Quando si Ama Davvero. (racconto della signorina col cappello)
Inviato: venerdì 19 agosto 2016, 21:46
No. Non cercatemi sulla foto.
Non perché non fosse mio diritto apparire al suo interno. Sarei stato il quarto uomo col cappello, sono quello che guida la Prince; a pensarci avrei potuto apparire anche come uomo che giuda la Prince, o semplicemente come l’uomo che guida la Prince ma che adesso è in bagno.
Insomma, io del Bar Sotto il mare sono cliente affezionato e quella notte, quella nella quale è stata scattata quella foto, io c’ero; sedevo al tavolo con signorina col cappello.
Avevo appena ascoltato la storia di Achille ed Ettore – i due amici che han litigato per la bicicletta da corsa – e toccava a me, a noi. Io e Mora.
La nostra era una storia epistolare, lei avrebbe letto le lettere di Giampietro, io quelle della sua ragazza.
Ma un’urgenza mi ha chiamato – diciamo – altrove; ed è stata una chiamata – diciamo - lunga.
Come non aspettasse altro, il fotografo ha scattato la foto che ha immortalato la serata e poi Mora ha cominciato il racconto della ragazza col cappello.
Quando si Ama Davvero.
Racconto dimezzato, indubbiamente, ma nonostante sia ammezzato resta intrigante, non trovate? Eppure… eppure ci tengo che conosciate anche l’altra campana, chelaragazzahaancheleicosedadire.
Giusto quindi a questo punto – dopo tanti anni – tornare a quel racconto e permettere che conosciate le lettere rimaste con me quella notte, nascoste fino ad oggi.
Un dittatore è tale
perché crede siano gli altri
a minacciare la libertà.
Per proteggerla, uccide.
[Gian Domenico Balestra]
Settembre 1976
Caro Giampietro,
so che questa sera sono stata un po’ dura con te. Non avrei voluto che la nostra serata si interrompesse così bruscamente, ma era il caso di picchiare il cameriere che si era offerto di riempirmi il bicchiere del vino?
La tua scena di gelosia mi ha colpito molto – ingenuo ma premuroso amore mio - ma molto mi han colpito le cose che mi hai raccontato.
Sicuro sia il caso di continuare a lavorare per il tuo attuale direttore?
So che ti capita di pranzare con lui, e che pare sia gentile con te ma, sarà per le continue allusioni e battutine che lancia, sarà per la pistola che ostenta, o per il sospetto che abbia contribuito alla misteriosa e prematura scomparsa del suo predecessore, ma non mi sembra una brava persona.
Ammetterai che non capita spesso che uno anneghi in una doccia, e che la doccia fosse proprio quella di casa del nuovo direttore è quantomeno curioso; mi sembra persona, scusa l’eufemismo, ‘poco chiara’.
E poi, rileggi l’intervista che ti ha fatto fare al sedicente Leader Extraparlamentare. Nessuna domanda sulla sua amicizia con il Maggiore Z – so che è stato lui ad aiutarti nel tuo lavoro ma è un arrivista senza scrupoli - e francamente quel tuo indugiare su quanto fossero gnocche le due ragazze che lo accompagnavano l’ho trovato poco professionale.
Ma dimmi, davvero aveva un mitra??
Grazie ancora per il Poncho peruviano e scusami se non posso accettarlo, ma era davvero troppo simile a quello che la polizia ha strappato al mio amico Pedro.
Adesso devo andare. Bussano alla porta e non vorrei fossero ancora i poliziotti. Non capisco perché continuino a venire a casa mia, da quando ho cominciato ad occuparmi di politica mi capita spesso.
Sai, non credo che la legge che vieta a tre persone di incontrarsi in pubblico sia per la nostra sicurezza; temo che le cose prendano una brutta piega.
Ti bacio
Ottobre 1983
Giampietro,
ho capito, forse ho esagerato al telefono, ma ero fuori di me. Quando ho letto della tua intervista al leader degli imprenditori sono rimasta di stucco.
Non tanto per le cose che ti ha raccontato, ma per l’impressione che tu abbia fatto di tutto per compiacerlo. Adesso sei caporedattore, non dovresti evitare certe amicizie?
Era il caso di inventarsi di sana pianta la storia dell’intervista fatta tra i due elicotteri in volo? Non ti sembra di aver esagerato? Non ricordi, c’ero anch’io in montagna con te in quei giorni e tra una grappa e l’altra di elicotteri neppure l’ombra.
E poi, ancora la tua gelosia.
Il maestro di sci. Parlo proprio di lui.
Capisco che l’allusione alla racchetta poteva indurti in errore – schietto e zelante il mio manfrotto – ma era chiaro che di allusione non si trattava, la racchetta l’avevo persa durante la discesa e lui era stato gentile a riportarmela.
Tu piuttosto, nulla da dire sulle due sventole con cui ti sei allontanato assieme all’imprenditore? Che poi imprenditore. Chiamalo così uno che pare venda armi! Pare che persino il colonnello Z sia suo cliente.
A me sembrano quanto meno equivoci, come il tuo direttore.
Sono felice che ti abbia promosso, ma sai che ancora non è ben chiaro cosa ci facesse lui a casa del tuo vecchio direttore quando si è sparato… non so a te, ma il fatto che si sia sparato usando la mano sinistra alla tempia destra è quantomeno curioso. Non trovi?
Piuttosto. Hai sentito della nuova legge per cui ogni articolo, prima di essere pubblicato, va approvato dal Comitato di Sicurezza Ortografica?
Pare che stiano organizzando alcuni scioperi. Parteciperei anche io, ma dopo che ho scritto quel pezzo sul gruppo di affaristi che si stanno organizzando in una specie di Loggia, mi hanno licenziata. Han parlato di esubero; che fossi esuberante me lo diceva sempre la mamma.
Scusa se non ho accettato il tuo anello, era bello, ma l’incisione apartheid sound good l’ho trovata un pochetto eccessiva.
Ti abbraccio
Settembre 1990
Giampietro,
quando l’altra sera mi hai invitata ad uscire, per un momento ho pensato tu non fossi il ripugnante direttore del Giornale dei Giornali, il solo quotidiano di regime attualmente in edicola, ma solo la mia vecchia, tenerissima, zeppola.
Sei stato carino quando ti sei ingelosito con il gelataio, ma era il caso che il colonello Battista lo picchiasse a quel modo? Che poi, come mai lo hai fatto uscire con noi? Silenzioso per tutta la serata e poi… ero giusto uscita per festeggiare la tua nomina.
La tua nomina a Direttore.
Ammetterai che la notizia è giunta inattesa.
Il vecchio direttore era appena rimasto lesso nella tua sauna. Evento quantomeno curioso, non trovi?
E poi, permettimi, la tua intervista con il Generale Z è stata davvero esagerata, neppure una parola su quanto successo allo stadio il mese scorso.
Sai che ti avevo parlato dei miei amici, di quelli che stavano organizzando una pubblicazione clandestina; ecco, sono stati tutti arrestati. Ed io con loro.
Hanno detto di averci fermato solo per un interrogatorio, ma ho quasi il sospetto che sia stato tu a indirizzarli da noi. Non me la racconti mica giusta.
Lo sai che il tuo amico, il colonnello Battista, appena dopo avermi accompagnata mi ha fatto arrestare? Certo che lo sai, quello ti chiede ‘permesso signore’ anche per andare in bagno.
Sicuro di non saperne nulla?
Adesso sono in prigione, in attesa di processo.
Sai, sarò sospettosa, come mi ripeti tu, ma non credo sia normale che il mio avvocato difensore neppure parli la nostra lingua.
Cordiali saluti
Non perché non fosse mio diritto apparire al suo interno. Sarei stato il quarto uomo col cappello, sono quello che guida la Prince; a pensarci avrei potuto apparire anche come uomo che giuda la Prince, o semplicemente come l’uomo che guida la Prince ma che adesso è in bagno.
Insomma, io del Bar Sotto il mare sono cliente affezionato e quella notte, quella nella quale è stata scattata quella foto, io c’ero; sedevo al tavolo con signorina col cappello.
Avevo appena ascoltato la storia di Achille ed Ettore – i due amici che han litigato per la bicicletta da corsa – e toccava a me, a noi. Io e Mora.
La nostra era una storia epistolare, lei avrebbe letto le lettere di Giampietro, io quelle della sua ragazza.
Ma un’urgenza mi ha chiamato – diciamo – altrove; ed è stata una chiamata – diciamo - lunga.
Come non aspettasse altro, il fotografo ha scattato la foto che ha immortalato la serata e poi Mora ha cominciato il racconto della ragazza col cappello.
Quando si Ama Davvero.
Racconto dimezzato, indubbiamente, ma nonostante sia ammezzato resta intrigante, non trovate? Eppure… eppure ci tengo che conosciate anche l’altra campana, chelaragazzahaancheleicosedadire.
Giusto quindi a questo punto – dopo tanti anni – tornare a quel racconto e permettere che conosciate le lettere rimaste con me quella notte, nascoste fino ad oggi.
Un dittatore è tale
perché crede siano gli altri
a minacciare la libertà.
Per proteggerla, uccide.
[Gian Domenico Balestra]
Settembre 1976
Caro Giampietro,
so che questa sera sono stata un po’ dura con te. Non avrei voluto che la nostra serata si interrompesse così bruscamente, ma era il caso di picchiare il cameriere che si era offerto di riempirmi il bicchiere del vino?
La tua scena di gelosia mi ha colpito molto – ingenuo ma premuroso amore mio - ma molto mi han colpito le cose che mi hai raccontato.
Sicuro sia il caso di continuare a lavorare per il tuo attuale direttore?
So che ti capita di pranzare con lui, e che pare sia gentile con te ma, sarà per le continue allusioni e battutine che lancia, sarà per la pistola che ostenta, o per il sospetto che abbia contribuito alla misteriosa e prematura scomparsa del suo predecessore, ma non mi sembra una brava persona.
Ammetterai che non capita spesso che uno anneghi in una doccia, e che la doccia fosse proprio quella di casa del nuovo direttore è quantomeno curioso; mi sembra persona, scusa l’eufemismo, ‘poco chiara’.
E poi, rileggi l’intervista che ti ha fatto fare al sedicente Leader Extraparlamentare. Nessuna domanda sulla sua amicizia con il Maggiore Z – so che è stato lui ad aiutarti nel tuo lavoro ma è un arrivista senza scrupoli - e francamente quel tuo indugiare su quanto fossero gnocche le due ragazze che lo accompagnavano l’ho trovato poco professionale.
Ma dimmi, davvero aveva un mitra??
Grazie ancora per il Poncho peruviano e scusami se non posso accettarlo, ma era davvero troppo simile a quello che la polizia ha strappato al mio amico Pedro.
Adesso devo andare. Bussano alla porta e non vorrei fossero ancora i poliziotti. Non capisco perché continuino a venire a casa mia, da quando ho cominciato ad occuparmi di politica mi capita spesso.
Sai, non credo che la legge che vieta a tre persone di incontrarsi in pubblico sia per la nostra sicurezza; temo che le cose prendano una brutta piega.
Ti bacio
Ottobre 1983
Giampietro,
ho capito, forse ho esagerato al telefono, ma ero fuori di me. Quando ho letto della tua intervista al leader degli imprenditori sono rimasta di stucco.
Non tanto per le cose che ti ha raccontato, ma per l’impressione che tu abbia fatto di tutto per compiacerlo. Adesso sei caporedattore, non dovresti evitare certe amicizie?
Era il caso di inventarsi di sana pianta la storia dell’intervista fatta tra i due elicotteri in volo? Non ti sembra di aver esagerato? Non ricordi, c’ero anch’io in montagna con te in quei giorni e tra una grappa e l’altra di elicotteri neppure l’ombra.
E poi, ancora la tua gelosia.
Il maestro di sci. Parlo proprio di lui.
Capisco che l’allusione alla racchetta poteva indurti in errore – schietto e zelante il mio manfrotto – ma era chiaro che di allusione non si trattava, la racchetta l’avevo persa durante la discesa e lui era stato gentile a riportarmela.
Tu piuttosto, nulla da dire sulle due sventole con cui ti sei allontanato assieme all’imprenditore? Che poi imprenditore. Chiamalo così uno che pare venda armi! Pare che persino il colonnello Z sia suo cliente.
A me sembrano quanto meno equivoci, come il tuo direttore.
Sono felice che ti abbia promosso, ma sai che ancora non è ben chiaro cosa ci facesse lui a casa del tuo vecchio direttore quando si è sparato… non so a te, ma il fatto che si sia sparato usando la mano sinistra alla tempia destra è quantomeno curioso. Non trovi?
Piuttosto. Hai sentito della nuova legge per cui ogni articolo, prima di essere pubblicato, va approvato dal Comitato di Sicurezza Ortografica?
Pare che stiano organizzando alcuni scioperi. Parteciperei anche io, ma dopo che ho scritto quel pezzo sul gruppo di affaristi che si stanno organizzando in una specie di Loggia, mi hanno licenziata. Han parlato di esubero; che fossi esuberante me lo diceva sempre la mamma.
Scusa se non ho accettato il tuo anello, era bello, ma l’incisione apartheid sound good l’ho trovata un pochetto eccessiva.
Ti abbraccio
Settembre 1990
Giampietro,
quando l’altra sera mi hai invitata ad uscire, per un momento ho pensato tu non fossi il ripugnante direttore del Giornale dei Giornali, il solo quotidiano di regime attualmente in edicola, ma solo la mia vecchia, tenerissima, zeppola.
Sei stato carino quando ti sei ingelosito con il gelataio, ma era il caso che il colonello Battista lo picchiasse a quel modo? Che poi, come mai lo hai fatto uscire con noi? Silenzioso per tutta la serata e poi… ero giusto uscita per festeggiare la tua nomina.
La tua nomina a Direttore.
Ammetterai che la notizia è giunta inattesa.
Il vecchio direttore era appena rimasto lesso nella tua sauna. Evento quantomeno curioso, non trovi?
E poi, permettimi, la tua intervista con il Generale Z è stata davvero esagerata, neppure una parola su quanto successo allo stadio il mese scorso.
Sai che ti avevo parlato dei miei amici, di quelli che stavano organizzando una pubblicazione clandestina; ecco, sono stati tutti arrestati. Ed io con loro.
Hanno detto di averci fermato solo per un interrogatorio, ma ho quasi il sospetto che sia stato tu a indirizzarli da noi. Non me la racconti mica giusta.
Lo sai che il tuo amico, il colonnello Battista, appena dopo avermi accompagnata mi ha fatto arrestare? Certo che lo sai, quello ti chiede ‘permesso signore’ anche per andare in bagno.
Sicuro di non saperne nulla?
Adesso sono in prigione, in attesa di processo.
Sai, sarò sospettosa, come mi ripeti tu, ma non credo sia normale che il mio avvocato difensore neppure parli la nostra lingua.
Cordiali saluti