Ottimi racconti a questo giro, complimenti a tutti!
(classifica al fondo)
Azienda infernale per l’Edilizia Residenziale, di Francesco Nucera
Premetto che l'open space in zona Lussuria sembra molto più interessante di tutte le altre proposte immobiliari. Ottimi vicini e conoscenze, intrattenimento garantito.
Mi piace la tua ambientazione, con l'inferno stile villaggio turistico a tema, con i diavoli che si preoccupano del benessere dei dannati, è un'idea che mi suona nuova e la descrivi in maniera molto spigliata.
Però...
Però in cosa sarebbe diverso dal Cielo/Paradiso, questo inferno? Non c'è tortura, non c'è un aspetto negativo del finire all'inferno. Se ci fosse solo l'inferno potrei capirlo, ma sembri alludere al fatto che ci sia comunque in dio che si occupa di chi all'inferno non ci finisce.
Penso il tuo sia un ottimo racconto, sia come stile che come ritmi, ma azzoppato da questa pecca che crea uno scompenso, un'assenza di conflitto inspiegabile per chi legge. Sono arrivato alla fine aspettandomi un qualche ribaltone, un colpo di scena, qualcosa che mi spiegasse il perché di tanta gentilezza... invece confermi che tutti sono felici... dannati felici, diavoli felici di servirli... meh.
"Af andò alla tastiera" > pulsantiera, quella degli ascensori. Lo so che crea una ripetizione con Pulsante, dopo, ma almeno non evoca pianoforti da ascensore ^^
"Il corridoio, che si trovarono davanti, ricordava", "La luce, che proveniva dall'appartamento, abbagliò" > via le virgole!
Fuori-Luogo, di Flavia Imperi
Un bel racconto, anche se - senza offesa - un po' sotto agli standard a cui ci hai abituati :)
Mi piace molto il contrasto tra la prima parte cupa e molto seria e la seconda in cui sveli il gioco. Mi sembra il contrasto perda lievemente di efficacia quando lasci un po' intravedere il tono reale del racconto quando la sciamana diventa nervosa. Quel "Ma… ma io ho tutti gli attestati" e il capriccio che segue stonano tanto con l'apertura, le allusioni ad una qualche mitologia più vasta che ci fai intravedere (lo animale guida, i piani di esistenza, il sospetto dirottaggio).
Penso avrebbe reso meglio non cambiare direzione prima del cambio di scena.
Nel dialogo finale, che suppongo essere un dialogo ad almeno quattro persone (dei), non potendo dare facilmente dei nomi a chi parla non è banale seguirlo in maniera non ambigua. Ho ricostruito che il protagonista della scena iniziale sia Bes, ma non è ovvio.
Bes
— … e insomma ci ho giocato un po’, poi le ho detto: [...]
Quetzcoatl
— Ahah! Che sagoma che sei, [..]
Bes (che parla a una terza persona, o non rimarcherebbe il nome?)
— Ehi, Loki! Vieni a bere [..]
Loki che risponde al tuo protagonista
— Oh, ciao Bes! Volentieri, raccontavo l’ultima qui a Quetzcoatl.
Un quarto interlocutore X, perché non è Loki che continua e Quetzcoatl già ha sentito la storia
— Non mi dire che hai spaventato un altro umano?
Bes di nuovo
— Oh, amico, non puoi capire quanto sono divertenti questi sciamani della domenica, si bevono qualsiasi storia!
Qua secondo me c'è da rimetterci un attimo le mani. Personalmente semplificherei questo dialogo rendendolo direttamente un botta e risposta tra due soli interlocutori, per semplicità, ma è una questione di gusti. Con più interlocutori, da lettore, apprezzerei un modo più esplicito per riconoscerli.
Lo stile è impeccabile, niente da ridire a proposito!
(Quetzalcoatl ha perso due lettere nel mezzo, Quetzcoatl, è intenzionale?)
Angeli, di Adriano Muzzi
L'idea è molto bella, anche se forse andrebbe elaborata un po' meglio. Si finisce nel tuo limbo quando si viene dimenticati, ma tutti prima o poi sono destinati ad essere dimenticati, anche le persone vicine muoiono, è inevitabile.
Ho visto questa stessa idea declinata all'opposto in diversi racconti. Il limbo come luogo in cui le anime aspetta _finché_ non sono state completamente dimenticate sulla terra, e solo allora possono ricevere un giudizio davvero giusto che tenga conto di tutte le implicazioni della loro vita.
Nella direzione che scegli, finalizzata a raccontarci la storia del bambino, non funziona tutto così liscio. Cambiare dettagli del passato non è mai una cosa facile da giustificare e rendere coerente. Si ricorda del bambino con il dettaglio cambiato, lo dimenticherà per una ragione diversa in seguito? Meh.
Lo stile è un po' pesante da leggere. Capisco che sia una scelta usare tante frasi brevi e spezzate, tante senza neppure un verbo, va bene per una scena breve, ma per tutto il racconto è un po' pesante da leggere. Se c'è quell'atmosfera tutto il tempo, non funziona più per sottolineare i momenti cruciali. Serve un po' di respiro, qua e là :)
un allegoria > un'allegoria, typo da intercettare.
Epifania, di Sara Tirabassi
Intanto, sono molto invidioso della tua interpretazione del tema.
Mi ricorda molto quel che dice Asimov su come aspettava delle piccole idee curiose per i racconti dei Vedovi Neri, che poi espandeva in dei racconti completi. Il dettaglio delle stesse vocali funziona così bene che sarebbe stato criminale non usarlo, una volta notato. Appena hai dato la definizione del cruciverba, ho subito pensato "ieo" come risposta, molto più brutta però, e più adatta a una parola da due lettere sole.
Il resto del racconto viene da sé, lucifero che viene triggerato dall'allusione alla caduta e che ha una vera e propria visione da stress posttraumatico su come è precipitato sulla terra.
Non ho molto da criticare, il racconto mi piace, ha un ritmo ottimo e non annoia anche sapendo dove va a parare.
cielo cieco ceco cero pero ptero aptero antero intero interno inferno
Come le rondini, di Angela Catalini
Allora, il tema c'è abbastanza, anche se più che tra cielo e inferno, quello del lavoro minorile mi sembra inferno e basta. Ma suppongo che ci sia anche di peggio, tipo non avere neppure quel lavoro e non poter sopravvivere, da cui la situazione di sfruttamento.
Mi piace come crei l'atmosfera della fabbrica, come caratterizzi i due personaggi per mezzo delle loro piccole abitudini. Paradossalmente è proprio il protagonista ad essere meno delineato, più anonimo. L'ho vista come una scelta deliberata da parte tua, in modo da avere una sorta di protagonista modello, rappresentante di ogni caso analogo. Se non è così fa lo stesso, funziona bene e tantobasta!
Ho trovato strano l'accennare rapidamente alla madre, che poi ha un suo ruolo, e alle sorelle, per poi farle scomparire. Mi aspettavo che avere tutta la famiglia presente avesse un ruolo, invece scompaiono subito, senza interazioni.
"come aveva visto fare tante volte dalla madre e dalle sorelle" > "come aveva visto fare tante volte alla madre e alle sorelle" o (ma mi piace meno) "come aveva visto tante volte dalla madre e dalle sorelle"
"manca un dito" > "mancava un dito" al passato
"parlavano mai" > "parlava mai" (il soggetto è "qualcuno", oppure va specificato diversamente)
"parlavano mai. // L’unico che parlava" Lega troppo le due frasi usare lo stesso verbo, mi viene spontaneo pensare che tu stia ancora parlando degli incidenti della frase prima, tipo "[...] un incidente sul lavoro di cui non parlava mai. // L’unico che parlava [dell'incidente] con lui era Syrte". Penso che riformulando quel passaggio o usando una parola diversa migliorerebbe.
Jakarta > Giacarta, in italiano. Oppure puoi usare la grafia originale segnandola in corsivo :)
"fumava le sigarette" delle sigarette specifiche? Perché non "fumava sigarette", se vuoi solo dirci della sua abitudine?
"con gli occhi rivolti verso il cielo, la fabbrica, le macchine e gli operai, smettevano di esistere." -> un punto e virgola dopo "il cielo", in modo che non sembri che abbiano gli occhi rivolti verso il cielo e la fabbrica e le macchine. Suona meglio separato in due parti nette.
"fare le confidenze" -> "fare confidenze" o forse meglio ancora "si confidavano" direttamente.
"si fece male alle macchine" -> "si fece male [lavorando/mentre lavorava] alle macchine", penso sia giusto anche nella tua forma, ma mi suona male per via di tutte le espressioni analoghe: si fece male alla testa, alle nocche, alle spalle, che evocano immagini diverse. Si fece male alle macchine mi innesca un'immagine buffa di bambino cyborg che si fa male al motore, un po' inappropriata ^^
Nuotando nell’aria, di Filippo Puddu
Il tuo racconto non mi dispiace, è una storia di ordinaria violenza, raccontata mostrando il lato umano di una vittima.
Però i dialoghi sono davvero innaturali. All'inizio pensavo fossero volutamente ricercati per creare una qualche atmosfera passata ed elaborata, ma il passaggio alla crudezza dell'aggressione li rende molto più incongruenti di quanto sia ragionevole.
Pensa a quel "Cosa?! Perché mai mi dici questo?! Mi devi dire qualcosa?!", a parte l'eccesso di esclamazione, letto ad alta voce sembra una parodia di dialogo. Uguale la promessa di amarsi in ogni vita stile hawkman/hawkgirl. Ci vedo una buona intenzione dietro, per far capire la profondità del rapporto tra i due protagonisti, ma penso che ottenga l'effetto opposto. Forse apprezzerei di più uno sguardo o un gesto che dimostrano l'affetto, rispetto ad una dichiarazione che sembra così esagerata far dubitare di essere una parodia :)
La scena dell'aggressione invece mi piace così com'è, molto diretta e con un buon ritmo. Riesce a creare tante tensione in poche righe.
Trischele, di Chiara Rufino
Il tuo racconto è ben scritto, riesci ad essere evocativa senza essere pesante anche quando il ritmo è volutamente molto pacato.
Mi ha confuso un po' durante la prima lettura, perché Niahm e il titolo mi hanno subito richiamato il mito irlandese di Niahm, con l'amante della regina che attraversa il mare, torna a cercare il figlio della regina e sono passati 300 anni ed invecchia all'improvviso (grossomodo, più mille altri dettagli). Poi la banshee è arrivata all'improvviso e non tornava più :) Ma è un mio difetto, mi piacciono molto le reinterpretazoni dei miti e tendo a cercarle e vederle anche quando non ci sono, o sono solo accennate.
Fatico a trovare il tema e a sistemare alcuni dettagli del racconto. Una banshee che ha un figlio da uno della famiglia che segue? E' tornata lei a "prendere" il padre oppure le lingue di fuoco, che sembrano avvolgere entrambi, sono una specie di punizione per la trasgressione? In qualche modo mi piacerebbe avere più dettagli, perché quando si devia molto da un'immagine già stabile e ben canonizzata (quella della banshee), mi aspetto di sapere come funziona nel mondo che presenti, cosa c'è di diverso.
Mi è piaciuto il tuo racconto, ma penso che potrebbe fargli bene una espansione in laboratorio, in cui ci riveli di più e dedichi più spazio al dialogo tra i due personaggi. Lascerei intatta tutta la parte descrittiva e d'atmosfera che funziona perfettamente così com'è e sarebbe un peccato sacrificare!
Nesquik ed Oki, di Claudio Tamburrino
Non mi ha entusiasmato il racconto. L'idea della caccia al tesoro con la lista di oggetti per soddisfare un diavolo con senso dell'umorismo è carina, ma mi sembra sviluppata in maniera precaria. Il ruolo dell'intermediario motociclista non è chiaro, poteva essere direttamente il demone in incognito senza nulla togliere alla storia. Non accenni mai neppure superficialmente quale sia il suo rapporto con il diavolo, se sia un procacciatore di anime di qualche tipo, come agisca. Senza espandere anche solo lievemente la sua parte, avrei preferito fonderlo con Norberto.
Serve una revisione generale degli accapi dopo/prima dei dialoghi, rendere coerenti i … o ..., gli spazi dopo i …, il punto alla fine dei dialoghi. Ce n'è davvero tanti da sistemare e globalmente lascia un'idea di sciattezza e poca cura, soprattutto con quasi due ore di tempo in cui potevi sistemare gran parte di questi problemi.
Note di stile:
"lasciò andare il respiro sospeso solo quando incontrò la borsa lì nascosta" questa frase mi sembra molto pesante, soprattutto in un incipit. Perché non "espirò solo quando toccò la borsa nascosta", che è più incisivo? O qualsiasi altra riscrittura più sintetica.
"una sfilza di roba, un’accozzaglia che [...]" accozzaglia l'ho sempre visto usare come "un'accozzaglia di" e specificato cosa c'è di accumulato caoticamente, così sembra mozza l'espressione. "Un'accozzaglia di roba..."
"oltre al rumore" > "sopra al rumore"
"un bustina" > "una bustina" typo
"bitbox" > "beatbox"? O forse è qualcosa che non conosco
"Sbatté gli occhi" > "(s)battè le palpebre", è un regionalismo l'espressione con "occhi"
"tra questo e il Mondo di sotto" > "tra questo mondo e quello di sotto", altrimenti "questo" non ha un sostantivo a cui attaccarsi agilmente.
(La regia suggerisce di usare le d eufoniche solo dove si incontrano ed/e od/o, ma non sono un integralista :p)
La grigia prigione, di Fabio Tarussio
La tua interpretazione del tema, anche se sembra molto lineare, mi soddisfa molto. Un purgatorio distopico che grazie a nomi e allusioni qua e là, trasformi in una sorta di dittatura comunista d'epoca, compreso mercato nero in cui recuperare una preziosa sigaretta, corruzione per salire di livello sociale (verso il paradiso, immagino) o non essere sbattuti di sotto. Apprezzo molto questa ambientazione caratterizzata grazie a pochi dettagli evocativi.
Penso che il linguaggio un po' datato e involuto si addica al racconto, magari potrebbe fargli bene una ripassata per renderlo più regolare, prendendo una decisione drastica "tutto hard boil o nulla". Darei la colpa al tempo che stringeva, perché manca solo una limatura a farlo funzionare perfettamente.
Per ora è uno dei miei racconti preferiti del girone, anche se non so capire esattamente perché.
Usi i trattini del dialogo come se fossero virgolette, chiudendoli alla fine e senza lasciare gli spazi attorno al trattino... a quel punto perché non usare direttamente le virgolette? Così sarebbero usate correttamente senza cambiare nulla della tua abitudine.
Pecunia non olet, di Mario Pacchiarotti
Intanto complimenti, mi piace la tua interpretazione del tema e finisci dritto nel gruppo di testa con le "interpretazioni originali". C'è lo scontro tra angeli e diavoli, ma coniugato in maniera leggera e divertente. Neppure il protagonista moribondo riesce ad abbattere questa atmosfera.
L'unico appunto che ti faccio è sui dialoghi. Mentre per i non-umani della storia può essere credibile un linguaggio non proprio naturale (in fondo possono avere le loro migliaia di anni, sarebbe comprensibile), per Adam serve una revisione generale. Personalmente mi piace leggere ad alta voce i dialoghi e "sentirli". Se suonano innaturali e/o buffi, vanno cambiati. Molte costruzioni corrette e buone dell'italiano, in un dialogo stonano.
Poi hai questo vizio che salta all'occhio di "legare" i dialoghi tra loro con aggettivi dimostrativi, questo quello etc. Mentre sarebbe normale e utile in una prosa qualsiasi, in cui racconti o descrivi quel che succede, due personaggi non li userebbero dialogando tra loro, lo lascerebbero sottinteso perché non serve sottolineare a cosa si riferiscono, dialogando, è automatico.
"Lo so questo, è il nostro destino" > "Lo so, è il nostro destino"
"quello mi tocca di sicuro" > "mi tocca di sicuro"
"Questo non è corretto" > "non è corretto"
Il mio angelo, di Viola Lodato
La tua ambientazione mi confonde un po'. Penso che manchi qualche indizio concesso qua e là sin dal principio per calarci in un qualche futuro distopico e creare da subito lo scenario giusto alla storia.
Il programma (televisivo immagino) urla Presente. Spade e lance in quella che supponiamo sia una guerra (si è arruolata) urlano Passato. Il campo energetico grida (definitivamente) Futuro o Presente alternativo.
Penso farebbe bene avere un riferimento corretto sin dall'incipit, anche solo un piccolo dettaglio, che permetta poi di orientarsi nella storia. Ci sono racconti in cui è importante tenere nascosti dei dettagli simili, per un colpo di scena o una rivelazione finale, ma non è questo il caso.
A parte questo problema, il racconto è scritto bene e si legge con piacere. Non soffre neppure dell'alternanza frenetica tra passato e presente, che gestisci bene.
Il tema lo hai preso molto alla larga, faticherei a intuirlo partendo dal racconto, ma questo posso perdonarlo facilmente, condividendo il vizio di "il tema è più un'ispirazione che un obbligo" :)
"messo di picchiarmi" > "smesso di picchiarmi" typo
"Ai condannati a morte è permesso di lottare" > "Ai condannati a morte è permesso lottare" senza "di" quando è pronominale e non è interrogativa.
Divinità, di Valeria Imperi
Il tuo racconto è molto triste, mi aspettavo una storia di abusi sin dall'inizio, ad essere sincero, magari inquadrata in un contesto molto religioso, ma il fatto che ti cali in un contesto più "normale" lo rende ancora peggiore (come soggetto).
Il tema è molto interpretato, ma c'è molto netto, una volta calati nella storia. Il cielo è l'illusione di quando è bambina e la madre le trasmette come un mantra l'importanza del suo essere donna, la discesa verso l'inferno è chiara. Penso non servisse neppure il richiamo esplicito "tra il cielo luminoso sotto cui era nata e l'inferno in cui era stata gettata", che forse ci hai messo perché eri insicura delle capacità di comprensione di noi lettori :) (hai ragione, succede spesso e volentieri che chi legge non capisca cosa vuoi dire, ed è frustrante!)
Non ho molto da criticarti, l'atmosfera l'hai resa molto bene, il ritmo è molto regolare una volta superata la scena iniziale, il linguaggio che usano i personaggi è coerente e adatto.
Hai scritto un ottimo racconto!
Grazia, di Regan
Penso che il tuo racconto abbia bisogno di una ripassata, per ordinarlo e renderlo più pulito.
Devi mettere in uno schemino i nomi di tutte le classi di personaggio che agiscono e usarne i nomi in maniera coerente. Niente sagome, niente allusioni. Ci sono troppi tipi di giocatori e arbitri in un racconto così breve, non puoi permetterti ambiguità.
Serve un movente per il gioco, tutti vogliono vincere, ci sono pochi posti, sono competitivi. Ma per cosa? Non chiarisci mai davvero qual è il motore.
Il tema lo vedo interpretato a metà, probabilmente seguendo meglio quel che succede lo troverei più facilmente.
Nella prima parte del racconto ci sono un po' di problemi di costruzioni, verbi, etc, da sistemare. Ho visto che hai postato a due minuti dalla fine e suppongo sia dovuto alla fretta, perché sono tutti errori molto visibili e che penso sarebbero saltati all'occhio rileggendo con calma:
"non mi interessa di come ci riuscite" > "non mi interessa come ci riusciate"
"i primi sei [...] passa di turno" > passano di turno, plurale
"Questa si divise in sei parti e schizzarono via" > "Questa si divise in sei parti che schizzarono via" altrimenti il soggetto resta sempre "questa" e non funziona la frase
"Erano sovraccarichi" li hai sempre chiamati "sagome", femminile, perché ora sono sovraccarichi e ci parli di loro al maschile per un paragrafo? Se il loro nome ufficiale è "custodi/tentatori", come si capisce dopo, è bene dircelo prima di iniziare ad usarlo implicitamente!
1.
Epifania, di Sara Tirabassi
2.
Fuori-Luogo, di Flavia Imperi
3.
Pecunia non olet, di Mario Pacchiarotti
4.
La grigia prigione, di Fabio Tarussio
5.
Divinità, di Valeria Imperi
6.
Azienda infernale per l’Edilizia Residenziale, di Francesco Nucera
7.
Nesquik ed Oki, di Claudio Tamburrino
8.
Come le rondini, di Angela Catalini
9.
Trischele, di Chiara Rufino
10.
Angeli, di Adriano Muzzi
11.
Il mio angelo, di Viola Lodato
12.
Nuotando nell’aria, di Filippo Puddu
13.
Grazia, di Regan