Gli occhi più grandi del mondo [di SRCM]
Inviato: martedì 17 ottobre 2023, 0:06
“Ma tu davvero credi che andare a dirle che andrà tutto bene serva a qualcosa?”
I capelli scuri di Adanna parevano frammenti di vinile. Si mescolavano alle pieghe fitte come i denti di una balena che cesellavano il pavimento nero.
Caterina fissava il cielo bianco oltre la finestra ricoperta da un mantello di cimici rosse:
“Non è quello che ho detto, Adanna. Ho detto che dobbiamo parlarle, metterla a suo agio, rendere l’aula un posto accogliente.”
Adanna increspò le sopracciglia:
“Accogliente? Un’aula d’esame? Ti prego.”
Il resto del Consiglio era in silenzio. Alina si massaggiava le tempie. Sharon sventolava una cartina dell’Abkhazia cercando di scacciare le cimici e il caldo.
Adanna aveva negli occhi un freddo glaciale. A ogni sguardo Caterina si sentiva svuotata. Come se quel gelo risucchiasse i suoi propositi.
“Nemmeno... Dirle cosa l’aspetta, ecco?” le sue labbra si incastravano l’una all’altra, ma il freddo negli occhi di Adanna non mostrava crepe:
“Caterina, su…Sa già cosa l’aspetta. Ha avuto tutto il tempo del mondo.”
Caterina inarcò il collo verso il soffitto di vetro. La stanza stava iniziando a ruotare come l’interno di un giradischi.
Il pavimento nero, il cielo bianco, le cimici rosse, le tende blu: tutto girava intorno al suo torso, alle sue mani tremanti e insicure spalancate come i bracci di un cavatappi.
I volti intorno a lei svanivano e il lampadario incombeva sulla sua testa come una puntina lucida.
Un sussurro come una testina che si sollevi fece calare il silenzio. Il giradischi su cui Adanna stava ruotando si bloccò. La porta si era aperta.
La ragazza scivolò verso la cattedra rossa come una bustina di plastica blu con al suo interno due occhi verdi più grandi del mondo.
Pareva affrontare la prova peggiore che qualsiasi pianeta avesse mai vissuto con sulla bocca il sorriso di chi non sappia niente, non pensi niente, non ami niente, non odi niente, non abbia mai avuto idee, dubbi, sogni, gatti, desideri.
La ragazza si portò la mano alla nuca:
“Tocca… a me?”
“Sì, Gaia.” Adanna aveva appoggiato le labbra al microfono “Spiegaci perché dovremmo salvare il tuo mondo”
A Caterina si era bloccata la saliva in gola.
Con due passi come movimenti di un compasso, Gaia si sedette a cavalcioni sulla cattedra rossa:
“Mi spiace, non ho intenzione di convincervi, prof. Il mio mondo deve finire? Mi sta bene. Non mi interessa”
Ma che stava dicendo? Caterina scattò in avanti come a cercare di afferrare Gaia per le spalle, ma Adanna la mantenne ancorata ai margini del disco, ai confini del cerchio nero.
“Prof, non si preoccupi.” I due occhi verdi di Gaia si curvarono a disegnare le onde di un lago. “Se questo mondo deve finire… Forse è giusto così. Forse non se lo merita.”
Stava masticando una gomma. Pazzesco.
Caterina cercò le sue colleghe. Come potevano restare impassibili? Gaia aveva scelto la fine. E loro? I loro sguardi erano bassi. Non avevano intenzione di impedirlo?
Era tutto sbagliato, il tavolo era sbagliato, il cerchio era sbagliato, i docenti erano sbagliati.
Caterina si alzò in piedi e corse verso la cattedra, strappando via la mano che Adanna le stava stringendo.
Non gliene importava nulla se Gaia aveva deciso così. Non poteva comunque permetterlo.
L’avrebbe presa con sé. Avrebbe salvato il suo mondo.
Mentre era di fronte a lei, però, pronta a strappare anche la sua mano e trascinarla fuori dalla porta, Caterina si paralizzò di fronte ai suoi occhi. I suoi occhi più grandi del mondo. Gli occhi di Gaia erano davvero verdi come il lago più profondo, in un giorno di sole.
Non erano caldi, non erano freddi. Erano certi. E tanto bastava.
Caterina cadde in ginocchio.
Se questa era la strada che Gaia aveva scelto…
D’accordo, l’avrebbe accettato.
Il suo mondo sarebbe scomparso. La Terra sarebbe scomparsa.
Un nuovo allievo si sarebbe presentato: un nuovo inizio.
Perché ci sarebbe stato un nuovo inizio, sì?
Caterina crollò con la faccia sul pavimento ruvido, mentre il disco intorno a lei riprendeva a girare.
I capelli scuri di Adanna parevano frammenti di vinile. Si mescolavano alle pieghe fitte come i denti di una balena che cesellavano il pavimento nero.
Caterina fissava il cielo bianco oltre la finestra ricoperta da un mantello di cimici rosse:
“Non è quello che ho detto, Adanna. Ho detto che dobbiamo parlarle, metterla a suo agio, rendere l’aula un posto accogliente.”
Adanna increspò le sopracciglia:
“Accogliente? Un’aula d’esame? Ti prego.”
Il resto del Consiglio era in silenzio. Alina si massaggiava le tempie. Sharon sventolava una cartina dell’Abkhazia cercando di scacciare le cimici e il caldo.
Adanna aveva negli occhi un freddo glaciale. A ogni sguardo Caterina si sentiva svuotata. Come se quel gelo risucchiasse i suoi propositi.
“Nemmeno... Dirle cosa l’aspetta, ecco?” le sue labbra si incastravano l’una all’altra, ma il freddo negli occhi di Adanna non mostrava crepe:
“Caterina, su…Sa già cosa l’aspetta. Ha avuto tutto il tempo del mondo.”
Caterina inarcò il collo verso il soffitto di vetro. La stanza stava iniziando a ruotare come l’interno di un giradischi.
Il pavimento nero, il cielo bianco, le cimici rosse, le tende blu: tutto girava intorno al suo torso, alle sue mani tremanti e insicure spalancate come i bracci di un cavatappi.
I volti intorno a lei svanivano e il lampadario incombeva sulla sua testa come una puntina lucida.
Un sussurro come una testina che si sollevi fece calare il silenzio. Il giradischi su cui Adanna stava ruotando si bloccò. La porta si era aperta.
La ragazza scivolò verso la cattedra rossa come una bustina di plastica blu con al suo interno due occhi verdi più grandi del mondo.
Pareva affrontare la prova peggiore che qualsiasi pianeta avesse mai vissuto con sulla bocca il sorriso di chi non sappia niente, non pensi niente, non ami niente, non odi niente, non abbia mai avuto idee, dubbi, sogni, gatti, desideri.
La ragazza si portò la mano alla nuca:
“Tocca… a me?”
“Sì, Gaia.” Adanna aveva appoggiato le labbra al microfono “Spiegaci perché dovremmo salvare il tuo mondo”
A Caterina si era bloccata la saliva in gola.
Con due passi come movimenti di un compasso, Gaia si sedette a cavalcioni sulla cattedra rossa:
“Mi spiace, non ho intenzione di convincervi, prof. Il mio mondo deve finire? Mi sta bene. Non mi interessa”
Ma che stava dicendo? Caterina scattò in avanti come a cercare di afferrare Gaia per le spalle, ma Adanna la mantenne ancorata ai margini del disco, ai confini del cerchio nero.
“Prof, non si preoccupi.” I due occhi verdi di Gaia si curvarono a disegnare le onde di un lago. “Se questo mondo deve finire… Forse è giusto così. Forse non se lo merita.”
Stava masticando una gomma. Pazzesco.
Caterina cercò le sue colleghe. Come potevano restare impassibili? Gaia aveva scelto la fine. E loro? I loro sguardi erano bassi. Non avevano intenzione di impedirlo?
Era tutto sbagliato, il tavolo era sbagliato, il cerchio era sbagliato, i docenti erano sbagliati.
Caterina si alzò in piedi e corse verso la cattedra, strappando via la mano che Adanna le stava stringendo.
Non gliene importava nulla se Gaia aveva deciso così. Non poteva comunque permetterlo.
L’avrebbe presa con sé. Avrebbe salvato il suo mondo.
Mentre era di fronte a lei, però, pronta a strappare anche la sua mano e trascinarla fuori dalla porta, Caterina si paralizzò di fronte ai suoi occhi. I suoi occhi più grandi del mondo. Gli occhi di Gaia erano davvero verdi come il lago più profondo, in un giorno di sole.
Non erano caldi, non erano freddi. Erano certi. E tanto bastava.
Caterina cadde in ginocchio.
Se questa era la strada che Gaia aveva scelto…
D’accordo, l’avrebbe accettato.
Il suo mondo sarebbe scomparso. La Terra sarebbe scomparsa.
Un nuovo allievo si sarebbe presentato: un nuovo inizio.
Perché ci sarebbe stato un nuovo inizio, sì?
Caterina crollò con la faccia sul pavimento ruvido, mentre il disco intorno a lei riprendeva a girare.