Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Niko G
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Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#1 » sabato 10 settembre 2016, 15:33

“Non esistono i draghi”.
Glie lo dicevo sempre ogni volta che cercava di convincermi del contrario. Succedeva spesso quando dopo una giornata nei campi bevevamo insieme un boccale di birra, ma mio padre non voleva sentire ragioni e continuava a dire che lui ne aveva visto uno. Io gli rispondevo che erano solo favole per bambini e a quel punto lui tirava fuori dalla tasca quel piccolo flauto annerito e spezzato.
“Se davvero non ci credi prova a suonare questo. Nel giro di pochi minuti ne vedrai arrivare uno dal cielo”
Anche se non ci credevo non ho mai avuto il coraggio di farlo. Una volta lo portai addirittura alla bocca sfidandolo con gli occhi, ma il suo sorriso beffardo non si smorzò minimamente e quando glie lo porsi nuovamente lo rimise in tasca senza dire nulla.
Ripensai a quel momento la mia prima notte di guardia come arciere scelto della Cinta Sud. Avrei voluto lanciare in alto una freccia infuocata per fargli vedere dalla nostra piccola casa nelle campagne che ce l’avevo fatta, e lui sarebbe stato contento e fiero di me anche se era sempre stato più bravo coi silenzi che con le parole. Quello che però rimase nel mio cuore fu solo il senso di colpa per averlo lasciato solo e vecchio nella nostra casa ormai in rovina per inseguire i miei sogni. Avrei dovuto leggere nei suoi occhi quello che stava per fare, adesso che dopo mia madre anche io lo lasciavo per un’altra vita. Ma un giorno di permesso tornai a casa e lo ritrovai così, a terra con un pugnale infisso nella gola in un lago di sangue ormai vecchio, divorato dalle larve e dalle mosche.
Scacciai i ricordi e tirai fuori il flauto, lo portai alla bocca e soffiai con tutta la mia forza. Soffiai via tutto, i nostri silenzi, le nostre risate insieme, i sacrifici che fece per pagarmi le lezioni di tiro, l’addio che non ci diedimo mai. Soffiai mentre la piccola nota stonata vibrava e le mura sotto i miei piedi iniziavano a tremare. Il cielo si squarciò di fronte ai miei occhi e lo vidi. Si avvicinò lentamente col suo volo sinuoso ed il terrore iniziò a montarmi dentro con la furia di una tempesta di ghiaccio.
“Al Drago! Al Drago!”
Le urla dei miei compagni fendevano il silenzio della notte insieme al rumore di centinaia di stivali d’acciaio e armature di soldati in corsa. Tutto intorno a me i fuochi di segnalazione si accendevano uno dopo l’altro mentre io restavo lì, immobile con il flauto tra le labbra. Si avvicinò a me, maestoso e terrificante, fermandosi a mezz’aria a pochi passi dal mio volto mentre le frecce infuocate cominciavano a piovergli addosso e i miei compagni urlavano il mio nome sperando che mi togliessi di lì, che imbracciassi l’arco, che gli piantassi una freccia negli occhi, che facessi qualcosa…
Ma non feci nulla.
Lo guardai e lui guardò me. Mi persi nel verde iridescente dei suoi occhi e lui bevve per un breve istante il misero castano dei miei. Capii subito cosa voleva. Tolsi il flauto annerito dalle labbra, lo spezzai e lo gettai giù dalle mura.
“Adesso sei libero. Salutamelo… e digli che presto ci rivedremo”
Una tiepida lingua di fuoco lambì i miei capelli. Il Drago si voltò ed in un lampo volò via sparendo dietro i monti in un bagliore rosso come le fiamme che esalavano dalle sue fauci.
Da allora, non ho mai più detto che qualcosa non esiste se prima non ho provato a cercarla.


Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

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Jacopo Berti
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#2 » lunedì 12 settembre 2016, 18:59

Ciao Nicola, benvenuto!
Il tuo racconto non mi dispiace, è semplice ed è ciò che ci si aspetta da questo contest: una breve vicenda fantasy con un drago come protagonista. La buona prosa, quasi del tutto pulita e controllata (ma attento a "glie lo"), permette di leggere agevolmente il tuo scritto.
Gli elementi principali (l'incredulità, il rapporto col padre, la ricerca dell'avventura e di un futuro migliore, il vincolo della creatura fantastica ad un oggetto magico) sono quegli standard. Ciò non è positivo o negativo in sé, ma è qualcosa da cui partire e a cui aggiungere qualche tocco personale. Ecco, in una certa parte l'hai fatto, ma secondo me ancora troppo poco per far risaltare la tua prova e darle una marcia in più.
Comunque, ben fatto, sono sempre contento di leggere racconti di persone nuove che si mettono in gioco e partecipano a MC.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

Niko G
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#3 » lunedì 12 settembre 2016, 19:24

Timetrapoler ha scritto:Ciao Nicola, benvenuto!
Il tuo racconto non mi dispiace, è semplice ed è ciò che ci si aspetta da questo contest: una breve vicenda fantasy con un drago come protagonista. La buona prosa, quasi del tutto pulita e controllata (ma attento a "glie lo"), permette di leggere agevolmente il tuo scritto.
Gli elementi principali (l'incredulità, il rapporto col padre, la ricerca dell'avventura e di un futuro migliore, il vincolo della creatura fantastica ad un oggetto magico) sono quegli standard. Ciò non è positivo o negativo in sé, ma è qualcosa da cui partire e a cui aggiungere qualche tocco personale. Ecco, in una certa parte l'hai fatto, ma secondo me ancora troppo poco per far risaltare la tua prova e darle una marcia in più.
Comunque, ben fatto, sono sempre contento di leggere racconti di persone nuove che si mettono in gioco e partecipano a MC.


Ciao, grazie e ben trovato :)
Hai ragione, sono stato senza dubbio troppo "classico" ed era quello che volevo provare a fare nella mia interpretazione della traccia. Sicuramente la mia lotta con i caratteri ha fatto i suoi morti! Ma è stata una bellissima esperienza che ripeterò senza dubbio per migliorarmi grazie anche a commenti come il tuo. :)
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

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Simone Cassia
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#4 » martedì 13 settembre 2016, 23:44

Ciao Nicola, benvenuto.
Per essere una prima prova, qui su minuti contati, non te la sei cavata affatto male! Il racconto lavora bene con gli elementi che introduci anche se stilisticamente c’è un po’ da lavorare.
Il problema più grosso che ho riscontrato è stato nel cogliere a pieno il susseguirsi degli eventi. Solo a terza rilettura ho capito che in tutto il racconto il protagonista non si era spostato dalle mura e che era ancora la sua prima notte di guardia.
Un altro consiglio che mi sento di darti è quello di giocare maggiormente con gli a capo e le spaziature, aiutano molto la lettura e la scansione dei tempi del racconto.
Da allora, non ho mai più detto che qualcosa non esiste se prima non ho provato a cercarla.

Secondo me questa conclusione è superflua non si sente il bisogno della “morale” in questo racconto.
Detto ciò, il racconto promette bene e spero che farai tesoro del confronto che offre Minuti Contati (anche se ogni tanto parte la rosicata selvaggia, ma pure quella fa parte dello show) :-)

Niko G
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#5 » mercoledì 14 settembre 2016, 7:06

Ciao Simone, grazie molto per i consigli!
Hai ragione sul fatto del personaggio che "si sposta", pensavo che bastasse solo "scacciai via i pensieri" per farlo tornare sulle mura ma avrei dovuto spendere qualche carattere in più. Hai ragione anche sul discorso spaziature.
La frase finale in effetti può sembrare superflua ma, più che una morale, vuole suggerire al lettore che il racconto è in realtà una piccola pagina di diario e una riflessione sul significato di amore, fantasia, distacco e crescita. Grazie ancora e spero ci riincontreremo al prossimo live ☺☺
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

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Andrea Partiti
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#6 » mercoledì 14 settembre 2016, 7:59

Ciao, e benvenuto!
Non volermene per le critiche, prendile con uno spirito positivo!
Il tuo racconto nasce da un'idea solida, classica e sviluppata bene, ma non raggiunge il massimo del suo potenziale, considerati tutti gli ingredienti che butti nel tuo calderone.
Ha un problema proprio al centro della storia che distrae quando si sta entrando nel vivo della storia e lascia perplessi durante la lettura. [Simone te l'ha accennato, quindi ho pensato di "espandere" la questione del teletrasporto perché si risolve facilmente]
"Ma un giorno di permesso tornai a casa e lo ritrovai così" > Fino a poco prima è sulle mura di guardia, poi trova il padre morto nella sua casa (metodo di suicidio... strano, tra l'altro)
"Scacciai i ricordi e tirai fuori il flauto" > e poco dopo suona il flauto in mezzo ai suoi compagni arceri.
Ora, a posteriori ho capito che volevi dire "Un giorno di permesso ero tornato a casa e l'avevo trovato così" perché il protagonista sta ricordando *mentre* è di guardia, ma nel flusso della storia i verbi sbagliati ci spostano qua e là istantaneamente.
Una volta corretto questo, non c'è comunque un elemento scatenante. C'è il ricordo, ha il flauto, non ha una ragione che lo spinga a suonarlo proprio lì, proprio in quel momento. Il drago è un simbolo... della relazione con il padre? Della fiducia che il protagonista ha sempre avuto in quel che il padre gli diceva?
La frase finale va assolutamente persa: non serve davvero a chiudere il racconto.
Se il drago se ne andasse e basta magari trasmetteresti il messaggio preciso che hai in mente, ma dire al lettore "questa è la conclusione che devi trarre dal racconto, non provare a interpretarlo e adattarlo alla tua esperienza e al tuo umore del momento" è dannoso. Con una morale esplicita gli stai tarpando l'immaginazione e rendi meno piacevole un racconto allegorico che magari si adatta anche ad altre interpretazioni. Ognuno legge e vede il messaggio che desidera in un racconto, magari è quel che lo scrittore pensava sarebbe passato, ma spesso no, e va bene così. Magari per me il racconto parla di come i padri appaiono agli occhi dei figli e di come neppure la morte riesca a fermare questa aura. Magari parla di come per rimediare agli errori dei propri genitori serva infrangere dei divieti che ci hanno imposto. In generale mi sembra che più sia breve un racconto, più sia aperto a incastrarsi in una visione del mondo molto personale e particolare.

Note sparse e poco rilevanti:
"i sacrifici che fece per pagarmi le lezioni di tiro" > questa mi sembra un riflettere consuetudini e sensi di colpa moderni in una società di stampo più antico. Evoca immagini di curriculum da "arciere con patentino" lasciati alle risorse umane della guardia di città, non certo atmosfere medievali!
Diedimo > demmo, Glie lo > glielo, lo so che fino a un secolo fa usava, ma per coerenza con lo stile del racconto userei la forma moderna.
In generale serve una ripulita al linguaggio e alla punteggiatura, ma quello è normale, e ammettiamolo, scrivere live con le distrazioni del mondo non aiuta :)
Complimenti per il racconto, la prima volta con tempo, tema e limite di caratteri è sempre traumatica, poi passa!

Niko G
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#7 » mercoledì 14 settembre 2016, 19:11

Andrea Partiti ha scritto:Ciao, e benvenuto!
Non volermene per le critiche, prendile con uno spirito positivo!
Il tuo racconto nasce da un'idea solida, classica e sviluppata bene, ma non raggiunge il massimo del suo potenziale, considerati tutti gli ingredienti che butti nel tuo calderone.
Ha un problema proprio al centro della storia che distrae quando si sta entrando nel vivo della storia e lascia perplessi durante la lettura. [Simone te l'ha accennato, quindi ho pensato di "espandere" la questione del teletrasporto perché si risolve facilmente]
"Ma un giorno di permesso tornai a casa e lo ritrovai così" > Fino a poco prima è sulle mura di guardia, poi trova il padre morto nella sua casa (metodo di suicidio... strano, tra l'altro)
"Scacciai i ricordi e tirai fuori il flauto" > e poco dopo suona il flauto in mezzo ai suoi compagni arceri.
Ora, a posteriori ho capito che volevi dire "Un giorno di permesso ero tornato a casa e l'avevo trovato così" perché il protagonista sta ricordando *mentre* è di guardia, ma nel flusso della storia i verbi sbagliati ci spostano qua e là istantaneamente.
Una volta corretto questo, non c'è comunque un elemento scatenante. C'è il ricordo, ha il flauto, non ha una ragione che lo spinga a suonarlo proprio lì, proprio in quel momento. Il drago è un simbolo... della relazione con il padre? Della fiducia che il protagonista ha sempre avuto in quel che il padre gli diceva?
La frase finale va assolutamente persa: non serve davvero a chiudere il racconto.
Se il drago se ne andasse e basta magari trasmetteresti il messaggio preciso che hai in mente, ma dire al lettore "questa è la conclusione che devi trarre dal racconto, non provare a interpretarlo e adattarlo alla tua esperienza e al tuo umore del momento" è dannoso. Con una morale esplicita gli stai tarpando l'immaginazione e rendi meno piacevole un racconto allegorico che magari si adatta anche ad altre interpretazioni. Ognuno legge e vede il messaggio che desidera in un racconto, magari è quel che lo scrittore pensava sarebbe passato, ma spesso no, e va bene così. Magari per me il racconto parla di come i padri appaiono agli occhi dei figli e di come neppure la morte riesca a fermare questa aura. Magari parla di come per rimediare agli errori dei propri genitori serva infrangere dei divieti che ci hanno imposto. In generale mi sembra che più sia breve un racconto, più sia aperto a incastrarsi in una visione del mondo molto personale e particolare.

Note sparse e poco rilevanti:
"i sacrifici che fece per pagarmi le lezioni di tiro" > questa mi sembra un riflettere consuetudini e sensi di colpa moderni in una società di stampo più antico. Evoca immagini di curriculum da "arciere con patentino" lasciati alle risorse umane della guardia di città, non certo atmosfere medievali!
Diedimo > demmo, Glie lo > glielo, lo so che fino a un secolo fa usava, ma per coerenza con lo stile del racconto userei la forma moderna.
In generale serve una ripulita al linguaggio e alla punteggiatura, ma quello è normale, e ammettiamolo, scrivere live con le distrazioni del mondo non aiuta :)
Complimenti per il racconto, la prima volta con tempo, tema e limite di caratteri è sempre traumatica, poi passa!


Ciao Andrea :)
Grazie per la costruttivissima analisi critica. Rispondo punto per punto:
-L'elemento scatenante che lo spinge a suonare il flauto è: E' la sua prima notte di guardia e finalmente ha coronato il suo sogno di diventare un arciere, avrebbe voluto fare quello che sognava da sempre (lanciare in alto una freccia infuocata per farsi vedere dal padre) ma non lo può fare perchè il padre è appunto morto, solo a quel punto le emozioni dentro di lui diventano insostenibili e decide di tirare fuori il flauto e suonarlo.
-Hai ragione sul tempo verbale sbagliato. Mea culpa ! A me sembrava comunque chiaro, mi era venuto il sospetto che la cosa potesse confondere chi leggeva ma ho pensato di risparmiare caratteri ed ho senza dubbio sbagliato;
- il suicidio col pugnale alla gola è senz'altro poco usuale, ma sul momento mi è venuta quell'immagine;
- Il signifcato dietro la storia c'è ed è anche molto strutturato secondo me: Ci sono persone, sebbene comuni, che nascondono grandi segreti (il padre, un povero contadino,era in realtà legato a un drago), ma che finiscono spesso sole, abbandonate e distrutte dalla propria diversità. Ogni tanto ti mettono un flauto magico in mano e ti chiedono di dargli fiducia e di suonarlo, e se non lo fai spesso finisci a pentirtene molto dopo averle perse per sempre. La frase finale cristallizza il messaggio e l'effetto dell'avvenimento finale sulla crescita del personaggio: prima di dire che non esiste un drago, o l'amore, o la possibilità di raggiungere un obiettivo, che non è possibile una qualunque cosa che qualcuno ti sta dicendo, provaci! non abbandonarla, perche quella persona potrebbe finire divorata da sè stessa e/o allontanarsi per sempre da te. Combatti con lei, dalle fiducia e grandi miracoli avverranno di fronte ai tuoi occhi. Questo racconto è una piccola pagina di diario nata dai pensieri che mi giravano in testa mentre passeggiavo sulle mura del castello in cerca di ispirazione.
-Le lezioni di tiro effettivamente sono anacronistiche ma avevo l'acqua alla gola con i caratteri e ho sperato che il lettore cogliesse il senso.
-Diedimo e glie lo non sono che io sappia errori grammaticali ma arcaicismi, ma mi documenterò :)
Un saluto :)
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

Canadria
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#8 » giovedì 15 settembre 2016, 17:48

Ciao! Mi piace l'impronta classica che hai voluto dare al tuo racconto, è l'unico tra quelli proposti che si attiene pienamente allo stile fantasy. Il flauto "annerito" è piuttosto evocativo ed il tentennamento del ragazzo nel farlo suonare tradisce teneramente la sua insicurezza. Sono d'accordo con il commento di Andrea quando dice che ci si perde un po' tra i pensieri dell'arciere che ricorda il padre morto: non si capisce immediatamente che si tratta di un ricordo, potrebbe sembrare un trasferimento istantaneo dalle mura della città alla casa di famiglia. Comunque mi è piaciuta l'interpretazione classica della trama con l'aggiunta di una piccola nota di sentimentalismo.

valter_carignano
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#9 » venerdì 16 settembre 2016, 12:49

ciao
non ho avuto tempo di commentare prima, e in questo caso tutto quello che potevo dire l'hanno detto (meglio di come avrei fatto io) Andrea, Simone e Timetrapoler. Non posso che concordare in tutto è per tutto.
Personalmente, comunque, trovo che hai tratteggiato bene il rapporto con il padre e mi sembra molto efficace e ben riuscita la scena dell'incontro col drago.

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AmbraStancampiano
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#10 » venerdì 16 settembre 2016, 21:28

Ciao Nicola, bentrovato :)
il tuo racconto mi è piaciuto molto, ho apprezzato l'atmosfera fantasy classica e la vividezza di particolari della tua scrittura. Lo stile è a volte osteggiato da una sintassi un po' incerta, dovuta chiaramente alla fretta, ai tagli e alla confusione del dragon fest :)
Un appunto che ti faccio riguarda la concatenazione spaziotemporale degli eventi, che non mi è chiarissima: non ho capito se il Protagonista/narratore è a casa davanti al corpo del padre o sulle mura durante la sua prima guardia, è un flusso di coscienza perciò l'incertezza ci può anche stare, però mi ha un po' confuso.
Il finale è perfetto.
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

Fabiana Donato
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#11 » sabato 17 settembre 2016, 16:09

Ciao Nicola! Per prima cosa, Benvenuto tra noi. Ho notato che hai affrontato molto bene questa prova, soprattutto perché il tuo racconto ha davvero un bel potenziale. Purtroppo però il limite dei caratteri secondo me ha influito a danneggiare in piccola parte il testo, perché per sviluppare una bella idea è necessario avere una buona tecnica e soprattutto riuscire ad essere il più chiari possibili entro i limiti stabiliti. Molte volte, anche a me è capitato. Nonostante delle incomprensioni temporali, dalla tua spiegazione ho capito il senso e devo dirti che è molto bello e secondo me c'è anche molto di te. Migliora la tecnica da questo punto di vista, per quanto riguarda la chiarezza, e vedrai che scriverai degli ottimi racconti. Alla prossima :)

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antico
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Re: Il nostro addio - Nicola Gambadoro

Messaggio#12 » mercoledì 21 settembre 2016, 18:15

Vero, il racconto ha un grosso problema nella successione degli eventi nella parte centrale. Non starei a ragionarci più di tanti, Andrea ha esposto tutto benissimo e non serve ripeterlo, ma certo è che la tua è stata una lotta contro i caratteri e non tutte le scelte che hai fatto per contrastarli ti hanno dato ragione. Mi sembra quasi un racconto contratto che ha bisogno di espandersi alla sua forma corretta per poter essere giudicato appieno. L'idea del flauto mi è piaciuta molto e anche il rapporto con il padre è ben tratteggiato (sempre nei limiti della compressione che hai operato). Questo è un racconto che attendo ASSOLUTAMENTE nel Laboratorio. Come giudizio, tenuto conto del problema fondante della "contrazione", al momento è un NI.

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