale delle tane fredde e un magazzino abbandonato.
Il rivale è lì, la figura sgraziata illuminata da un fuoco acceso in un bidone. È chino su una pila di sacchi di plastica neri e ne sta esplorando il contenuto con la zampa destra. La sinistra pende floscia al fianco, coperta da rampicanti identici a quelli che sono cresciuti dalle ferite di Bagh. A parte quello e i segni delle artigliate riportate nel combattimento nella foresta, sembra in condizioni migliori rispetto allo Straniero.
C’è qualcuno sdraiato a terra accanto a lui. Dagli abiti che indossa, Midnight intuisce che si tratta di uno degli umani randagi che d’inverno trovano rifugio nei cantucci attorno alle tane fredde. Il torace immobile e la testa piegata in una posizione innaturale gli fanno anche capire che l’uomo non dovrà più preoccuparsi della neve.
Muovendosi lungo il bordo, Il gatto raggiunge una scala antincendio arrugginita e si intrufola tra le sbarre. Da quel punto è molto più vicino al rivale, ma mantiene la posizione sopraelevata e la copertura delle ombre. Riesce anche a vedere il volto dell’umano morto e lo riconosce: ha sentito alcuni dei suoi compagni vagabondi chiamarlo “Howard” e una volta gli aveva offerto un piattino di latte e il riparo della sua coperta in una notte fredda.
La sua rabbia si unisce a quella di Bagh. Le lascia esplodere entrambi nel balzo con cui si lancia contro il rivale.
Artigli sguainati. Fauci spalancate. Un ruggito che frantuma il silenzio.
La creatura si volta e cerca di allontanarsi, ma lui gli piomba addosso. La morde al collo e gli lacera la pelle del torace con le unghie. Il rivale urla e schianta su di lui una zampa. L’urto lo proietta contro il muro dall’altro lato del vicolo.
Midnight finisce in mezzo ai rifiuti. Ha sentito alcune ossa frantumarsi per il pugno, mentre altre hanno ceduto nell’impatto contro i mattoni, eppure si rialza sulle sue zampe, illeso.
Il rivale si tocca le ferite: sono profonde, ma piccole. Ne emergono steli di rampicanti che si arrampicano sul pelo rossiccio.
Midnight geme: anche se Bagh gli ha donato la sua forza, bocca e artigli sono troppo piccoli per causare danni estesi.
Il rivale piega la testa di lato. Lo guarda aggrottando le sopracciglia. Senza togliergli lo sguardo di dosso, infila la zampa nel mucchio dei tesori di Howard in cui stava curiosando prima dell’attacco. Ne estrae un rasoio a mano libera. Ne prova il filo sui rampicanti appena cresciuti e li taglia.
Solleva l’arma al di sopra della testa e ghigna.
Midnight ringhia.
Si caricano.
Arrivato alla giusta distanza, il gatto si abbassa. L’avversario muove il rasoio per intercettare un balzo verso il collo, ma lui gli si infila tra le gambe e comincia a ferirlo al polpaccio destro.
Da quella posizione non può essere colpito dalle rasoiate, quindi segue i movimenti del rivale per mantenersi sotto di lui. Quello reagisce sollevando la gamba sinistra per schiacciarlo, ma Midnight scarta su quella di appoggio e trancia il tendine con un morso.
L’avversario crolla a terra. Il gatto lo scavalca dal lato del braccio spezzato e si avventa sul muso. Taglia la palpebra con un’artigliata. Quella successiva spappola l’occhio fino ad affondare nell’orbita. Gli arriva una rasoiata di risposta, ma il braccio dall’altro lato ha una portata limitata. Midnight si muove di lato e apre un taglio sul polso. L’arma scivola dalla zampa dal rivale e il gatto gli salta addosso.
Il collo è indifeso, ma il braccio è alzato.
Una trappola per Midnight. Una sfida per Bagh.
Affonda le zanne nella carne del rivale. Un pugno si schianta sulla zampa posteriore sinistra. Il gatto geme, ma non cede e morde più in profondità.
Sangue zampilla dall’arteria. Altro erutta dalla bocca del rivale, che gorgoglia e lo colpisce con una zampata che gli spappola anche l’altra zampa posteriore.
Bagh urla dalle sue fauci. Il nemico emette un grido soffocato in risposta e resta immobile.
Ansimando, Midnight si rialza. Come in precedenza, le ferite si sono rimarginate e le ossa sono tornate intere, lasciando solo una sensazione di intorpidimento agli arti.
Il corpo sotto di lui si scuote: la bocca del rivale si apre e decine di rampicanti ne emergono. Strisciano sul corpo, legandosi a quelli che stanno emergendo dalle ferite fresche. Un paio di loro cercano di afferrare Midnight, ma lui riesce a saltare via prima di esserne intrappolato.
Si volta: gli steli vegetali avvolgono il corpo della creatura e si tendono, come se qualcosa gli tirasse. Si sente un rumore come di ossa spezzate e pelle strappata. Cambiano la loro disposizione si tendono di nuovo. Lo fanno ancora e ancora, restringendosi e assumendo una forma che ricorda sempre di meno quella del corpo intrappolato.
Da ultimo, tutto ciò che resta è un fascio di rampicanti che sembra emergere dall’asfalto del vicolo. Su alcuni di loro sbocciano dei fiori con petali dal colore rosso acceso.
Midnight strappa uno dei fiori e lo lascia davanti a Howard.
Anche se non può fare di più, nessun gatto dimentica la gentilezza ricevuta.
Lecca la fronte fredda dell’amico e si allontana.
La caccia è finita.
Bagh è coperto di rampicanti. Le zampe posteriori e la schiena sono spezzate in un modo che rende chiaro a Midnight quale prezzo abbia dovuto pagare per permettergli di sopravvivere agli attacchi del rivale.
Il gatto si avvicina per salutarlo, ma lo Straniero lo lecca per primo.
Si guardano negli occhi.
Vieni via con me.
La mente di Bagh è debole nella sua e il trasmettergli quei pensieri deve costargli molte delle forze che gli restano, poiché appoggia il capo al pavimento e lascia che i rampicanti comincino a strisciarci sopra.
Vieni via con me.
Nella mente di Midnight compaiono altri frammenti della memoria di Bagh.
Le cacce alla luce della Luna.
Le lotte con i maschi nella stagione degli amori.
Le femmine della sua specie, fiere e bellissime come nessun’altra creatura.
La libertà della foresta infinita.
Il cuore di Midnight scalpita. La visione accende in lui istinti che non sapeva nemmeno di possedere, come memorie di un passato tramandatogli nel sangue.
Bagh geme e gli offre il collo.
Vieni via con me.
Midnight lo guarda: stavolta non è una richiesta di aiuto, ma un dono. Il più grande che lo Straniero potrebbe mai fare.
Ma non un regalo che lui possa accettare.
Il gatto chiude gli occhi e risponde ai frammenti di memoria di Bagh con i suoi. Le stesse lotte e le stesse passioni, solo vissute tra le infinite possibilità che la città degli umani offre a quelli come lui.
Due regni diversi per due differenti sovrani.
Lo Straniero lo saluta con un ultimo ruggito e lascia che i rampicanti lo coprano.
Midnight si allontana ed esce dalle tane fredde.
Prende un profondo respiro. Nell’aria sente l’odore di prede ignare.
Affila gli artigli e si nasconde nelle ombre.
La caccia di Bagh è terminata, ma non la sua.
E la notte è ancora lunga.
Midnight salta fuori dalle ombre. Gli artigli lacerano il fianco della preda. Il vecchio ratto squittisce e prova a liberarsi dalla presa, ma i suoi movimenti riescono solo ad allargare le ferite.
Midnight lo tira a sé e lo morde alla base del collo. Sa quanto possa essere pericolosa una preda senza via di scampo e cerca di finirla in fretta, prima che disperazione e odio abbiano la meglio sulla paura. Stringe le fauci, affondando le zanne nella gola: il ratto da un ultimo sussulto e smette di respirare.
Midnight si lecca il sangue dal muso. Il sapore accende la fame, ma quello non è un buon posto per mangiare: altri della sua specie cacciano in quella parte dell’edificio e non ha voglia di contendere la preda con qualcun altro.
Morde il ratto, si guarda attorno e lo solleva, allontanandosi verso un posto più sicuro.
Un rumore.
Midnight si ferma e si volta verso destra. La luce del tramonto filtra dalle veneziane pericolanti e illumina il corridoio di rosso sanguigno. Il rumore si ripete: può sentirne la vibrazione trasmettersi dal pavimento alle zampe.
Esita: gli esseri umani hanno abbandonato da tempo le tane fredde, eppure a volte Midnight ha la sensazione che qualcosa di loro sia rimasto intrappolato tra i muri cadenti. Gli spifferi di vento nei corridoi del sesto piano assomigliano troppo al pianto di un bambino, mentre, in alcune stanze vicine al giardino, la muffa sulle pareti sta crescendo in modo da formare linee che lui non riconosce, ma che gli fanno rizzare il pelo.
Si sposta in una zona d’ombra, cercando di fare meno rumore possibile, appoggia la preda a terra e annusa l’aria.
Polvere, muffa, sporcizia e… qualcos’altro. Un odore diverso da qualsiasi cosa abbia mai sentito. Odore di qualcosa di vivo e forte. Odore di predatore.
Il cuore gli martella nel petto. L’istinto gli urla di scappare, anche a costo di abbandonare la preda appena catturata, ma esita. Se scappa, non saprà mai la causa del rumore e come può difendersi se non conosce la minaccia?
Midnight entra nella stanza attutendo i movimenti con la parte felpata delle zampe. Si mantiene sottovento e usa il pelo scuro per nascondersi nell’ombra di un pilastro della struttura.
Lo Straniero è sdraiato sul pavimento di una stanza laterale. È la creatura più grande che Midnight abbia mai visto, eppure le forme ricordano quelle dei membri della sua specie, con zampe affusolate, muso baffuto e la lunga coda che frusta il pavimento. Sotto il pelo nero si intuisce un corpo agile, ma possente. Una forza selvaggia che non viene attenuata dalle ferite aperte sui fianchi e sulla schiena.
Lo Straniero è circondato da alti steli d’erba, foglie e rampicanti, di un tipo che il gatto non ha mai visto prima. Alcuni si originano dalle ferite aperte e avvolgono la zampa posteriore destra e il collo in lunghe spire.
La creatura si volta nella sua direzione.
Midnight si immobilizza e trattiene il respiro.
Lo Straniero ringhia e scopre i denti: lo ha individuato, ma per ora non sembra intenzionato ad attaccare.
Il gatto si fa avanti e lo fronteggia.
L’istinto non è più quello di scappare, quanto quello di sottomettersi. Si ricorda di quando era un cucciolo e si sdraiava sulla schiena davanti agli anziani della sua specie, offrendo il ventre in segno di umiltà. Sarebbe il modo più corretto di approcciarsi alla maestosa creatura che ha davanti, ma lui non è più un cucciolo.
Si fa avanti. Lo Straniero snuda gli artigli, ma Midnight si limita a lasciare a terra il ratto catturato: un gregario si sottomette a un superiore, ma quando un capo ne incontra un altro gli offre un dono.
Lo Straniero studia il ratto. Lo annusa. Sposta lo sguardo su di Midnight ed emette un altro ringhio.
Lui si siede sul posteriore e resta impassibile.
La creatura afferra la preda e la divora in un solo morso. Si lecca le labbra.
Distende la zampa posteriore destra. I viticci oppongono resistenza, ma lo Straniero ruggisce e li strappa.
Un fiotto di sangue zampilla a terra: le piante coprivano una frattura scomposta e l’osso spezzato ha squarciato le carni.
La creatura lascia che si formi una pozza cremisi sul pavimento, abbassa la testa e la lambisce con la punta della lingua, guardando Midnight negli occhi.
Vuole che lo imiti? Ha offerto il suo stesso sangue in cambio della preda?
Il gatto si abbassa sulle zampe anteriori e accetta il dono.
Il sangue è caldo e il tepore si diffonde dallo stomaco al resto del corpo.
Midnight ansima. Il cuore gli martella nel petto e i muscoli flettono.
Abbassa lo sguardo e guarda nella pozza.
Il riflesso è quello dello Straniero.
Bagh muove un passo indietro e piega la testa. Il riflesso nell’acqua è il suo, eppure sente che non gli appartenga. Non del tutto. Lo agita con una zampata nel fiume e si allontana.
Sceglie un albero dal tronco largo, posizionato sul bordo di uno sperone roccioso. Lo scala fino al ramo più alto, che oltrepassa le chiome della foresta. Da quella posizione gode di un’ottima vista della vallata.
La sua vallata.
Bagh affonda gli artigli nella corteccia, solleva il capo e lancia il ruggito più forte di cui è capace. Il suono echeggia tra le colline. Porta con sé una sfida a chiunque sia in ascolto: quello è il suo regno e le prede al suo interno sono il suo nutrimento. Se qualcuno vuole contestare il suo dominio, dovrà farlo con la violenza.
Qualcuno risponde. Non il ruggito dei suoi simili, ma un verso basso e gutturale.
Bagh ringhia e si solleva.
L’urlo si ripete: lui ne individua l’origine in un’area chiara che risalta nell’oscurità della foresta.
Anche se non è stato un membro della sua specie a sfidarlo, il verso deve appartenere a un animale possente, abbastanza forte da non temere di rivelare la sua posizione ai predatori in agguato nel buio. Non c’è spazio per una simile creatura nel suo territorio.
Salta giù dall’albero e raggiunge il fiume. Lo risale per un tratto e lo guada in un’insenatura dove le rive sono più vicine e la corrente meno violenta. Si scrolla di dosso l’acqua e prosegue.
Nello spazio tra gli alberi si intravede il bianco della città in rovina.
La foresta la assedia da ogni lato, la soffoca con i rampicanti e ne fa crollare le mura con le radici, ma non è ancora riuscita a piegarla. C’è ancora una traccia dell’antica gloria nelle torri che si stagliano nel cielo notturno e negli edifici decorati da statue.
Bagh si ferma al limitare degli alberi. Un brivido gli corre lungo la schiena e nella mente si forma il termine “tane fredde”, anche se non ha idea di cosa significhi.
Il verso del misterioso rivale risuona tra le rovine, più forte e vicino. Lo guida verso una struttura poco distante. Parte dei muri laterali sono crollati e un albero è riuscito a crescere fino a sfondare i gradoni del fianco sinistro, estendendo rami e chiome oltre le ferite inflitte alla pietra. Eppure, quello che ne è rimasto in piedi è sufficiente a gettare ombre inquietanti sul sentiero.
L’istinto gli urla di allontanarsi e di tornare alla foresta ma se il misterioso nemico ha avuto il coraggio di entrare in quel luogo, lui non può essere da meno.
Sale le scale fino alla sommità, dove le pietre sono scivolose per la condensa e il fiato gli diviene vapore davanti alla bocca. All’interno vi è un grande salone, delimitato per tre lati da colonne scolpite in forma di serpente e per un terzo lato da una parete decorata con giganteschi bassorilievi che brillano alla luce della luna. I rami dell’albero che sta distruggendo l’edificio sono riusciti a spaccare alcuni blocchi del pavimento, al punto che in alcune punti si aprono degli squarci nel vuoto.
Il suo rivale è al centro della stanza. Un altro pensiero che non sembra appartenergli lo identifica come umano, ma c’è qualcosa di strano in lui. Le braccia sono troppo lunghe e la testa ha una forma affusolata. Inoltre, il corpo è coperto da capo a piedi da una folta peluria rossastra. Ha le braccia sollevate e sta saltellando da un piede all’altro, rivolto verso le figure scolpite nella parete. A intervalli regolari si ferma, batte le zampe ed emette un verso gutturale che viene distorto e ingigantito dall’eco nell’edificio.
Bagh risponde all’urlo con un ruggito. Il rivale si volta, snuda i denti e prende a battersi il petto con i pugni, gonfiando il corpo muscoloso.
Cominciano a muoversi in circolo.
Bagh raspa il pavimento.
Il rivale snuda le zanne.
Si caricano.
Lui spicca un salto e affonda gli artigli nel torace del nemico. L’urto del colpo sbilancia l’avversario e lo fa sbattere di schiena contro una colonna crollata. Bagh lo blocca sul posto a cerca di azzannarlo alla gola, ma il movimento è interrotto da un pugno sotto l’orecchio.
Un secondo pugno lo prende alla mandibola e lo manda a terra. L’avversario gli salta addosso e schianta su di lui le zampe pesanti. Una costola si spezza, strappandogli un ruggito di dolore, ma lui trova la forza di azzannargli un braccio. Si avvinghiano l’uno all’altro e rotolano sul pavimento, scambiandosi morsi, pugni e artigliate.
Il rivale sale su di lui e solleva i pugni per schiacciargli la testa. Bagh fa forza sulla schiena e lo sbilancia. Il fianco dell’avversario è scoperto ed è a portata delle sue zanne.
Scatta la testa in avanti… e percepisce il vuoto sotto di lui. Perde il contatto con l’avversario e cade. Sopra di loro, lo squarcio del pavimento in cui sono caduti.
Ruggisce, affondando nel buio.
Midnight spalanca gli occhi. È sdraiato a terra, il muso ancora immerso nella pozza di sangue. Le zampe sono anchilosate, ma riesce a rialzarsi.
Guarda lo Straniero e riconosce l’immagine riflessa nel fiume, anche se il corpo martoriato e le ossa spezzate hanno ben poco della potenza che aveva percepito nella visione.
Si avvicina e appoggia il muso sul suo. Lo lecca.
Bagh lo lecca a sua volta e si solleva. Strappa ancora una volta i rampicanti che imprigionano la zampa ferita e la offre a Midnight.
Il gatto osserva l’arto spezzato.
Si era sbagliato: il sangue versato non era un dono, ma una richiesta di aiuto.
Qualunque cosa sia successa nella foresta, il corpo dello Straniero non resisterà ancora a lungo, ma c’è un’ultima cosa che deve fare prima di morire: trovare il suo rivale e completare la caccia.
Midnight si avvicina e lecca la zampa spezzata. L’arto trema, ma non arretra.
Il gatto guarda lo Straniero negli occhi.
A suo modo, anche quello è un dono. Un essere orgoglioso come lui non avrebbe mai affidato la sua ultima volontà a un gregario.
Spalanca le fauci e addenta la carne esposta.
Il sole è tramontato. L’unica luce è quella dei lampioni lungo la via principale. Midnight annusa l’aria e segue la traccia di odore in un vicolo che costeggia le tane.
Da un bidone della spazzatura fa capolino la testa di un grosso cane. Il muso è costellato da cicatrici e l’orbita sinistra è vuota. Snuda i denti e si aggrappa con le zampe anteriori ai bordi del cassonetto.
Midnight si accuccia sulle zampe e spicca un salto, atterrando sulla metà chiusa del bidone. L’impatto fa perdere la presa al cane, che cade in mezzo ai rifiuti. Si rialza, ma il gatto lo guarda fisso nell’unico occhio rimastogli e lascia che il ringhio di Bagh emerga dalle fauci.
Il guercio uggiola e si accuccia nell’angolo più lontano del cassonetto.
Midnight fa un altro salto e sale su un muretto vicino. Lo percorre nella sua lunghezza per raggiungerne un altro che prosegue verso nord.
L’odore si intensifica. Midnight prende a muoversi con più circospezione, accucciato sulle zampe per ridurre la figura esposta. Si ferma per annusare l’aria e per tendere l’orecchio ai rumori che infrangono il silenzio che lo circonda. Raggiunge la parete che delimita un vicolo senza uscita, stretto tra la parte settentrionale delle tane fredde e un magazzino abbandonato.
Il rivale è lì, la figura sgraziata illuminata da un fuoco acceso in un bidone. È chino su una pila di sacchi di plastica neri e ne sta esplorando il contenuto con la zampa destra. La sinistra pende floscia al fianco, coperta da rampicanti identici a quelli che sono cresciuti dalle ferite di Bagh. A parte quello e i segni delle artigliate riportate nel combattimento nella foresta, sembra in condizioni migliori rispetto allo Straniero.
C’è qualcuno sdraiato a terra accanto a lui. Dagli abiti che indossa, Midnight intuisce che si tratta di uno degli umani randagi che d’inverno trovano rifugio nei cantucci attorno alle tane fredde. Il torace immobile e la testa piegata in una posizione innaturale gli fanno anche capire che l’uomo non dovrà più preoccuparsi della neve.
Muovendosi lungo il bordo, Il gatto raggiunge una scala antincendio arrugginita e si intrufola tra le sbarre. Da quel punto è molto più vicino al rivale, ma mantiene la posizione sopraelevata e la copertura delle ombre. Riesce anche a vedere il volto dell’umano morto e lo riconosce: ha sentito alcuni dei suoi compagni vagabondi chiamarlo “Howard” e una volta gli aveva offerto un piattino di latte e il riparo della sua coperta in una notte fredda.
La sua rabbia si unisce a quella di Bagh. Le lascia esplodere entrambi nel balzo con cui si lancia contro il rivale.
Artigli sguainati. Fauci spalancate. Un ruggito che frantuma il silenzio.
La creatura si volta e cerca di allontanarsi, ma lui gli piomba addosso. La morde al collo e gli lacera la pelle del torace con le unghie. Il rivale urla e schianta su di lui una zampa. L’urto lo proietta contro il muro dall’altro lato del vicolo.
Midnight finisce in mezzo ai rifiuti. Ha sentito alcune ossa frantumarsi per il pugno, mentre altre hanno ceduto nell’impatto contro i mattoni, eppure si rialza sulle sue zampe, illeso.
Il rivale si tocca le ferite: sono profonde, ma piccole. Ne emergono steli di rampicanti che si arrampicano sul pelo rossiccio.
Midnight geme: anche se Bagh gli ha donato la sua forza, bocca e artigli sono troppo piccoli per causare danni estesi.
Il rivale piega la testa di lato. Lo guarda aggrottando le sopracciglia. Senza togliergli lo sguardo di dosso, infila la zampa nel mucchio dei tesori di Howard in cui stava curiosando prima dell’attacco. Ne estrae un rasoio a mano libera. Ne prova il filo sui rampicanti appena cresciuti e li taglia.
Solleva l’arma al di sopra della testa e ghigna.
Midnight ringhia.
Si caricano.
Arrivato alla giusta distanza, il gatto si abbassa. L’avversario muove il rasoio per intercettare un balzo verso il collo, ma lui gli si infila tra le gambe e comincia a ferirlo al polpaccio destro.
Da quella posizione non può essere colpito dalle rasoiate, quindi segue i movimenti del rivale per mantenersi sotto di lui. Quello reagisce sollevando la gamba sinistra per schiacciarlo, ma Midnight scarta su quella di appoggio e trancia il tendine con un morso.
L’avversario crolla a terra. Il gatto lo scavalca dal lato del braccio spezzato e si avventa sul muso. Taglia la palpebra con un’artigliata. Quella successiva spappola l’occhio fino ad affondare nell’orbita. Gli arriva una rasoiata di risposta, ma il braccio dall’altro lato ha una portata limitata. Midnight si muove di lato e apre un taglio sul polso. L’arma scivola dalla zampa dal rivale e il gatto gli salta addosso.
Il collo è indifeso, ma il braccio è alzato.
Una trappola per Midnight. Una sfida per Bagh.
Affonda le zanne nella carne del rivale. Un pugno si schianta sulla zampa posteriore sinistra. Il gatto geme, ma non cede e morde più in profondità.
Sangue zampilla dall’arteria. Altro erutta dalla bocca del rivale, che gorgoglia e lo colpisce con una zampata che gli spappola anche l’altra zampa posteriore.
Bagh urla dalle sue fauci. Il nemico emette un grido soffocato in risposta e resta immobile.
Ansimando, Midnight si rialza. Come in precedenza, le ferite si sono rimarginate e le ossa sono tornate intere, lasciando solo una sensazione di intorpidimento agli arti.
Il corpo sotto di lui si scuote: la bocca del rivale si apre e decine di rampicanti ne emergono. Strisciano sul corpo, legandosi a quelli che stanno emergendo dalle ferite fresche. Un paio di loro cercano di afferrare Midnight, ma lui riesce a saltare via prima di esserne intrappolato.
Si volta: gli steli vegetali avvolgono il corpo della creatura e si tendono, come se qualcosa gli tirasse. Si sente un rumore come di ossa spezzate e pelle strappata. Cambiano la loro disposizione si tendono di nuovo. Lo fanno ancora e ancora, restringendosi e assumendo una forma che ricorda sempre di meno quella del corpo intrappolato.
Da ultimo, tutto ciò che resta è un fascio di rampicanti che sembra emergere dall’asfalto del vicolo. Su alcuni di loro sbocciano dei fiori con petali dal colore rosso acceso.
Midnight strappa uno dei fiori e lo lascia davanti a Howard.
Anche se non può fare di più, nessun gatto dimentica la gentilezza ricevuta.
Lecca la fronte fredda dell’amico e si allontana.
La caccia è finita.
Bagh è coperto di rampicanti. Le zampe posteriori e la schiena sono spezzate in un modo che rende chiaro a Midnight quale prezzo abbia dovuto pagare per permettergli di sopravvivere agli attacchi del rivale.
Il gatto si avvicina per salutarlo, ma lo Straniero lo lecca per primo.
Si guardano negli occhi.
Vieni via con me.
La mente di Bagh è debole nella sua e il trasmettergli quei pensieri deve costargli molte delle forze che gli restano, poiché appoggia il capo al pavimento e lascia che i rampicanti comincino a strisciarci sopra.
Vieni via con me.
Nella mente di Midnight compaiono altri frammenti della memoria di Bagh.
Le cacce alla luce della Luna.
Le lotte con i maschi nella stagione degli amori.
Le femmine della sua specie, fiere e bellissime come nessun’altra creatura.
La libertà della foresta infinita.
Il cuore di Midnight scalpita. La visione accende in lui istinti che non sapeva nemmeno di possedere, come memorie di un passato tramandatogli nel sangue.
Bagh geme e gli offre il collo.
Vieni via con me.
Midnight lo guarda: stavolta non è una richiesta di aiuto, ma un dono. Il più grande che lo Straniero potrebbe mai fare.
Ma non un regalo che lui possa accettare.
Il gatto chiude gli occhi e risponde ai frammenti di memoria di Bagh con i suoi. Le stesse lotte e le stesse passioni, solo vissute tra le infinite possibilità che la città degli umani offre a quelli come lui.
Due regni diversi per due differenti sovrani.
Lo Straniero lo saluta con un ultimo ruggito e lascia che i rampicanti lo coprano.
Midnight si allontana ed esce dalle tane fredde.
Prende un profondo respiro. Nell’aria sente l’odore di prede ignare.
Affila gli artigli e si nasconde nelle ombre.
La caccia di Bagh è terminata, ma non la sua.
E la notte è ancora lunga.