La Porta del Sole

Scrivi un racconto sul Tema deciso dai BOSS Eleonora Rossetti e Luigi De Meo.
Sfida gli altri concorrenti e supera il giudizio degli SPONSOR Vincenzo Maisto e Laura Platamone.
Canadria
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La Porta del Sole

Messaggio#1 » sabato 22 ottobre 2016, 20:16

Era il terzo di sette fratelli, di cui sei riuniti in piazza Cavalli. Li guardava uno a uno, per la prima volta dopo trentacinque anni. La valigia in cuoio nero pesava cento chili e gli solcava le dita della mano destra come fosse un coltello stretto per la lama. La mano sinistra reggeva un ingombrante sacco di tela scura che sfregava insistentemente contro la vecchia giacca di pelle che si allungava fino al ginocchio.
Li guardava uno ad uno e li riconosceva tutti: Luis discuteva alacremente con Pablo che teneva le mani in tasca, cupo e sospettoso, restituendogli solo rare parole ogni tanto, Genni, come al solito, era sdraiato per terra con l’orecchio destro incollato all’asfalto e Vinicio sbadigliava annoiato, seduto sulle scale della chiesa.
“E’ bello rivederti, Tito” Vinicio lo abbracciò. Tito rimase com’era, ritto in piedi, con la valigia a solcargli la mano destra ed il pesante sacco nella sinistra. “Ciao, Vincenzo”.
Pablo chinò il capo in segno di saluto e, forse estenuato dalle troppe chiacchiere, si accomodò sulle scale in pietra mentre Luis accorreva a salutare il fratello appena giunto. Tito lasciò cadere la grossa valigia in cuoio per terra e Genni sobbalzò allontanando l’orecchio, poi si mise in piedi e si avvicinò agli altri quattro sorridendo sinceramente.

Fu Pablo a parlare per primo:
“Bentornati agli emigrati. Io e Genni vi abbiamo molto atteso, ogni giorno ha ascoltato i rumori della terra per sapere quanto foste distanti” fece un cenno verso il fratello tirando il mento all’insù.
Genni muoveva la testa a piccoli scatti e teneva gli occhi fissi ora su uno, ora sull’altro, come fosse un passerotto in gabbia che guarda ogni particolare della nuova stanza in cui l’hanno condotto.
“Come tutti sapete, dieci giorni fa è morto don Franco.”
“Dov’è Ismaele?” interruppe Genni con un tono di voce troppo alto.
“Ismaele non c’entra. Non verrà.”
Tutti annuirono a questa risposta e nessuno aggiunse altro.

Don Franco era un governatore austero e supponente, che si era autonomamente eretto a Rege Supremo in barba al re della nazione intera, che neppure sapeva della sua potestà. I paesani, gente che davvero subiva i suoi soprusi e le sue violenze, si sottomisero dopo poche ribellioni finite nel sangue, in quanto alle loro pietre e ai loro bastoni si contrapponevano le fucilate dell’esercito dei balordi del Rege Supremo.
Diceva il Rege: “Non esiste paese in cui il sovrano non sia il più ricco e felice di tutti”.
Per questo motivo Tito aveva sempre vissuto in miseria, assieme ai suoi fratelli: il padre, che era l’erede di una nobile famiglia del posto, aveva nascosto ogni ricchezza ed assegnato loro nuovi nomi stranieri affinché don Franco, balordo d’Oltralpe, non potesse venire facilmente a sapere dei denari dei loro avi.
Effettivamente il piano funzionò, e la famiglia visse nell’indigenza per anni ed anni durante il dominio di don Franco, ma senza mai ricevere furti e soprusi, in quanto ritenuta famiglia di poveracci che avevano già abbastanza da combattere con la malasorte che gli era toccata.
Quando il padre morì, non poterono permettersi neppure un funerale degno dell’uomo che era stato, lo avvolsero in un lenzuolo pulito e lo seppellirono in lacrime nel giardino di una proprietà ormai abbandonata.

“Come tutti sapete, dicevo, è morto don Franco ed è arrivato il momento di aprire la Porta del Sole. Abbiamo ancora venti giorni di tempo per rimettere tutto in sesto.”
La Porta del Sole. Come strideva quel nome da bambini, adesso! Tito guardò le facce rozze dei suoi fratelli adulti e le labbra secche di Pablo muoversi, sotto la barba ispida, per pronunciare il nome luminoso del nascondiglio scelto dal padre.
“Che cosa vuoi dire?” la voce di Vinicio interruppe i pensieri di Tito.
“Io sono il primogenito” continuò Pablo “e nostro padre mi aveva messo a parte di informazioni più dettagliate.”
“Coraggio, va’ avanti!” Luis lo spronò con impazienza.
“Aprire la Porta del Sole riporterà ogni cosa al suo posto, rigenererà la felicità che negli anni ci è stata sottratta.” fece una breve pausa e poi continuò “La felicità è un cristallo intatto che si frammenta nel tempo: alcuni pezzi si rompono ma possono essere incollati nuovamente, altri, invece, vanno perduti per sempre. Ognuno di noi sa quali pezzi ha irrecuperabilmente perduto.”
Luis era perplesso: “Non capisco. Che cosa significa?”
“Dietro la Porta del Sole non ci sono solo le ricchezze che nostro padre ha dovuto nascondere da don Franco. C’è una seconda possibilità, una nuova occasione di felicità: i frammenti che mancano per ricostituire il cristallo.”
“Perché ci restano soltanto venti giorni di tempo?” Vinicio era confuso e voleva saperne di più. Era visibilmente il più ansioso.
“E’ l’incantesimo di Frate Onestà. Allo scoccare del trentesimo giorno dalla morte di don Franco, nulla sarà più recuperabile al di là di quella Porta. Così papà pensò di preservare questa preziosa eredità, affinché fosse nostra o di nessun altro.”
“E come faremo ad aprire la Porta?” chiese, finalmente, Tito.
“Domattina alle sette andremo a parlare con Frate Onestà. Adesso è tardi, sarete stanchi: la locanda sul viale ha pronte tre stanze per voi, fate pure il mio nome.”
“Mancano Sveva ed Ismaele.” disse Genni con l’orecchio ancora incollato a terra.
“Santo cielo, Genni, Sveva è morta dieci anni fa! Quante volte dovrò ripetertelo?” rispose e lo strattonò dal colletto della camicia. Genni si staccò dalla strada e si rimise su due piedi, Tito risollevò la pesante valigia e si diresse alla locanda con il suo sacco di tela scura mentre Luis e Vinicio, alle sue spalle, chiacchieravano sulle novità degli ultimi trentacinque anni delle loro vite.

Frate Onestà non era un vero frate, ma un vecchio senza età che circolava in paese da quando vi era memoria d’uomo. Dalla modesta tunica di materiali grezzi, ogni tanto si spingevano in fuori due scheletriche ginocchia valghe, come grossi noccioli appaiati. Si diceva fosse uomo integerrimo dai principi purissimi e che conservasse in sé atroci segreti altrui: gli uomini prostrati dal peccato che temevano il giudizio divino, confessavano anche a lui i propri pentimenti e gli chiedevano “Perdono, Frate Onestà! Perdonatemi e non parlatene ad anima vivente!”. Frate Onestà gli metteva una mano sul capo, sussurrava parole di conforto e soffiava a mezz’aria consigli paterni, poi si chinava brevemente sulle ginocchia piegate indentro e si allontanava in silenzio.

Arrivato nella sua stanza, alla locanda, Tito poggiò la valigia nera sulla vecchia scrivania di legno e si concentrò sul grosso sacco di tela che finalmente, per la prima volta dopo cinque ore e tre quarti, poggiava per terra. Ne estrasse vestiti e scarpe e sciarpe e giacche di donna, le piegò meticolosamente l’una sull’altra e riordinò le tre paia di scarpe sotto il piccolo armadio traballante. Quando ebbe finito di impilare le vesti, tornò sul sacco scuro e ne tirò fuori una grossa bambola col busto appoggiato alle gambe di legno e con un grosso cerotto nero sulla bocca. Tito strappò via il cerotto d’un colpo e la bambola aprì gli occhi:
“Finalmente! Com’è andata?”
“Ci sono tutti tranne Ismaele. Domattina incontreremo Frate Onestà.”
“Perché?”
“E’ lui che sa dove si trova la Porta.”
Tito spogliò la bambola e la rivestì con una camicia da notte pulita, poi continuò:
“Adesso riposa, Sveva. Il viaggio è stato lungo. Buonanotte.”
“Buonanotte.”

Il mattino seguente, alle sette meno dieci in punto, i cinque fratelli si trovarono tutti davanti alla locanda. Le frivole chiacchiere di Luis e Vinicio furono interrotte dal primo tocco di campana, e poi dal secondo e dal terzo. Sembrava che ogni tocco spingesse nuvole grigie sempre più grosse sulle loro cinque teste in attesa di Frate Onestà. Al sesto rintocco il sole era già scomparso dietro nuvoloni carichi di pioggia e al settimo, in fondo alla strada, apparve una figura coperta da capo a piedi da una tunica grezza di iuta marrone. Due noccioli di ginocchia sbattevano l’uno con l’altro mentre l’uomo camminava ricurvo, a passi lenti, avvinghiato con entrambe le mani ad una rigida sbarra di ferro. Ad ogni passo la sollevava e subito la risbatteva al suolo poggiandovisi con tutto il suo lievissimo peso. I tonfi ritmici e le mani scheletriche fecero strabuzzare gli occhi a Genni che subito si sdraiò ad ascoltare i rumori della terra tremante, Vinicio e Luis rimasero a guardare Frate Onestà con la bocca spalancata, mentre Tito osservava incuriosito la lunga stanga di ferro: aveva una base larga che sembrava infuocata e illuminava di luce rossastra la terra umida davanti al suo passo.

“Così il giorno tanto atteso è arrivato.” disse l’uomo con voce rauca e tremante.
Pablo si schierò avanti agli altri, a pochi passi dal nuovo arrivato:
“Frate Onestà, ben ritrovato, Vostra Santità. Voi siete Colui Senza Peccato, il Santo in Terra, l’Uomo Divino. Vi riveriamo.” e fece un profondissimo inchino. Vinicio e Luis si chinarono dignitosamente, Genni rimase a terra ad ascoltare ma socchiuse gli occhi, solo Tito, impassibile e muto, rimase immobile ad osservare il lungo arnese che l’uomo usava come bastone della sua vecchiaia: era un ferro rovente di quelli che si usavano un tempo per marchiare a fuoco gli eretici. Tito, per la prima volta, rabbrividì.
“Seguitemi.” ordinò Frate Onestà mostrando la mano d’ossa e il fragile polso che, per un attimo, la tunica aveva lasciato scoperto. Obbedirono camminando lungamente, fino alle porte del paese.

Genni continuava a camminare ricurvo, con le braccia dietro la schiena, ora guardandosi i piedi, ora guardando i fratelli.
“Ma quando arriviamo?” tuonò. Il suo tono di voce troppo alto li fece trasalire.
Continuò: “Avrò contato, fino ad ora, almeno unmilionetrecentomila passi!”
Nessuno rispose ma, immediatamente, Frate Onestà si fermò. Piantò i piedi lì, proprio dove si trovava quando Genni aveva parlato. Pablo, che gli era quasi finito addosso, esclamò “Gennaro, santo cielo!”, ma Frate Onestà intervenne subito con la sua voce flebile e roca: “Il posto è questo”.

I cinque si trovarono davanti ad una porta in legno che tutto sembrava meno che inaccessibile, eppure, quando Luis provò ad aprirla, si sentì un gran frastuono ed il muro di pietra tremò, scivolarono ciottoli impigliati nei rampicanti che avvolgevano l’edificio abbandonato e nell’asfalto si crearono crepe profondissime e lunghe.
Genni ascoltò da vicino, prima con l’orecchio sul muro e poi, nuovamente, per terra. Vinicio sussultò e batté i denti per la paura.
Frate Onestà incrociò le dita e le maniche della tunica si appaiarono l’una all’altra.
“Vostro padre dispose che la porta si aprisse solo in presenza di tutti i suoi giovani figli.”
“Siamo già tutti qui, Eccellentissimo”, lo interruppe Vinicio, ancora tremante per il grande e improvviso frastuono.
“Mancano Sveva ed Ismaele.” ripeté Genni, da terra, ma nessuno gli fece più caso.
“E’ evidente che non siete tutti.” concluse Frate Onestà.
Di ritorno alla locanda, i cinque fratelli si interrogarono a lungo e infine decisero di scrivere ad Ismaele, il diseredato, perché li raggiungesse al paese natio.

Ismaele era il settimo figlio.
Nacque con gli occhi grigi ed i capelli blu e, per questo, riempì per anni le chiacchiere di tutti i paesani. Si diceva che fosse figlio illegittimo poiché il padre era un ometto scuro dai lineamenti duri e la madre una donna procace con occhi neri come la pece. Ma, ancor più, si diceva che fosse creatura stregata e dannata, nata dal peccato mortale di un angelo celeste. Tutti lo evitavano per paura e soggezione e, se lo incontravano, lo additavano “Peccatore!” benché fosse soltanto un bambino di pochi anni d’età. Quando il padre non riuscì più a sopportare l’umiliazione dei pettegolezzi, contattò un vecchio cugino, un omone con folti baffi grigi, che venne a prendere il bambino dai capelli blu e lo portò con sé in città sconosciute e lontane. A nulla valsero i pianti della madre dagli occhi neri che si batteva il petto e alzava i pugni al cielo e strizzava gli occhi dal dolore.

Nelle settimane che passarono in attesa di Ismaele, Luis e Vinicio si ammalarono gravemente.
Iniziò Luis, una mattina, dopo la colazione consumata insieme ai fratelli alla locanda; ingoiò l’ultimo boccone di pane e marmellata e si toccò lo stomaco: era impallidito improvvisamente e disse che aveva impellente necessità di allontanarsi. Lo ritrovarono mezz’ora dopo nel bagno comune, svenuto in un lago di vomito e sangue. Lo trascinarono su un divano, chiamarono un medico e Vinicio gli prestò amorevoli cure per l’intera giornata.
Il mattino seguente, però, la stessa sorte toccò proprio a Vinicio e la scena si ripeté identicamente.
Fu allora che il medico proibì il contatto diretto coi due ammalati, temendo un male contagioso.

Tito si era innamorato di sua sorella Sveva a quindici anni. La guardava mentre sbrigava le faccende domestiche nella sua gonna di stoffa rosa e ne seguiva con gli occhi le curve morbide ed essenziali. Quando un giorno, mentre nessuno li vedeva, le si avvicinò e le baciò il collo in un impeto di passione, lei si irrigidì e lo fissò impaurita. Tito rimase immobile e Sveva ne approfittò per fuggire. Due giorni dopo, sposò un uomo di buona famiglia e lasciò la città al suo braccio, tra i sorrisi e la commozione degli amici più stretti.
L’amore per Sveva fu l’ossessione di tutta la vita di Tito: la cercò per anni finché un giorno, finalmente, la ritrovò. Si presentò, si inginocchiò e le chiese perdono, le chiese di andare a vivere con lui, le promise che non l’avrebbe più disturbata, mai più toccata senza il suo permesso, e pianse e gridò finché non le fu addosso. Sveva cercò di divincolarsi ma la forza del fratello maggiore sopraffaceva di gran lunga la sua.
Tito scoprì così, per caso, il suo strano potere.
Strangolò Sveva nella stanza delle bambine, tra le bambole delle sue nipoti, e quando la donna esalò l’ultimo respiro, una grossa bambola di panno e di legno disse “Perché l’hai fatto?”.
“Perché ti amo”, rispose lui, e la portò con sé.

Tito sapeva che non era Ismaele il pezzo mancante per cui la Porta non si era aperta. Quel pezzo era Sveva, perché lui non l’aveva portata con sé al momento dell’incontro con Frate Onestà. Che stupido!
Il suo segreto inconfessabile lo tormentava da anni, più che mai adesso che metteva in discussione l’apertura della Porta del Sole, l’ultima speranza che gli era rimasta per raggiungere il suo unico scopo: riportare Sveva in vita. Era Sveva il suo frammento perduto. Dopo tanti anni a stretto contatto, era ormai certo che anche lei lo amasse.
Ma come avrebbe convinto tutti a tornare alla Porta senza Ismaele? E come avrebbe giustificato che il pezzo mancante fosse una bambola? E Sveva, una volta in vita, avrebbe raccontato tutto? Lo attanagliavano il dolore e la vergogna per quell’atto incestuoso e sacrilego, e non riusciva in alcun modo a darsi pace.
La notte in cui Luis e Vinicio morirono, Tito era lì, con in mano due bambole immobili che improvvisamente si animarono quando il sangue nella bocca dei due fratelli smise di gorgogliare.
Sbriciolare pezzi di vetro nel pane dei suoi commensali era stata l’unica soluzione che gli era venuta in mente per aggirare il problema.

Quando erano passati già sedici giorni dall’invio della lettera ad Ismaele e già cinque dall’addio a Luis e Vinicio, Pablo bussò alla porta della camera di Tito.
Tito sussultò e si affrettò a nascondere le bambole nel sacco ai piedi del letto, chiuse le vesti da donna nell’armadio ed aprì la porta. Pablo sembrava più accigliato del solito, i due lutti recenti lo avevano segnato in volto.
Tito lo guardò con aria interrogativa:
“Tutto bene?”
“Sono preoccupato. Per ora Genni dice certe stranezze…” disse Pablo.
“E cioè?”
“Dice che Luis e Vinicio non sono morti e che lo sai anche tu.”
Tito trasalì.
“Gennaro preoccupa molto anche me.” concluse.
“E continua a chiedere di Sveva…” Pablo scosse il capo sconfortato ed i suoi occhi si soffermarono sulle tre paia di scarpe da donna affiancate sotto il vecchio armadio.
“Perché hai…?” non fece in tempo a finire la frase ché Tito gli piantò un pugnale sotto la scapola sinistra ed estrasse dal sacco una bambola bianca, ancora priva di vesti.
“Perché l’hai fatto?” disse la bambola.

Il diciannovesimo giorno, sia Tito che Genni erano convinti che Ismaele, i suoi occhi grigi e quei capelli blu, non sarebbero mai arrivati.
A quel tempo, Genni, sconvolto dall’improvvisa scomparsa di Pablo, passava ormai quasi tutta la sua giornata con l’orecchio appoggiato alla strada. Quel giorno, Tito lo convinse a ripresentarsi con lui da Frate Onestà.
“Che cosa porti lì dentro?” chiese Genni guardando il grosso sacco di tela grigia che Tito portava appoggiato sulla spalla sinistra.
“Oggetti preziosi.”
“Per chi?”
“Voglio custodirli dietro la Porta del Sole.”
“Non si aprirà. Non siamo tutti.”
“Gennaro, ora basta. Ismaele non fa più parte di questa famiglia.”
Genni si chinò con la faccia sulla strada e ne ascoltò, ancora una volta, la voce.
“Forza, andiamo, alzati in piedi!” sbottò Tito.
“Sei tu che non dovresti far parte di questa famiglia.” Genni lo guardava fisso “Li hai uccisi come hai ucciso Sveva. Ma i loro corpi sono, ormai, terra e mi raccontano che cosa è successo.”
Tito rabbrividì per la seconda volta e all’improvviso tirò un calcio nel costato di Genni e un altro alla bocca e un altro alla testa, finché non riuscì a rinchiudere anche lui in una delle sue bambole.

Era ormai sera tarda quando si presentò davanti alla Porta del Sole. Aprì il grosso sacco e ne tirò fuori le cinque bambole, le riordinò e le carezzò una per una, piangendo.
“Siamo tutti qui al tuo cospetto, Porta del Sole. Rendici i giorni più lievi. Fa’ fede ai tuoi impegni.”
Una voce lo interruppe proprio mentre stava per spingere la leggera porta di legno:
“Stolto.”
Tito si voltò e vide la sagoma di due noccioli artrosici disegnarsi dietro una tunica marrone ed una sbarra di ferro dalla base rovente, “Frate Onestà!” disse tra le lacrime.
“Stolto. Hai distrutto per sempre l’innocenza della tua famiglia, ed io non posso più aiutarvi. Vostro padre vi ha conosciuto puri ed innocenti, e così doveva riconoscervi la Porta del Sole.”
“Perdonatemi, Santissimo! Mi pento e mi batto il petto, il dolore mi corrode l’anima. Frate Altissimo e Innocentissimo, ho ucciso per amore! Mi inchino alla vostra Magnificenza, espiate i miei peccati, lavatemi l’animo dal dolore! Rendete me innocente come siete innocente Voi!”
Frate Onestà lo guardò con pena estrema “Stolto.” ripeté “Nessuno di noi conduce una vita libera dal peccato. Nessuno di noi vive libero dalla necessità di essere perdonato.”
“Voi sì, Voi siete l’Innocentissimo, Voi potete aiutarmi!” si batteva il petto e piangeva lacrime amare.
“Vedi ragazzo, io ho convissuto ogni giorno con il più grosso dei peccati. Nelle confessioni altrui cercavo un gesto più grave del mio. Questa vita d’apparenza è la mia penitenza.”
Tito trattenne un singhiozzo “Non Vi capisco.”
“Un mio atto ha distrutto l’infanzia di un bambino innocente. Ma è arrivato il momento che io mi liberi di questo peso terreno. Arriverà, un giorno, anche il tuo tempo.”
“Che cosa volete dire?”
“Verrai indicato come il purissimo e santo, e invece ascolterai gli altri alla ricerca di un peccato peggiore del tuo. Gli altri cercheranno in te conforto e tu conforto in loro.”
Per la prima volta da quando lo conosceva, il vecchio si tolse il cappuccio e Tito capì perché non lo aveva mai fatto prima. I suoi occhi erano grigi e freddi come pezzi di ghiaccio ed i capelli erano blu, tali e quali a quelli di Ismaele. Frate Onestà abbandonò il suo ferro d’appoggio che smise, di colpo, d’arroventarsi, la tunica brillò ed un vento innaturale si levò dal terreno sciogliendo e scuotendo i lunghi capelli d’angelo. Il suo corpo svanì e Tito, avvolto nella sua nuova tunica di iuta grezza, con il suo sacco in una mano ed il ferro rovente nell’altra, capì finalmente chi era il bambino che aveva pagato per l’errore di quel santo:
“…mio fratello Ismaele”.



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Spartaco
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#2 » martedì 25 ottobre 2016, 23:03

Chiedo a tutti voi di scrivere un messaggio in risposta al vostro racconto in cui specificate i bonus a cui aspirate e come li avete inseriti.
Grazie

Canadria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#3 » mercoledì 26 ottobre 2016, 1:25

Bonus -4 (facoltativo): almeno due protagonisti, di cui uno soprannaturale
È la storia di sette fratelli ma i protagonisti principali sono due: Tito e Frate Onestà che è un angelo prigioniero della sua forma terrena.
Bonus -2 (facoltativo): inserisci nella storia uno strumento di tortura da Inquisizione, ma usato con uno scopo diverso dalla tortura
Lo strumento è il ferro che veniva utilizzato per marchiare a fuoco gli eretici, utilizzato da Frate Onestà come bastone d'appoggio.
Bonus -1 (facoltativo): inserisci il numero 1.300.000 (unmilionetrecentomila, indifferente in numero o lettera)
Riporto la parte interessata:
“Ma quando arriviamo?” tuonò. Il suo tono di voce troppo alto li fece trasalire.
Continuò: “Avrò contato, fino ad ora, almeno unmilionetrecentomila passi!”

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Sonia Lippi
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#4 » mercoledì 26 ottobre 2016, 12:34

Ciao Canadria

L'idea è buona e si legge bene, però ci sono alcune cose che secondo me dovevi approfondire.
Perchè Tito uccide anche Luis e Vinicio? Capisco il perchè ha ucciso Sveva, capisco perchè uccide Genni e Pablo, ma non cpisco perchè uccide Luis e Vinicio.
Sinceramente questa cosa mi ha spiazzato un pochino e mi ha fatto perdere la magia del racconto.
Ismaele è il frutto di un tradimento, ma perchè questo bambino viene diseredato? va bene che sia allontanato dalla famiglia per soffocare le voci insistenti, ma addirittura diseredarlo! in fondo il "peccato " l'ha fatto la madre col frate , il bambino è innocente!.
Non ho capito chiaramente cosa fosse questa porta del sole e speravo che tu lo spiegassi meglio in qualche parte del racconto, ma anche se l'ho riletto una seconda volta non mi è chiaro lo stesso.

Per il resto mi è piaciuto!

Buona giornata

Sonia

Canadria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#5 » mercoledì 26 ottobre 2016, 13:54

Sonia Lippi ha scritto:Ciao Canadria

L'idea è buona e si legge bene, però ci sono alcune cose che secondo me dovevi approfondire.
Perchè Tito uccide anche Luis e Vinicio? Capisco il perchè ha ucciso Sveva, capisco perchè uccide Genni e Pablo, ma non cpisco perchè uccide Luis e Vinicio.
Sinceramente questa cosa mi ha spiazzato un pochino e mi ha fatto perdere la magia del racconto.
Ismaele è il frutto di un tradimento, ma perchè questo bambino viene diseredato? va bene che sia allontanato dalla famiglia per soffocare le voci insistenti, ma addirittura diseredarlo! in fondo il "peccato " l'ha fatto la madre col frate , il bambino è innocente!.
Non ho capito chiaramente cosa fosse questa porta del sole e speravo che tu lo spiegassi meglio in qualche parte del racconto, ma anche se l'ho riletto una seconda volta non mi è chiaro lo stesso.

Per il resto mi è piaciuto!

Buona giornata

Sonia


Ciao, Sonia!
Grazie per il commento :)
Provo a chiarire le mie intenzioni: Tito uccide Luis e Vinicio perché ha necessità di portare tutti i fratelli davanti alla Porta del Sole e non può ammettere che il pezzo mancante sia Sveva, rinchiusa in una bambola a causa dell'omicidio che proprio lui ha commesso per una passione incestuosa e sacrilega. Pur di non ammettere il suo vergognoso peccato, decide di rinchiudere entrambi nelle sue bambole sperando che convincere Genni, il più ingenuo, sia più semplice e richieda meno spiegazioni. Anche l'omicidio di Pablo era premeditato e solo per caso lui bussa alla sua porta, facilitandogli il compito.
Ismaele viene diseredato perché il padre, umiliato dai pettegolezzi del paese, allontana il bambino quando ha ancora pochi anni d'età e punisce il tradimento della moglie allontanando e diseredando suo figlio. Ognuno ha le sue reazioni, io l'ho trovata una reazione ragionevole se rapportata al tempo passato in cui ho immaginato ambientata la storia.
La Porta del Sole è il nome che il padre ha dato alla porta in cui ha nascosto la sua eredità materiale e, grazie all'incantesimo di Frate Onestà, la possibilità di rinascita, la seconda occasione che è rinchiusa lì dentro, come ricompensa per gli animi innocenti dei suoi figli (ricompensa che mai otterranno proprio a causa delle azioni malvage di Tito).

Spero di avere chiarito i tuoi dubbi! :)

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Sonia Lippi
Messaggi: 137

Re: La Porta del Sole

Messaggio#6 » mercoledì 26 ottobre 2016, 20:46

Ok grazie per la spiegazione...
Comunque spero che i miei commenti ti siano d aiuto se andrai avanti con la Sfida. :)
Buona serata
Sonia

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maria rosaria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#7 » venerdì 28 ottobre 2016, 17:18

Ciao Canadria.
Il tuo racconto è molto articolato e ha un’idea di base originale: un uomo possiede il potere di trasformare in bambole parlanti le persone che uccide.
La scrittura è fluida e sei stata molto brava a gestire le voci dei vari personaggi senza far perdere di vista l’ordine dei dialoghi e i vari punti di vista.
Quello che non mi ha convinto sono alcune cosine che provo a spiegare.
Primo, il breve dialogo che, all’inizio, Tito ha con la bambola Sveva: le parole di lei sono tranquille, quasi meccaniche. Sveva fa domande banali mentre io mi sono immaginata una bambola (che incarna una persona morta) furiosa per la sorte che le è capitata. Ma magari è solo una mia interpretazione.
Avrei, inoltre, modificato anche questo passaggio:

“Sveva cercò di divincolarsi ma la forza del fratello maggiore sopraffaceva di gran lunga la sua.
Tito scoprì così, per caso, il suo strano potere.
Strangolò Sveva nella stanza delle bambine, tra le bambole delle sue nipoti, e quando la donna esalò l’ultimo respiro, una grossa bambola di panno e di legno disse “Perché l’hai fatto?”.
“Perché ti amo”, rispose lui, e la portò con sé.”
In:
“Sveva cercò di divincolarsi ma la forza del fratello maggiore sopraffaceva di gran lunga la sua.
Strangolò Sveva nella stanza delle bambine, tra le bambole delle sue nipoti, e quando la donna esalò l’ultimo respiro, una grossa bambola di panno e di legno disse (prese vita) “Perché l’hai fatto?”.
“Perché ti amo”, rispose lui, e la portò con sé. Tito scoprì così, per caso, il suo strano potere.

Questo perché io all’inizio non avevo capito quale fosse lo strano potere di Tito, l’ho compreso solo successivamente, quando uccide gli altri fratelli. Se però vuoi farlo capire subito allora secondo me il passaggio va riscritto, altrimenti, se vuoi lasciare un po’ di mistero, allora potresti del tutto togliere la frase che ti ho riportato in neretto.
Il fatto che Tito uccida i suoi fratelli per coprire l’uccisione di Sveva l’avevo compresa però mi rimane oscuro il ruolo di queste bambole. Siccome sono un elemento interessante della storia forse sarebbe stato utile capire il ruolo di queste bambole: rimangono fantocci e basta? Non sembrerebbe perché parlano, allora che ruolo svolgono? Potrebbero essere la coscienza di Tito? Non so, sono solo impressioni che scrivo così di getto…
Anche la magia di Ismaele ha nel finale un ruolo importante ma quando parli del ragazzo all’inizio del racconto sembra che sia più che altro vittima delle maldicenze del paese: da dove proviene la sua magia? Di chi è veramente figlio?
Comprendo che appunti del genere portano a dilatare la storia e difatti quando li fanno a me mi viene da pensare “eh, ci vorrebbe un libro”… ;-)
Maria Rosaria

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ceranu
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#8 » sabato 29 ottobre 2016, 1:09

Ciao Canadria,
la storia è interessante, ma credo che abbia due grossi difetti.
Il primo è che ci sono troppi personaggi e quasi tutti presentati insieme. Non mi hai dato il tempo di entrare nel racconto e ho avuto una sensazione di smarrimento che mi ha accompagnato per tutta la lettura. Così facendo ti sei trovata a dover inserire i personaggi con descrizioni che hanno spezzato il ritmo. In alcune parti ci hai portato fuori dalla storia per descriverci il personaggio che introducevi. Il tutto andrebbe fatto man mano che la storia avanza e in maniera più fluida. Mi spiego meglio, se tu fossi partita che due fratelli che si incontrano per poi andare a trovare gli altri due, avresti avuto modo di farceli conoscere meglio e in maniera "spontanea". Invece, il frate avresti dovuto presentarlo al primo incontro e non quando lo citano la prima volta.

Il secondo è una totale mancanza di contestualizzazione storico ambientale. Sono arrivato alla fine senza sapere in che periodo e dove ci troviamo. Giuro che non lo so ancora.

Fai attenzione anche al frate, lo presenti come un uomo non di chiesa, poi invece lo trattano come un Monsignore.

La coerenza interna del testo è fondamentale e con essa anche l'ambientazione che personalmente preferisco (quando ci riesco) spiegarla nelle prime righe, serve anche questo al lettore per affrontare meglio il racconto.

Lo stile di scrittura è buono, ho notato poche sbavature.

Nel complesso sarebbe stata una bella storia, ma così, dal mio punto di vista, ha bisogno di un po' di lavoro.
Ciao e alla prossima

Niko G
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#9 » sabato 29 ottobre 2016, 21:03

Ciao Canadria,
Ho apprezzato moltissimo il tuo racconto.
Innanzitutto l'ambientazione: Il fatto che non vengano dati precisi elementi spazio-temporali per contestualizzarla le da' un tono "fiabesco" che a mio avviso permea piacevolmente tutto il racconto. La fantomatica "porta del sole" diventa quindi un enigma, forse destinato a diventare irrisolto, cosa che rafforza il senso di "frustrazione" dell'ultimo sopravvissuto protagonista comunicandolo al lettore.
La caratterizzazione dei personaggi può sembrare vaporosa ma a mio avviso è perfettamente azzeccata: ciascuno di essi ha una "caratteristica", che probabilmente non viene spiegata ma che non ne ha assolutamente bisogno. Sono "maschere" greco-romane, a mio avviso, "personae" in senso stretto.
La fantasia fa da padrona: L'immagine di frate onestà, il ferro per marchiare gli eretici usato come bastone (geniale soluzione per il bonus e al tempo stesso misterioso elemento di caratterizzazione), il potere delle bambole, il personaggio che apparentemente "ritardato" sa in realtà comunicare con la terra ed apprendere da essa i segreti, i capelli azzurri e gli occhi grigi, l'angelo nascosto dietro la tunica di iuta. Insomma, un arcobaleno di stimoli provenienti da diverse "sfere" che si mischiano in un cocktail perfetto.
Il finale è azzeccatissimo e sorprendente.
L'unica pecca potrebbe essere un po' di difficoltà nel cogliere tutte le sfumature ad una prima lettura, ma il modo in cui ti sei pericolosamente avvicinata ai 20.000 caratteri mi fa capire che hai cercato di condensare tutto quello che hai potuto e questo ovviamente a scapito della fluidità, in alcuni punti.
In sostanza, un bellissimo racconto. Spero di poter imparare dalla tua fantasia. A rileggerci!
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

Canadria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#10 » lunedì 31 ottobre 2016, 0:43

maria rosaria ha scritto:Ciao Canadria.
Il tuo racconto è molto articolato e ha un’idea di base originale: un uomo possiede il potere di trasformare in bambole parlanti le persone che uccide.
La scrittura è fluida e sei stata molto brava a gestire le voci dei vari personaggi senza far perdere di vista l’ordine dei dialoghi e i vari punti di vista.
Quello che non mi ha convinto sono alcune cosine che provo a spiegare.
Primo, il breve dialogo che, all’inizio, Tito ha con la bambola Sveva: le parole di lei sono tranquille, quasi meccaniche. Sveva fa domande banali mentre io mi sono immaginata una bambola (che incarna una persona morta) furiosa per la sorte che le è capitata. Ma magari è solo una mia interpretazione.
Avrei, inoltre, modificato anche questo passaggio:

“Sveva cercò di divincolarsi ma la forza del fratello maggiore sopraffaceva di gran lunga la sua.
Tito scoprì così, per caso, il suo strano potere.
Strangolò Sveva nella stanza delle bambine, tra le bambole delle sue nipoti, e quando la donna esalò l’ultimo respiro, una grossa bambola di panno e di legno disse “Perché l’hai fatto?”.
“Perché ti amo”, rispose lui, e la portò con sé.”
In:
“Sveva cercò di divincolarsi ma la forza del fratello maggiore sopraffaceva di gran lunga la sua.
Strangolò Sveva nella stanza delle bambine, tra le bambole delle sue nipoti, e quando la donna esalò l’ultimo respiro, una grossa bambola di panno e di legno disse (prese vita) “Perché l’hai fatto?”.
“Perché ti amo”, rispose lui, e la portò con sé. Tito scoprì così, per caso, il suo strano potere.

Questo perché io all’inizio non avevo capito quale fosse lo strano potere di Tito, l’ho compreso solo successivamente, quando uccide gli altri fratelli. Se però vuoi farlo capire subito allora secondo me il passaggio va riscritto, altrimenti, se vuoi lasciare un po’ di mistero, allora potresti del tutto togliere la frase che ti ho riportato in neretto.
Il fatto che Tito uccida i suoi fratelli per coprire l’uccisione di Sveva l’avevo compresa però mi rimane oscuro il ruolo di queste bambole. Siccome sono un elemento interessante della storia forse sarebbe stato utile capire il ruolo di queste bambole: rimangono fantocci e basta? Non sembrerebbe perché parlano, allora che ruolo svolgono? Potrebbero essere la coscienza di Tito? Non so, sono solo impressioni che scrivo così di getto…
Anche la magia di Ismaele ha nel finale un ruolo importante ma quando parli del ragazzo all’inizio del racconto sembra che sia più che altro vittima delle maldicenze del paese: da dove proviene la sua magia? Di chi è veramente figlio?
Comprendo che appunti del genere portano a dilatare la storia e difatti quando li fanno a me mi viene da pensare “eh, ci vorrebbe un libro”… ;-)


Ciao, Maria Rosaria! Intanto grazie per il commento articolato e molto utile. Vado per punti:
1) Per quanto riguarda il dialogo tra Tito e Sveva-bambola ho provato a renderlo meccanico volutamente: la rabbia di Sveva, per come la vedo io, si è ormai consumata durante i dieci anni di prigionia nella bambola ed ha lasciato spazio ad una "meccanica" rassegnazione, adeguata all'inespressività della sua nuova figura.

2) La modifica del passaggio mi piace molto, ci avevo ragionato su ma effettivamente così suona meglio. La mia idea era lasciare un po' di mistero ma temevo che, togliendo completamente quella frase, il potere non venisse ben recepito dal lettore. Effettivamente credo che sia meglio, come dici tu, inserirla alla fine.

3) Le bambole, in realtà, non hanno un ruolo vero e proprio, nel senso che Tito ha usato la bambola di Sveva per costringerla a stargli sempre accanto, ma le bambole dei fratelli gli servono, crudelmente, solo per aprire la Porta del Sole. Certo, in un eventuale ulteriore svolgimento della storia potrebbero assumere un ruolo più importante e certamente intratterrebbero importanti relazioni con il personaggio di Tito.

4) Ismaele è figlio di Frate Onestà e della madre dei fratelli. La sua magia (che comunque nel racconto non si manifesta, è soltanto supposta) deriva da Frate Onestà che è, in realtà, un angelo imprigionato nella sua forma terrena per il peccato commesso. Anche in questo caso avrei voluto approfondire di più, ma il limite dei caratteri non me l'ha concesso.

Grazie per i consigli!

Canadria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#11 » lunedì 31 ottobre 2016, 1:09

ceranu ha scritto:Ciao Canadria,
la storia è interessante, ma credo che abbia due grossi difetti.
Il primo è che ci sono troppi personaggi e quasi tutti presentati insieme. Non mi hai dato il tempo di entrare nel racconto e ho avuto una sensazione di smarrimento che mi ha accompagnato per tutta la lettura. Così facendo ti sei trovata a dover inserire i personaggi con descrizioni che hanno spezzato il ritmo. In alcune parti ci hai portato fuori dalla storia per descriverci il personaggio che introducevi. Il tutto andrebbe fatto man mano che la storia avanza e in maniera più fluida. Mi spiego meglio, se tu fossi partita che due fratelli che si incontrano per poi andare a trovare gli altri due, avresti avuto modo di farceli conoscere meglio e in maniera "spontanea". Invece, il frate avresti dovuto presentarlo al primo incontro e non quando lo citano la prima volta.

Il secondo è una totale mancanza di contestualizzazione storico ambientale. Sono arrivato alla fine senza sapere in che periodo e dove ci troviamo. Giuro che non lo so ancora.

Fai attenzione anche al frate, lo presenti come un uomo non di chiesa, poi invece lo trattano come un Monsignore.

La coerenza interna del testo è fondamentale e con essa anche l'ambientazione che personalmente preferisco (quando ci riesco) spiegarla nelle prime righe, serve anche questo al lettore per affrontare meglio il racconto.

Lo stile di scrittura è buono, ho notato poche sbavature.

Nel complesso sarebbe stata una bella storia, ma così, dal mio punto di vista, ha bisogno di un po' di lavoro.
Ciao e alla prossima


Ciao, Francesco! Grazie per il commento.
1) Anch'io ho temuto che l'ingresso in scena di tanti personaggi tutti insieme potesse risultare caotico e confusionario, ma alla fine ho deciso di confermare questo passaggio per i sette fratelli, cercando di raccontarne le peculiarità piano piano durante lo svolgimento della storia. Ho avuto vari dubbi al riguardo per poi decidere di inserire le descrizioni dei personaggi e qualche tratto delle loro storie poco per volta, cercando, in questo modo, di non appesantire troppo la narrazione con un carico di informazioni ammassate. Evidentemente non mi è riuscito granché. Riproverò la prossima volta tenendo a mente anche i tuoi consigli!
2) La mancanza di contestualizzazione storico-ambientale è assolutamente voluta, per permettere al lettore di ambientare la storia dove ritiene più opportuno, affidandogli alcuni indizi come la fattura delle bambole ed il materiale degli indumenti.
Direi che, per me, siamo intorno agli anni '20-'30.
3) Il frate non è un frate, questo lo dico da subito. Lo trattano da tale perché, in paese, è ritenuto innocente e purissimo anche se in realtà non lo è affatto. Questa sua apparenza fa sì che i compaesani più peccaminosi, per una maggiore redenzione, decidano di confessare anche a lui le proprie colpe, credendolo più vicino di chiunque altro alla santità: è così che Frate Onestà cerca il modo per liberarsi dalla prigionia del suo corpo ed è proprio questa la sorte che toccherà a Tito.

Sono contenta che lo stile ti sia piaciuto, cercherò di migliorare anche sul resto, sono alle mie prime esperienze con i racconti di queste dimensioni!

Canadria
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Re: La Porta del Sole

Messaggio#12 » lunedì 31 ottobre 2016, 1:17

Niko G ha scritto:Ciao Canadria,
Ho apprezzato moltissimo il tuo racconto.
Innanzitutto l'ambientazione: Il fatto che non vengano dati precisi elementi spazio-temporali per contestualizzarla le da' un tono "fiabesco" che a mio avviso permea piacevolmente tutto il racconto. La fantomatica "porta del sole" diventa quindi un enigma, forse destinato a diventare irrisolto, cosa che rafforza il senso di "frustrazione" dell'ultimo sopravvissuto protagonista comunicandolo al lettore.
La caratterizzazione dei personaggi può sembrare vaporosa ma a mio avviso è perfettamente azzeccata: ciascuno di essi ha una "caratteristica", che probabilmente non viene spiegata ma che non ne ha assolutamente bisogno. Sono "maschere" greco-romane, a mio avviso, "personae" in senso stretto.
La fantasia fa da padrona: L'immagine di frate onestà, il ferro per marchiare gli eretici usato come bastone (geniale soluzione per il bonus e al tempo stesso misterioso elemento di caratterizzazione), il potere delle bambole, il personaggio che apparentemente "ritardato" sa in realtà comunicare con la terra ed apprendere da essa i segreti, i capelli azzurri e gli occhi grigi, l'angelo nascosto dietro la tunica di iuta. Insomma, un arcobaleno di stimoli provenienti da diverse "sfere" che si mischiano in un cocktail perfetto.
Il finale è azzeccatissimo e sorprendente.
L'unica pecca potrebbe essere un po' di difficoltà nel cogliere tutte le sfumature ad una prima lettura, ma il modo in cui ti sei pericolosamente avvicinata ai 20.000 caratteri mi fa capire che hai cercato di condensare tutto quello che hai potuto e questo ovviamente a scapito della fluidità, in alcuni punti.
In sostanza, un bellissimo racconto. Spero di poter imparare dalla tua fantasia. A rileggerci!


Ciao, Nicola! Sono davvero molto contenta che ti sia piaciuto! E' vero, ho dovuto stringere un po' in alcuni tratti altrimenti avrei sforato il limite massimo consentito.
Alla prossima! :)

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Re: La Porta del Sole

Messaggio#13 » martedì 1 novembre 2016, 19:13

Bella idea, mi è piaciuto.
Una storia famigliare e terribile... come tutte le storie famigliari
Bella l'idea del pupazzo che prende lo spirito del morto anche se non ho capito se si tratta di un potere o di una disillusione spicopatica come sarei più propenso a pensare visto che nessun'altro ha sentito ne visto i pupazzi.
L'idea che Tito decida di uccidere i fratelli perché non sa come altro fare la trovo molto intrigante, non è spinto dall'odio ma dalla paura e dalla vergogna.
Un po troppo descritto in alcune parti che potevano invece essere fatte vedere e sentire (ad esempio il paragrafo dell'arrivo).
Il finale mi ha lasciato perplesso. Anche se era abbastanza ovvio che sarebbe finita così, la presenza di Frate Onestà sembra essere presente solo come giustificativo del bonus, non ha uno scopo reale nel finale.
Anche la presenza delll'oggetto magico mi lascia perplesso, non è funzionale al racconto, bastava dare a ogni fratello una chiave di una cassaforte, o una parte del codice di apertura, e sarebbe stato uguale.
Una cosa che mi manca è il contrasto fra i protagonisti. Tito si muove indisturbato nella sua realtà e i fratelli sono solo ombre che in nessun modo ostacolano il suo cammino (giusto un escamotage per giustificare le sue tante colpe). Mi manca l'antagonista.

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