Incipit IL LBORATORIO

Il Laboratorio è il luogo in cui affinerete le vostre qualità. Lasciate fuori le maschere e non abbiate paura di criticare il lavoro altrui. Qui non vince nessuno, ma ci si prepara a sfidare gli altri nell'Arena.

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Julius
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Incipit IL LBORATORIO

Messaggio#1 » sabato 13 maggio 2023, 18:26

Provo a pubblicare questo incipit. Abbiate pietà di me.

Esco dal palazzo di corsa. Alle sei e quarantotto minuti il calcolatore quantistico che lavora da ieri sera darà il responso e devo essere presente al briefing. Sono le sette e ventitré. Ho solo venticinque minuti per fare tre chilometri e a quest'ora gli autobus passano alle quaranta e alle dieci. Prendere l'auto non se ne parla perchè solo per uscire dal garage impiego sette minuti.
Un tanfo mi arriva alla narici: un barbone dorme in un angolo tra un muro e la vetrina del ristorante, dentro un cartone con un gatto dal pelo fulvo e striato accoccolato vicino a lui. Perché questa gente non lavora? Passo il dorso della mano sotto il naso per difendermi dal lezzo. Vicino al barbone c'è un monopattino elettrico. Sarà suo? Mi avvicino con un fazzoletto sotto il naso per sopportare l'odore. Con cinquanta dollari tra pollice e indice grido :«”Ehi, amico! Me lo presti?». Il Tizio barbuto apre un occhio e si mette seduto e con una manata afferra il cinquantone «Quando lo riporti ?» «Stasera», «Allora sono altri venti». Maledetto. Ecco perché questa gente non lavora. Gli allungo il venti. Il Tizio mette la mano in tasca ed estrae un lucchetto a catena e me lo porge. Alza il sopracciglio sinistro e piega la testa «Mi raccomando». Metto i piedi sul monopattino e accelero. Niente. Dall'androne il Tizio mi urla «La batteria è a zero, spingi e si carica». «Grazie, premio Nobel della fisica». Spingo, dopotutto il monopattino è pur sempre un leva che migliora le prestazioni dell'uomo. Grosse gocce di pioggia si infrangono sull'asfalto. Ieri le previsioni davano sereno. Maledetti meteorologi, la loro è una scienza esatta, ma all'80%. Avanzo nell'acquazzone e una corrente d'aria mi entra nel colletto bagnato. Infilo il piede d'appoggio in una pozzanghera enorme e l'acqua mi lava fino alle ginocchia. Procedo come un fante della prima guerra mondiale sotto le mitragliatrici nemiche. L'Istituto si staglia all'orizzonte. Ancora quattro minuti e sarò arrivato. Intanto il maledetto trabiccolo ha preso un po' di carica ma senza spingere con la gamba è peggio di prima perché non mi scaldo e il vento mi gela fino alla punta dei capelli.
Sei e quarantuno. Entro nell'androne dell'Istituto con il monopattino ripiegato sotto il braccio e il portiere con un sorriso «Pioveva?» Mi volto: il temporale è finito e c'è perfino il sole. «No, ho fatto la doccia in metro per fare prima.»



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