La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

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Sondaggio concluso il domenica 2 ottobre 2016, 22:07

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alexandra.fischer
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La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#1 » giovedì 1 settembre 2016, 21:24

LA CURVA CHE NON C’ERA
Di Alexandra Fischer
Il giovane imboccò il rettilineo a folle velocità, trasformando i ciliegi e l’erba ai lati della strada in un unico scarabocchio bianco, verde e marrone.
La ragazza al suo fianco impallidì sotto la veletta.
- Rallenta – lo implorò.
- Non posso – le disse lui, con una voce rauca di collera.
La ragazza gli obbedì, tenendosi il cappello con una mano mentre si voltava.
Il calesse bianco li stava ancora inseguendo.
- C’è ancora?
- Sì.
I due cavalli facevano un rumore di ferraglia sulla pietra da farla rabbrividire.
Lo aveva già sentito.
Un calesse come quello aveva bloccato il passaggio a livello, facendo ritardare la locomotiva di un bel po’.
Era successo solo mezz’ora prima, ma nella mente della ragazza, era un ricordo divenuto già evanescente, come l’essere scesa dal treno andando incontro alla Bugatti illudendosi di stare vivendo una giornata come le altre, solo un po’ più movimentata.

Quando era salita sull’auto dell’amico, venuto a prenderla alla stazione, aveva scambiato la piega dura sulle labbra di lui per esasperazione da ritardo.
- Scusa – gli aveva detto, mentre si sedeva ansante accanto a lui – un calesse ha bloccato il treno sui binari per un bel pezzo. Non ti dico i macchinisti e gli altri passeggeri.
Il suo amico era addirittura sbottato: - Un calesse? Di che colore?
- Bianco – gli aveva risposto lei.
Sentendo il colpo di pedale con il quale lui aveva avviato l’auto, la ragazza si preoccupò.
- Dammi almeno gli occhialoni.
- Nel cruscotto.
- Grazie per essermi venuta a prendere. Io non ci speravo più. Da quando è sparita Minna…
- Ora sei qui e andremo a fondo di questa storia. Tua sorella non può essersi volatilizzata.

La folle corsa del giovane lungo il rettilineo innervosì anche la ragazza.
- Così ci ammazziamo. Che cosa succede?
Senza perdere di vista la strada, lui replicò: - Dobbiamo andare subito a casa. C’è stata un’esplosione in azienda.
Dietro di loro, il calesse bianco stava guadagnando velocità.
La Bugatti compì l’ennesima accelerazione.
Il giovane era sicuro di lasciarsi dietro il calesse quando vide la curva.
Frenò bruscamente, frastornato dal fatto che prima non ci fosse.
Materializzandosi in una macchia grigia, davanti agli occhi dei due comparve un paesaggio fatto tutto di metallo. Dagli alberi agli uccelli alle case. E tutto in movimento.
Gli abitanti erano vestiti come loro.
La ragazza notò che molte donne portavano grandi cappelli tondi a veletta come il suo e se era per quello, anche gonna lunga, maniche a sbuffo, con tanto di sellino.
Si sarebbero dette anche più alla moda di lei, ma c’era qualcosa di meccanico nei loro movimenti; la facevano pensare a tante bambole caricate con una chiave a molla.
Si distrasse guardando quelle con le divise da cameriere e da operaie.
Una di loro le sembrò sua sorella.
Stava quasi per chiamarla, ma le parole le morirono in gola quando vide la chiave sulla schiena della presunta fanciulla.
Quella pupattola a grandezza naturale non poteva essere Minna.
Il suo compagno si tolse gli occhialoni da guida e mise i guanti in tasca.
Non badò agli uomini vestiti in frac e marsina, oppure in giacca e pantaloni con il cappello a visiera e neanche al cigolio di metallo che proveniva dalle loro articolazioni.
Si era girato verso il calesse e aveva visto il cavallo e il cocchiere.
Erano di metallo anche loro.
Dal calesse scese un uomo in carne e ossa, vestito in un completo di tweed marrone e camice bianco.
Portava occhiali a stringinaso e se li aggiustò con aria stizzita.
- Ti sono corso dietro fin troppo, Manfred, sacrificando anche uno dei miei nuovi calessi – gli disse il nuovo arrivato – non vuoi presentarmi la tua graziosa passeggera?
- No – gridò lui – ho accettato che tu costruissi le impastatrici a vapore per la ditta di nostro padre e che affidassi Annelore alla governante di tua scelta. Quando ha scoperto che bisognava caricarla con una chiave come uno dei suoi pupazzi, non ti dico. E ora questo. Tu hai stravolto l’intera azienda trasformandone gli impiegati in automi, dopo aver bruciato gli originali in carne e ossa negli uffici e nei capannoni.
Manfred si guardò intorno angosciato.
- Già, che cos’è? – gli domandò, con terrore crescente.
- Fabrica – gli rispose il fratello maggiore – questo è il futuro villaggio industriale per papà. Se vuoi seguirmi, fra un paio di isolati vedrai l’azienda di papà che ho trasferito qui. Dice sempre che vuole un meccanismo ben oliato. E io l’ho creato. Per la curva, c’è voluto il lavoro dei cantonieri a bulloni.
Manfred gli domandò: - Ma non ti vergogni? E la legge?
L’uomo rise.
- Qualcosa bisognerà pure sacrificare, all’efficienza.
Il giovane rimase serio, mentre il sospetto diventava certezza nella sua mente: - Hai sabotato le caldaie, Heinz.
Il fratello arretrò, con le mani in avanti.
- Se la sono cercata. Quella Minna, poi, stava facendo troppe storie, con le sue paure di perdere il lavoro. Volevo salvarla, mi piaceva. Poi mi sono reso conto che era come gli altri. E dire che ho cercato di far apprezzare loro il progresso. Ho agito per il bene del progresso, dell’umanità.
Manfred lo seguì, in apparenza gelido.
- Posso immaginarlo.
- Non puoi. Hanno distrutto gli aiutanti meccanici che ho affiancato loro.
Ricordando le tensioni in azienda, Manfred cominciò a rendersi conto di cosa era successo.
- Ora capisco perché il capo reparto si è lamentato con papà. Tu hai peggiorato la produzione il mese scorso.
Il fratello si fermò.
- Colpa di quegli stupidi.
- No, Heinz, tua. Gli operai si sono spaventati davanti all’efficienza degli aiutanti meccanici, hanno temuto di perdere il posto. Non è ancora il momento di certe novità.
Heinz infilò di scatto la mano nella tasca della giacca.
Temendo il peggio, Manfred si voltò verso la ragazza.
Distrutta, mormorava il nome della sorella, ricordando come le avesse imposto di non andare al lavoro insieme a lei, quel mattino, ma di prendere il treno dopo aver telefonato a Manfred.
Minna sperava ancora che lui, come vice presidente della ditta, potesse fare qualcosa.
La ragazza era ancora inebetita dal fatto di essersi salvata per un soffio, quando Manfred le diede una spinta.
- A Terra!
Fra le mani del fratello c’era un piccolo carillon a forma di baule.
- Andiamo, Manfred, credevi davvero che volessi ucciderti? No davvero. Sarai mio ospite insieme alla tua deliziosa compagna di viaggio.
Non appena Heinz girò la chiavetta del meccanismo, ne venne fuori il motivo di un valzer che attirò due automi verso Manfred; correvano entrambi a pugni in avanti.
Il giovane si mise sulla difensiva.
Sogghignando, Heinz aggiunse: - Questo, fintanto che papà non metterà a tacere la cosa.
- Non lo farà mai – rispose Manfred, mentre parava i colpi dei due avversari meccanici meglio che poteva.
- Ah, davvero?
Il giovane si dibatté, strappando una mezza manica al primo e facendo volare la visiera del secondo.
- Tratti male i ragionieri – osservò Heinz con aria annoiata.
Poi si rivolse alla ragazza, rimasta a terra terrorizzata.
- Venga, cara – la invitò, con la mano tesa.
Lei gli obbedì, tremante, rivolgendo poi a Manfred uno sguardo terrorizzato.
Heinz le disse: - Non è il caso di spaventarsi così. Basta seguire le mie istruzioni.
Subito dopo, si rivolse al fratello minore.
- Vero, Manfred?
Heinz girò una seconda volta la chiavetta del carillon e la marcetta divenne più vivace.
L’automa senza visiera strinse il collo del giovane.
- Un altro giro di chiave e te lo spezzerà. Capisci perché papà liquiderà tutto come un incidente?
Manfred annuì per come poteva.
Heinz spense il carillon e l’automa lasciò andare il giovane.
- Sono lieto che tu abbia capito.
L’automa con la visiera e il collega di nuovo in mezze maniche volsero il capo e tesero il braccio in direzione della via alle loro spalle.
- Ma certo, ragionieri – disse Heinz rivolto loro – avete ragione. Dobbiamo affrettarci, c’è molto da vedere e poco tempo.
E così si avviarono al reparto produzione tutti quanti.
Dalla ciminiera si spandeva un delizioso profumo di panpepato.
- E papà? – gli domandò Manfred, sentendo il terrore morderlo sempre di più.
- Gli ho telefonato di venire. Anche se è rimasto a casa per via di quella riunione di importatori, gli resterà tempo per farci visita.
Ultima modifica di alexandra.fischer il venerdì 23 settembre 2016, 18:52, modificato 2 volte in totale.



Canadria
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#2 » venerdì 9 settembre 2016, 15:41

Ciao! Mi piace l'idea della critica all'impatto occupazionale della tecnologia in ambito lavorativo, mi piace come presupposto. Tuttavia credo che avresti potuto premere di più l'acceleratore sulle reazioni delle persone alla politica di Heinz. E' un tema importante e probabilmente avrebbe bisogno di più spazio per essere raccontato con maggiore partecipazione. Anche le figure dei tre protagonisti mi sembrano poco caratterizzate ma, appunto, probabilmente per mancanza di caratteri disponibili.
Ti segnalo un tempo presente che credo sia sfuggito alla tua revisione in questa frase:
"Si sarebbero dette anche più alla moda di lei, ma c’era qualcosa di meccanico nei loro movimenti; la fanno pensare a tante bambole caricate con una chiave a molla."


P.S. Sono nuova e non so se devo cliccare obbligatoriamente sul sondaggio tra revisione e grazia. Se ho sbagliato qualcosa, per favore, segnalamelo.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#3 » venerdì 9 settembre 2016, 20:36

Grazie per la segnalazione in merito alle reazioni dei personaggi riguardo alla politica di Heinz e alla frase con il tempo verbale da correggere. Ne terrò conto. Prima di provarci, passo a commentare il tuo racconto.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#4 » domenica 11 settembre 2016, 19:59

Ho modificato il testo in base alle indicazioni ricevute. Sono disposta a ritoccarlo ulteriormente se permarranno errori.

Niko G
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#5 » martedì 20 settembre 2016, 17:52

Ciao Alexandra,
il tuo racconto mi è piaciuto. Non conosco bene lo steampunk ma questo mondo pieno di uomini a molla, locomotive, occhialoni da pilota del primo novecento mi affascina molto e tu sei riuscita a renderlo benissimo.
Il messaggio è molto profondo e non posso fare altro che condividerne il simbolismo, con tutti questi "potenti" che cercano in tutti i modi di ridurci a macchine senza emozioni e fini oltre che lavorare per arricchirli.
Andando al racconto lo trovo ben scritto, mi è piaciuta la parte della corsa in Bugatti, molto carina anche quella del duello e del carillon che "evoca" i due automi. Ben integrati i dialoghi nel combattimento di Manfred contro i ragionieri. Bello il finale.
Secondo me alcune cose lo rendono però poco fluido ed ho avuto bisogno di tornare indietro e rileggere alcuni passaggi per comprendere i punti essenziali.
Mi è sembrato brusco il passaggio tra la prima parte e la seconda, in cui la ragazza ricorda il suo arrivo alla stazione. Avrei legato le due parti in qualche modo facendo capire al lettore in prima lettura che si trattava di un ricordo di poco tempo prima, cosa che non è immediatamente ovvia a mio avviso. Il tuo stile è molto serrato e incisivo, da' bene l'idea dell'azione, però rischia di perdere in fluidità quando piccoli periodi si susseguono l'un l'altro per troppo tempo.
Piccolissimi appunti che secondo me meritano una revisione veloce:
"La ragazza notò che molte donne portavano grandi cappelli tondi a veletta come il suo e se era per quello, anche gonna lunga, maniche a sbuffo, con tanto di sellino.
Si direbbero anche più alla moda di lei, ma c’è qualcosa di meccanico nei loro movimenti; la fanno pensare a tante bambole caricate con una chiave a molla."
Questo brusco passaggio dal tempo verbale passato a quello presente, per poi tornare nuovamente nel passato, secondo me andrebbe sistemato a meno che non fosse una scelta voluta.
"- A terra" secondo me si merita un bel punto esclamativo che contribuirebbe a dare l'idea del combattimento :)
Secondo me merita la grazia dopo una piccola revisione. Ottimo lavoro :)
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

alexandra.fischer
Messaggi: 2862

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#6 » martedì 20 settembre 2016, 19:49

Grazie Niko,
farò come dici riguardo alle ultime limature (passaggio dalla stazione all'auto, sistemazione dei tempi verbali nella descrizione degli automi femminili).

alexandra.fischer
Messaggi: 2862

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#7 » venerdì 23 settembre 2016, 18:54

Modifiche effettuate. Nel caso in cui permanessero errori, sono disposta a ritoccare ancora la storia.

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Peter7413
Messaggi: 558

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#8 » martedì 27 settembre 2016, 16:10

"Il giovane imboccò il rettilineo a folle velocità, trasformando i ciliegi e l’erba ai lati della strada in un unico scarabocchio bianco, verde e marrone.
La ragazza al suo fianco impallidì sotto la veletta.
- Rallenta – lo implorò.
- Non posso – le disse lui, con una voce rauca di collera (perché RAUCA DI COLLERA?).
La ragazza gli obbedì (perché utilizzi OBBEDI'? Quello del ragazzo non era un ordine...), tenendosi il cappello con una mano mentre si voltava.
Il calesse bianco li stava ancora inseguendo.
- C’è ancora?
- Sì.
I due cavalli facevano un (aggiungi TALE) rumore di ferraglia sulla pietra da farla rabbrividire.
Lo aveva già sentito. (sostituisci con NON ERA UN RUMORE A LEI NUOVO)
Un calesse come quello aveva bloccato il passaggio a livello, facendo ritardare la locomotiva di un bel po’ (elimina).
Era successo solo mezz’ora prima, ma nella mente della ragazza, (elimina la virgola) era un ricordo divenuto già evanescente, come l’essere scesa dal treno andando incontro alla Bugatti illudendosi di stare vivendo una giornata come le altre, solo un po’ più movimentata.

Quando era salita sull’auto dell’amico, venuto a prenderla alla stazione, (elimina) aveva scambiato la piega dura sulle labbra di lui per esasperazione da ritardo.
- Scusa – gli aveva detto, mentre si sedeva ansante accanto a lui – un calesse ha bloccato il treno sui binari per un bel pezzo. Non ti dico i macchinisti e gli altri passeggeri.
Il suo amico era addirittura sbottato: (elimina) - Un calesse? Di che colore?
- Bianco – gli aveva risposto lei.
Sentendo il colpo di pedale con il quale lui aveva avviato l’auto, la ragazza (elimina) si preoccupò.
- Dammi almeno gli occhialoni.
- Nel cruscotto.
- Grazie per essermi venuta a prendere. Io (elimina) non ci speravo più. Da quando è sparita Minna…
- Ora sei qui e andremo a fondo di questa storia. Tua sorella non può essersi volatilizzata.

La folle corsa del giovane lungo il rettilineo innervosì anche la ragazza. (sostituisci con STAVA PREOCCUPANDO LA RAGAZZA)
- Così ci ammazziamo. Che cosa succede?
Senza perdere di vista la strada, lui replicò: - Dobbiamo andare subito a casa. C’è stata un’esplosione in azienda.
Dietro di loro, il calesse bianco stava guadagnando velocità (sostituisci con TERRENO).
La Bugatti compì l’ennesima accelerazione (sostituisci con ACCELERO' ANCORA).
Il giovane era sicuro di lasciarsi (sostituisci con ESSERSI LASCIATO) dietro il calesse quando vide la curva.
Frenò bruscamente, frastornato dal fatto che prima non ci fosse (elimina).
Materializzandosi in (sostituisci con DA) una macchia grigia, davanti agli occhi dei due comparve un paesaggio fatto tutto (elimina) di metallo. Dagli alberi agli uccelli alle case. E tutto in movimento.
Gli abitanti erano vestiti come loro (come loro chi? e perché è così importante da sottolinearlo?).
La ragazza notò che molte donne portavano grandi cappelli tondi a veletta come il suo e se era per quello, anche gonna lunga (sostituisci con E ANCHE GONNE LUNGHE) , maniche a sbuffo, con tanto di sellino.
Si sarebbero dette anche più alla moda di lei, ma c’era qualcosa di meccanico nei loro movimenti; la facevano pensare a tante bambole caricate con una chiave a molla.
Si distrasse guardando quelle con le divise da cameriere e da operaie.
Una di loro le sembrò sua sorella.
Stava quasi per chiamarla, ma le parole le morirono in gola quando vide la chiave sulla schiena della presunta fanciulla.
Quella pupattola a grandezza naturale non poteva essere Minna.
Il suo compagno si tolse gli occhialoni da guida e mise i guanti in tasca.
Non badò agli uomini vestiti in frac e marsina, oppure in giacca e pantaloni con il cappello a visiera e neanche al cigolio di metallo che proveniva dalle loro articolazioni.
Si era girato verso il calesse e aveva visto il cavallo e il cocchiere.
Erano di metallo anche loro.
Dal calesse scese un uomo in carne e ossa, vestito in un completo di tweed marrone e camice bianco.
Portava occhiali a stringinaso e se li aggiustò con aria stizzita.
- Ti sono corso dietro fin troppo, Manfred, sacrificando (meglio sostituire con CONSUMANDO) anche uno dei miei nuovi calessi – gli disse il nuovo arrivato (elimina) – non vuoi presentarmi la tua graziosa passeggera?
- No (aggiungi punto esclamativo) – gridò lui – ho accettato che tu costruissi le impastatrici a vapore per la ditta di nostro padre e che affidassi Annelore (chi è Annelore?) alla governante di tua scelta. Quando ha (chi ha scoperto cosa? Annelore?) scoperto che bisognava caricarla con una chiave come uno dei suoi pupazzi, non ti dico (brutta espressione). E ora questo. Tu hai stravolto l’intera azienda trasformandone (togli in NE) gli impiegati in automi, dopo aver bruciato gli originali in carne e ossa negli uffici e nei capannoni.
Manfred si guardò intorno angosciato."


Mi sono dovuto fermare causa tempo zero a mia disposizione. Ci sono molte forzature, spesso e volentieri usi delle espressioni che stridono. Ho apprezzato il lavoro che hai fatto nel definire meglio la tua idea, ma la realizzazione è ancora, a mio parere, non da vetrina. Spero di non esasperarti se ti chiedo di riprovarci il mese prossimo partendo dal valutare le mie proposte di editing sulla prima parte e provando a operare sulla seconda rimanendo sulla stessa linea. Sai che ti dico? Se lo riproponi chiedo a Max di venire a dare lui stesso un'occhiata per provare a darti qualche altra indicazione ;)

Canadria
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#9 » martedì 27 settembre 2016, 16:57

Alexandra, rieccomi, scusa il ritardo. Innanzitutto voglio dirti che trovo il racconto notevolmente migliorato rispetto alla scorsa volta e, per questo, devo farti i complimenti: non è facile integrare, tagliare, aggiungere, spiegare, e tu l'hai fatto rapidamente e anche piuttosto bene. Per il resto, sono d'accordo con i piccoli appunti che ti ha indicato Maurizio. C'è ancora qualche piccola forzatura che potrai facilmente limare seguendo i suoi consigli, ma la storia già funziona mooolto molto di più :)
Alla prossima!

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition [6785]

Messaggio#10 » martedì 27 settembre 2016, 19:03

Ciao Peter 7413, grazie per le correzioni, farò come dici, postandone proprio la versione corretta per il Laboratorio di Ottobre (ormai vicinissimo).

Ciao Canadria, grazie dei complimenti. Sono contenta che la storia scorra un po' di più. Vedrò di aggiustarla in modo che migliori ulteriormente.

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