Maiali e manici di scopa
Inviato: venerdì 26 agosto 2016, 1:07
Maiali e manici di scopa.
I carri arrivavano in un giorno di vento, quando le giornate si erano già accorciate e il respiro del nord cominciava ad arrossare le guance e intirizzire le mani.
Tutto il paese li attendeva con trepidazione, affascinati e intimoriti come di fronte a un serpente dalle scaglie dorate. Fra loro abbaiavano con lingue ruvide, ma sembravano conoscere ogni dialetto per vendere e tirare sul prezzo. Portavano spezie dagli odori inebrianti, tappeti, tessuti iridescenti, animali che sembravano usciti dalle favole, strumenti musicali da cui strappavano note ipnotiche.
Si fermavano tre giorni, durante i quali non si parlava d’altro. Per quanto poco denaro possedessero le persone, nessuno riusciva a evitare di spendere almeno una moneta in un frutto mai visto o in un dolce misterioso.
Dal pulpito il parroco tuonava eterna dannazione per le donne che fossero andate al mercato dell’Est senza un uomo che le difendesse dalle diaboliche malie degli stranieri. Certo non era un luogo per timorati di Dio, ma i padri di famiglia avevano sufficiente fibra per resistere alla tentazione. Le femmine, ne era certo, subivano maggiormente le suggestioni sataniche della fiera. Durante l’omelia fissava le brave massaie terrorizzate lanciando strali, poi il suo sguardo cadeva sulla piccola Maria, che se ne stava sul bordo della panca con il suo vestitino lacero e un fazzoletto sudicio sui capelli al posto del velo. A quel punto faceva una lunga pausa e storceva le labbra disgustato, per far capire a tutta l’assemblea che, per certe donne, l’inferno era un abisso più vicino che per altre.
Maria non aveva un uomo che l’accompagnasse al mercato dell’Est. I suoi genitori erano morti quando era piccina ed era cresciuta della carità del paese. Trascorreva l’estate fra campi e boschi; d’inverno trovava riparo nelle stalle, da cui nessuno aveva il coraggio di cacciarla. Non era solo il buon cuore delle persone a evitarle di morire assiderata, ma anche il talento che dimostrava con gli animali. Forse perché li conosceva meglio delle persone, sapeva accudirli come nessun altro. Riconosceva le malattie dei polli, che curava con pastoni di erbe e radici. Capiva se una mucca era gravida solo guardandola negli occhi, indovinava la buona crescita di un puledro sfiorandogli la groppa. Avere quella piccola stracciona che dormiva nella stalla significava salute e prosperità del bestiame e così le famiglie se la contendevano: un mese qui, un mese là.
Il parroco trovava riprovevole che una donna vivesse in quel modo bestiale e, da anni, riteneva che ci fosse qualcosa di pagano nelle capacità della giovane. Quando si recava nelle case dei parrocchiani, di fronte a un bicchiere di vino e una fetta di pane, non perdeva occasione per sibilare i suoi sospetti. Ma poiché le benedizioni di quel vecchio prete non avevano il medesimo effetto su mucche e maiali delle mani di Maria, i contadini ascoltavano compunti le raccomandazioni e poi, regolarmente, le ignoravano.
Quell’anno però era accaduto un fatto inusuale.
Dopo aver trascorso due settimane nella stalla di Alcide, Maria se n’era andata e tutte le galline erano morte. I maiali erano ammalati e i colombi nella piccionaia perdevano le penne.
Il vecchio era andato diritto in chiesa ed aveva raccontato al parroco quello che pensava: quella sgualdrina aveva fatto una fattura, ecco perché le bestie erano andate alla malora.
Il prete si sfregò le mani soddisfatto: erano anni che attendeva quel momento.
L’omelia della domenica fu un lungo atto d’accusa nei confronti di coloro che non si affidavano alla mano di Dio, ma a pozioni stregonesche. Non ci sarebbe stato perdono per chi, di fronte a una mucca malata, invece di pregare il Signore che guarisse, si ostinasse a palparle la pancia.
Tutta l’assemblea si voltò a guardare Maria, che avvampò sotto quegli occhi malevoli.
In chiesa cadde il silenzio e la giovane si lasciò prendere dal panico. Il paese intero pareva odiarla.
Scattò in piedi, si guardò intorno come un gatto che sente il ringhio del cane e scappò via.
Il prete, euforico del proprio successo, affondò il lama ancora più in profondità.
“Se fugge dalla casa di Dio, è perché il demonio la guida.”
“E’ una strega” gracchiò Alcide e queste parole rimbalzarono di panca in panca, da un inginocchiatoio all’altro.
Molti uomini si alzarono e corsero verso l’uscita, pronti a recuperare la fuggitiva. Solo alcuni si chiesero cosa potesse aver fatto quel maiale dell’Alcide per spingere Maria ad ammazzargli tutto il bestiame.
Maria correva, terrorizzata come un’anatra durante la caccia.
Raggiunse la fiera e si nascose fra le bancarelle, sperando che la propria esile figura scomparisse nel bailamme generale.
“Da cosa fuggi, cara?” le chiese una vecchia con un’accento slavo, che esponeva collane e amuleti su un tappeto.
“Dicono che curo gli animali con le arti del diavolo” balbettò Maria.
“E se anche fosse?” rise l’anziana e le indicò un banchetto, dove un uomo con un turbante vendeva stracci e scope di saggina.
Cercarono Maria per ore nella valle, ma nessuno riuscì a trovarla.
Solo in bimbo fu certo di vederla sfrecciare nel cielo stellato, a cavallo di una scopa di saggina.
Ma non osò dirlo a nessuno.
I carri arrivavano in un giorno di vento, quando le giornate si erano già accorciate e il respiro del nord cominciava ad arrossare le guance e intirizzire le mani.
Tutto il paese li attendeva con trepidazione, affascinati e intimoriti come di fronte a un serpente dalle scaglie dorate. Fra loro abbaiavano con lingue ruvide, ma sembravano conoscere ogni dialetto per vendere e tirare sul prezzo. Portavano spezie dagli odori inebrianti, tappeti, tessuti iridescenti, animali che sembravano usciti dalle favole, strumenti musicali da cui strappavano note ipnotiche.
Si fermavano tre giorni, durante i quali non si parlava d’altro. Per quanto poco denaro possedessero le persone, nessuno riusciva a evitare di spendere almeno una moneta in un frutto mai visto o in un dolce misterioso.
Dal pulpito il parroco tuonava eterna dannazione per le donne che fossero andate al mercato dell’Est senza un uomo che le difendesse dalle diaboliche malie degli stranieri. Certo non era un luogo per timorati di Dio, ma i padri di famiglia avevano sufficiente fibra per resistere alla tentazione. Le femmine, ne era certo, subivano maggiormente le suggestioni sataniche della fiera. Durante l’omelia fissava le brave massaie terrorizzate lanciando strali, poi il suo sguardo cadeva sulla piccola Maria, che se ne stava sul bordo della panca con il suo vestitino lacero e un fazzoletto sudicio sui capelli al posto del velo. A quel punto faceva una lunga pausa e storceva le labbra disgustato, per far capire a tutta l’assemblea che, per certe donne, l’inferno era un abisso più vicino che per altre.
Maria non aveva un uomo che l’accompagnasse al mercato dell’Est. I suoi genitori erano morti quando era piccina ed era cresciuta della carità del paese. Trascorreva l’estate fra campi e boschi; d’inverno trovava riparo nelle stalle, da cui nessuno aveva il coraggio di cacciarla. Non era solo il buon cuore delle persone a evitarle di morire assiderata, ma anche il talento che dimostrava con gli animali. Forse perché li conosceva meglio delle persone, sapeva accudirli come nessun altro. Riconosceva le malattie dei polli, che curava con pastoni di erbe e radici. Capiva se una mucca era gravida solo guardandola negli occhi, indovinava la buona crescita di un puledro sfiorandogli la groppa. Avere quella piccola stracciona che dormiva nella stalla significava salute e prosperità del bestiame e così le famiglie se la contendevano: un mese qui, un mese là.
Il parroco trovava riprovevole che una donna vivesse in quel modo bestiale e, da anni, riteneva che ci fosse qualcosa di pagano nelle capacità della giovane. Quando si recava nelle case dei parrocchiani, di fronte a un bicchiere di vino e una fetta di pane, non perdeva occasione per sibilare i suoi sospetti. Ma poiché le benedizioni di quel vecchio prete non avevano il medesimo effetto su mucche e maiali delle mani di Maria, i contadini ascoltavano compunti le raccomandazioni e poi, regolarmente, le ignoravano.
Quell’anno però era accaduto un fatto inusuale.
Dopo aver trascorso due settimane nella stalla di Alcide, Maria se n’era andata e tutte le galline erano morte. I maiali erano ammalati e i colombi nella piccionaia perdevano le penne.
Il vecchio era andato diritto in chiesa ed aveva raccontato al parroco quello che pensava: quella sgualdrina aveva fatto una fattura, ecco perché le bestie erano andate alla malora.
Il prete si sfregò le mani soddisfatto: erano anni che attendeva quel momento.
L’omelia della domenica fu un lungo atto d’accusa nei confronti di coloro che non si affidavano alla mano di Dio, ma a pozioni stregonesche. Non ci sarebbe stato perdono per chi, di fronte a una mucca malata, invece di pregare il Signore che guarisse, si ostinasse a palparle la pancia.
Tutta l’assemblea si voltò a guardare Maria, che avvampò sotto quegli occhi malevoli.
In chiesa cadde il silenzio e la giovane si lasciò prendere dal panico. Il paese intero pareva odiarla.
Scattò in piedi, si guardò intorno come un gatto che sente il ringhio del cane e scappò via.
Il prete, euforico del proprio successo, affondò il lama ancora più in profondità.
“Se fugge dalla casa di Dio, è perché il demonio la guida.”
“E’ una strega” gracchiò Alcide e queste parole rimbalzarono di panca in panca, da un inginocchiatoio all’altro.
Molti uomini si alzarono e corsero verso l’uscita, pronti a recuperare la fuggitiva. Solo alcuni si chiesero cosa potesse aver fatto quel maiale dell’Alcide per spingere Maria ad ammazzargli tutto il bestiame.
Maria correva, terrorizzata come un’anatra durante la caccia.
Raggiunse la fiera e si nascose fra le bancarelle, sperando che la propria esile figura scomparisse nel bailamme generale.
“Da cosa fuggi, cara?” le chiese una vecchia con un’accento slavo, che esponeva collane e amuleti su un tappeto.
“Dicono che curo gli animali con le arti del diavolo” balbettò Maria.
“E se anche fosse?” rise l’anziana e le indicò un banchetto, dove un uomo con un turbante vendeva stracci e scope di saggina.
Cercarono Maria per ore nella valle, ma nessuno riuscì a trovarla.
Solo in bimbo fu certo di vederla sfrecciare nel cielo stellato, a cavallo di una scopa di saggina.
Ma non osò dirlo a nessuno.