Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Avatar utente
Jacopo Berti
Messaggi: 441

Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#1 » martedì 19 gennaio 2016, 0:43

È un piacere e un onore, per me che le sono stato amico, presentare questo tributo a Garatha Mushdi, nel decimo anniversario della morte. L'inferno e l'esilio, di Moses Efrani, è un volume esaustivo, frutto di anni di ricerche e viaggi, impreziosito da fotografie ad alta risoluzione. Da parte mia, posso aggiungere solo qualche ricordo di vita vissuta.

Conobbi Garatha nel marzo 1972: lei, trentenne, era in Italia per la sua prima personale; io, di qualche anno più giovane, scrivevo una tesi di laurea sulla scultura darimca e non potevo perdere l'occasione di conoscere un'artista annoverata tra i maestri della sua terra.
Le circostanze del nostro incontro si rivelarono tragicamente eccezionali: fu mentre discorrevamo davanti a una tazza di tè che la radio annunciò che il Darimistan era stato vittima di rivolgimenti che Garatha definì subito 'inferno'.
Da quel momento per lei fu l'esilio: non sarebbe potuta tornare, lei che si era sempre battuta contro l'inferno. «All'inferno,» mi avrebbe spesso ricordato «alle donne è proibito praticare qualsiasi forma d'arte». «Hell is empty and all the devils are here» citava, pestando col dito una notizia sul giornale.
All'inferno Garatha credeva davvero: esso poteva manifestarsi nel nostro mondo in forma di violenza e di sopruso. A quale inferno si riferiva? Non osai mai chiederlo. Aveva una religiosità sincretica, Garatha. Nel suo laboratorio potevi trovare icone acheropite, buddha di giada, antichi corani, santini di san Giuseppe da Copertino.
Col passare degli anni, più il Darimistan diventava infernale, più Garatha diventava darimca: vestiva abiti lunghi e ampi, raccoglieva i capelli a chignon durante la meditazione, sfoggiava vistose collane di pietre semipreziose. Cominciava a mostrare quelle ombre lattee che coprono l'incarnato olivastro delle donne darimche di una certa età.
Al contempo le sue sculture diventavano più semplici e tendevano sempre più a quell'ideale di distacco e di equilibrio formale e strutturale per il quale oggi è universalmente conosciuta. Nei decenni della nostra amicizia ho potuto assistere alla lavorazione di Libertà – in cui una donna che tenta di lasciare l'inferno tocca il basamento soltanto col piede, ghermito da catene; ho visto Garatha trattenere il respiro mentre dava gli ultimi ritocchi a Fratelli, raffigurante una mano, protesa da una grata carceraria, mentre regge dal basso un'intera figura maschile.
Fui io, infine, a ritrovare Garatha senza vita accanto alla sua ultima opera, che interpella non tanto gli storici dell'arte quanto i fisici e gli ingegneri, alla ricerca – occorre dirlo? – di trucchi e inganni. Non praevalebunt, espressione letteralmente miracolosa della sua arte, è un monito contro gli inferni e le dittature d'ogni tipo.
Una figura femminile si erge ieratica nel tradizionale abito nuziale; i fronzoli discendono verso il basamento: una miniatura della capitale darimca.
Tra l'ultimo dei fronzoli e la cupola del Palazzo della Reggenza, ventotto millimetri di cielo.


«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Avatar utente
antico
Messaggi: 7171

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#2 » martedì 19 gennaio 2016, 0:54

Tutto ok con i parametri! Jacopo, buona Tarenzi Edition!

Avatar utente
Angela
Messaggi: 505
Contatta:

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#3 » martedì 19 gennaio 2016, 15:10

Non praevalentubunt - Jacopo Berti.

Il genere scelto mi piace, anche perché ho iniziato da poco a leggere fantasy. Anche l'incipit è stata una buona scelta perché si parte con la presentazione di un libro che introduce il personaggio principale che viene approfondito più avanti. Lo stile pure è decisamente migliorato rispetto al tuo primo racconto. Per contro, ci sono delle cose che andrebbero riviste e che ti ho evidenziato:

stato vittima di rivolgimenti (?)
Cosa intendi per "rivolgimenti"? Forse volevi dire "ribellioni"? Secondo me non hai scelto il verbo più adatto.

... che Garatha definì subito 'inferno'. Da quel momento per lei fu l'esilio: non sarebbe potuta tornare, lei che si era sempre battuta contro l'inferno. «All'inferno
Inferno è ripetuto 3 volte in poche righe.

Aveva una religiosità sincretica, Garatha.
Prima il soggetto: “Garatha aveva una religione…”

buddha di giada,
I nomi vanno in maiuscolo (lo segna errore anche il correttore automatico di Word, in ogni caso).

Fui io, infine, a ritrovare Garatha senza vita accanto alla sua ultima opera, che interpella non tanto gli storici dell'arte quanto i fisici e gli ingegneri, alla ricerca
Scritto in questo modo sembra che sia l’opera a interpellare qualcuno...

Nel finale manca... il finale. Scusa il gioco di parole, ma sicuramente non è all'altezza del testo. Non mi sento di dare una valutazione negativa, anche perché il tema è rispettato e il testo è ben scritto. Poiché è il primo che leggo del tuo girone, mi riprometto di leggerlo una seconda volta prima di esprimere un giudizio complessivo.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

Avatar utente
jimjams
Messaggi: 677

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#4 » martedì 19 gennaio 2016, 23:57

Commento:

5) Non praevalebunt di Jacopo berti
Bello lo stile, se non fosse altro perché c'è uno stile che si riconosce come tale e almeno apparentemente è voluto. Bella l'ambientazione, specie per uno come me che se ne frega di verificare fonti, io sono il re della sospensione dell'incredulità, fiducia all'autore, sempre. Bella l'idea, geniale direi, con la sua connessione alla realtà, all'attualità. Racconto elegante, quasi privo di difetti. Mi piace.

Avatar utente
Callagan
Messaggi: 214

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#5 » mercoledì 20 gennaio 2016, 13:55

Ciao, Jacopo. Il tuo racconto non mi ha convinto. Il problema è che è tutto raccontato, così che nulla viene mostrato. Di conseguenza, non sono rimasto colpito e, in generale, sono rimasto molto indifferente. Se si fosse trattato di una persona reale e nota, forse questo sarebbe stato positivo giocando su quanto è conservato nei ricordi del lettore. Ma, anche in questo caso, l'avrei interpretato come un salvagente che avrebbe solo mascherato il problema del racconto. Per il resto è certamente ben scritto.

alexandra.fischer
Messaggi: 2862

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#6 » venerdì 22 gennaio 2016, 18:44

L’idea dell’artista daimca e della scultura della donna in abito nuziale, Non praevalebunt, preceduta da opere come Fratelli (mano protesa dal basso che attraversa la grata e regge un’intera figura maschile) e Libertà (donna che cerca di scappare dall’inferno e ha catene al piede) è interessante, così come la menzione al libro di fotografie in apertura alla tua storia. Il Cielo del tuo racconto è proprio qui, in quest’esplosione di creatività artistica e nell’amicizia fra la scultrice Garatha e il protagonista, giovane laureando. L’Inferno è la terra martoriata dalla quale viene Garatha, nella quale non avrebbe avuto possibilità di esprimere il suo talento. Molto triste il finale. Garatha alla fine muore accanto alla sua ultima opera. L’Inferno l’ha raggiunta (e non se ne è mai liberata del tutto, anche al di fuori della sua arte vedendo che ha seguito la foggia nel vestire delle donne della sua terra ).

Avatar utente
erika.adale
Messaggi: 304

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#7 » sabato 23 gennaio 2016, 14:28

Non c'entro nulla con il tuo gruppo, devo giudicare altri, ma sono passata di qui perché mi era piaciuto il tuo racconto della scorsa volta e il titolo mi incuriosiva. Ho fatto bene. Da appassionata di arti figurative, ho apprezzato l'Urban fantasy legato all'arte. È raccontato? No, perché la vera storia non la narra il protagonista, ma le opere della donna. Che vengono descritte e, a loro volta, "mostrano" la sua evoluzione. Che è, credo, la vicenda che racconti. Ti va male che non posso metterti in classifica.

Avatar utente
ceranu
Messaggi: 738

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#8 » sabato 23 gennaio 2016, 23:01

Ciao Jacopo, ben trovato.
Racconto curato e di ottimo livello, ma di racconto si tratta. Non c'è un minimo di azione e, alla lunga, il lettore si appassiona più alla scrittura che alla storia. Spesso mi sono ritrovato a leggere alcuni passaggi perché al primo passaggio prestavo più attenzione alla parole che al significato delle stesse. (Sì, è vero, il calo d'attenzione è un problema mio e non deve ricadere su di te!)
L'unica sbavatura è la parola Inferno che ripeti non so quante volte.
Nel complesso è un buon racconto ma, dal mio punto di vista, manca un po' di mordente.
Ciao e alla prossima.

Regan
Messaggi: 16

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#9 » lunedì 25 gennaio 2016, 23:27

Ciao!
L’idea che l’inferno sia in terra in un paese in cui non si può tornare è molto bella, ma nel racconto vedo una sequenza veloce di cambiamenti di Garatha e della sua arte. Forse si poteva far pesare di più e non lasciare confinato il paese in una percezione quasi mitologica. È ben scritto, a parte qualche ripetizione che salta più all’occhio , come “inferno”; mi sa che qualcuna era superflua perché l’idea era appunto molto chiara.

Zebratigrata
Messaggi: 308

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#10 » martedì 26 gennaio 2016, 16:12

Ciao Jacopo,

trovo che il tuo racconto sia davvero splendido, per quanto mi riguarda è un gioiello. L'interpretazione del tema è davvero originale, e mi è piaciuta moltissimo l'idea di un racconto che sta tutto in una finta prefazione: mi ha ricordato tutta una tradizione di storie che ruotano attorno a libri inesistenti, da Borges a Calvino, passando per Kierkegaard.

Come se non bastasse, oltre alla soddisfazione di questo gioco formale, la storia in sé è molto bella e sorpattutto ben raccontata.
Una scultrice, rimasta chiusa fuori dalla sua terra intrappolata nell'inferno di una dittatura, che combatte dall'esterno l'attacco di demoni perfettamente umani facendosi col tempo voce di una cultura a cui forse prima non prestava nemmeno attenzione. Ho pensato all'Iran raccontato da Marjane Satrapi. E rappresentando, scultura dopo scultura, la lotta contro il controllo più estremo Garatha finisce per morire accanto al suo capolavoro, che sfida le leggi della fisica: la vittoria, finalmente, sull'inferno... una scultura sospesa.
Finale perfetto.
Restiamo lì a chiederci dov'è il trucco, se c'è speranza per il Darimistan, o se è solo nello spirito, morendo libera, che Garatha ha vinto la sua battaglia... con l'amaro in bocca perché, se l'inferno può esistere anche sulla terra, il paradiso rappresentato dalla libertà in fondo è impossibile quanto quest'ultima opera dell'artista darimca.

Riesci, attraverso particolari scelte lessicali e stilistiche, a dare spessore e personalità perfino all'invisibile autore della prefazione, e l'ambientazione, perfettamente realistica se non fosse per l'inesistente Darimistan, evoca quanto basta un futuro prossimo in stile 1984.

Che dire, non ho nulla da criticarti, vorrei solo poter sfogliare anch'io L'inferno e l'esilio: mi bastano le tre sculture che descrivi per sapere che vorrei vedere anche le altre :-)

Avatar utente
Rionero
Messaggi: 166
Contatta:

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#11 » martedì 26 gennaio 2016, 18:25

Ciao Jacopo,

sono perfettamente d'accordo con Zebratigrata.

Sarebbe bastata l'idea che ti ha spinto ad abbandonare la facile forma del racconto per scegliere quella di un'elegia di una donna costretta a vivere in esilio per guadagnarti i miei applausi, ma poi come sei riuscito a portare avanti la storia di una vita attraverso le opere di un'artista, per poi concludere con la descrizione di questa statua impossibile...mi dilungherei a farti complimenti, ma non avendo appunti costruttivi e dovendo di fatto ripete quanto già detto da Zebratigrata ed Erika, mi limito ad uno "Chapeua!"

ps Per caso anche questo come altri tuoi racconti in passato (se non sbaglio) è un pezzo che si inserisce in una più ampia narrazione?

Avatar utente
Adry666
Messaggi: 521
Contatta:

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#12 » giovedì 28 gennaio 2016, 12:31

Ciao Jacopo,

tema centrato, l’inferno in Terra per le donne purtroppo ancora esiste in alcuni luoghi e in alcuni “tempi”.
L’incipit è ben strutturato e introduce il lettore al racconto generando un senso di attesa.
Il ritmo è buono, si fa leggere bene, il finale è la giusta chiosa del racconto e, soprattutto, della vita della protagonista. Non penso, come letto, che il tuo racconto sia troppo “raccontato”, il genere da te scelto è questo, punto.
La storia è interessante. Complimenti, ottimo lavoro.

Ciao
A presto
Adriano

F.T. Hoffmann
Messaggi: 34

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#13 » giovedì 28 gennaio 2016, 22:22

Ciao Jacopo, il tuo racconto mi è piaciuto molto nella prima parte, un po' meno quando passi a descrivere le opere. senza dubbio hai un ottima voce e uno stile solido, padroneggi bene il punto di vista e sai "raccontare". Tranne alcuni, piccoli, infodump e la continua ripetizione della parola "inferno" non mi sento di criticare quasi nulla.
Quando arriviamo alle opere, però mi cadi. O forse cado io. sta di fatto che benchè a te siano magari chiare le sculture, al lettore ( in questo caso io) molto di quello che tu "vedi" non arriva.
"una mano, protesa da una grata carceraria, mentre regge DAL BASSO un'intera figura maschile" fino alla mano protesa c'ero, ma come sia la prospettiva o se "l'intera figura" sia qualcosa di diverso dalla mano stessa mi sfugge. Dal basso poi? boh...
MA questo è nulla rispetto alla chicca finale:
"Una figura femminile si erge ieratica nel tradizionale abito nuziale; i fronzoli discendono verso il basamento: una miniatura della capitale darimca.
Tra l'ultimo dei fronzoli e la cupola del Palazzo della Reggenza, ventotto millimetri di cielo."
Mi credi se dico che io qua non ho davvero la minima idea di cosa, quando, come, dove? Capitale darmica? cupole? ventotto millimetri?
Certo, è forse un immagine impreziosita di paroloni, una descrizione degna del più criptico ed ermetico dei libri d'arte, ma sul piano pratico, ai miei occhi, non ha senso. Peccato, sono sincero, perchè il racconto era buono.

Avatar utente
Jacopo Berti
Messaggi: 441

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#14 » venerdì 29 gennaio 2016, 2:04

Grazie a tutti per i commenti! Quelli negativi fanno quasi sempre riflettere e a volte sono utili per migliorare il racconto. Quelli positivi fanno sempre piacere, specialmente se mi rendo conto che sono tali perché chi li scrive ha capito quel che volevo comunicare. Grazie quindi soprattutto a Zebratigrata che mi esime quasi da una spiegazione. Ma la farò lo stesso rispondendo a ciascuno, in ordine:

(se non desiderate troppe spiegazioni smettete pure di leggere ora)

@Angela. Scusa ma, tra tutti i commenti, i tuoi mi sono sembrati gli unici per cui mi sento di dire che non è una questione di gusti, ma è sostanzialmente sbagliato, almeno in due punti.
1) 'rivolgimenti' l'ho usato correttamente: se non ti risulta che voglia dire 'stravolgimenti politici' potresti dare anche tu un'occhiata al vocabolario. Per venire incontro a questa pigrizia ti riporto dal Treccani online "In senso politico o sociale, mutamento parziale o totale dell’ordine costituito, sia per radicale riforma sia per moto rivoluzionario". E comunque è un sostantivo.
2) "Scritto in questo modo sembra che sia l’opera a interpellare qualcuno...". Sembra esattamente ciò che è. È l'opera che interpella qualcuno. Non è che possono interpellare solo le persone. Mai sentito dire "È un problema che interpella le coscienze" o "È una situazione che interpella la comunità internazionale"?
Poi, altre cose che hai segnalato:
- "Prima il soggetto: “Garatha aveva una religione…”". Sono sempre perplesso quando scambi per errori quelle che sono scelte stilistiche, modi per dare una voce personale al narratore.
- buddha di giada. / I nomi vanno in maiuscolo (lo segna errore anche il correttore automatico di Word, in ogni caso). Qui ci sarebbe da discutere, ma credo che l'arbitro non debba essere il correttore automatico di Word. Non so neanche come possa venire in mente una cosa del genere. Se mi riferissi a Buddha come personaggio storico sarebbe certamente un errore metterlo in minuscolo. Ma qui mi riferisco ad una particolare oggetto scultoreo. Come dire "un posacenere di quarzo" o "un capitello di granito". Oltretutto è al plurale: è evidentemente decontestualizzato rispetto al nome proprio. Tu, per descrivere uno che impreca e bestemmia, se volessi dire che "tira giù cristi e madonne" immagino non le scriveresti in maiuscolo.
- inferno. Sì, con la ripetizione mi sono lasciato un po' prendere la mano.
- mancanza di finale. Il finale c'è, se lo si capisce per bene. Però non sei l'unica a non averlo capito, dovevo renderlo più esplicito.

@jimjams. Grazie per i complimenti. Il tuo atteggiamento riguardo alla sospensione dell'incredulità è incoraggiante. Anch'io provo a fare lo stesso. In questo caso è fondamentale, perché il Darimistan non esiste. Ho inventato una protagonista, ma anche uno stato di provenienza e un aggettivo ad esso relativo. Se avessi usato una situazione reale, avrei dovuto inventare a metà, così invece mi sono preso la libertà di inventare tutto e di rappresentare qualcosa comunque di credibile e di più ampia interpretazione.

@callagan. Accetto, anche se con dispiacere, le tue osservazioni. Come hanno fatto notare altri, la forma che ho scelto per il racconto è questa: una finta prefazione a un volume d'arte. Io in realtà ho tentato sia di raccontare che di mostrare, ma ho capito cosa vuoi dire. Se avessi voluto mostrare la stessa storia nel senso che intendi tu avrei dovuto scrivere almeno 3 volte tanto, costruendo scene con dialoghi tra lo studioso e Garatha, curando anche le descrizioni secondarie, facendo agire i personaggi. Non è escluso che lo possa fare in un futuro, tirando fuori da questo racconto qualcosa di più sostanzioso. Ripeto, mi dispiace che ti abbia lasciato indifferente. L'impatto che una narrazione ha sulla soggettività di ciascuno è insindacabile.

@alexandra. Grazie! Sono davvero contento che tu abbia colto non solo l'inferno (la similitudine l'ho scritta più volte esplicitamente) ma anche il Cielo, che in effetti poteva sfuggire. Dici bene: il Cielo sono l'espressione artistica e la comunanza di sensibilità che può accumunare chi crea un'opera d'arte a chi ne usufruisce. Riguardo al finale, triste perché muore, ma non del tutto pessimista, perché Garatha muore da donna libera, come donna quale sarebbe stata se il suo paese non fosse stato sottomesso a un regime.

@erika. Grazie mille! Hai colto esattamente ciò che volevo fare. Se ti può interessare, ha anche un nome: ekphrasis (https://it.wikipedia.org/wiki/Ekphrasis). Nel mio piccolo, nella mia scarsa esperienza, ho azzardato. Ci sono riuscito? Certo non del tutto. Ma sono contento che qualcosa sia passato e che l'intento sia stato compreso da qualcuno.
Quanto all'Urban Fantasy, non era mia intenzione. Non che mi dispiaccia che il mio racconto sia incasellato in questo genere letterario, ma io mi sento più vicino al "fantastico" vecchio stile.

@ceranu. Hai ragione, non c'è azione "diretta". Si tratta di un racconto sì. Capisco cosa intendi dire, ma mi fa sorridere quando leggo "di racconto si tratta". Non è una sfida di racconti? Giochi di parole a parte, avevo diverse idee per movimentare un po' la narrazione e renderla più brillante. Con 5000 caratteri, anziché una prefazione di un libro, sarebbe stata una presentazione del libro, con domande da parte del pubblico, e un tono certo "alto" ma meno didascalico. Ma come dicevo a Callagan, volevo scrivere questa storia, e questo mi sembrava il modo per contenerla in 3000 caratteri, oltre a una forma che apprezzo e con cui ho dimestichezza.
Quanto alla parola "inferno", niente da dire. Ci sono una o due occorrenze di troppo e comunque troppo ravvicinate.
Grazie, infine, per aver riconosciuto "curato" il mio racconto. In effetti ho lavorato per tutto il tempo consentito, e ho fatto tantissimi cambiamenti per renderlo come lo volevo. In alcune parti non ero ancora soddisfatto quando ho chiuso.

@Regan. Grazie per aver apprezzato l'idea di base. Sulla presenza ridondante dell'inferno hai ragione. Ma la seconda parte, che hai apprezzato di meno, come diceva giustamente Alexandra, era proprio la parte del "cielo", contrapposta all'inferno. Il paese l'ho lasciato apposta sullo sfondo, perché era il luogo da cui Garatha era esiliata, proprio a causa del suo essere inferno (dittatura, regime ecc.).

@Zebratigrata. Sono quasi commosso per il tuo commento, perché fa veramente credere che una vera comunicazione sia possibile anche attraverso un racconto che, in effetti, è un po' difficile ed ermetico. Hai azzeccato due tra i miei autori preferiti, Borges e Calvino, a cui tento di rifarmi consapevolmente, ma che ormai fanno parte anche inconsciamente della mia idea di che cosa siano la narrativa e la letteratura.
Poi sono contento che tu abbia apprezzato la dinamica per cui, stando lontano, la protagonista tenti di rappresentare "in sé" quella cultura che le è negata.
Infine, hai notato che il finale è triste sì per la morte, ma ha un elemento fondamentale di vittoria. Il "miracolo" di una scultura impossibile e sospesa.

@rionero. Grazie anche a te! Tu rimandi alle considerazioni di Zebratigrata ed Erika e io ti rimando alle mie risposte a loro ;)
Quanto alla tua domanda, il racconto non s'inserisce in una più ampia narrazione. L'ho ideato e scritto la sera della competizione senza rifarmi ad altro scritto in precedenza. Se mi sono rifatto a qualcosa è a considerazioni personali su arte e regimi o fondamentalismi: in particolare, mi colpirono molto, mesi fa, la distruzione di monumenti e sculture da parte dell'Isis e la decapitazione del capo archeologo di Palmira. Quando ho visto il tema, ho pensato subito al conflitto tra arte e totalitarismi di questo tipo.
Non sono qui da molto, ma nessuno degli altri tre racconti postati su MC si rifaceva a narrazioni più ampie. Viceversa, qualcuno potrebbe essere in effetti ampliato.

@Adriano. Grazie per il commento e per la posizione imparziale sul fatto del "troppo raccontato". Le tue parole sul ritmo, poi, ricordano che il ritmo non dev'essere necessariamente trascinante. Un ritmo narrativo può essere lento e buono.

@Fabio. Grazie anche a te. Riguardo alla descrizione delle sculture, ho spiegato a Erika cosa avevo tentato di fare. E sinceramente quando ho iniziato a scrivere non pensavo (ingenuamente) che sarebbe stato così difficile rendere la dinamica di una scultura. Riconosco l'ambiguità e l'approssimazione della prima che citi: è quella che mi soddisfa di meno.
Mentre credevo che si capisse abbastanza almeno il punto centrale della scultura che dà il titolo al racconto. Poi è chiaro che non posso dire niente sulla tua lettura soggettiva.
Il problema è che non volevo dire esplicitamente che la statua levita, o fluttua se preferisci, al di sopra della sua base, senza toccarla. Volevo "evocarlo". Ho messo pian piano alcuni indizi: la scienza che cerca trucchi, il "letteralmente miracoloso". Ce n'erano altri, ma ho dovuto toglierli accorciando il racconto. I ventotto millimetri di cielo sono la distanza minima tra parte di statua di sopra e quella di sotto. Le precedenti statue di Garatha erano caratterizzate da un assottigliarsi del legame tra la base (l'inferno del Darimistan) e la figura di sopra, nelle vesti prima di fuggiasca e poi di salvatore. Col passare degli anni Garatha metabolizza il distacco dalla propria terra, l'accetta, dando la priorità alla cultura, all'interiorizzazione. Quando ce la fa, riesce a produrre una statua miracolosa e poi può morire in pace.
L'aspetto miracolistico non viene dal nulla, ma anche dalle credenze religiose della protagonista. Le icone "acheropite" (sorta di reliquie dei cristiani ortodossi) non sono lì per caso: "acheropito" vuol dire "non realizzato da mani": arte in cui il soprannaturale ha messo lo zampino. E se vai a vedere chi è, il personaggio di cui Garatha ha il santino, scoprirai un altro elemento utile.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Avatar utente
Flavia Imperi
Messaggi: 316
Contatta:

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#15 » venerdì 29 gennaio 2016, 13:58

Ciao Jacopo!
Trovo il tuo racconto di una tipologia superiore, se non altro per la scelta originale con cui l'hai impostato. In poco spazio riesci a incuriosire il lettore, affascinarlo con una narrazione volutamente esotica. Hai creato un personaggio interessante mostrandolo dagli occhi di un ammiratore: ottima mossa. Se fosse stata l'artista a parlare di sé, sarebbe risultato di sicuro più borioso. Ho apprezzato anche gli elementi ricercati, ben inseriti in una trama coerente. Finale da applauso.
L'unico passaggio che ha stonato un po' nella lettura, per me, è stato"mi avrebbe spesso ricordato", avrei usato un'altra forma temporale.
Una storia delicata, impreziosita ma non pretenziosa, quel tanto che basta onirica. Ottimo lavoro!
Siamo storie di storie

Avatar utente
antico
Messaggi: 7171

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#16 » domenica 31 gennaio 2016, 11:14

A fine lettura sono rimasto pervaso dalla figura della tua protagonista, riesci a rappresentarla attraverso le sue opere raccontandoci una storia terribilmente attuale. Tema rispettato in pieno e non vedo come il testo potrebbe essere ulteriormente migliorato. Pollice SU per me.

Avatar utente
Jacopo Berti
Messaggi: 441

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#17 » domenica 31 gennaio 2016, 18:15

Grazie per i complimenti, Flavia. Interessante l'osservazione sul tempo verbale. Non saprei ancora se la condivido, a dire il vero. A me è venuto spontaneo quel condizionale passato, ma forse non è perfettamente nella consecutio.

Grazie mille anche all'Antico! Pollice SU, non migliorabile, che posso volere di più?
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Daniel Travis
Messaggi: 443
Contatta:

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#18 » lunedì 1 febbraio 2016, 0:58

Ciao Jacopo, e complimenti. Davvero un buon lavoro: forse non è il tipo di racconto che mi attrae istantaneamente di solito, ma trasmette arte e magia: bella prova, continua così.
Il Crocicchio è un punto tra le cose. Qui si incontrano Dei e Diavoli e si stringono patti. Qui, dopo aver trapassato i vampiri e averli inchiodati a terra, decapitati, bruciati, si gettano al vento le loro ceneri.
Il Crocicchio è un luogo di possibilità.

Avatar utente
Jacopo Berti
Messaggi: 441

Re: Non praevalebunt - di Jacopo Berti

Messaggio#19 » lunedì 1 febbraio 2016, 15:06

Grazie Daniel, il tuo complimento è molto prezioso. Perché ci sono tante sensibilità diverse su MC, e penso che sia abbastanza facile (se non si combinano disastri) convincere quelli che la vedono come te e che apprezzano di norma un certo tipo di stile o di racconto. La vera sfida è riuscire a comunicare qualcosa anche a quelli che in genere non sono avvezzi, per mille motivi, tutti validi per carità, a ciò che si è scritto.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Torna a “77ª Edizione – 10ª della 4ª Era - Tarenzi Edition”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti