Piccola perla
Inviato: martedì 16 gennaio 2024, 0:45
Quando sono nato il mio paese aveva due strade contornate di ulivi e viti, dove tanti andavano a faticare. La sera gli uomini si trovavano al bar, le donne stavano a casa con i bambini.
Dopo qualche anno Berganzi, venuto dal Nord, aprì da noi una ditta, che faceva concorrenza alle cooperative locali. Ero ragazzo allora e amavo il paese e i suoi riti: lo struscio della domenica nella piazza della chiesa e gli aperitivi estivi ai tavolini del bar che nel frattempo erano diventati due. Non riuscivo a immaginare un futuro diverso dal presente che vivevo in quella vita sempre uguale a se stessa.
Il Berganzi mi prese in simpatia. Diventai impiegato, lontano dalla fatica nei campi dei miei genitori. Loro, fieri per i tanti sacrifici fatti, mi aspettavano la sera per cenare insieme.
Lavoravo bene e mi ero accorto di piacere a Selene, la figlia del Berganzi. La mia vita era tracciata e io sentivo il caldo della sicurezza avvolgermi come una coperta di lana.
La ditta si espandeva e dopo qualche anno arrivò a interessare un investitore cinese. C’era molto da organizzare per la sua visita. E c’era da trovare un interprete. Ci vollero giorni, ma alla fine arrivò Lin.
Il primo giorno che la vidi, indossava un vestito semplice e i capelli erano tirati indietro da una mollettina con una piccola perla. Mi salutò con un leggero inchino e uno sguardo timido.
La portai in giro per gli uffici e lo stabilimento avvertendo la delicatezza del suo modo di fare gentile. Mi accorsi che camminavo con la schiena più dritta e il petto in fuori vicino a lei.
Passammo insieme non solo quella giornata e la successiva, ma anche tutto il mese seguente. Il cliente cinese si sarebbe fermato per esaminare i documenti. Lei accettò di restare con un sorriso quieto e una luce negli occhi scuri che mi parve rivolta a me.
Il paese cambiò con lei. Aveva portato un respiro più ampio, racconti di terre lontane, vestiti e atteggiamenti che sapevano di Shangai, di Milano, di posti che prima erano per noi solo nomi su una cartina.
La sera dopo il lavoro la portavo al bar del paese e gli anziani interrompevano le loro partite per venire a parlarle. Lei ascoltava i racconti dei tempi passati con grazia reclinando il viso con una smorfia dolce che mi rapiva. Facevo finta di niente, ma sentivo nel cuore un calore mai avvertito prima.
Lei sorrideva a tutti, ma a me un po’ di più.
Mi spaventavano i pensieri che facevo e i sogni: io e lei lontano da lì su una grande nave che affondava nel mare pieno di onde. Io in una scatola che si apriva in balia di belve e pericoli. Mi svegliavo sudato e tremante.
Sentivo la paura rodermi l’anima. E sentivo il confronto. Lei non poteva essere per me. I suoi occhi di liquirizia scura, piccole mandorle ondulate, avevano stregato anche il figlio del Berganzi, che le faceva una corte discreta. Lui era più giusto, decisi, mentre rimpianto e sollievo mi si rimescolavano dentro. Mi ritirai, smisi di esserci quando lei c’era e tutto andò come doveva andare.
Ancora ci ripenso, ma è una vecchia storia, la follia di un mese di tanto tempo fa. Eppure il mio pensiero è lì, anche ora che sto cercando lo scialle di Selene. Con gli acciacchi dell’età sente più freddo.
Rovisto nei cassetti, è così disordinata, finché la mia mano sbatte su qualcosa, un cassettino nascosto. Mi ritrovo tra le dita una busta aperta con il mio nome e qualcosa di piccolo all’interno. C’è anche un foglio, che leggo.
Ti ho amato in silenzio, giorno dopo giorno, per un mese. Ho sperato nutrendomi dei tuoi occhi, che senza parlare mi facevano sognare. Carlo mi ha chiesto in moglie, ma io vorrei te. Ti lascio la mia molletta con la perla, quella che ti piace tanto. Mettila domani sulla giacca e saprò che anche tu mi vuoi.
Tua Lin
Quando arrivo da Selene sto tremando. Lei vede la lettera che tengo in mano.
“Perché?”.
“Lei non era giusta per te, io sì”.
Non dice altro. Io stringo la piccola perla tra le mani e piango per la tempesta che non ho vissuto.
Dopo qualche anno Berganzi, venuto dal Nord, aprì da noi una ditta, che faceva concorrenza alle cooperative locali. Ero ragazzo allora e amavo il paese e i suoi riti: lo struscio della domenica nella piazza della chiesa e gli aperitivi estivi ai tavolini del bar che nel frattempo erano diventati due. Non riuscivo a immaginare un futuro diverso dal presente che vivevo in quella vita sempre uguale a se stessa.
Il Berganzi mi prese in simpatia. Diventai impiegato, lontano dalla fatica nei campi dei miei genitori. Loro, fieri per i tanti sacrifici fatti, mi aspettavano la sera per cenare insieme.
Lavoravo bene e mi ero accorto di piacere a Selene, la figlia del Berganzi. La mia vita era tracciata e io sentivo il caldo della sicurezza avvolgermi come una coperta di lana.
La ditta si espandeva e dopo qualche anno arrivò a interessare un investitore cinese. C’era molto da organizzare per la sua visita. E c’era da trovare un interprete. Ci vollero giorni, ma alla fine arrivò Lin.
Il primo giorno che la vidi, indossava un vestito semplice e i capelli erano tirati indietro da una mollettina con una piccola perla. Mi salutò con un leggero inchino e uno sguardo timido.
La portai in giro per gli uffici e lo stabilimento avvertendo la delicatezza del suo modo di fare gentile. Mi accorsi che camminavo con la schiena più dritta e il petto in fuori vicino a lei.
Passammo insieme non solo quella giornata e la successiva, ma anche tutto il mese seguente. Il cliente cinese si sarebbe fermato per esaminare i documenti. Lei accettò di restare con un sorriso quieto e una luce negli occhi scuri che mi parve rivolta a me.
Il paese cambiò con lei. Aveva portato un respiro più ampio, racconti di terre lontane, vestiti e atteggiamenti che sapevano di Shangai, di Milano, di posti che prima erano per noi solo nomi su una cartina.
La sera dopo il lavoro la portavo al bar del paese e gli anziani interrompevano le loro partite per venire a parlarle. Lei ascoltava i racconti dei tempi passati con grazia reclinando il viso con una smorfia dolce che mi rapiva. Facevo finta di niente, ma sentivo nel cuore un calore mai avvertito prima.
Lei sorrideva a tutti, ma a me un po’ di più.
Mi spaventavano i pensieri che facevo e i sogni: io e lei lontano da lì su una grande nave che affondava nel mare pieno di onde. Io in una scatola che si apriva in balia di belve e pericoli. Mi svegliavo sudato e tremante.
Sentivo la paura rodermi l’anima. E sentivo il confronto. Lei non poteva essere per me. I suoi occhi di liquirizia scura, piccole mandorle ondulate, avevano stregato anche il figlio del Berganzi, che le faceva una corte discreta. Lui era più giusto, decisi, mentre rimpianto e sollievo mi si rimescolavano dentro. Mi ritirai, smisi di esserci quando lei c’era e tutto andò come doveva andare.
Ancora ci ripenso, ma è una vecchia storia, la follia di un mese di tanto tempo fa. Eppure il mio pensiero è lì, anche ora che sto cercando lo scialle di Selene. Con gli acciacchi dell’età sente più freddo.
Rovisto nei cassetti, è così disordinata, finché la mia mano sbatte su qualcosa, un cassettino nascosto. Mi ritrovo tra le dita una busta aperta con il mio nome e qualcosa di piccolo all’interno. C’è anche un foglio, che leggo.
Ti ho amato in silenzio, giorno dopo giorno, per un mese. Ho sperato nutrendomi dei tuoi occhi, che senza parlare mi facevano sognare. Carlo mi ha chiesto in moglie, ma io vorrei te. Ti lascio la mia molletta con la perla, quella che ti piace tanto. Mettila domani sulla giacca e saprò che anche tu mi vuoi.
Tua Lin
Quando arrivo da Selene sto tremando. Lei vede la lettera che tengo in mano.
“Perché?”.
“Lei non era giusta per te, io sì”.
Non dice altro. Io stringo la piccola perla tra le mani e piango per la tempesta che non ho vissuto.