Il contratto - di Carla Anastasio

carla anastasio
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Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#1 » lunedì 16 novembre 2015, 23:53

“Per ottenere dei risultati devi calarti nel personaggio, nel ruolo, nell’abito, devi appartenere ad un contesto entro il quale l’illecito sia occultato, giustificato, facilitato, insomma, devi mentire spudoratamente oppure convincerti che tutto quello che farai è sacrosanto. A te la scelta.”
Giorgio guardava il suo mentore che sciorinava consigli camminando avanti e indietro in maniera ipnotica.
Aveva deciso di intraprendere quella strada perché si sentiva in sintonia con quelli che avevano già scelto quel mestiere ed il suo maestro, prima che lui accettasse definitivamente, cercava di ‘sgrezzarlo’ e di capire se aveva veramente la stoffa e il fegato per firmare l’impegno.
Aveva perso anni della sua vita studiando ed approfondendo la materia , aveva quantificato il potere che avrebbe ottenuto ed aveva deciso: nulla avrebbe potuto fermare il realizzarsi dei suoi desideri, anche di quelli inconfessabili.
Il mentore si fermò improvvisamente e guardandolo dritto negli occhi, riprese:
“ Devi assolutamente essere sicuro di farcela senza pentimenti, ripensamenti o prese di coscienza. Non dovrai farti intenerire, dovrai mortificare, terrorizzare, punire. Sicuro che ne avrai la forza? Ricordati che apparterrai ad una categoria di gente forte, determinata e con un compito ben preciso: rendere le persone dipendenti da conoscenze fumose, superstizioni, rituali insensati, ma, soprattutto, succubi del tuo giudizio e del tuo potere. In una parola, influenzabili. Allora, te la senti?”
A quella domanda, Giorgio si ridestò dalle visioni future del suo potere: sognava gente che abbassava lo sguardo al suo passaggio, donne che cercavano la sua protezione, ma quello che lo faceva fremere di desiderio era l’immagine di ragazzetti ingenui di cui avrebbe potuto approfittare sicuro di essere protetto dai suoi colleghi e superiori. Si costrinse a tornare alla realtà, ma con la sicurezza che tutto ciò che aveva sognato si sarebbe avverato.
La sua espressione passò dal trasognato al ghigno sinistro di uno che sa quello che vuole ed è deciso ad ottenerlo ad ogni costo, e rispose sicuro:
“Certamente, non solo me la sento, ma so che sarò all’altezza del compito che mi aspetta e fremo dalla voglia di cominciare. Le formule le conosco tutte, sono preparatissimo in materia ed ho già messo a punto una strategia personale basata sulla PNL che farà credere a loro tutto ciò che vorrò, ma soprattutto sarà lo strumento per farmi capire ciò che nascondono anche a sé stessi. Saranno come creta nelle mie mani.” concluse quasi trionfante.
Il suo maestro, soddisfatto, gli si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla e sentenziò:
“Si, sei determinato e abbastanza avido di potere: sei pronto.
Domattina ti presenterai davanti ai confratelli riuniti per giurare fedeltà, lealtà e obbedienza agli ideali del nostro ordine: hai scelto il nome con il quale sarai consacrato gesuita?”



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Jacopo Berti
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#2 » giovedì 19 novembre 2015, 15:19

Un apologo che forse vorrebbe essere attuale ma che è già un po' demodé. Mi sembra troppo didascalico, specialmente nei dialoghi; e poi il finale non è "a sorpresa", essendo i gesuiti il bersaglio per eccellenza di questo genere di narrazioni.
Infine, non mi risulta che i gesuiti cambino il nome quando entrano nell'ordine o vengono consacrati.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

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Steamdoll
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#3 » venerdì 20 novembre 2015, 2:40

A mio parere, manca lo svolgimento perché possa essere definito un racconto.
La scena presentata, inoltre, è totalmente surreale: il climax vorrebbe portare a credere che si tratti di un venditore di qualche tipo, ma c'è quella frase, quell'accenno ai ragazzini che stona, un punto di rottura evidentissimo che inizialmente sembra solo fuori contesto, ma che in un secondo momento già fa presagire dove si andrà a parare. I dialoghi sono molto forzati, non ha l'aria di un giuramento, semmai appunto di un corso di training di qualche tipo, in questo caso il ribaltamento di fronte non è solo narrativo, ma viene costruito ingannano di fatto il lettore, perché non gli vengono dati elementi per capire la scena. Se anche fosse voluto, questo sminuisce l'impatto finale come l'assassino di un romanzo giallo che si scopre essere stato citato solo a pagina 50 e poi mai più visto.

Dal punto di vista contenutistico, la critica sociale è così manichea da dipingere il futuro gesuita come un molestatore che premedita, ma che a quel punto avrebbe gioco più facile non entrando in un ordine religioso. Poi, sarà ignoranza mia, ma non capisco perché al giorno d'oggi la gente dovrebbe abbassare lo sguardo davanti a un gesuita (non si sta parlando di un'alta carica clericale, del resto, a quanto si evince dal testo).
Nel caso volesse esprimere davvero una critica verso l'ordine, ha la valenza di una vignetta caricaturale in cui un sacerdote viene rappresentato con le corna, solo che in questo caso non sembra volta a esprimere satira, ma solo una demonizzazione piuttosto ingenua.

Dal punto di vista stilistico, le "d" eufoniche infastidiscono la lettura, per chi ormai, come me, non ci è più abituato.
cercava di ‘sgrezzarlo’ e di capire se aveva veramente la stoffa e il fegato per firmare l’impegno.

Avrei utilizzato "se avesse", al posto del tempo imperfetto.
«To argue with a man who has renounced the use and authority of reason, and whose philosophy consists in holding humanity in contempt, is like administering medicine to the dead, or endeavoring to convert an atheist by scripture.»

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angelo.frascella
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#4 » sabato 21 novembre 2015, 0:17

Ciao Carla.

Il tuo racconto non funziona, purtroppo. È viziato da un errore nella sua logica interna: anziché raccontare la storia, vuoi esprimere una tua idea, una critica all’ordine dei gesuiti e nel fare questo ti sei fatta prendere la mano. Così invece di proporre un racconto, hai scritto una specie di storiella propagandistica che suona un po’ come “i preti mangiano i bambini”. Senza entrare nel merito del concetto, un po’ forzato nella sua esagerazione, è come se, per prendertela con gli ingegneri che mettono la sabbia nel cemento, mostrassi una lezione di ingegneria in cui il docente spiega a tutti come dosare sabbia e cemento per non farsi “sgamare”. Capisci che suonerebbe falso e poco efficace. Meglio sarebbe prendere il caso di un singolo ingegnere (o nel tuo caso gesuita) e mostrare la sua corruzione, anziché quella della categoria.

A rileggerci
Angelo

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simolimo
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#5 » domenica 22 novembre 2015, 15:28

ciao Carla ^_^ piacere di conoscerti!

parto con il precisarti una cosina da nulla, ma che ho visto hai ripetuto sempre:
la “d” eufonica non la usi mai davanti a parole che iniziano con una vocale differente da quella della congiunzione “e” e “o” o della preposizione semplice “a"
così:
non va bene “ed aveva deciso”, ma va bene “ed è per questo…”
insomma, a vocale uguale serve la “d” sennò no ^_^

un’altra cosa che ho notato è che usi molti avverbi e gerundi, sia chiaro, non è certo un errore né un problema usarli, ma si dice che sia meglio non abusarne perché rallentano la lettura e spesso non sono necessari, facciamo un esempio (prendo la prima parte del tuo racconto per spiegarmi ,evitando i dialoghi che non seguono queste finezze ^_^):
“Giorgio guardava il suo mentore che sciorinava consigli camminando avanti e indietro in maniera ipnotica.
Aveva deciso di intraprendere quella strada perché si sentiva in sintonia con quelli che avevano già scelto quel mestiere ed il suo maestro, prima che lui accettasse definitivamente, cercava di ‘sgrezzarlo’ e di capire se aveva veramente la stoffa e il fegato per firmare l’impegno.
Aveva perso anni della sua vita studiando ed approfondendo la materia , aveva quantificato il potere che avrebbe ottenuto ed aveva deciso: nulla avrebbe potuto fermare il realizzarsi dei suoi desideri, anche di quelli inconfessabili.
Il mentore si fermò improvvisamente e guardandolo dritto negli occhi, riprese:”


vedi quanti avverbi e gerundi ci sono in così poco spazio? proviamo a vedere se sono così necessari?

“Giorgio guardava il suo mentore che sciorinava consigli camminando avanti e indietro in maniera ipnotica.
Aveva deciso di intraprendere quella strada perché si sentiva in sintonia con quelli che avevano già scelto quel mestiere e il suo maestro, prima che lui accettasse ( o “prima del suo sì definitivo”), cercava di ‘sgrezzarlo’ e di capire se aveva davvero la stoffa e il fegato per firmare l’impegno.
Aveva perso anni della sua vita dietro agli studi per approfondire la materia , aveva quantificato il potere che avrebbe ottenuto e aveva deciso: nulla avrebbe potuto fermare il realizzarsi dei suoi desideri, anche di quelli inconfessabili.
Il mentore si fermò, lo guardò dritto negli occhi e riprese:”

tralasciando queste cose puramente stilistiche e formali, arrivando al tema proposto e allo svolgimento della trama, ti posso invece dire che tutto va bene ^_^
l'apparenza di certo inganna :D… pensavo mi stessi parlando di un venditore di aspirapolvere, di un consulente assicurativo e, invece! ahahah! che poi, l’effetto dipende molto dalla considerazione che ogni lettore ha di un gesuita, se proprio vogliamo dirla tutta!
comunque, digressioni a parte, l’ambientazione non esiste, sappiamo solo esserci una sala, mentre la caratterizzazione dei due interlocutori è ben fatta e così anche la parte di dialogo che, in questo caso, dev’essere abbastanza boriosa e lunga. la trama è lineare e semplice, impossibile perdersi, e lo stile la segue, semplice e senza fronzoli: brava!

bom Carla ^_^ di più non so che dirti, se non che le cose espresse sono dette senza alcuna vanità, ma come tramite per averle apprese prima di te da qualcun altro che me le ha fatte notare e comprendere :)

Ciao ciao e alla prossima ^_^

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invernomuto
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#6 » martedì 24 novembre 2015, 16:02

Ciao Carla!
Il racconto ha qualche problema di stile che ti è già stato fatto ampiamente notare nei commenti precedenti.
Tralasciando ogni considerazione di tipo tecnico, la storia è così "precaricata" delle tue idee da arrivare quasi a indispettire il lettore e farlo andare, per ripicca, nella direzione opposta a quella che tu volevi indicare.
Se Giorgio sogna un potere assoluto e capace di corrompere (che poi si rivelerà essere il potere religioso del gruppo a cui ha deciso di appartenere) la tua critica così aspra lo eleva quasi allo status di un antieroe machiavellico pronto ad ammantarsi di disonore per raggiungere i suoi scopi edonistici.
Nonostante alcuni passaggi caricaturali e grotteschi i dialoghi sono ben costruiti tanto da farmi pensare che se avessi deciso di virare più apertamente verso la commedia il racconto avrebbe potuto funzionare molto meglio.
Spero di rileggerti nella prossima edizione per farmi un'idea migliore del tuo stile di scrittura, a presto!

Veronica Cani
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#7 » martedì 24 novembre 2015, 23:53

Ciao, Carla!
Non so se i gesuiti vengano reclutati nel modo che hai descritto, ma, anche se così non fosse, l’inverosimiglianza non toglie nulla alla gradevolezza del racconto, davvero azzeccato nel ritmo e nell’abilità con cui riesci a tenere incollato il lettore sino al finale, in cui si svela la natura della corporazione. Non ho alcun appunto da farti. Complimenti! :)

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raffaele.marra
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#8 » mercoledì 25 novembre 2015, 22:59

Non mi convince, sia come stile che come contenuto. Non si tratta di una storia, ma di un unico lungo dialogo, che dopo un po’ risulta prolisso, poco credibile e spesso forzato. Lo stile è dunque da rivedere, soprattutto alla luce di quella che è, a mio parere, l’unica nota positiva del racconto: la curiosità che genera. Si capisce che tutto è finalizzato al disvelamento finale, quando si capirà finalmente chi diavolo sono costoro che parlano tra di loro. La curiosità di vedere dove si vada a parare è la forza che convince il lettore ad andare fino in fondo nonostante la “pesantezza” generale. Ma devo dire che il finale risulta un po’ deludente, piuttosto scontato, già visto, in altre parole “modaiolo”.

diego.ducoli
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#9 » giovedì 26 novembre 2015, 22:47

Ciao Carla
Non ho particolari appunti da farti il racconto in si legge bene.
L'unica cosa che mi ha guastato ( per modo di dire) il pezzo è che fin dalle prime righe ho intuito dove andava a parare e il tutto ha perso un po' di sapore, anche perché la figura dell'ecclesiastico che abusa dei fanciulli e del suo potere è abbastanza usata.

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alberto.dellarossa
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Re: Il contratto - di Carla Anastasio

Messaggio#10 » venerdì 27 novembre 2015, 16:20

Ciao Carla, il racconto presenta alcune ingenuità narrative, oltre ad alcune spigolature stilistiche.

Sotto il profilo narrativo abbiamo una storia assolutamente telefonata. Entro la terza riga il lettore decide che si sta parlando di un politico, di un prete o di un marketer. Nel giro di pochissimo capiamo che si tratta di un prete (il riferimento ai ragazzini). Praticamente non dai al lettore più alcun motivo per continuare a leggere il racconto. Inoltre dimentici completamente l'aspetto principale della disciplina gesuitica, ovvero la conoscenza, che qua mi declini in studio delle tecniche PNL, creando così pure un ulteriore effetto di sfiducia nei confronti della credibilità della storia.
Inoltre i dialoghi non sono naturali, sembrano vocalizzazioni di un testo.

Quanto alle spigolature linguistiche: Nessuno dei tre "errori" citati da Simolimo è veramente tale. Però la d eufonica è opportuno usarla soltanto se si è alla ricerca di un particolare effetto. Gli avverbi sono molto colloquiali e possono essere evitati in favore di una scrittura più elegante. Quanto ai gerundi: dipende da che utilizzo fai della struttura sintattica, se prediligi uno stile paratattico o ipotattico. Personalmente li uso senza grossi timori, senza esagerare però. Ora, senza dover chiamare in causa studi di sintassi e struttura linguistica: prova a giocare col testo, a vedere se l'utilizzo o meno del gerundio ti scombina lo stile e l'effetto che vuoi ottenere. Ti accorgerai in fretta se il gerundio è fondamentale o meno per il tuo stile. Io e Simolimo bisticciamo su questo punto da qualcosa come 3 anni.
Ultima modifica di alberto.dellarossa il venerdì 27 novembre 2015, 16:21, modificato 1 volta in totale.

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