Le vie di Malaka
Inviato: martedì 21 novembre 2023, 0:14
Le vie di Makala sono lastricate di buone intenzioni.
Come quella volta che uscii con l'intenzione di bere una birra, e mi ritrovai in un vicolo alle cinque del mattino con la faccia gonfia e una scimmia chiacchierona sulla spalla.
Tirai su col naso e spedii fuori un proiettile di catarro rossiccio così grosso e denso da poterci scrivere una poesia sopra con uno stuzzicadenti.
«Complimenti.» Scimmia guardò con sincera ammirazione il prodotto del lato oscuro delle mie vie respiratorie. «È una piccola opera d'arte.»
«Ti ringrazio, ho fatto del mio meglio.» La testa mi girava per le botte. «Ho bisogno delle narici libere.»
Tirai fuori dalle mutande l'unica busta che mi era rimasta, quella l'avevo nascosta bene. C'era abbastanza skip da tornare indietro di un'ora, forse un'ora e mezza. Quello che mi serviva.
Stesi la polvere azzurrina, tappai una narice e affondai l'altra. Pronti, via.
Mio padre, quel tossico di merda, diceva che per le strade di Makala, puoi trovare ogni genere di droga. Roba che ti fa spuntare le branchie tipo pesce o scorreggiare arcobaleni come se avessi mangiato un unicorno. In quei giorni girava la skip, che ti faceva, letteralmente, viaggiare indietro nel tempo. Che poi vallo a capire se era un viaggio vero o solo un'allucinazione pazzesca.
Alle tre e mezza stavo sul retro del Freaks, cappuccio sul capo e mani nascoste nelle tasche del giacchetto, la destra stretta sul moschettone delle chiavi. Aspettavo che Dorian uscisse dal locale.
Eccolo spuntare quel fighetto del cazzo. Gli saltai addosso, un pugno alla bocca dello stomaco, un altro al viso, la sua mandibola scricchiolò come il sottobosco di una faggeta.
Si accasciò di lato, ne approfittai per infilargli le mani nelle tasche e razziare tutto il possibile, soldi, buste, caramelle e speranze.
Poi via di corsa per le vie di Malaka.
Mio padre, quel cazzo di vagabondo, diceva che per le vie di Malaka è facile perdersi, soprattutto di notte. In effetti queste strade sono tutte uguali, agli incroci, al posto dei cartelli, ci sono solo spacciatori e barboni a indicare le strade. Ma loro si spostano di continuo e alle volte pare che si portino appresso le strade.
«Ti ricordi com'è andata?» Scimmia era apparso sulla mia spalla con la sua aria da saggio consigliere. «Sei scappato correndo in tondo come un cretino, gli sgherri di Dorian ti hanno raggiunto, ti hanno riempito di botte e si sono ripresi tutto.»
«Già.» Mi fermai nel primo vicolo sulla sinistra, la mia milza aveva già iniziato a bestemmiare in aramaico. «Ma stavolta non gliene darò il tempo.»
Stesi la skip che avevo fregato a Dorian, affondai la faccia in quel ben di dio e aspirai tutto, fino all'ultimo granello.
Mio padre diceva sempre il problema non è la droga, ma l'uso che ne fai. Quante stronzate che diceva mio padre.
All'una meno un quarto ero nel privé del Freaks con Pablo, Frida e qualche altro caso umano. Mi stavano presentando a Dorian.
«Questo è l'amico di cui ti avevo parlato, Dorian. Sta cercando la skip.» Pablo mi batté una mano sulla schiena. «Trattalo bene, ha appena avuto un brutto lutto.»
«Mi spiace, ragazzo.» Dorian era sul divano, spaparanzato come il pappone di un telefilm. «Chi hai perso?»
«Mio padre. Ha avuto un infarto stanotte.» Alzai le spalle. «Ma non ci parlavamo da dieci anni.»
«Capisco.» Dorian si sporse verso di me. «E quindi cerchi la skip.»
«Già.»
«Costa cara, lo sai?»
«Lo so.»
«Ma oggi mi sento generoso.» Sfoderò il più falso dei sorrisi. «Che ne dici di giocarcela a carte?»
Scimmia era pronto a scoccarmi la sua occhiata di biasimo. «Lo sai come andrà, no? Ti lascerà in mutande, senza soldi e senza droga.»
Scossi la testa. «Ti ringrazio per l'offerta, ma non mi va di giocare. Pago e mi prendo la roba.»
Tirai fuori tutti i soldi che avevo e li posai sul tavolino.
Dorian sollevò le spalle. «Come preferisci.»
Presi la skip e mi andai a chiudere in bagno.
Scimmia mi accompagnò. «Sei pronto per l'ultimo salto?»
«Prontissimo.»
Mio padre diceva sempre che cento rimorsi sono meglio di un rimpianto. O forse era il contrario, li confondo sempre.
«Pronto?»
«Pronto, pà. Sono io.»
«...»
«Mi senti?»
«Sì, è che... non me l'aspettavo.»
«Già. È da un po' che non ci sentiamo.»
«...»
«Come stai?»
«Bene. Più o meno. Te?»
«Bene. Volevo solo salutarti.»
«Grazie. Mi ha fatto piacere.»
«Stammi bene.»
«Ehi.»
«Dimmi.»
«Ti voglio bene.»
«Anch'io, pà.»
Le vie di Malaka sono lastricate di buone intenzioni.
Come quella volta che uscii per farmi una birra in memoria di quel bastardo del mio vecchio e mi risvegliai su un marciapiede dopo una nottata folle, con un'emicrania da postumi di skip che mi avrebbe fatto compagnia per un paio di giorni.
Per fortuna che c'era Scimmia con me, lui è un buon amico per questo tipo di serate. Anche se lo incontro soltanto quando sono fatto come una pigna e pare che le persone intorno a me non riescano a vederlo.
«Com'è andata?»
Mi strofinai le dita sulle tempie. «Bene, dai.»
«Sei riuscito a fare quel che dovevi fare?»
«Sì.» Nonostante tutto mi scappò di sorridere. «Ci sono riuscito.»
Come quella volta che uscii con l'intenzione di bere una birra, e mi ritrovai in un vicolo alle cinque del mattino con la faccia gonfia e una scimmia chiacchierona sulla spalla.
Tirai su col naso e spedii fuori un proiettile di catarro rossiccio così grosso e denso da poterci scrivere una poesia sopra con uno stuzzicadenti.
«Complimenti.» Scimmia guardò con sincera ammirazione il prodotto del lato oscuro delle mie vie respiratorie. «È una piccola opera d'arte.»
«Ti ringrazio, ho fatto del mio meglio.» La testa mi girava per le botte. «Ho bisogno delle narici libere.»
Tirai fuori dalle mutande l'unica busta che mi era rimasta, quella l'avevo nascosta bene. C'era abbastanza skip da tornare indietro di un'ora, forse un'ora e mezza. Quello che mi serviva.
Stesi la polvere azzurrina, tappai una narice e affondai l'altra. Pronti, via.
Mio padre, quel tossico di merda, diceva che per le strade di Makala, puoi trovare ogni genere di droga. Roba che ti fa spuntare le branchie tipo pesce o scorreggiare arcobaleni come se avessi mangiato un unicorno. In quei giorni girava la skip, che ti faceva, letteralmente, viaggiare indietro nel tempo. Che poi vallo a capire se era un viaggio vero o solo un'allucinazione pazzesca.
Alle tre e mezza stavo sul retro del Freaks, cappuccio sul capo e mani nascoste nelle tasche del giacchetto, la destra stretta sul moschettone delle chiavi. Aspettavo che Dorian uscisse dal locale.
Eccolo spuntare quel fighetto del cazzo. Gli saltai addosso, un pugno alla bocca dello stomaco, un altro al viso, la sua mandibola scricchiolò come il sottobosco di una faggeta.
Si accasciò di lato, ne approfittai per infilargli le mani nelle tasche e razziare tutto il possibile, soldi, buste, caramelle e speranze.
Poi via di corsa per le vie di Malaka.
Mio padre, quel cazzo di vagabondo, diceva che per le vie di Malaka è facile perdersi, soprattutto di notte. In effetti queste strade sono tutte uguali, agli incroci, al posto dei cartelli, ci sono solo spacciatori e barboni a indicare le strade. Ma loro si spostano di continuo e alle volte pare che si portino appresso le strade.
«Ti ricordi com'è andata?» Scimmia era apparso sulla mia spalla con la sua aria da saggio consigliere. «Sei scappato correndo in tondo come un cretino, gli sgherri di Dorian ti hanno raggiunto, ti hanno riempito di botte e si sono ripresi tutto.»
«Già.» Mi fermai nel primo vicolo sulla sinistra, la mia milza aveva già iniziato a bestemmiare in aramaico. «Ma stavolta non gliene darò il tempo.»
Stesi la skip che avevo fregato a Dorian, affondai la faccia in quel ben di dio e aspirai tutto, fino all'ultimo granello.
Mio padre diceva sempre il problema non è la droga, ma l'uso che ne fai. Quante stronzate che diceva mio padre.
All'una meno un quarto ero nel privé del Freaks con Pablo, Frida e qualche altro caso umano. Mi stavano presentando a Dorian.
«Questo è l'amico di cui ti avevo parlato, Dorian. Sta cercando la skip.» Pablo mi batté una mano sulla schiena. «Trattalo bene, ha appena avuto un brutto lutto.»
«Mi spiace, ragazzo.» Dorian era sul divano, spaparanzato come il pappone di un telefilm. «Chi hai perso?»
«Mio padre. Ha avuto un infarto stanotte.» Alzai le spalle. «Ma non ci parlavamo da dieci anni.»
«Capisco.» Dorian si sporse verso di me. «E quindi cerchi la skip.»
«Già.»
«Costa cara, lo sai?»
«Lo so.»
«Ma oggi mi sento generoso.» Sfoderò il più falso dei sorrisi. «Che ne dici di giocarcela a carte?»
Scimmia era pronto a scoccarmi la sua occhiata di biasimo. «Lo sai come andrà, no? Ti lascerà in mutande, senza soldi e senza droga.»
Scossi la testa. «Ti ringrazio per l'offerta, ma non mi va di giocare. Pago e mi prendo la roba.»
Tirai fuori tutti i soldi che avevo e li posai sul tavolino.
Dorian sollevò le spalle. «Come preferisci.»
Presi la skip e mi andai a chiudere in bagno.
Scimmia mi accompagnò. «Sei pronto per l'ultimo salto?»
«Prontissimo.»
Mio padre diceva sempre che cento rimorsi sono meglio di un rimpianto. O forse era il contrario, li confondo sempre.
«Pronto?»
«Pronto, pà. Sono io.»
«...»
«Mi senti?»
«Sì, è che... non me l'aspettavo.»
«Già. È da un po' che non ci sentiamo.»
«...»
«Come stai?»
«Bene. Più o meno. Te?»
«Bene. Volevo solo salutarti.»
«Grazie. Mi ha fatto piacere.»
«Stammi bene.»
«Ehi.»
«Dimmi.»
«Ti voglio bene.»
«Anch'io, pà.»
Le vie di Malaka sono lastricate di buone intenzioni.
Come quella volta che uscii per farmi una birra in memoria di quel bastardo del mio vecchio e mi risvegliai su un marciapiede dopo una nottata folle, con un'emicrania da postumi di skip che mi avrebbe fatto compagnia per un paio di giorni.
Per fortuna che c'era Scimmia con me, lui è un buon amico per questo tipo di serate. Anche se lo incontro soltanto quando sono fatto come una pigna e pare che le persone intorno a me non riescano a vederlo.
«Com'è andata?»
Mi strofinai le dita sulle tempie. «Bene, dai.»
«Sei riuscito a fare quel che dovevi fare?»
«Sì.» Nonostante tutto mi scappò di sorridere. «Ci sono riuscito.»