Nuvola a vapore (di Francesco Nucera)
Inviato: venerdì 22 luglio 2016, 0:54
Tazio inspirò e uscì dalla baracca in cui viveva con la sua famiglia. L'odore di carbone bruciato e immondizia gli riempì le narici.
Risalì il declino che portava alla strada e fissò l'auto ferma sul ciglio della strada: dal rumore montava una vecchia caldaia torinese.
Un uomo lo attendeva con lo sportello aperto. «Signor Nuvolari?» domandò questi.
«Un tempo» rispose lui, abbassando lo sguardo sulle scarpe bucate.
«È un onore poterle fare da autista.» L'uomo sorrise. «Da ragazzo lei era il mio idolo.»
Tazio liquidò la questione con un gesto della mano, abbassò la testa e si infilò nell'auto.
Il viaggio durò poco più di un'ora. Gli sudavano le mani e aveva il cuore che batteva all'impazzata. Non era certo di quello che stava per fare, era una pazzia e lui lo sapeva, ma non poteva tirarsi indietro: quei soldi gli servivano.
«Siamo arrivati» disse l'autista, accostando.
La portiera di Tazio si aprì.
«Zerto che uno deve pregarti per poterti vedere!» disse una voce famigliare.
Tazio si girò e sorrise al suo amico Enzo. «Pagare vorrai dire…» disse, scendendo.
«Mo raccontalo agli altri, io lo zo perché zei qui.» L'uomo lo prese sotto braccio e si incamminarono verso i box.
«Sicuro, ho fatto cento chilometri per sentire le tue z e il tuo accento emiliano.»
«E per guidare le mie auto. Tu in quella officina a riparare caldaiezi soffochi, hai bisogno della velozità.»
«Sentiamo un po', sei messo così male da recuperare un pilota in pensione e per di più sciancato?»
«Mo ne fazessero di leoni come te. E non zercare scuse con quel piede siancato, quelli che guidano adesso sono fighette senza palle.»
«Appunto, e il mio problema?»
«Mo zono o non zono il miglior inzegnere che conosci?»
Tazio si bloccò, aggrottò la fronte e fece spallucce. «Se lo dici tu…»
Tazio affrontò il rettilineo al massimo della velocità. Il piede destro pigiato sull'acceleratore, le mani sul volante e il pollice pronto a spostare la leva del cambio automatico progettato per lui.
La nuvola di fumo bianco, che usciva dallo scappamento dell'Alfa davanti a lui, si faceva sempre più densa e vicina. Poteva farcela, poteva uscire da quell'officina.
Enzo era stato chiaro, gli sarebbe basato un piazzamento per dimostrare al mondo che loro non erano da rottamare e che avevano ancora molto da dire. Ma soprattutto sarebbe bastato per fargli avere i soldi. Scartò sulla sinistra, l'ultima curva era vicina.
Staccò il piede dall'acceleratore e l'auto rallentò. Un secondo posto non era un male. Eppure qualcosa gli disse di non farlo: lui era ancora “Nuvola”.
In prossimità della curva, schiacciò il freno. Sentì uno schiocco. Le ruote si bloccarono. L'auto slittò sul posteriore. Staccò una mano dal volante e con l'altra provò a controsterzare. Afferrò un cavo e lo tirò. Un tac e il pedale del freno tornò al suo posto. Le ruote ripresero a girare, la vettura sculettò e si raddrizzò.
Tazio guardò accanto a sé un giovane pilota con la bocca spalancata, sorrise e volò verso il traguardo. Nuvola era tornato a volare.
Risalì il declino che portava alla strada e fissò l'auto ferma sul ciglio della strada: dal rumore montava una vecchia caldaia torinese.
Un uomo lo attendeva con lo sportello aperto. «Signor Nuvolari?» domandò questi.
«Un tempo» rispose lui, abbassando lo sguardo sulle scarpe bucate.
«È un onore poterle fare da autista.» L'uomo sorrise. «Da ragazzo lei era il mio idolo.»
Tazio liquidò la questione con un gesto della mano, abbassò la testa e si infilò nell'auto.
Il viaggio durò poco più di un'ora. Gli sudavano le mani e aveva il cuore che batteva all'impazzata. Non era certo di quello che stava per fare, era una pazzia e lui lo sapeva, ma non poteva tirarsi indietro: quei soldi gli servivano.
«Siamo arrivati» disse l'autista, accostando.
La portiera di Tazio si aprì.
«Zerto che uno deve pregarti per poterti vedere!» disse una voce famigliare.
Tazio si girò e sorrise al suo amico Enzo. «Pagare vorrai dire…» disse, scendendo.
«Mo raccontalo agli altri, io lo zo perché zei qui.» L'uomo lo prese sotto braccio e si incamminarono verso i box.
«Sicuro, ho fatto cento chilometri per sentire le tue z e il tuo accento emiliano.»
«E per guidare le mie auto. Tu in quella officina a riparare caldaiezi soffochi, hai bisogno della velozità.»
«Sentiamo un po', sei messo così male da recuperare un pilota in pensione e per di più sciancato?»
«Mo ne fazessero di leoni come te. E non zercare scuse con quel piede siancato, quelli che guidano adesso sono fighette senza palle.»
«Appunto, e il mio problema?»
«Mo zono o non zono il miglior inzegnere che conosci?»
Tazio si bloccò, aggrottò la fronte e fece spallucce. «Se lo dici tu…»
Tazio affrontò il rettilineo al massimo della velocità. Il piede destro pigiato sull'acceleratore, le mani sul volante e il pollice pronto a spostare la leva del cambio automatico progettato per lui.
La nuvola di fumo bianco, che usciva dallo scappamento dell'Alfa davanti a lui, si faceva sempre più densa e vicina. Poteva farcela, poteva uscire da quell'officina.
Enzo era stato chiaro, gli sarebbe basato un piazzamento per dimostrare al mondo che loro non erano da rottamare e che avevano ancora molto da dire. Ma soprattutto sarebbe bastato per fargli avere i soldi. Scartò sulla sinistra, l'ultima curva era vicina.
Staccò il piede dall'acceleratore e l'auto rallentò. Un secondo posto non era un male. Eppure qualcosa gli disse di non farlo: lui era ancora “Nuvola”.
In prossimità della curva, schiacciò il freno. Sentì uno schiocco. Le ruote si bloccarono. L'auto slittò sul posteriore. Staccò una mano dal volante e con l'altra provò a controsterzare. Afferrò un cavo e lo tirò. Un tac e il pedale del freno tornò al suo posto. Le ruote ripresero a girare, la vettura sculettò e si raddrizzò.
Tazio guardò accanto a sé un giovane pilota con la bocca spalancata, sorrise e volò verso il traguardo. Nuvola era tornato a volare.