Il soffio
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Il soffio
Sono stato prudente.
Mi affretto, trascino la gamba destra aiutandomi col bastone.
Sono stato prudente. Me lo ripeto ancora e ancora, un mantra, tentando di vincere un tremito maligno. L'umidità serotina mi bagna la barba.
Sono stato prudente, e sollevo e lascio ricadere il batacchio mentre dal canale appena a un passo si leva uno sciabordio d'acqua tranquilla.
Ignoro la donna che è accorsa ad aprirmi e mi precipito zoppicando allo studio, mi sprango la porta alle spalle.
Quasi mi strappo la tunica cerata e mi butto sul seggiolone intarsiato, accanto alla scrivania. Tolgo anche i guanti, più adagio, e infine il lungo becco orrido, la maschera beffarda da avvoltoio che ho indossato prima di avviarmi.
L’ho sempre odiata, l’ho usata poche volte e sempre, per fortuna, senza motivo.
Fino a questo momento.
La coscienza mi beffa: Sei ormai un vecchio, che diritto hai di far tante storie? Se pure la prudenza non fosse stata sufficiente…
Espiro con forza, tentando di togliermi dalle narici il sentore di aglio, ginepro e rosmarino che alloggiano nel rostro della maschera e che dovrebbero aver impedito al soffio maledetto di raggiungermi.
Il soffio maledetto, mortale: il 'pes'.
Lieve come un sospiro, basta che ti sfiori e sei morto.
Per noi medici il pes, per la gente qualsiasi la peste.
L’ho incontrata la prima volta a dieci anni, nel 1577, e dopo non ho mai più sentito un simile tanfo di morte in oltre cinquant'anni.
Ricordo la città di allora divorata, sventrata dalla malattia; ricordo uomini ululanti come bestie gettare disperati i propri cari morti dalle finestre, direttamente nei canali. Un orrore che ancora riverbera, dopo una vita, nei miei incubi notturni.
Ero un bambino e tutta la mia famiglia si ammalò. Io fui condotto a forza nel Lazzaretto nuovo, dove trascorrevano la quarantena i sani entrati in contatto con i contagiati; i miei li vidi condurre via su un altro carro, disfatti e irrigiditi come burattini dai fili tagliati, destinazione Lazzaretto vecchio. Io dal Nuovo uscii, loro dal Vecchio no.
Scene rimaste incancellabili, ho voluto diventare medico per questo, per combattere il mostro.
Né sono stato l’unico a stabilire che avrebbe lottato in ogni modo perché quell’inferno non si impossessasse mai più della città: La Serenissima, su ispirazione divina, rese obbligatorio un periodo di quarantena per gli equipaggi di ogni nave che ormeggiasse nel nostro porto.
Io, poi, ho indossato la tenuta protettiva e sono intervenuto a controllare ogni qualvolta, tra quelli, qualcuno manifestava malesseri sospetti.
Una prudenza che non è mai servita.
Mai, fino a ora; fino all'odore che ho percepito persino attraverso il filtro inzuppato di oli essenziali che mi proteggeva la bocca. Mai, fino alla vista degli ascessi che la pelle nuda dell'uomo ha esibito sotto le coperte, che ho spostate utilizzando l'anima metallica celata nel mio bastone.
Sono stato prudente.
Me lo ripeto ma ancora sono scosso dal tremito, nell’afferrare un foglio, e fatico a scrivere. Basta una breve comunicazione, le misure necessarie sono predisposte da allora. Io devo solo far sapere che bisogna agire. E chiuderanno subito i luoghi pubblici, comprese le chiese, e istituiranno il coprifuoco. Ogni medico della Serenissima sarà allertato, sarà ricercato e condotto al Lazzaretto ogni veneziano che abbia avuto contatti con l'ammalato di questo pomeriggio; ho fatto già una breve lista interrogando sua moglie. Giustamente terrorizzata, povera donna!
Colo la ceralacca, imprimo il mio sigillo e suono la campanella, afferrando un secondo foglio.
Alla domestica accorsa al tintinnio ordino di chiamare suo fratello Lucio, perché recapiti con la massima urgenza il foglio sigillato al Doge.
Mi mordo la lingua al vedere il suo sguardo allarmato, la scontrosità con cui mi sono affrettato a chiudermi nello studio, prima, deve averla insospettita.
Ma il panico è l'ultima cosa che serva alla città finché non siano adottate tutte le misure di sicurezza necessarie. Per non allarmarla oltre mi forzo a mantenere la voce il più possibile neutra, nel dirle: «Poi torna, devi portare un mio messaggio a Madonna Cecilia».
I collegamenti con l'entroterra saranno bloccati quanto prima, la città si rinchiuderà, salvaguardando chi vive fuori dalla laguna ma impedendo eventuale scampo a chi, ora, è ancora sano.
Il mio pensiero è fisso a Lorenzo, che partendo ci ha affidato moglie e figlio, prevedendo di mancare l'intera stagione calda; una lunga navigazione per un giovane capitano già padre di famiglia. Gli ho giurato che avrei tenuto al sicuro i suoi tesori.
Mi concentro sulle parole da scegliere e intingo il pennino nell’inchiostro.
'Adorata Cecilia,
ti ordino, e se mai hai riposto alcuna fiducia nella mia persona obbedirai senza esitare, di preparare un bagaglio essenziale e di recarti da nostra nuora. Prenderai lei e il piccolo Giulio e lascerete Venezia all'istante, per un viaggio che vi salvi prima che blocchino ogni strada'.
Tengo la penna sospesa un istante, prima di aggiungere: 'Non attendetemi'.
Mi affretto, trascino la gamba destra aiutandomi col bastone.
Sono stato prudente. Me lo ripeto ancora e ancora, un mantra, tentando di vincere un tremito maligno. L'umidità serotina mi bagna la barba.
Sono stato prudente, e sollevo e lascio ricadere il batacchio mentre dal canale appena a un passo si leva uno sciabordio d'acqua tranquilla.
Ignoro la donna che è accorsa ad aprirmi e mi precipito zoppicando allo studio, mi sprango la porta alle spalle.
Quasi mi strappo la tunica cerata e mi butto sul seggiolone intarsiato, accanto alla scrivania. Tolgo anche i guanti, più adagio, e infine il lungo becco orrido, la maschera beffarda da avvoltoio che ho indossato prima di avviarmi.
L’ho sempre odiata, l’ho usata poche volte e sempre, per fortuna, senza motivo.
Fino a questo momento.
La coscienza mi beffa: Sei ormai un vecchio, che diritto hai di far tante storie? Se pure la prudenza non fosse stata sufficiente…
Espiro con forza, tentando di togliermi dalle narici il sentore di aglio, ginepro e rosmarino che alloggiano nel rostro della maschera e che dovrebbero aver impedito al soffio maledetto di raggiungermi.
Il soffio maledetto, mortale: il 'pes'.
Lieve come un sospiro, basta che ti sfiori e sei morto.
Per noi medici il pes, per la gente qualsiasi la peste.
L’ho incontrata la prima volta a dieci anni, nel 1577, e dopo non ho mai più sentito un simile tanfo di morte in oltre cinquant'anni.
Ricordo la città di allora divorata, sventrata dalla malattia; ricordo uomini ululanti come bestie gettare disperati i propri cari morti dalle finestre, direttamente nei canali. Un orrore che ancora riverbera, dopo una vita, nei miei incubi notturni.
Ero un bambino e tutta la mia famiglia si ammalò. Io fui condotto a forza nel Lazzaretto nuovo, dove trascorrevano la quarantena i sani entrati in contatto con i contagiati; i miei li vidi condurre via su un altro carro, disfatti e irrigiditi come burattini dai fili tagliati, destinazione Lazzaretto vecchio. Io dal Nuovo uscii, loro dal Vecchio no.
Scene rimaste incancellabili, ho voluto diventare medico per questo, per combattere il mostro.
Né sono stato l’unico a stabilire che avrebbe lottato in ogni modo perché quell’inferno non si impossessasse mai più della città: La Serenissima, su ispirazione divina, rese obbligatorio un periodo di quarantena per gli equipaggi di ogni nave che ormeggiasse nel nostro porto.
Io, poi, ho indossato la tenuta protettiva e sono intervenuto a controllare ogni qualvolta, tra quelli, qualcuno manifestava malesseri sospetti.
Una prudenza che non è mai servita.
Mai, fino a ora; fino all'odore che ho percepito persino attraverso il filtro inzuppato di oli essenziali che mi proteggeva la bocca. Mai, fino alla vista degli ascessi che la pelle nuda dell'uomo ha esibito sotto le coperte, che ho spostate utilizzando l'anima metallica celata nel mio bastone.
Sono stato prudente.
Me lo ripeto ma ancora sono scosso dal tremito, nell’afferrare un foglio, e fatico a scrivere. Basta una breve comunicazione, le misure necessarie sono predisposte da allora. Io devo solo far sapere che bisogna agire. E chiuderanno subito i luoghi pubblici, comprese le chiese, e istituiranno il coprifuoco. Ogni medico della Serenissima sarà allertato, sarà ricercato e condotto al Lazzaretto ogni veneziano che abbia avuto contatti con l'ammalato di questo pomeriggio; ho fatto già una breve lista interrogando sua moglie. Giustamente terrorizzata, povera donna!
Colo la ceralacca, imprimo il mio sigillo e suono la campanella, afferrando un secondo foglio.
Alla domestica accorsa al tintinnio ordino di chiamare suo fratello Lucio, perché recapiti con la massima urgenza il foglio sigillato al Doge.
Mi mordo la lingua al vedere il suo sguardo allarmato, la scontrosità con cui mi sono affrettato a chiudermi nello studio, prima, deve averla insospettita.
Ma il panico è l'ultima cosa che serva alla città finché non siano adottate tutte le misure di sicurezza necessarie. Per non allarmarla oltre mi forzo a mantenere la voce il più possibile neutra, nel dirle: «Poi torna, devi portare un mio messaggio a Madonna Cecilia».
I collegamenti con l'entroterra saranno bloccati quanto prima, la città si rinchiuderà, salvaguardando chi vive fuori dalla laguna ma impedendo eventuale scampo a chi, ora, è ancora sano.
Il mio pensiero è fisso a Lorenzo, che partendo ci ha affidato moglie e figlio, prevedendo di mancare l'intera stagione calda; una lunga navigazione per un giovane capitano già padre di famiglia. Gli ho giurato che avrei tenuto al sicuro i suoi tesori.
Mi concentro sulle parole da scegliere e intingo il pennino nell’inchiostro.
'Adorata Cecilia,
ti ordino, e se mai hai riposto alcuna fiducia nella mia persona obbedirai senza esitare, di preparare un bagaglio essenziale e di recarti da nostra nuora. Prenderai lei e il piccolo Giulio e lascerete Venezia all'istante, per un viaggio che vi salvi prima che blocchino ogni strada'.
Tengo la penna sospesa un istante, prima di aggiungere: 'Non attendetemi'.
Re: Il soffio
Ciao Cinzia! Parametri tutti ok, buona IGNORANZA EROICA EDITION!
Re: Il soffio
Ciao Cinzua, piacere di leggerti.
Hai toccato il tema in modo non banale e interessante a mio modo di vedere. Lo stile è buono secondo me, ma ti faccio un piccolo appunto, diciamo una parte per il tutto: siamo intorno al 1600 da quanto si evince, hai nominato gli oli essenziali. Per curiosità sono andato a controllare se esistessero già, ed esistevano, ma non si chiamavano così e in quel periodo erano andati un po in disuso per tornare nel 1800. Ecco, io delle ricerche di questo tipo, nel momento in cui dovessi scrivere un racconto ambientato in un altra epoca o in un luogo che non conosco, le farei. Nel complesso comunque mi è sembrato tutto ben collocato, era solo una pignoleria questa.
A livello di struttura io avrei anticipato l'obiettivo. I primi tre quarti del racconto sono descrittivi, molto bello immergersi nelle sue emozioni, poi nel finale salta fuori un obiettivo, ovvero il proteggere la famiglia del suo amico. Ecco, se lo avessi messo ad inizio racconto questo dettaglio secondo me tutta la parte centrale ne avrebbe giovato, sarebbe stata letta con un altro occhio e con più interesse.
Giudizio comunque positivo per me, migliorabile a livello di struttura, sempre secondo il mio personalissimo parere, ma bella idea e buono stile. Alla prossima!
Hai toccato il tema in modo non banale e interessante a mio modo di vedere. Lo stile è buono secondo me, ma ti faccio un piccolo appunto, diciamo una parte per il tutto: siamo intorno al 1600 da quanto si evince, hai nominato gli oli essenziali. Per curiosità sono andato a controllare se esistessero già, ed esistevano, ma non si chiamavano così e in quel periodo erano andati un po in disuso per tornare nel 1800. Ecco, io delle ricerche di questo tipo, nel momento in cui dovessi scrivere un racconto ambientato in un altra epoca o in un luogo che non conosco, le farei. Nel complesso comunque mi è sembrato tutto ben collocato, era solo una pignoleria questa.
A livello di struttura io avrei anticipato l'obiettivo. I primi tre quarti del racconto sono descrittivi, molto bello immergersi nelle sue emozioni, poi nel finale salta fuori un obiettivo, ovvero il proteggere la famiglia del suo amico. Ecco, se lo avessi messo ad inizio racconto questo dettaglio secondo me tutta la parte centrale ne avrebbe giovato, sarebbe stata letta con un altro occhio e con più interesse.
Giudizio comunque positivo per me, migliorabile a livello di struttura, sempre secondo il mio personalissimo parere, ma bella idea e buono stile. Alla prossima!
Re: Il soffio
Ciao, non so, mi ha lasciato un po' interdetto questo racconto. Perché ti crea delle aspettative, e cioè che anche lui si sia infettato; poi forse l'ultima frase del racconto ne dà conferma. Io avrei forzato un po' di più nel lettore questa convinzione, aggiungendo un elemento oggettivo: ad esempio che l'uomo lancia un'occhiata a una parte del proprio corpo e vede i primi segni dell'infezione.
Comunque il tema è centrato secondo me.
Comunque il tema è centrato secondo me.
Re: Il soffio
Mi è piaciuta l'ambientazione storica, come pure il fatto che la collocazione cronologica e spaziale emerga in maniera spontanea dalla storia senza forzature. Ho percepito come un po' lunga, forse, la parte di introspezione e di spiegazione del passato del protagonista. È molto utile a entrare nel personaggio effettivamente ma mi sembra che renda un po' troppo evidente la voce del narratore. A un certo punto mi è venuto spontaneo chiedermi con chi stesse parlando, visto che intavolava dei ragionamenti abbastanza strutturati. Mi viene da pensare che forse avrebbe potuto essere una lettera fin dall'inizio, così da poter inserire elementi di introspezione e di lore con una motivazione diegetica.
Detto questo, la storia è molto interessante e la realtà veneziana che si muove intorno al protagonista, anche se lontano da lui, mi ha incuriosito molto. È un mondo che mi piacerebbe decisamente approfondire!
Detto questo, la storia è molto interessante e la realtà veneziana che si muove intorno al protagonista, anche se lontano da lui, mi ha incuriosito molto. È un mondo che mi piacerebbe decisamente approfondire!
Re: Il soffio
Ho un debole per questo tipo di ambientazione, mi piace molto. Mi piace anche lo stile che usi per raccontare i pensieri del protagonista, insinuando la paura del contagio. Forse il racconto avrebbe avuto bisogno di un punto di evoluzione della trama, un plot point, più marcato. L'ambientazione è perfetta, l'elemento narrativo del proteggere la famiglia dell'amico/parente pur violando le regole funziona me è un po' debole. Una chiusura più forte avrebbe reso il racconto ottimo.
Riguardo al tema, anche qui mi sembra centrato a metà: l'inferno della peste è indubbio, l'assenza di mappe non riesco a capire come figuri.
Riguardo al tema, anche qui mi sembra centrato a metà: l'inferno della peste è indubbio, l'assenza di mappe non riesco a capire come figuri.
Se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione. (E. Goldman)
gioco - Corrado Gioannini
gioco - Corrado Gioannini
Re: Il soffio
Ciao, Cinzia e piacere di leggerti.
Purtroppo, il tuo racconto soffre di gravi problemi sia dal punto di vista stilistico che di storia e struttura. A livello storico strutturale, il problema (tolto il fatto che fatico a trovarci un'attinenza con il tema) è che ti trama c'è ben poco: un uomo torna a casa e, consapevole della minaccia della peste, manda una lettera alla famiglia per dir loro di andarsene. Questa è la trama della storia, ma copre nemmeno un terzo del racconto, con più dei due terzi costituiti da un ricordo del protagonista. Ma, attenzione, non un flashback, non un ricordo dell'infanzia (con tanto di anno) che si mescola a un ricordo recente di ciò che il protagonista ha fatto subito prima dell'inizio della storia: é un semplice blocco di informazioni, non un portare avanti la trama. Di per sé non è un problema e in un lavoro più lungo, magare di cinque o sei pagine, non ci si farebbe nemmeno caso, soprattutto se fosse distribuito nel testo e non messo tutto in blocco in un punto, ma in un racconto così piccolo diventa troppo ingombrante e finisce per annullare la trama. A livello di stile, sarebbe meglio ridurre e asciugare i periodi, che spesso risultano troppo lunghi e pieni di aggettivi, decrizioni e altri elementi che aggiungono poco alla storia o confondono (come il fatto che il protagonista zoppichi, ma non si capisce il perché). Attenzione anche ad altre espressioni enfatiche che a mente fredda significano ben poco: ho capito che con "Quasi mi strappo la tunica cerata" vuoi indicare l'urgenza di svestirsi, ma una cosa o viene strappata o no. Ai fini dell'immersività sarebbe stato meglio usare qualche altro elemento per rendere lo stesso concetto, magari facendogliela scagliare via.
Insomma, un lavoro sicuramente migliorabile. Alla prossima!
Purtroppo, il tuo racconto soffre di gravi problemi sia dal punto di vista stilistico che di storia e struttura. A livello storico strutturale, il problema (tolto il fatto che fatico a trovarci un'attinenza con il tema) è che ti trama c'è ben poco: un uomo torna a casa e, consapevole della minaccia della peste, manda una lettera alla famiglia per dir loro di andarsene. Questa è la trama della storia, ma copre nemmeno un terzo del racconto, con più dei due terzi costituiti da un ricordo del protagonista. Ma, attenzione, non un flashback, non un ricordo dell'infanzia (con tanto di anno) che si mescola a un ricordo recente di ciò che il protagonista ha fatto subito prima dell'inizio della storia: é un semplice blocco di informazioni, non un portare avanti la trama. Di per sé non è un problema e in un lavoro più lungo, magare di cinque o sei pagine, non ci si farebbe nemmeno caso, soprattutto se fosse distribuito nel testo e non messo tutto in blocco in un punto, ma in un racconto così piccolo diventa troppo ingombrante e finisce per annullare la trama. A livello di stile, sarebbe meglio ridurre e asciugare i periodi, che spesso risultano troppo lunghi e pieni di aggettivi, decrizioni e altri elementi che aggiungono poco alla storia o confondono (come il fatto che il protagonista zoppichi, ma non si capisce il perché). Attenzione anche ad altre espressioni enfatiche che a mente fredda significano ben poco: ho capito che con "Quasi mi strappo la tunica cerata" vuoi indicare l'urgenza di svestirsi, ma una cosa o viene strappata o no. Ai fini dell'immersività sarebbe stato meglio usare qualche altro elemento per rendere lo stesso concetto, magari facendogliela scagliare via.
Insomma, un lavoro sicuramente migliorabile. Alla prossima!
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Re: Il soffio
Daniele ha scritto:Ciao Cinzua...
A livello di struttura io avrei anticipato l'obiettivo. I primi tre quarti del racconto sono descrittivi, molto bello immergersi nelle sue emozioni, poi nel finale salta fuori un obiettivo, ovvero il proteggere la famiglia del suo amico. Ecco, se lo avessi messo ad inizio racconto questo dettaglio secondo me tutta la parte centrale ne avrebbe giovato, sarebbe stata letta con un altro occhio e con più interesse.
Giudizio comunque positivo per me, migliorabile a livello di struttura, sempre secondo il mio personalissimo parere, ma bella idea e buono stile. Alla prossima!
Ciao Daniele, grazie dell'attenta lettura. Diciamo che, immedesimandomi in un medico che ha appena scoperto di essere stato alla presenza di un malato di peste, ho pensato che la sua prima reazione sarebbe stata l'essere aggredito dai ricordi del passato vissuto. Poi, superato lo shock, ho immaginato che sarebbe subentrata la consapevolezza di avere un dovere immediato, quello di comunicare la scoperta, e infine la coscienza di avere solo pochissimo tempo per salvare alcune persone care, alle quali non ritiene di potersi unire essendo stato forse esposto al contagio. In quel: 'non aspettatemi' dovrebbe esserci tutto il tormento di scegliere tra l'egoistico desiderio di fuggire dall'inferno che sta per dilagare e la scelta imposta dall'amore: rimanere. Questa è la sequenza che ho immaginato più spontanea, anche se ora che me lo segnali rifletto che al lettore poteva essere necessario sapere prima che aveva famiglia.
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Re: Il soffio
Ragazzo ha scritto:Ciao, non so, mi ha lasciato un po' interdetto questo racconto. Perché ti crea delle aspettative, e cioè che anche lui si sia infettato; poi forse l'ultima frase del racconto ne dà conferma. Io avrei forzato un po' di più nel lettore questa convinzione, aggiungendo un elemento oggettivo: ad esempio che l'uomo lancia un'occhiata a una parte del proprio corpo e vede i primi segni dell'infezione.
Comunque il tema è centrato secondo me.
Ciao Ragazzo, grazie di essere passato. Capisco che una certezza sarebbe stata più drammatica, ma certo non poteva visitare un paziente e sviluppare la malattia già tornando a casa. Poi il punto critico, per il protagonista, è proprio dover scegliere senza sapere, e decidere la cosa più sicura per i propri cari, cioè mandarli via senza metterli a rischio con la propria presenza; anche se ciò significa rimanere in quello che tornerà a essere l'inferno che lui ha già vissuto una volta nell'infanzia.
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Re: Il soffio
Tema centrato. Bella l’ambientazione di Venezia. Il protagonista è ben descritto nel suo equipaggiamento da medico specializzato in casi di peste. Lui ne è guarito ed è diventato medico per quello. Notevoli le descrizioni della peste passata, con il carico di tragedie, fra le quali la perdita della famiglia del protagonista, il quale scrive sì la lettera al Doge per mettere Venezia in quarantena, ma scrive anche una lettera alla moglie dell’amico Lorenzo, che gliel’ha affidata insieme al figlio. Le raccomanda di lasciare la città al più presto.
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Re: Il soffio
alexandra.fischer ha scritto:Tema centrato. Bella l’ambientazione di Venezia. Il protagonista è ben descritto nel suo equipaggiamento da medico specializzato in casi di peste. Lui ne è guarito ed è diventato medico per quello. Notevoli le descrizioni della peste passata, con il carico di tragedie, fra le quali la perdita della famiglia del protagonista, il quale scrive sì la lettera al Doge per mettere Venezia in quarantena, ma scrive anche una lettera alla moglie dell’amico Lorenzo, che gliel’ha affidata insieme al figlio. Le raccomanda di lasciare la città al più presto.
Ciao Alessandra, grazie di essere passata. Difficile, questo tema, eppure ho letto cose davvero speciali. Mamma mia che autori ci sono in gara, io mi sento piccina piccina!
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Re: Il soffio
gioco ha scritto:Ho un debole per questo tipo di ambientazione, mi piace molto. Mi piace anche lo stile che usi per raccontare i pensieri del protagonista, insinuando la paura del contagio. Forse il racconto avrebbe avuto bisogno di un punto di evoluzione della trama, un plot point, più marcato. L'ambientazione è perfetta, l'elemento narrativo del proteggere la famiglia dell'amico/parente pur violando le regole funziona me è un po' debole. Una chiusura più forte avrebbe reso il racconto ottimo.
Riguardo al tema, anche qui mi sembra centrato a metà: l'inferno della peste è indubbio, l'assenza di mappe non riesco a capire come figuri.
Ciao Gioco, condivido la tua opinione, l'inferno che volevo evocare è insieme un ricordo e un futuro prossimo, ma non un presente e quindi la sensazione è più blanda del dovuto. Ma non ho saputo far di meglio e non mi arrampicherò a giustificare scelte che sul momento mi sono sembrate buone, ma che ora devono vedersela con il talento di chi ha saputo centrare meglio il tema. La mappa l'ho intesa semplicemente come un non poter uscire da una situazione infernale, non come la necessità di inserire un elemento fisico in carta. Ma immagino che i migliori abbiano saputo fare anche questo, aggiungere con coerenza una mappa.
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Re: Il soffio
Pretorian ha scritto:Ciao, Cinzia e piacere di leggerti.
Purtroppo, il tuo racconto soffre di gravi problemi sia dal punto di vista stilistico che di storia e struttura. A livello storico strutturale, il problema (tolto il fatto che fatico a trovarci un'attinenza con il tema) è che ti trama c'è ben poco: un uomo torna a casa e, consapevole della minaccia della peste, manda una lettera alla famiglia per dir loro di andarsene. Questa è la trama della storia, ma copre nemmeno un terzo del racconto, con più dei due terzi costituiti da un ricordo del protagonista. Ma, attenzione, non un flashback, non un ricordo dell'infanzia (con tanto di anno) che si mescola a un ricordo recente di ciò che il protagonista ha fatto subito prima dell'inizio della storia: é un semplice blocco di informazioni, non un portare avanti la trama. Di per sé non è un problema e in un lavoro più lungo, magare di cinque o sei pagine, non ci si farebbe nemmeno caso, soprattutto se fosse distribuito nel testo e non messo tutto in blocco in un punto, ma in un racconto così piccolo diventa troppo ingombrante e finisce per annullare la trama. A livello di stile, sarebbe meglio ridurre e asciugare i periodi, che spesso risultano troppo lunghi e pieni di aggettivi, decrizioni e altri elementi che aggiungono poco alla storia o confondono (come il fatto che il protagonista zoppichi, ma non si capisce il perché). Attenzione anche ad altre espressioni enfatiche che a mente fredda significano ben poco: ho capito che con "Quasi mi strappo la tunica cerata" vuoi indicare l'urgenza di svestirsi, ma una cosa o viene strappata o no. Ai fini dell'immersività sarebbe stato meglio usare qualche altro elemento per rendere lo stesso concetto, magari facendogliela scagliare via.
Insomma, un lavoro sicuramente migliorabile. Alla prossima!
Ciao Pretorian, comincio a temere i tuoi giudizi, che sono sempre molto precisi e privi di sfumature: bianco o nero, giusto o sbagliato. Lasci poco scampo. Però essendo lo scopo individuare i difetti, ben vengano, non posso negare che abbondo di difetti.
Vediamo cosa mi rimproveri.
1) Trama esile: un uomo torna a casa e, consapevole della minaccia della peste, manda una lettera alla famiglia per dir loro di andarsene.
Ora, un racconto consiste in una condizione di partenza che evolve. Qui un cambiamento c’è ed è grave, forse definitivo: i familiari si metteranno in salvo e lui no. Potrebbe essere l’ultima volta che avranno notizie gli uni dell’altro.
Evidentemente non sono stata capace di metterlo in risalto, ma la lettera è solo l’epilogo e non arriva dal nulla, è stata preceduta da una decisione presa con pena: quella di non unirsi a loro. Una decisione a cui lo inducono i ricordi di un passato tragico e la consapevolezza di come la malattia si trasmetta facilmente, nonostante le cautele usate. Allora piuttosto che metterli a rischio: ‘non aspettatemi’. La trama sta nello scoprire un terribile pericolo e nel maturare in breve tempo questa decisione, frutto di esperienza passata e di amore, non nello scrivere una lettera.
2) Un ricordo del protagonista. Ma, attenzione, non un flashback, non un ricordo dell'infanzia (con tanto di anno) che si mescola a un ricordo recente di ciò che il protagonista ha fatto subito prima dell'inizio della storia: é un semplice blocco di informazioni.
Qui ho del tutto fallito, perché appunto volevo un ricordo provocato dalla vista dei bubboni pestinenziali. ma tu mi dici che non è questo che ho scritto.
3) A livello di stile, sarebbe meglio ridurre e asciugare i periodi.
Sì, c’è chi non sopporta i periodi lunghi. A me piacciono, ma il valutatore sei tu, quindi hai il diritto-dovere di rimproverarmeli.
4) Una cosa o viene strappata o no.
Vero, il quasi è una indecisione, nemico della resa pulita della scena. Togliere la tunica e buttarla via avrebbe reso assai meglio rabbia e paura, quindi sì, di certo avrei potuto far di meglio, in questa e in molte altre cose.
5) fatico a trovarci un'attinenza con il tema.
Posso capirlo, l'idea era di evocare una condizione infernale, quella di una popolazione rinchiusa in una città devastata dalla peste, ma a pensarci si tratta di un inferno vissuto nel passato e che si rinnoverà nel futuro imminente. Essendo noi nel presente col protagonista, l’effetto è blando. Mi spiace, proverò a focalizzarmi meglio nei prossimi appuntamenti.
- BruceLagogrigio
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Re: Il soffio
In prima persona. Tempo verbale presente. Ambientazione: Venezia 1630. Tema centrato?
Carissima Cinzia, che tu lo creda o no, il fato (o forse l’Antico, non so) mi ha estratto per far commento al tuo quarto racconto di fila! Che forse Afrodite cerchi di far innamorare il mio intelletto alla scrittura tua?
Mi ritrovo ancora una volta ad apprezzar l’ambientazione. Venezia 1500/1600. Con la mente ritorno ad una delle mie letture di maggior gradimento: Q di Blisset. La maschera della peste mi ha sempre affascinato e dato turbamento. In acerba età mi cimentai in un puerile fantasy e ai medici di alto grado di quel mondo fantasioso feci indossare quella stessa bautta con il becco adunco, colmo di spugne imbevute nell’aceto (prozie delle moderne mascherine).
Nell’incominciar il racconto mi sono trovato a pensare che tu avessi mutato rotta con lo stile, abbracciando di getto quel blasonato “stile immersivo” di cui tanto si mormora, per poi riconoscere meglio la mano tua quando hai stilato quella lunga elucubrazione. A me fanno cosa grata pensieri di tale sorta, ma da quanto ho capito (nella mia pur breve esperienza qui) non avviene il medesimo per gli altri lettori di MC. Ragion per cui, il mio umile consiglio, sarebbe quello di evitare tali rimuginamenti (come io stesso ho fatto). O per lo meno non affliggersi in riflessioni così lunghe.
Appena poi ho pensato che l’intera vicenda sarebbe stata perfettissima sotto forma di lettera il protagonista che fà? Si mette a scrivere! Qual sintonia ci accomuna?
L’unica vera più grande macchia del racconto rimane la mancanza della mappa!
Il Perdutamente Vostro, Bruce Lagogrigio.
Post Scriptum: Si scherza un po' ahah
Carissima Cinzia, che tu lo creda o no, il fato (o forse l’Antico, non so) mi ha estratto per far commento al tuo quarto racconto di fila! Che forse Afrodite cerchi di far innamorare il mio intelletto alla scrittura tua?
Mi ritrovo ancora una volta ad apprezzar l’ambientazione. Venezia 1500/1600. Con la mente ritorno ad una delle mie letture di maggior gradimento: Q di Blisset. La maschera della peste mi ha sempre affascinato e dato turbamento. In acerba età mi cimentai in un puerile fantasy e ai medici di alto grado di quel mondo fantasioso feci indossare quella stessa bautta con il becco adunco, colmo di spugne imbevute nell’aceto (prozie delle moderne mascherine).
Nell’incominciar il racconto mi sono trovato a pensare che tu avessi mutato rotta con lo stile, abbracciando di getto quel blasonato “stile immersivo” di cui tanto si mormora, per poi riconoscere meglio la mano tua quando hai stilato quella lunga elucubrazione. A me fanno cosa grata pensieri di tale sorta, ma da quanto ho capito (nella mia pur breve esperienza qui) non avviene il medesimo per gli altri lettori di MC. Ragion per cui, il mio umile consiglio, sarebbe quello di evitare tali rimuginamenti (come io stesso ho fatto). O per lo meno non affliggersi in riflessioni così lunghe.
Appena poi ho pensato che l’intera vicenda sarebbe stata perfettissima sotto forma di lettera il protagonista che fà? Si mette a scrivere! Qual sintonia ci accomuna?
L’unica vera più grande macchia del racconto rimane la mancanza della mappa!
Il Perdutamente Vostro, Bruce Lagogrigio.
Post Scriptum: Si scherza un po' ahah
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
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Re: Il soffio
BruceLagogrigio ha scritto:In prima persona. Tempo verbale presente. Ambientazione: Venezia 1630. Tema centrato?
Carissima Cinzia, che tu lo creda o no, il fato (o forse l’Antico, non so) mi ha estratto per far commento al tuo quarto racconto di fila! Che forse Afrodite cerchi di far innamorare il mio intelletto alla scrittura tua?
Mi ritrovo ancora una volta ad apprezzar l’ambientazione. Venezia 1500/1600... Nell’incominciar il racconto mi sono tr'ovato a pensare che tu avessi mutato rotta con lo stile, abbracciando di getto quel blasonato “stile immersivo” di cui tanto si mormora, per poi riconoscere meglio la mano tua quando hai stilato quella lunga elucubrazione...
Appena poi ho pensato che l’intera vicenda sarebbe stata perfettissima sotto forma di lettera il protagonista che fà? Si mette a scrivere! Qual sintonia ci accomuna...
Il Perdutamente Vostro, Bruce Lagogrigio.
Post Scriptum: Si scherza un po' ahah
Ahah bentornato messer Bruce! Mi dispiace le ritocchi La Dama dell'elucubrazione, la sorte è beffarda, ma io sono contenta, magari un po' lei mi si è assuefatto. Seriamente, per quanto riguarda la mappa avevo inteso la cosa semplicemente come un non poter uscire da una situazione infernale, non come la necessità di inserire un preciso elemento fisico.
- Luca Moggia
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Re: Il soffio
Ciao Cinzia,
parto con il dire che il tuo racconto centra il tema proposto facendoci affacciare sull’inferno in cui Venezia si trasformerà con l’esplodere della peste. Meno evidente l’elemento delle mappe suggerito magari dal viaggio verso l’ignoto che, sperabilmente, salverà Cecilia.
Mi sono piaciuti molto i dettagli di Venezia e, più in generale, del periodo storico in cui ambienti la vicenda. Molto bella la descrizione della maschera con il becco pieno di erbe aromatiche per difendersi dal contagio. Non essendo un appassionato di storia o di narrativa storica stento a dirti se sono corretti ma, per lo stesso motivo, poco mi importa. Quello che so è che mi hanno immerso dentro la Venezia del tardo cinquecento quindi per me è un punto a favore.
Ho trovato meno godibile invece il registro e la voce del protagonista. L’utilizzo di un linguaggio ricercato, e le lunghe parti di pensato hanno diminuito la scorrevolezza della lettura. Riguardo al modo di esprimersi del protagonista però ho fatto marcia indietro riflettendo sul fatto che parla, scrive e pensa usando un linguaggio che ben si addice a un medico del tardo cinquecento.
In questa chiave, la scelta del registro è coerente ma comunque complice di un effetto “mancanza di dinamicità” che ho percepito forse anche data la netta prevalenza delle parti riflessive su quelle di azione e su quelle di interazione fra personaggi e ambiente.
Credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo e ci tengo a sottolineare che non sono un editor, né uno scrittore professionista ma semplicemente un lettore, peraltro praticamente digiuno di narrativa storica.
Perciò prendi questi piccole osservazioni con le pinze!
Spero in ogni caso di averti dato alcuni spunti di riflessione che possano tornarti utili.
Alla prossima e buona Ignoranza Eroica Edition!
parto con il dire che il tuo racconto centra il tema proposto facendoci affacciare sull’inferno in cui Venezia si trasformerà con l’esplodere della peste. Meno evidente l’elemento delle mappe suggerito magari dal viaggio verso l’ignoto che, sperabilmente, salverà Cecilia.
Mi sono piaciuti molto i dettagli di Venezia e, più in generale, del periodo storico in cui ambienti la vicenda. Molto bella la descrizione della maschera con il becco pieno di erbe aromatiche per difendersi dal contagio. Non essendo un appassionato di storia o di narrativa storica stento a dirti se sono corretti ma, per lo stesso motivo, poco mi importa. Quello che so è che mi hanno immerso dentro la Venezia del tardo cinquecento quindi per me è un punto a favore.
Ho trovato meno godibile invece il registro e la voce del protagonista. L’utilizzo di un linguaggio ricercato, e le lunghe parti di pensato hanno diminuito la scorrevolezza della lettura. Riguardo al modo di esprimersi del protagonista però ho fatto marcia indietro riflettendo sul fatto che parla, scrive e pensa usando un linguaggio che ben si addice a un medico del tardo cinquecento.
In questa chiave, la scelta del registro è coerente ma comunque complice di un effetto “mancanza di dinamicità” che ho percepito forse anche data la netta prevalenza delle parti riflessive su quelle di azione e su quelle di interazione fra personaggi e ambiente.
Credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo e ci tengo a sottolineare che non sono un editor, né uno scrittore professionista ma semplicemente un lettore, peraltro praticamente digiuno di narrativa storica.
Perciò prendi questi piccole osservazioni con le pinze!
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Alla prossima e buona Ignoranza Eroica Edition!
"A volte, impazzire è una risposta appropriata alla realtà" - Philip K. Dick
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Re: Il soffio
Ciao Cinzia,
è stato un vero piacere leggerti.
Trovo il tema assolutamente centrato.
Anche lo stile per quanto ricercato e un po' ampolloso non escludo che possa stare bene con il pensiero di un uomo del '600. Alcuni periodi forse sono un po' lunghi, ma, mi ripeto, lo stile sta bene con l'epoca che hai scelto.
Per quanto riguarda il tema sia la peste sia il porto e le navi secondo me richiamano bene sia l'inferno che la difficoltà a uscirne, quindi l'assenza di mappe (in astratto è questo il senso che anche io ho visto nel tema assegnato).
Mi è piaciuto davvero molto il tuo racconto e ti leggerò volentieri di nuovo.
Ti faccio solo far caso a una frase ellittica che grammaticalmente rimane un po' troppo scostata dall'andamento sintattico generale: Scene rimaste incancellabili, ho voluto diventare medico per questo, per combattere il mostro. Ma mi sembra una piccolezza in confronto alla scorrevolezza generale del tuo testo.
A rileggerci presto
è stato un vero piacere leggerti.
Trovo il tema assolutamente centrato.
Anche lo stile per quanto ricercato e un po' ampolloso non escludo che possa stare bene con il pensiero di un uomo del '600. Alcuni periodi forse sono un po' lunghi, ma, mi ripeto, lo stile sta bene con l'epoca che hai scelto.
Per quanto riguarda il tema sia la peste sia il porto e le navi secondo me richiamano bene sia l'inferno che la difficoltà a uscirne, quindi l'assenza di mappe (in astratto è questo il senso che anche io ho visto nel tema assegnato).
Mi è piaciuto davvero molto il tuo racconto e ti leggerò volentieri di nuovo.
Ti faccio solo far caso a una frase ellittica che grammaticalmente rimane un po' troppo scostata dall'andamento sintattico generale: Scene rimaste incancellabili, ho voluto diventare medico per questo, per combattere il mostro. Ma mi sembra una piccolezza in confronto alla scorrevolezza generale del tuo testo.
A rileggerci presto
Elettra Fusi
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Re: Il soffio
Io sono tendenzialmente d'accordo con Pretorian. Credo il problema principale sia che tolte le prime righe, in cui apprezzo come hai gestito la voce interiore del personaggio (anche lì, se entrassimo in un line editing specifico avrei una cosa da dire, ma è pignoleria), e in parte il finale, il racconto sembra più un libro di testo che descrive la situazione di Venezia in quegli anni.
C'è una lunga digressione centrale in cui la vicenda non è quella personale del POV, ma un racconto di antefatti utili solo a noi. E sono anche d'accordo quando dici che dentro il conflitto e il cambiamento ci sono, però sono veicolati in maniera tale da sembrare una situazione statica, immobile.
Per quanto riguarda la costruzione frasale, più che la lunghezza e il linguaggio forbito (quelli funzionano, considerando che personaggio stiamo filtrando), io vedo un problema di "radiocronaca" vecchio stampo, che se vogliamo va a sommarsi alla prima questione, quella del raccontato. Emblematico trovo il seguente passaggio:
"E chiuderanno subito i luoghi pubblici, comprese le chiese, e istituiranno il coprifuoco. Ogni medico della Serenissima sarà allertato, sarà ricercato e condotto al Lazzaretto ogni veneziano che abbia avuto contatti con l'ammalato di questo pomeriggio."
P.S. Ho visto che si sta discutendo la questione mappa, rispetto al tema. Secondo me non dev'essere fisica, non per forza dev'esserci, può essere metaforica, però forse andrebbe veicolato in maniera più incisiva. Per dire, qui il protagonista non perde mai la bussola, praticamente ha sempre in mano la situazione, sa cosa deve fare e cosa succederà. In uno scenario del genere l'inferno ha mappe eccome, a mio avviso.
C'è una lunga digressione centrale in cui la vicenda non è quella personale del POV, ma un racconto di antefatti utili solo a noi. E sono anche d'accordo quando dici che dentro il conflitto e il cambiamento ci sono, però sono veicolati in maniera tale da sembrare una situazione statica, immobile.
Per quanto riguarda la costruzione frasale, più che la lunghezza e il linguaggio forbito (quelli funzionano, considerando che personaggio stiamo filtrando), io vedo un problema di "radiocronaca" vecchio stampo, che se vogliamo va a sommarsi alla prima questione, quella del raccontato. Emblematico trovo il seguente passaggio:
"E chiuderanno subito i luoghi pubblici, comprese le chiese, e istituiranno il coprifuoco. Ogni medico della Serenissima sarà allertato, sarà ricercato e condotto al Lazzaretto ogni veneziano che abbia avuto contatti con l'ammalato di questo pomeriggio."
P.S. Ho visto che si sta discutendo la questione mappa, rispetto al tema. Secondo me non dev'essere fisica, non per forza dev'esserci, può essere metaforica, però forse andrebbe veicolato in maniera più incisiva. Per dire, qui il protagonista non perde mai la bussola, praticamente ha sempre in mano la situazione, sa cosa deve fare e cosa succederà. In uno scenario del genere l'inferno ha mappe eccome, a mio avviso.
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Re: Il soffio
Ciao Cinzia, sto passando a commentare qualche altro racconto, dato che ormai le classifiche sono state fatte e ci tenevo a dirti che questo mi è piaciuto mille volte di più dell'altro per la scorsa edition.
L'ho trovato molto più vivido, e meno confusionario, proprio a gusto personale. È vero che in questo non c'è chissà quanta azione, ma ho percepito molto bene la paura del protagonista e la sua quasi rassegnazione finale.
Secondo me poi hai centrato anche il tema. Lo hai scritto in una visione tutta tua, molto sottile (se ho capito bene): con la peste Venezia diventerà un inferno. E posso confermare che questa città è un vero labirinto. Io stessa mi ci sono persa un sacco di volte e mi sono trovata a girare in tondo.
L'ho trovato molto più vivido, e meno confusionario, proprio a gusto personale. È vero che in questo non c'è chissà quanta azione, ma ho percepito molto bene la paura del protagonista e la sua quasi rassegnazione finale.
Secondo me poi hai centrato anche il tema. Lo hai scritto in una visione tutta tua, molto sottile (se ho capito bene): con la peste Venezia diventerà un inferno. E posso confermare che questa città è un vero labirinto. Io stessa mi ci sono persa un sacco di volte e mi sono trovata a girare in tondo.
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Re: Il soffio
Luca Moggia ha scritto:Ciao Cinzia,
parto con il dire che il tuo racconto centra il tema proposto facendoci affacciare sull’inferno in cui Venezia si trasformerà con l’esplodere della peste. Meno evidente l’elemento delle mappe suggerito magari dal viaggio verso l’ignoto che, sperabilmente, salverà Cecilia.
Mi sono piaciuti molto i dettagli di Venezia e, più in generale, del periodo storico in cui ambienti la vicenda. Molto bella la descrizione della maschera con il becco pieno di erbe aromatiche per difendersi dal contagio. Non essendo un appassionato di storia o di narrativa storica stento a dirti se sono corretti ma, per lo stesso motivo, poco mi importa. Quello che so è che mi hanno immerso dentro la Venezia del tardo cinquecento quindi per me è un punto a favore.
Ho trovato meno godibile invece il registro e la voce del protagonista. L’utilizzo di un linguaggio ricercato, e le lunghe parti di pensato hanno diminuito la scorrevolezza della lettura. Riguardo al modo di esprimersi del protagonista però ho fatto marcia indietro riflettendo sul fatto che parla, scrive e pensa usando un linguaggio che ben si addice a un medico del tardo cinquecento.
In questa chiave, la scelta del registro è coerente ma comunque complice di un effetto “mancanza di dinamicità” che ho percepito forse anche data la netta prevalenza delle parti riflessive su quelle di azione e su quelle di interazione fra personaggi e ambiente.
Credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo e ci tengo a sottolineare che non sono un editor, né uno scrittore professionista ma semplicemente un lettore, peraltro praticamente digiuno di narrativa storica.
Perciò prendi questi piccole osservazioni con le pinze!
Spero in ogni caso di averti dato alcuni spunti di riflessione che possano tornarti utili.
Alla prossima e buona Ignoranza Eroica Edition!
Ciao Luca, grazie per la lettura e le riflessioni. Sulla difficoltà di tenere un registro coerente quando si sceglie una ambientazione storica, posso confermartela. Non giustifica però da sola la mancanza di dinamicità che invece è derivata dalla mia impostazione, e che quindi attiene a un mio 'difetto' fisiologico. Sono poco adatta, temo, ai racconti brevi che impongono concisione, capacità di sintesi. Mi sottopongo a queste sfide proprio con l'idea di forzare i miei limiti, per il momento con esiti molto dubbi. Un grazie a voi tutti che mi sopportate
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Re: Il soffio
Elettra Fusi ha scritto:Ciao Cinzia,
è stato un vero piacere leggerti.
Trovo il tema assolutamente centrato.
Anche lo stile per quanto ricercato e un po' ampolloso non escludo che possa stare bene con il pensiero di un uomo del '600. Alcuni periodi forse sono un po' lunghi, ma, mi ripeto, lo stile sta bene con l'epoca che hai scelto.
Per quanto riguarda il tema sia la peste sia il porto e le navi secondo me richiamano bene sia l'inferno che la difficoltà a uscirne, quindi l'assenza di mappe (in astratto è questo il senso che anche io ho visto nel tema assegnato).
Mi è piaciuto davvero molto il tuo racconto e ti leggerò volentieri di nuovo.
Ti faccio solo far caso a una frase ellittica che grammaticalmente rimane un po' troppo scostata dall'andamento sintattico generale: Scene rimaste incancellabili, ho voluto diventare medico per questo, per combattere il mostro. Ma mi sembra una piccolezza in confronto alla scorrevolezza generale del tuo testo.
A rileggerci presto
Cara Elettra, che dirti? Hai espresso una buona opinione senza farti influenzare dalle molte critiche già espresse e questo mi riconsola un po'. Che anche con dei difetti evidenti, cioè, un racconto a qualcuno possa piacere e basta. Mi ridà un po' di fiducia nei miei gusti, che evidentemente sono particolari e di minoranza. Grazie di cuore e ti auguro una buona Edition.
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Re: Il soffio
Gaia Peruzzo ha scritto:Ciao Cinzia, sto passando a commentare qualche altro racconto, dato che ormai le classifiche sono state fatte e ci tenevo a dirti che questo mi è piaciuto mille volte di più dell'altro per la scorsa edition.
L'ho trovato molto più vivido, e meno confusionario, proprio a gusto personale. È vero che in questo non c'è chissà quanta azione, ma ho percepito molto bene la paura del protagonista e la sua quasi rassegnazione finale.
Secondo me poi hai centrato anche il tema. Lo hai scritto in una visione tutta tua, molto sottile (se ho capito bene): con la peste Venezia diventerà un inferno. E posso confermare che questa città è un vero labirinto. Io stessa mi ci sono persa un sacco di volte e mi sono trovata a girare in tondo.
Grazie Gaia. Detto da te, che hai scritto il bellissimo racconto che ho letto, mi fa un certo effetto. In realtà, non credo che alla fine queste sfide mi aiuteranno a migliorare, sono troppo estranee alla mia natura lenta e un po' prolissa. Ci provo perché non costa (quasi) nulla, ma al momento non sono soddisfatta di quel che scrivo. Soprattutto quando poi leggo quello che sono riusciti a creare gli altri, pur nelle stesse mie condizioni. Ma diciamo che finché hanno la pazienza di leggermi e commentare, insisto. Un abbraccio e buona Edition
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Re: Il soffio
PuntiDiDomanda ha scritto:Io sono tendenzialmente d'accordo con Pretorian. Credo il problema principale sia che tolte le prime righe, in cui apprezzo come hai gestito la voce interiore del personaggio (anche lì, se entrassimo in un line editing specifico avrei una cosa da dire, ma è pignoleria), e in parte il finale, il racconto sembra più un libro di testo che descrive la situazione di Venezia in quegli anni.
C'è una lunga digressione centrale in cui la vicenda non è quella personale del POV, ma un racconto di antefatti utili solo a noi. E sono anche d'accordo quando dici che dentro il conflitto e il cambiamento ci sono, però sono veicolati in maniera tale da sembrare una situazione statica, immobile.
Per quanto riguarda la costruzione frasale, più che la lunghezza e il linguaggio forbito (quelli funzionano, considerando che personaggio stiamo filtrando), io vedo un problema di "radiocronaca" vecchio stampo, che se vogliamo va a sommarsi alla prima questione, quella del raccontato. Emblematico trovo il seguente passaggio:
"E chiuderanno subito i luoghi pubblici, comprese le chiese, e istituiranno il coprifuoco. Ogni medico della Serenissima sarà allertato, sarà ricercato e condotto al Lazzaretto ogni veneziano che abbia avuto contatti con l'ammalato di questo pomeriggio."
P.S. Ho visto che si sta discutendo la questione mappa, rispetto al tema. Secondo me non dev'essere fisica, non per forza dev'esserci, può essere metaforica, però forse andrebbe veicolato in maniera più incisiva. Per dire, qui il protagonista non perde mai la bussola, praticamente ha sempre in mano la situazione, sa cosa deve fare e cosa succederà. In uno scenario del genere l'inferno ha mappe eccome, a mio avviso.
Grazie per l'analisi, PuntiDiDomanda. Pretorian mi ha sottolineato certe carenze che tu confermi, e con te come con lui riconosco che attraverso i ricordi e il riflettere del personaggio speravo di consentire al lettore di apprendere il necessario, ma che evidentemente non ho saputo farlo. Di certo, come dici, c'è una mia tendenza di base allo scrivere vecchio stampo, perché ho letto molto 'vecchio stampo' e lo dico senza ironia, consapevole che i gusti e la lingua evolvono e che se voglio scrivere devo tenerlo nel giusto conto. Minuti contati è un modo per tenermi in contatto con autori moderni, agili, preparati. Dubito produrrà grandi risultati ma perché non tentare di imparare qualcosa... Buona Edition!
P.S. Il protagonista è un anziano con delle responsabilità che no, non perde la bussola. Ciò non toglie che se vuole mettere al sicuro la famiglia non ha scampo, deve rimanere nell'inferno che sta per scoppiare. E a che serve una mappa se non puoi usarla? Per te è come non esista.
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Re: Il soffio
Cinzia Fabretti ha scritto: Grazie Gaia. Detto da te, che hai scritto il bellissimo racconto che ho letto, mi fa un certo effetto. In realtà, non credo che alla fine queste sfide mi aiuteranno a migliorare, sono troppo estranee alla mia natura lenta e un po' prolissa. Ci provo perché non costa (quasi) nulla, ma al momento non sono soddisfatta di quel che scrivo. Soprattutto quando poi leggo quello che sono riusciti a creare gli altri, pur nelle stesse mie condizioni. Ma diciamo che finché hanno la pazienza di leggermi e commentare, insisto. Un abbraccio e buona Edition
Grazie! Secondo me una cosa che potrebbe esserti utile è quella di pensare meno in grande. Voglio dire, ora non so come ti accingi a scrivere, ma magari pensi la storia in maniera troppo ampia per quello che è un racconto più breve. E questo succede anche a me. Infatti mi sforzo a pensare a un singolo momento che può essere un cardine. Qui lo fai, però viene fuori anche la sensazione che sia una storia più ampia.
E poi potresti provare a focalizzarti di più sulle azioni dei personaggi e meno sul loro background, e come creare tensione e movimentare il racconto. Non se potrebbero esserti utili questi consigli, però sono certa che nonostante tutto, il tuo modo di scrivere possa essere molto apprezzato.
- L'inquisitore
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Re: Il soffio
Ciao Cinzia! Purtroppo anch'io mi trovo d'accordo con l'analisi di Agostino che, essendo un veterano, si concentra sull'essere pragmatico e sintetico. Non credo che non veda le positività del tuo racconto, ma si concentra su cosa c'è da sistemare offrendoti il massimo dall'esperienza su MC. Bisognerebbe approcciarsi a questo esercizio senza emozioni, da veri psicopatici, per ottenere più vantaggio dalle analisi degli altri e migliorare di più
Io aggiungo che hai sicuramente una sensibilità e una capacità di lettura del mondo interessanti, e una volta sgrezzato lo stile e inquadrato meglio cosa funziona e cosa no, otterrai grandi risultati.
Approfitto dei 5 punti in cui rispondi ad Agostino per farti notare che quando parli di evoluzione hai ragione, ma nel tuo testo non c'è una vera evoluzione. All'inizio abbiamo un uomo provato da qualcosa e alla fine vediamo da cosa (sintetizzando). Un po' poco. Ti suggerisco di ragionare in termini di inversione. Per esempio: all'inizio un uomo pieno di speranza si affretta per raggiungere la famiglia, alla fine l'uomo disperato decide di restare. In questo modo anche racconti di questa natura saranno più incisivi. Per il resto io l'attinenza al tema ce la vedo.
Direi un pollice tendente al positivo ma al pelo, soprattutto per questioni stilistiche, ma tengo alte le aspettative per i prossimi racconti tuoi che leggerò.
Io aggiungo che hai sicuramente una sensibilità e una capacità di lettura del mondo interessanti, e una volta sgrezzato lo stile e inquadrato meglio cosa funziona e cosa no, otterrai grandi risultati.
Approfitto dei 5 punti in cui rispondi ad Agostino per farti notare che quando parli di evoluzione hai ragione, ma nel tuo testo non c'è una vera evoluzione. All'inizio abbiamo un uomo provato da qualcosa e alla fine vediamo da cosa (sintetizzando). Un po' poco. Ti suggerisco di ragionare in termini di inversione. Per esempio: all'inizio un uomo pieno di speranza si affretta per raggiungere la famiglia, alla fine l'uomo disperato decide di restare. In questo modo anche racconti di questa natura saranno più incisivi. Per il resto io l'attinenza al tema ce la vedo.
Direi un pollice tendente al positivo ma al pelo, soprattutto per questioni stilistiche, ma tengo alte le aspettative per i prossimi racconti tuoi che leggerò.
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Re: Il soffio
L'inquisitore ha scritto:Ciao Cinzia! Purtroppo anch'io mi trovo d'accordo con l'analisi di Agostino che, essendo un veterano, si concentra sull'essere pragmatico e sintetico. Non credo che non veda le positività del tuo racconto, ma si concentra su cosa c'è da sistemare offrendoti il massimo dall'esperienza su MC. Bisognerebbe approcciarsi a questo esercizio senza emozioni, da veri psicopatici, per ottenere più vantaggio dalle analisi degli altri e migliorare di più
Io aggiungo che hai sicuramente una sensibilità e una capacità di lettura del mondo interessanti, e una volta sgrezzato lo stile e inquadrato meglio cosa funziona e cosa no, otterrai grandi risultati.
Approfitto dei 5 punti in cui rispondi ad Agostino per farti notare che quando parli di evoluzione hai ragione, ma nel tuo testo non c'è una vera evoluzione. All'inizio abbiamo un uomo provato da qualcosa e alla fine vediamo da cosa (sintetizzando). Un po' poco. Ti suggerisco di ragionare in termini di inversione. Per esempio: all'inizio un uomo pieno di speranza si affretta per raggiungere la famiglia, alla fine l'uomo disperato decide di restare. In questo modo anche racconti di questa natura saranno più incisivi. Per il resto io l'attinenza al tema ce la vedo.
Direi un pollice tendente al positivo ma al pelo, soprattutto per questioni stilistiche, ma tengo alte le aspettative per i prossimi racconti tuoi che leggerò.
Grazie del commento, Inquisitore. Certamente proverò a tenere a mente i molti consigli raccolti, anche se ti confesso che le condizioni di partecipazione a Minuti Contati sono così lontani dal mio modo di scrivere, per limiti di tempo e di battute, che ogni volta riuscire a partorire una 'roba' lo considero un mezzo miracolo. Insisto a rimanere agganciata alle sfide più per il piacere di leggere il lavoro altrui che col la reale speranza di migliorare, anche se niente è impossibile. E comunque... inversione. Questa la segno in cima alla lista.
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