Ognuno ha quel che si merita.
- Mario Mazzafoglie
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Ognuno ha quel che si merita.
Sulla strada brecciata, lo sgangherato trolley di Gino non riusciva a percorrere nemmeno mezzo metro senza che le ruote si inceppassero da qualche parte.
Una buca, una pietra, un femore, una pozzanghera di fango. Ogni minimo ostacolo era sufficiente per intralciare il suo cammino.
«Andiamo, vecchio carretto!» Gino lo strattonò. «A saperlo avrei portato uno zaino al posto tuo.»
Il fiume di lava scorreva lento al suo fianco, mentre da una fenditura nel terreno, all’improvviso, un prepotente sbuffo di fumo sulfureo gli rizzò i capelli.
Comunque quel posto era un disastro. Qualcuno dipinge Satana come un uomo ben vestito, elegante, con un certo charme. Però non si addice a ciò che Gino aveva davanti. Sembrava Roma quando i netturbini si dimenticavano di passare a ritirare la spazzatura. Come Roma tutti i giorni, insomma.
Ai piedi di un un grande masso, un uomo era seduto a terra, con le ginocchia al petto, e un largo sombrero a coprirgli il volto.
«Buongiorno, senior.» Gino gli diede un colpo piede su piede. «Avrei bisogno de una informasione.»
Il sussulto dell’uomo, che a quel punto si suppone stesse dormendo, fece sobbalzare indietro lo stesso Gino con tutto il trolley.
«B-Buonforno.» Bofonchiò l’uomo visibilmente assonnato. «B-Buongiorfo.»
Gino roteò gli occhi. «Sì, dai, ci siamo capiti.» Gli tese la mano. «Puedo chiedere a lei?»
Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.
L’uomo cercò di raddrizzarsi sulla schiena e con la mano fece un cenno a Gino come a volergli concedere la parola.
«Allora, senior. Me ascolti. Sono nuevo del posto. Sono muerto fresco fresco sta magnana por un infarto.»
«Fermo, fermo.» L’uomo alzò una mano. «Non è che vedi un sombrero e devi parlare così. Io sono nato nella provincia di Foggia, eh.»
Gino coprì l’imbarazzo con un colpo di tosse. «Me scusi, senior.»
«Ancora?»
«Ha ragione.» Annuì. «È solo che quando mi figuro qualcosa in mente poi faccio fatica a cambiare tutto. Dovrei lavorarci su sta cosa. Comunque, diceva—»
«Mica sarai uno di quelli?»
Gino strabuzzò gli occhi. «Di quelli chi?»
L’uomo fece una smorfia come chi ha già capito qualcosa.
«Allora...» Gino tirò fuori un biglietto dalla tasca. «Questo me lo hanno dato alla reception. Dice che devo andare al quattordicesimo girone, terzo piano, scala B. Però poi la segretaria è sparita e non sono riuscito a chiedere nient’altro.»
«Sicurame—»
«Cioè, un po’ ci sono rimasto male, non me l’aspettavo. La ragazza sembrava disponibile ma poi mi ha lasciato lì di sasso. Qui sperduto, in un posto sconosciuto. Non si fa, eh.» Il suo sguardo trasognato si rivolse verso l’alto. «Però in effetti se volevo gentilezza sarei dovuto andare in Paradiso. Ci sta come cosa, in fondo. D’altronde ci deve essere una differenza tra qui e il paradiso, sennò uno in vita si comporta bene o male e poi non cambia niente. Non sarebbe giusto.» Gino sospirò.
L’uomo alzò la mano. «Posso chiede—»
«Che poi non mi sto lamentando, eh, ci mancherebbe. Se sono all’Inferno qualcosa di cattivo devo averlo pur fatto, non sono ipocrita. È giusto così, per dire.»
L’uomo azzardò. «Chelavoroface—»
«Voglio dire, la decisione l’ho accettata, sono sincero. Non rimpiango quello che ho fatto in vita perché ogni esperienza mi ha fatto diventare quello che sono. Che ero, ormai.»
«Vabbè, questa è proprio una frase fatta, però.» Questo, l’uomo, riuscì a dirlo.
«Nel senso.» Gino proseguì senza sosta. «Magari uno ci rimane male che viene mandato all’Inferno. Invece io no, giuro. L’ho presa con serenità e filosofia.»
Con un calcio rotante ad altezza malleolo, d’improvviso, l’uomo col sombrero mise al tappeto Gino che rimase spiazzato e pure quasi spezzato. La furia si placò solo quando riuscì a essergli addosso e averlo bloccato con il ginocchio all’altezza del collo. «Adesso. Parlo. Io.»
«C-Certo.» Balbettò Gino.
«Ti sto cercando di chiedere da quando sei arrivato: che cazzo di lavoro facevi in vita?»
Gino si divincolò un attimo dalla presa e si schiarì la voce. «Ero un impiegato comunale. Lavoraccio, lascia stare.»
L’uomo riprese a stringere. «E com’eri sul lavoro?»
«Mah, né più né meno di altri colleghi.»
L’uomo digrignò i denti. «Tu e i tuoi colleghi siete il male del mondo. Siete il cancro della società. Tu vai al comune per una cosa, e loro ti mandano in un altro ufficio “perché non è roba di loro competenza”. Allora vai nell’altro ufficio, ma trovi chiuso giustamente. Però. Però. Però c’è quello d’emergenza, e ci puoi andare. E tu ci vai perché hai fiducia. Ci vai e un cartello dice che è aperto dalle dieci e mezza alle dieci e trentadue. Ma solo i giorni dispari. E solo se la notte prima ha fatto luna piena.»
Gino era una statua sotto la furia dialettica del suo interlocutore.
«E ora questo meritate. Di vagare qui. Di chiedere e non sapere. Di sapere a metà. Di andare da una parte e sbagliare. Di andare e tornare senza capire che cazzo state facendo.» L’uomo ringhiò un’alitata pesante su Gino. «Karma. Si chiama Karma, amico mio.»
Una buca, una pietra, un femore, una pozzanghera di fango. Ogni minimo ostacolo era sufficiente per intralciare il suo cammino.
«Andiamo, vecchio carretto!» Gino lo strattonò. «A saperlo avrei portato uno zaino al posto tuo.»
Il fiume di lava scorreva lento al suo fianco, mentre da una fenditura nel terreno, all’improvviso, un prepotente sbuffo di fumo sulfureo gli rizzò i capelli.
Comunque quel posto era un disastro. Qualcuno dipinge Satana come un uomo ben vestito, elegante, con un certo charme. Però non si addice a ciò che Gino aveva davanti. Sembrava Roma quando i netturbini si dimenticavano di passare a ritirare la spazzatura. Come Roma tutti i giorni, insomma.
Ai piedi di un un grande masso, un uomo era seduto a terra, con le ginocchia al petto, e un largo sombrero a coprirgli il volto.
«Buongiorno, senior.» Gino gli diede un colpo piede su piede. «Avrei bisogno de una informasione.»
Il sussulto dell’uomo, che a quel punto si suppone stesse dormendo, fece sobbalzare indietro lo stesso Gino con tutto il trolley.
«B-Buonforno.» Bofonchiò l’uomo visibilmente assonnato. «B-Buongiorfo.»
Gino roteò gli occhi. «Sì, dai, ci siamo capiti.» Gli tese la mano. «Puedo chiedere a lei?»
Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.
L’uomo cercò di raddrizzarsi sulla schiena e con la mano fece un cenno a Gino come a volergli concedere la parola.
«Allora, senior. Me ascolti. Sono nuevo del posto. Sono muerto fresco fresco sta magnana por un infarto.»
«Fermo, fermo.» L’uomo alzò una mano. «Non è che vedi un sombrero e devi parlare così. Io sono nato nella provincia di Foggia, eh.»
Gino coprì l’imbarazzo con un colpo di tosse. «Me scusi, senior.»
«Ancora?»
«Ha ragione.» Annuì. «È solo che quando mi figuro qualcosa in mente poi faccio fatica a cambiare tutto. Dovrei lavorarci su sta cosa. Comunque, diceva—»
«Mica sarai uno di quelli?»
Gino strabuzzò gli occhi. «Di quelli chi?»
L’uomo fece una smorfia come chi ha già capito qualcosa.
«Allora...» Gino tirò fuori un biglietto dalla tasca. «Questo me lo hanno dato alla reception. Dice che devo andare al quattordicesimo girone, terzo piano, scala B. Però poi la segretaria è sparita e non sono riuscito a chiedere nient’altro.»
«Sicurame—»
«Cioè, un po’ ci sono rimasto male, non me l’aspettavo. La ragazza sembrava disponibile ma poi mi ha lasciato lì di sasso. Qui sperduto, in un posto sconosciuto. Non si fa, eh.» Il suo sguardo trasognato si rivolse verso l’alto. «Però in effetti se volevo gentilezza sarei dovuto andare in Paradiso. Ci sta come cosa, in fondo. D’altronde ci deve essere una differenza tra qui e il paradiso, sennò uno in vita si comporta bene o male e poi non cambia niente. Non sarebbe giusto.» Gino sospirò.
L’uomo alzò la mano. «Posso chiede—»
«Che poi non mi sto lamentando, eh, ci mancherebbe. Se sono all’Inferno qualcosa di cattivo devo averlo pur fatto, non sono ipocrita. È giusto così, per dire.»
L’uomo azzardò. «Chelavoroface—»
«Voglio dire, la decisione l’ho accettata, sono sincero. Non rimpiango quello che ho fatto in vita perché ogni esperienza mi ha fatto diventare quello che sono. Che ero, ormai.»
«Vabbè, questa è proprio una frase fatta, però.» Questo, l’uomo, riuscì a dirlo.
«Nel senso.» Gino proseguì senza sosta. «Magari uno ci rimane male che viene mandato all’Inferno. Invece io no, giuro. L’ho presa con serenità e filosofia.»
Con un calcio rotante ad altezza malleolo, d’improvviso, l’uomo col sombrero mise al tappeto Gino che rimase spiazzato e pure quasi spezzato. La furia si placò solo quando riuscì a essergli addosso e averlo bloccato con il ginocchio all’altezza del collo. «Adesso. Parlo. Io.»
«C-Certo.» Balbettò Gino.
«Ti sto cercando di chiedere da quando sei arrivato: che cazzo di lavoro facevi in vita?»
Gino si divincolò un attimo dalla presa e si schiarì la voce. «Ero un impiegato comunale. Lavoraccio, lascia stare.»
L’uomo riprese a stringere. «E com’eri sul lavoro?»
«Mah, né più né meno di altri colleghi.»
L’uomo digrignò i denti. «Tu e i tuoi colleghi siete il male del mondo. Siete il cancro della società. Tu vai al comune per una cosa, e loro ti mandano in un altro ufficio “perché non è roba di loro competenza”. Allora vai nell’altro ufficio, ma trovi chiuso giustamente. Però. Però. Però c’è quello d’emergenza, e ci puoi andare. E tu ci vai perché hai fiducia. Ci vai e un cartello dice che è aperto dalle dieci e mezza alle dieci e trentadue. Ma solo i giorni dispari. E solo se la notte prima ha fatto luna piena.»
Gino era una statua sotto la furia dialettica del suo interlocutore.
«E ora questo meritate. Di vagare qui. Di chiedere e non sapere. Di sapere a metà. Di andare da una parte e sbagliare. Di andare e tornare senza capire che cazzo state facendo.» L’uomo ringhiò un’alitata pesante su Gino. «Karma. Si chiama Karma, amico mio.»
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario! Sei in malus minimo caratteri. Detto questo: buona IGNORANZA EROICA EDITION!
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- Messaggi: 2993
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Tema centrato. Il protagonista, ex impiegato comunale vaga in un inferno nel quale c’è un uomo con il sombrero, ma è di Foggia e non intende certo aiutarlo a trovare la strada per il girone infernale giusto. L’ambientazione è desertica, e il protagonista dal trolley malandato fa pena al lettore. È arrivato dalla reception e non sa dove andare. L’uomo con il sombrero gli spiega che si tratta di una questione di karma. Racconto gustoso e ben scritto. Bella la scena nella quale l’uomo in sombrero atterra il protagonista.
- Maurizio Chierchia
- Messaggi: 303
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario.
Che dire se non... bravo! Mi è piaciuto tantissimo il tuo racconto. Il tono comico, i dialoghi, le descrizioni, tutto.
Questa tra l'altro mi è piaciuta molto: Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.
Geniale! (almeno dal mio punto di vista)
E poi la fine. Quando ho letto la parte finale ho riso davvero di gusto. Tutto azzeccato al millimetro.
Niente, ti faccio ancora i miei complimenti. Non vedo l'ora di rileggere qualcosa di questo calibro.
Buona gara e a rileggerci presto!
Che dire se non... bravo! Mi è piaciuto tantissimo il tuo racconto. Il tono comico, i dialoghi, le descrizioni, tutto.
Questa tra l'altro mi è piaciuta molto: Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.
Geniale! (almeno dal mio punto di vista)
E poi la fine. Quando ho letto la parte finale ho riso davvero di gusto. Tutto azzeccato al millimetro.
Niente, ti faccio ancora i miei complimenti. Non vedo l'ora di rileggere qualcosa di questo calibro.
Buona gara e a rileggerci presto!
Maurizio Chierchia
"Domani è già vicino"
"Domani è già vicino"
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Bello, molto divertente. Poveri, questi impiegati comunali!
Buona fortuna!
Buona fortuna!
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario e piacere di averti letto.
Lo humor è uno dei tuoi tratti salienti, spesso riesci a creare testi divertenti e ben scritti. Anche questo mi ha fatto sorridere anche se ammetto che non mi ha fatto impazzire fino in fondo. Non sono un amante dei testi comici, c’è anche da tenere in considerazione questo.
Qualche dettaglio sul testo:
“che a quel punto si suppone stesse dormendo”
Perché lo hai scritto così invece che “che a quel punto suppose stesse dormendo”? con quel “si suppone” sei entrato a gamba tesa nella narrazione spezzando la quarta parete della narrazione. Se è una scelta consapevole, hai fatto bene a scegliere così, ma ammetto che mi ha un po’ straniato.
Comunque in bocca al lupo per l’edizione!
Lo humor è uno dei tuoi tratti salienti, spesso riesci a creare testi divertenti e ben scritti. Anche questo mi ha fatto sorridere anche se ammetto che non mi ha fatto impazzire fino in fondo. Non sono un amante dei testi comici, c’è anche da tenere in considerazione questo.
Qualche dettaglio sul testo:
“che a quel punto si suppone stesse dormendo”
Perché lo hai scritto così invece che “che a quel punto suppose stesse dormendo”? con quel “si suppone” sei entrato a gamba tesa nella narrazione spezzando la quarta parete della narrazione. Se è una scelta consapevole, hai fatto bene a scegliere così, ma ammetto che mi ha un po’ straniato.
Comunque in bocca al lupo per l’edizione!
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- Messaggi: 276
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario. Un racconto ben scritto. Trascinante e comico. Mi ha catturato davvero e mi sono figurata benissimo i due personaggi che parlavano tra di loro all'inferno, anche se non li hai descritti in modo dettagliato. Complimenti. Anche il finale mi ha stupito. E pure le ripetizioni servono a mantenergli questo taglio stravagante. Ben fatto, è tra quelli che ho preferito di più. In bocca al lupo per la gara.
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario. In questo racconto ci sono un sacco di cose che mi sono piaciute e un sacco (il diavolo, appunto, si nasconde nei dettagli!) che non mi sono piaciute: sicuramente non è passato inosservato.
Iniziamo
L’incipit è stato per me zoppicante, intendoi come ritmo: sembra di leggere un singhiozzo (sulla strada brecciata virgola, l’ingombrante trolley…). Subito dopo, con l’elenco avrei utilizzato i due punti per migliorare la lettura. il paragrafo su satana e roma l'ho trovato forzato: un'inutile invasione da parte dell'autore che appare solo lì. anche la doppia ripetizione di corvo nero e di antro scuro mia sembra una leziosità che ti potevi risparmiare. Tranquillo, ora arrivano i complimentI: i dialoghi sono perfetti, assolutamente credibili e realistici e sapientemente ironici. Sia le frasi tagliate dalla logorrea dell’impiegato, sia la reazione veemente, descritta con poche efficaci pennellate sia nei dialoghi che nelle descrizioni: assolutamente godibili e divertenti. Il tema è centrato e la sorpresa finale mantenuta, anche se personalmente trovo un po’ 'qualunquista' questa visione dell’impiegato comunale.
Iniziamo
L’incipit è stato per me zoppicante, intendoi come ritmo: sembra di leggere un singhiozzo (sulla strada brecciata virgola, l’ingombrante trolley…). Subito dopo, con l’elenco avrei utilizzato i due punti per migliorare la lettura. il paragrafo su satana e roma l'ho trovato forzato: un'inutile invasione da parte dell'autore che appare solo lì. anche la doppia ripetizione di corvo nero e di antro scuro mia sembra una leziosità che ti potevi risparmiare. Tranquillo, ora arrivano i complimentI: i dialoghi sono perfetti, assolutamente credibili e realistici e sapientemente ironici. Sia le frasi tagliate dalla logorrea dell’impiegato, sia la reazione veemente, descritta con poche efficaci pennellate sia nei dialoghi che nelle descrizioni: assolutamente godibili e divertenti. Il tema è centrato e la sorpresa finale mantenuta, anche se personalmente trovo un po’ 'qualunquista' questa visione dell’impiegato comunale.
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ahah grande! Sono passato a leggerlo perché mi hai incuriosito!
Spassoso, già il femore piazzato in mezzo all'elenco mi ha spezzato e sei stato abilissimo a metterlo perché setti già la scena facendo capire che non siamo in un posto normale, quindi doppiamente godibile come dettaglio. Racconto divertente, scritto bene, e hai straragione, abbiamo affidato la nostra storia in pratica allo stesso protagonista :)
Unica nota negativa: non sono del gruppo nominato a votare il tuo, perché ti avrei dato una posizione molto in alto. Apprezzo un sacco la leggerezza, soprattutto nei racconti, lo hai reso godibile, interessante e con la giusta chiusura. Bella prova, complimenti, tiferò per te!
Spassoso, già il femore piazzato in mezzo all'elenco mi ha spezzato e sei stato abilissimo a metterlo perché setti già la scena facendo capire che non siamo in un posto normale, quindi doppiamente godibile come dettaglio. Racconto divertente, scritto bene, e hai straragione, abbiamo affidato la nostra storia in pratica allo stesso protagonista :)
Unica nota negativa: non sono del gruppo nominato a votare il tuo, perché ti avrei dato una posizione molto in alto. Apprezzo un sacco la leggerezza, soprattutto nei racconti, lo hai reso godibile, interessante e con la giusta chiusura. Bella prova, complimenti, tiferò per te!
- Andrea Furlan
- Messaggi: 465
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Ciao Mario,
dai non mi offenderò, essendo anche io dipendente pubblico… :-) Il racconto mi è piaciuto, ha un registro ironico accattivante, anche se alcune trovate e frasi le ho trovate un po’ pesanti (ad esempio l’accento spagnolo e ”Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.”). Buona la ricerca della verità o almeno un qualche straccio di informazione sulla comparsa del protagonista all’inferno, molto bene il finale che centra il tema in modo brillante. Poteva essere ottimo se solo l’ironia fosse stata più accennata e dosata.
dai non mi offenderò, essendo anche io dipendente pubblico… :-) Il racconto mi è piaciuto, ha un registro ironico accattivante, anche se alcune trovate e frasi le ho trovate un po’ pesanti (ad esempio l’accento spagnolo e ”Un corvo nero come un corvo nero planò sulle loro teste per poi disperdersi in un antro scuro come un antro scuro più in là.”). Buona la ricerca della verità o almeno un qualche straccio di informazione sulla comparsa del protagonista all’inferno, molto bene il finale che centra il tema in modo brillante. Poteva essere ottimo se solo l’ironia fosse stata più accennata e dosata.
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- Messaggi: 244
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Tema centratissimo, chissà se nel tuo inferno ci sono anche gli impiegati che per un cambio di residenza mi hanno fatto perdere una mattinata facendomi rimbalzare per quattro uffici...spero di sì.
Sicuramente il tuo è il racconto che mi ha divertito di più, sulla scrittura ho poco da dire, chiara ed efficace.
Sicuramente il tuo è il racconto che mi ha divertito di più, sulla scrittura ho poco da dire, chiara ed efficace.
Re: Ognuno ha quel che si merita.
Tutta la prima parte è assolutamente brillante. Il tutto comincia a incrinarsi con l'ingresso del personaggio "in siesta" e in particolare trovo forzato il suo attacco: perché proprio lui? Forse è proprio questa la pena dell'impiegato pubblico? Da come l'hai presentato, non mi è sembrato e pertanto sono più propenso a pensare che la tua costruzione fosse voluta proprio in questo modo per giungere a quel finale strappasorriso che però, per come ci arrivi, mi appare forzato. Forse che il tempo stesse troppo stringendo e che tu abbia dovuto forzare per chiudere? Questa è la mia idea. Detto questo, la mia valutazione è un pollice tendente al positivo in modo solido, ma non brillante quanto avrebbe potuto.
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