La buona volta
Inviato: martedì 19 settembre 2023, 1:14
Scorro le righe sul monitor fino a quella che cerco. Basta un’occhiata per capire che la mattinata andrà persa.
Indico il codice al docente, che si sporge sopra la mia spalla.
“Conosco questo linguaggio, il punto è sicuramente questo, ma qui non trovo errori evidenti.”
“Quindi non riesci a farlo partire? Lo abbiamo usato anche ieri.”
Ecco un altro che ignora che tutte le cose, dai PC ai matrimoni, possono rompersi solo se in precedenza, per un tempo oscillante tra i pochi secondi e i quindici anni, hanno funzionato.
“Posso parlare con l’ultimo che l’ha usato?”
Si allontana col passo di chi può infine aggrapparsi a una speranza.
“La chiamo subito.”
Torno a guardare il terminale, rilancio l’ultima istruzione. Le casse gracchiano un beep e ricompare lo stesso messaggio di errore.
Riprovarci senza che nulla sia cambiato, non può cambiare nulla.
Mi gratto il dorso della mano sinistra, un tempo rigirare la fede intorno all’anulare mi aiutava a pensare.
Cerco su Internet una risposta googlando l’errore, rileggo le righe prima e dopo quella incriminata, ma il problema continua a sfuggirmi.
I passi che galoppano in corridoio annunciano il ritorno del professore.
Dietro la sua giacca scura incravattata entra un camice bianco con una cascata di sottili capelli neri.
“Rosanna, puoi mostrargli cosa hai fatto ieri?”
Si avvicina, mi sposto per darle accesso alla tastiera.
Scosta i capelli per vedere meglio lo schermo, un odore di fiori aleggia per la stanza.
Apre un file, una lunga lista di istruzioni simili a quella appena lanciata. A parte gli input, il resto resta uguale.
“Possiamo rilanciare una di queste elaborazioni?”
“Certamente. I risultati sono già su un disco esterno.”
Nonostante le sue parole, mi lascia fare senza allontanarsi, forse vigila con discrezione che non stia facendo danni.
Il software, questa volta, funziona. Nessun messaggio a schermo, nessun errore, l’elaborazione grafica che compare nella cartella indicata. Un doppio click e l’immagine si apre, riempiendo lo schermo.
Meravigliosa.
Ma non possiamo distrarci.
Riprovo con l’istruzione incriminata, che resta tale: non vuol saperne di funzionare.
“Possiamo verificare il file dei dati, Professore?”
Un cenno del docente a Rosanna e le mani della donna si sostituiscono di nuovo alle mie sulla tastiera.
Un sottile rigo bianco sulla pelle abbronzata della mano sinistra, anche lei ha trovato un errore nella sua vita, lo ha rimosso.
Come ora dovremo fare di questo file, corrotto al punto da incasinare tutto.
Lo scarica di nuovo dai server che preservano i dati dell’osservatorio di Arecibo. Questa volta tutto funziona.
Ormai non servo più qui.
“Lieto di essere stato utile.” sorrido e cedo la postazione, per tornare a seppellirmi nel mio cubicolo.
“Non vuol vedere l’esito?” il tono di Rosanna è gioviale, il sorriso limpido.
Mi avvicino al monitor, al suo odore di fiori.
Doppio click, una volta stellata esplode sullo schermo.
Talvolta, è come comincia che può fare tutta la differenza del mondo.
Indico il codice al docente, che si sporge sopra la mia spalla.
“Conosco questo linguaggio, il punto è sicuramente questo, ma qui non trovo errori evidenti.”
“Quindi non riesci a farlo partire? Lo abbiamo usato anche ieri.”
Ecco un altro che ignora che tutte le cose, dai PC ai matrimoni, possono rompersi solo se in precedenza, per un tempo oscillante tra i pochi secondi e i quindici anni, hanno funzionato.
“Posso parlare con l’ultimo che l’ha usato?”
Si allontana col passo di chi può infine aggrapparsi a una speranza.
“La chiamo subito.”
Torno a guardare il terminale, rilancio l’ultima istruzione. Le casse gracchiano un beep e ricompare lo stesso messaggio di errore.
Riprovarci senza che nulla sia cambiato, non può cambiare nulla.
Mi gratto il dorso della mano sinistra, un tempo rigirare la fede intorno all’anulare mi aiutava a pensare.
Cerco su Internet una risposta googlando l’errore, rileggo le righe prima e dopo quella incriminata, ma il problema continua a sfuggirmi.
I passi che galoppano in corridoio annunciano il ritorno del professore.
Dietro la sua giacca scura incravattata entra un camice bianco con una cascata di sottili capelli neri.
“Rosanna, puoi mostrargli cosa hai fatto ieri?”
Si avvicina, mi sposto per darle accesso alla tastiera.
Scosta i capelli per vedere meglio lo schermo, un odore di fiori aleggia per la stanza.
Apre un file, una lunga lista di istruzioni simili a quella appena lanciata. A parte gli input, il resto resta uguale.
“Possiamo rilanciare una di queste elaborazioni?”
“Certamente. I risultati sono già su un disco esterno.”
Nonostante le sue parole, mi lascia fare senza allontanarsi, forse vigila con discrezione che non stia facendo danni.
Il software, questa volta, funziona. Nessun messaggio a schermo, nessun errore, l’elaborazione grafica che compare nella cartella indicata. Un doppio click e l’immagine si apre, riempiendo lo schermo.
Meravigliosa.
Ma non possiamo distrarci.
Riprovo con l’istruzione incriminata, che resta tale: non vuol saperne di funzionare.
“Possiamo verificare il file dei dati, Professore?”
Un cenno del docente a Rosanna e le mani della donna si sostituiscono di nuovo alle mie sulla tastiera.
Un sottile rigo bianco sulla pelle abbronzata della mano sinistra, anche lei ha trovato un errore nella sua vita, lo ha rimosso.
Come ora dovremo fare di questo file, corrotto al punto da incasinare tutto.
Lo scarica di nuovo dai server che preservano i dati dell’osservatorio di Arecibo. Questa volta tutto funziona.
Ormai non servo più qui.
“Lieto di essere stato utile.” sorrido e cedo la postazione, per tornare a seppellirmi nel mio cubicolo.
“Non vuol vedere l’esito?” il tono di Rosanna è gioviale, il sorriso limpido.
Mi avvicino al monitor, al suo odore di fiori.
Doppio click, una volta stellata esplode sullo schermo.
Talvolta, è come comincia che può fare tutta la differenza del mondo.