Il debito
Inviato: lunedì 18 marzo 2024, 21:57
Il debito
di Alexandra Fischer
Il debito
di Alexandra Fischer
Mario rincasò alla sera dal lavoro.
L’alloggio si trovava all’ultimo piano di un palazzo. Da lì poteva vedere quello della sua dirimpettaia. Elena era altrettanto abitudinaria. Le luci erano accese.
Mario si scaldò la cotoletta lasciatagli dalla governante, prese dell’insalata, un bicchiere di vino.
E pensò a quando lui ed Elena erano amanti.
All’epoca lui era ancora sposato con Cinzia.
Ed Elena con Riccardo.
Ignorava se lo fosse ancora.
L’ultima volta che si erano visti, a casa di lui, avevano assistito a una colluttazione nel palazzo di fronte degenerata in un delitto.
Erano al buio, così l’assassino non li aveva visti. Ricordava il titolo dell’articolo sul giornale: NOTO INGEGNERE ASSASSINATO A CASA SUA. POSSIBILE MOVENTE PASSIONALE.
Lui si era raccomandato a Elena: niente doveva trapelare.
Elena non aveva parlato.
C’era un però.
Da allora si sentiva colpevole di aver taciuto. Conosceva di vista l’ingegner Adelio Lucchini.
Ma il tarlo non abbandonava Mario.
Mangiò perché doveva.
Non osò cercare Elena.
Finì il vino.
E si gettò nel vuoto.
***
Elena vide un corpo cadere nel vuoto.
E anche suo marito Riccardo.
− Avvertiamo le autorità, cara.
− Sì, certo.
Riccardo telefonò alla polizia: − Pronto, correte, in corso De Pretis un uomo si è buttato dalla finestra.
La polizia arrivò.
C’era anche un’ambulanza, che partì senza le sirene spiegate.
Il commissario Marta Zacchelli interrogò Elena a casa di lei. – Conosceva la vittima?
− Di vista− si affrettò a dire lei.
Il commissario fece la stessa domanda a Riccardo. – E lei, cosa mi sa dire?
− Non molto. Ci scambiavamo qualche saluto.
− Certo che vivete in un quartiere turbolento. Prima l’omicidio Lucchini e ora questo suicidio. Davvero non avete idea di cosa tormentasse la vittima?
Guardò prima Riccardo e poi Elena. – Signora, è impallidita, come mai?
Elena giocherellò con l’orlo della maglia. – È stato così sconvolgente. L’ho visto cadere nel vuoto.
− E che altro?
− Niente.
− Mi pare poco.
Elena guardò il marito. – Per me è già molto così.
Gli si strinse accanto. – Non ho altro da aggiungere.
Il commissario le lasciò un biglietto da visita. – Nel caso in cui le venisse in mente qualcosa.
− Certo, grazie.
Elena prese il biglietto e lo posò sul tavolo del salotto.
Fu dopo che il commissario se ne fu andato che Elena sentì la coscienza rimorderle, ma si dominò sotto lo sguardo indagatore del marito.
Gli riscaldò la pasta al ragù con il microonde e Riccardo si sedette a tavola. – Va meglio?
− Sì, ti ringrazio.
− Mi sembri ancora sconvolta.
− Pensa a cosa è accaduto stasera.
Elena ricorse a tutto l’autocontrollo che aveva per non scoppiare in lacrime.
E si sentì come un debitore insolvente.
Doveva parecchio alla giustizia, ma aveva tutta una vita da vivere.
Si fece forza.
Appena sentì il suono del forno a microonde si sforzò di sorridere al marito. – Scusa per prima. È pronto.
Si sedettero, mangiarono, ma Elena capì che le ombre dell’omicidio e del suicidio sarebbero sempre state dentro di lei.
di Alexandra Fischer
Il debito
di Alexandra Fischer
Mario rincasò alla sera dal lavoro.
L’alloggio si trovava all’ultimo piano di un palazzo. Da lì poteva vedere quello della sua dirimpettaia. Elena era altrettanto abitudinaria. Le luci erano accese.
Mario si scaldò la cotoletta lasciatagli dalla governante, prese dell’insalata, un bicchiere di vino.
E pensò a quando lui ed Elena erano amanti.
All’epoca lui era ancora sposato con Cinzia.
Ed Elena con Riccardo.
Ignorava se lo fosse ancora.
L’ultima volta che si erano visti, a casa di lui, avevano assistito a una colluttazione nel palazzo di fronte degenerata in un delitto.
Erano al buio, così l’assassino non li aveva visti. Ricordava il titolo dell’articolo sul giornale: NOTO INGEGNERE ASSASSINATO A CASA SUA. POSSIBILE MOVENTE PASSIONALE.
Lui si era raccomandato a Elena: niente doveva trapelare.
Elena non aveva parlato.
C’era un però.
Da allora si sentiva colpevole di aver taciuto. Conosceva di vista l’ingegner Adelio Lucchini.
Ma il tarlo non abbandonava Mario.
Mangiò perché doveva.
Non osò cercare Elena.
Finì il vino.
E si gettò nel vuoto.
***
Elena vide un corpo cadere nel vuoto.
E anche suo marito Riccardo.
− Avvertiamo le autorità, cara.
− Sì, certo.
Riccardo telefonò alla polizia: − Pronto, correte, in corso De Pretis un uomo si è buttato dalla finestra.
La polizia arrivò.
C’era anche un’ambulanza, che partì senza le sirene spiegate.
Il commissario Marta Zacchelli interrogò Elena a casa di lei. – Conosceva la vittima?
− Di vista− si affrettò a dire lei.
Il commissario fece la stessa domanda a Riccardo. – E lei, cosa mi sa dire?
− Non molto. Ci scambiavamo qualche saluto.
− Certo che vivete in un quartiere turbolento. Prima l’omicidio Lucchini e ora questo suicidio. Davvero non avete idea di cosa tormentasse la vittima?
Guardò prima Riccardo e poi Elena. – Signora, è impallidita, come mai?
Elena giocherellò con l’orlo della maglia. – È stato così sconvolgente. L’ho visto cadere nel vuoto.
− E che altro?
− Niente.
− Mi pare poco.
Elena guardò il marito. – Per me è già molto così.
Gli si strinse accanto. – Non ho altro da aggiungere.
Il commissario le lasciò un biglietto da visita. – Nel caso in cui le venisse in mente qualcosa.
− Certo, grazie.
Elena prese il biglietto e lo posò sul tavolo del salotto.
Fu dopo che il commissario se ne fu andato che Elena sentì la coscienza rimorderle, ma si dominò sotto lo sguardo indagatore del marito.
Gli riscaldò la pasta al ragù con il microonde e Riccardo si sedette a tavola. – Va meglio?
− Sì, ti ringrazio.
− Mi sembri ancora sconvolta.
− Pensa a cosa è accaduto stasera.
Elena ricorse a tutto l’autocontrollo che aveva per non scoppiare in lacrime.
E si sentì come un debitore insolvente.
Doveva parecchio alla giustizia, ma aveva tutta una vita da vivere.
Si fece forza.
Appena sentì il suono del forno a microonde si sforzò di sorridere al marito. – Scusa per prima. È pronto.
Si sedettero, mangiarono, ma Elena capì che le ombre dell’omicidio e del suicidio sarebbero sempre state dentro di lei.