CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Scrivi un racconto sul Tema deciso dai BOSS Eleonora Rossetti e Luigi De Meo.
Sfida gli altri concorrenti e supera il giudizio degli SPONSOR Vincenzo Maisto e Laura Platamone.
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ceranu
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CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#1 » domenica 23 ottobre 2016, 23:40

«Miro, veramente non ti ho portato qui per questo!» Giorgia afferrò la mano dell'amico e la spostò dal suo ginocchio.
«Dici di no da più di un anno, eppure mi hai voluto con te per natale e mi hai presentato a tuo padre come un: “amico speciale”.» Miro ammiccò e sporse in avanti le labbra. Sapeva da sempre che lei lo voleva con tutta sé stessa.
«Ti ho invitato perché mi hai detto che sei solo e che a natale fai brutti pensieri.» La ragazza sbuffò e si alzò dal letto.
«Anche il gattino lo porti a casa per compassione, ma dopo poco non riesci a farne a meno!»
«Alle volte non so sei lo fai o ci sei?»
«Irresistibile? Lo sono!»
«Lascia perdere… Piuttosto, come ti sei trovato?»
Miro si mise a sedere più comodo sul materasso e sollevò le spalle. «Non male, la servitù mi è sembrata competente e il cibo era buono.»
«No, tu non sei vero… Non ti ho chiesto una recensione alla Trip Advisor. Io voglio sapere se hai avuto ancora i brutti pensieri. Sai, mi hai raccontato delle tue disgrazie natalizie e non vorrei…»
«Ah, quelle.» Si mordicchiò il labbro, imbarazzato. «Nooo, voi mi avete fatto sentire della famiglia. Siete stati calorosi.» Pensò che forse ci aveva messo troppa enfasi, ma non era facile restare sempre nella parte del povero orfanello. Allungò ancora la mano e provò ad afferrare quella di lei che gli sfuggì.
«Sono contenta, anche se la mia famiglia è tutto tranne che calorosa. Ma capisco che per te possa essere già qualcosa.» Giorgia si abbassò, gli diede un bacio sulla fronte e fu lesta ad evitare il nuovo assalto di Miro che provò a intercettarle le labbra con le sue.
«È arrivato il momento di andare a dormire. Sarà l'alcool, ma sei più molesto del solito.»
«Sono astemio!»
«Peggio. Buona notte!» Questa volta Giorgia si limitò a dargli una pacca sulla spalla e a schivare la mano che voleva afferrarle il polso.
Contrariato, Miro la osservò andare verso la porta; sussultò quando la vide fermarsi.
«Ci hai ripensato, passi la notte con me?»
«No, volevo solo ricordarti che quella che chiami servitù ha smontato. Se hai bisogno di qualcosa puoi andare in cucina al piano di sotto.»
Miro sorrise e le mandò un bacio volante. «Sarai tu ad avere bisogno di ghiaccio per sbollire.» Afferrò l'orlo basso della maglietta e se la sfilò in un movimento dalle intenzioni sensuali. Con orgoglio, mostrò un ammasso di ossa coperto dalla pelle bianchiccia. Gonfiò la cassa toracica e sorrise; ne era certo, a quelle come Giorgia non piacevano i tipi muscolosi.
«Sei gentilissimo, ma l'unica voglia che mi è venuta ora è quella di andare a fare una donazione per i bambini del terzo mondo. Buonanotte!» Giorgia uscì sbattendo la porta.
Miro portò la mano al mento e lo strofinò: prima o poi Giorgia avrebbe ceduto alle sue avance. Sbuffò e si gettò sul materasso. Afferrò lo smartphon e si mise a guardare una vecchia puntata di CSI.

Miro spalancò la bocca e sbadigliò; si stava annoiando. Nonostante fossero le tre del mattino non aveva sonno. Il cellulare emise un doppio beep e perse di luminosità.
Si alzò e andò a frugare nella borsa. Trovò calzini, mutande e i preservativi, ma non quello che cercava. Una morsa alla gola gli fece infiammare le guance: il caricabatterie non c'era.
Inspirò fino a sentire i polmoni premere contro le costole, trattenne il fiato ed espirò lentamente. Non doveva farsi prendere dal panico.
«Tranquillo, Giorgia ne avrà uno!»
Uscì in corridoio e sbirciò in direzione della stanza di lei, ma non riuscì a vedere oltre il cono di luce che arrivava dalle sue spalle. La casa era immersa nel buio e nel silenzio. Sfiorò il muro con il palmo della mano e accese la luce. Le pareti del primo piano della villa erano spoglie; sui muri color mattone c'era solo una foto di Basty, il maltese del padre di Giorgia, e in fondo al corridoio un piccolo mobiletto su cui c'era appoggiato un router.
Avanzò piano e raggiunse la porta accanto alla sua. Poggiò l'orecchio sul legno e sentì il rumore delle molle del letto di Giorgia. La poveretta doveva essere in preda agli incubi, o più facilmente al rimorso per non essere rimasta in stanza con lui.
Afferrò la maniglia e l'abbassò piano, ma il cigolio che produsse echeggiò nella casa come fosse quello di un tram sui binari. Qualcosa all'interno della stanza piombò sul pavimento e dei passi si avvicinarono di corsa. Miro infilò la testa nello spiraglio che si era aperto, ma un ombra gli si parò davanti e lo spinse fuori. La porta si richiuse sbattendo.
«Giorgia…» chiamò, sottovoce. «Ho bisogno di te!»
L'amica aprì e tirò fuori la testa. Era scompigliata e rossa in volto. Quella breve corsa doveva averla affaticata più del dovuto. «Che cavolo vuoi?» chiese, più scontrosa del solito.
«Hai mica un caricabatterie?»
«Ho quello dell'Iphon.»
«E che me ne faccio?»
«Oh cavolo, e che ne so io. Vai giù in cucina. Mia madre ne tiene lì uno di scorta.» Giorgia si ritirò e gli sbatté la porta in faccia.
Miro non aveva la minima idea di dove fosse la cucina. Del primo piano aveva visto solo l'ingresso e il salone in cui avevano cenato. Chiuse il pugno per bussare, ma il rumore della chiave che girava nella toppa gli fece capire che la discussione era finita.

La cucina era in fondo a un corridoio che partiva dal salone. Prima di trovarla era entrato in due bagni di servizio, una dispensa e uno sgabuzzino. Un tempo Giorgia gli aveva detto di essere ricca, ma lui non l'aveva presa così alla lettera; pensava si stesse pavoneggiando per fare colpo su di lui, invece diceva la verità.
Nonostante la cucina ricordasse quelle che aveva visto nei programmi in cui si sfidavano i cuochi, non ci mise tanto a trovare il caricabatterie. Era appoggiato su una mensola davanti a una finestra. Lo afferrò e controllò lo spinotto, per fortuna era quello giusto. Lo infilò in tasca e allungò la mano per scostare la tendina della finestra. Guardò fuori e vide grossi fiocchi di neve che scendevano leggeri e si poggiavano su uno strato bianco che aveva già coperto la ghiaia attorno alla villa. Sorrise allegro, si prospettava un bel natale. Fece per ritirare la mano, ma con la vista periferica percepì un movimento alla sua destra. Si sporse e intravide una figura maschile che si infilava sotto un portico. Corse alla porta che dava all'esterno e provò ad aprirla, ma era chiusa. Tornò alla finestra e la aprì. Un bepp l'avvisò che aveva innestato l'antifurto. Prontamente, la richiuse e schiacciò la faccia contro il vetro, ma non c'era più nessuno.
Si bloccò a riflettere, era quasi certo di aver visto un uomo vestito di nero. Si voltò e corse in direzione del salone. Se aveva visto bene, l'uomo stava andando verso l'ingresso principale.
Raggiunse la porta che dava sul atrio e si bloccò di colpo: c'era qualcuno. Mosse piano la maniglia e sbirciò attraverso lo spiraglio che si aprì. Illuminato dalla luce esterna, un uomo era in piedi davanti all'ingresso.
Miro si abbassò per vederlo in faccia. Purtroppo la luce spenta e un Ficus Benjamina gli permisero di distinguere solo lo stesso vestito di poco prima.
Facendo attenzione a non far rumore, aprì la porta e sgattaiolò nell'atrio. La pianta non gli permetteva di vedere, ma almeno lo proteggeva.
Si schiacciò al suolo e gattonò fino al muro della scala che portava al piano di sopra. Si mise sulle ginocchia e, rasente alla parete, si avvicinò. Oltre all'uomo doveva esserci una donna, ne sentì la voce, ma i due erano troppo distanti per poter sentire cosa si stessero dicendo.
La luce dell'atrio si accese. L'intruso corse dall'altra parte rispetto al salone.
«E poi non lamentarti se scelgo segretarie intraprendenti!» Il padre di Giorgia si era messo a gridare dalla cima delle scale.
«Certo che hai un bel coraggio, bussi alla mia porta una volta l'anno e pretendi da me i giochetti che fanno le tue troie!» Miro riconobbe la voce di Carla, la moglie.
«Saranno anche troie, ma mi costano meno di te!»
«Mi fai schifo!»
«Certo, ma spendere unmilionetrecentomila euro all'anno non ti fa schifo!»
«Sei una merda!» All'ultima affermazione seguì il rumore di uno schiaffo e quelli di passi che scendevano di corsa le scale.
Miro si guardò attorno, doveva nascondersi, ma la porta più vicina era a una decina di metri. Camminò rapidamente verso un Filodendro e strappò tre foglie. Se ne infilò una in bocca e con le altre due provò a nascondere il corpo; trattenne il respiro e attese.
Il papà di Giorgia arrivò in fondo alle scale e, per la gioia di Miro, girò dalla parte in cui era scomparso lo sconosciuto.
Miro rimase immobile per più di mezz'ora. Si fece coraggio e, rasente al muro, raggiunse l'inizio delle scale, si appiattì sui gradini e salì usando gomiti e ginocchia. Non gli interessava più scoprire chi fosse l'intruso, doveva raggiungere il suo letto e concentrarsi su Giorgia. Ora lo sapeva: quella povera ragazza, così bella e dolce, gli stava resistendo solo perché non voleva soffrire come sua madre.

Miro portò la mano a protezione degli occhi, qualcuno doveva aver acceso la luce. Mugugnò e si girò nel letto. Le lenzuola erano più soffici di quelle che aveva a casa, gli carezzavano la pelle in un abbraccio profumato. Sprofondò nel cuscino e decise che non era ancora arrivato il momento di dormire.
Lo smartphon sul comodino vibrò. Miro sbuffò infastidito, evidentemente il fato aveva deciso che era giunto il momento di alzarsi. Allungò la mano e l'afferrò. Fece scorrere il pollice sullo schermo, digitò il pin e cercò di mettere a fuoco; le lettere si sovrapponevano formando un codice incomprensibile. L'unica certezza era che a scrivergli era stata la madre. Chiuse gli occhi, nel tentativo di recuperare la vista, ma le palpebre divennero pesanti. Le forze lo abbandonarono e l'idea di rimettersi a dormire tornò prepotentemente.
Un tonfo lo riscosse. Miro scattò in piedi e calpestò il suo cellulare. Si era addormentato e quello gli era sfuggito dalle mani. Si chinò, lo raccolse, e controllò che non si fosse rotto. Sul monitor ricomparve il messaggio del buongiorno della madre. Digitò una risposta veloce e si mise a sedere sul letto.
La stanza era illuminata dalla luce che entrava dalla finestra. Miro sorrise e andò a vedere fuori, gli piaceva quando la neve diventava uno strato immacolato e il sole gli si rifletteva sopra. Lo spettacolo che vide non lo deluse: il bosco che circondava la casa, le auto nel parcheggio dell'aia davanti all'ingresso, l'unica strada che portava al cancello esterno, tutto riposava sotto uno strato di neve di trenta centimetri. Qua e là c'erano i segno dello zampettare degli uccelli, ma non un impronta d'uomo.
Allegro, saltellò fino alla porta e la spalancò pronto a urlare il buongiorno ma, quando fu nel corridoio, il vociare sommesso e i singhiozzi che provenivano dal piano di sotto lo bloccarono. Era successo qualcosa. Immediatamente, gli tornò alla mente lo sconosciuto che aveva intravisto. Corse fino alla camera di Giorgia, ma era vuota. Il cuore mancò un colpo, la gola si serrò e gli occhi si gonfiarono di lacrime. Se le fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
A lunghe falcate, arrivò alla scala; dall'alto scorse Giorgia, sua madre e sua nonna in piedi davanti al corridoio in cui si doveva essere infilato il padre la notte. Miro sentì il cuore ripartire. La sua amica era in lacrime, ma stava bene.
Fece gli scalini due a due e raggiunse le donne di casa.
Giorgia lo guardò negli occhi, allargò le braccia e gli si gettò addosso. «Papà è morto…» piagnucolò.
Miro guardò in faccia le altre due donne, che annuirono e abbassarono lo sguardo a terra.
«Ma com'è possibile?»
«Il cuore… papà aveva problemi al cuore.»
Miro lasciò che Giorgia si sfogasse, ma la sua mente era già impegnata a elaborare gli indizi che aveva accumulato in meno di un giorno. Su due piedi, l'omicidio aveva almeno due sospettati.
Un fremito gli percorse il corpo, non era tristezza, ma eccitazione. Con quella neve la polizia ci avrebbe messo un'eternità a raggiungere la villa. Doveva muoversi a risolvere il caso.

Miro arrivò davanti alla porta dello studio dell'ingegner Bruni, il padre di Giorgia, e appoggiò a terra la borsa che si portava dietro ogni volta che lasciava la città. Se in quel momento ci fossero stati i suoi amici gli avrebbe fatto rimangiare tutti gli insulti che aveva dovuto ingoiare negli anni. Lo chiamavano stupido, e sostenevano che a nessuno serviva un kit simile a quello della scientifica, ma loro erano piccole persone che si sarebbero fatte trovare impreparate in una situazione simile.
Era emozionato, non aveva mai visto un cadavere dal vivo. Inspirò e poggiò la mano sulla maniglia.
Si morse il labbro ed entrò. Il cadavere era riverso a terra, i pantaloni alle ginocchia e la faccia schiacciata contro il pavimento. Il volto cianotico e un rivolo di vomito attorno alla bocca. Nella stanza c'era un odore acido che colpì Miro allo stomaco; dovette lottare per non rimettere.
Poggiò la valigia a terra, l'aprì, estrasse la torcia al luminol e l'accese. Il fascio di luce divenne azzurro in corrispondenza della cena del giorno prima, poteva starci che ci fosse anche del sangue, ma non era quello che cercava. Direzionò la torcia in corrispondenza del pene e rimase di sasso. Le uniche tracce di liquido organico erano formate da una chiazza allungata formata di diverse linee parallele. Sembrava che qualcuno avesse cercato di cancellare le prove.
«Che ci fai qui?» una voce maschile lo colse di sorpresa. Si voltò nel momento in cui la stanza si illuminava. Un uomo, sul metro e novanta con un vestito nero, entrò.
Miro spense la torcia e barcollò all'indietro. Sapeva chi era. Lesto, portò la mano al portafogli e lo estrasse mostrando un distintivo della Polizia di Stato. Era uno dei pochi lasciti di suo zio, ma l'uomo che aveva davanti non poteva saperlo.
«Bene, sei un collega.»
«Lo sarò quando mi farai vedere il tuo» rispose Miro, certo di smascherarlo. Il caso era già risolto. Quell'uomo aveva fatto irruzione nella notte e aveva ucciso l'ingegner Bruni.
«Hai ragione. In certi casi è meglio non fidarsi.»
Miro strabuzzò gli occhi, quello che aveva davanti era un poliziotto, o almeno, lo era quanto lui.
«Come avrai notato le cause della morte sembrano ovvie. Il soggetto è morto mentre si masturbava.»
Miro sorrise. «Sei nuovo? Perché anch'io avrei fatto il tuo stesso errore, ma vedi, caro collega, qualcuno ha cercato di cancellare le prove.» Riaccese la torcia e la puntò sulla macchia. «Magari qualcuno che mente sulla sua identità.»
L'uomo scosse la testa. «E sarei io?»
«Dimmelo tu, quando sei arrivato?»
«Un'oretta fa. La centrale ha mandato me perché abito qui vicino.»
«Quindi prima che io mi svegliassi. Strano, perché nel parcheggio non ci sono macchine arrivate da poco e nel vialetto non ci sono segni di scarpe. Sembra quasi che tu sia qui da prima di quanto sostieni.»
L'uomo sbiancò e allargò il colletto della camicia. «Diciamo che…»
«Diciamo che tu sei l'amante della signora Bruni e hai ucciso il marito!»
«Collega, con calma. La prima potrebbe essere giusta, ma la seconda proprio no. Stanotte io stavo facendo altro.»
«E certo, tu entri in casa loro in piena notte, ti intrufoli nel letto della moglie del morto e io dovrei pensare che sia tutta una coincidenza.»
«Un attimo, che hai capito. Io non ero con sua moglie.»
Improvvisamente la scena della notte tornò alla mente di Miro. Il poliziotto non poteva essere l'amante della mamma di Giorgia; lui era in compagnia d un'altra donna mentre i coniugi litigavano. Ma allora con chi era? Ricordò la sua amica che gli apriva affannata, non poteva essere vero, lei non poteva farsela con quel tipo. E in effetti non poteva; l'aveva incontrata prima dell'ingresso in casa del poliziotto. La conclusione fu ancora più agghiacciante: «Te la fai con la vecchia?» esclamò, rimanendo bloccato sull'ultima vocale.
Il poliziotto annuì. «Io e lei ci amiamo!»
«Ma potrebbe essere tua nonna!»
«Non puoi capire.»
«Finalmente hai detto una cosa intelligente.»
Miro tornò ad osservare la stanza. A parte la sedia ribaltata, sembrava tutto in ordine. L'unico oggetto fuori luogo era il barattolo della Nutella.
Ripensò al litigio tra i coniugi, al riferimento a quel giochetto che l'uomo aveva chiesto alla moglie. Si chinò, raccolse dei guanti dalla valigia e li infilò. «Andiamo a smascherare il colpevole» disse al poliziotto.

Nel salone in cui la sera prima si erano riuniti a cena, quello che rimaneva della famiglia Bruni.
Michela Viani, la vecchia matriarca non che madre del defunto, era seduta su una vecchia poltrona e in grembo teneva il maltese di famiglia. Il cane, vedendo entrare Miro, iniziò a scodinzolare e cercò di liberarsi dalla presa della vecchia.
Su un divanetto alla sinistra della poltrona, sedute una accanto all'altra, Giorgia Bruni e la madre Carla si tenevano per mano. La sua amica piangeva a in maniera convulsa.
L'unico elemento estraneo alla famiglia era una cameriera mulatta che si era seduta in disparte.
Miro entrò con il poliziotto al suo fianco e il barattolo di Nutella in mano. «Scusate se vi disturbo,» esordì «Ma temo che l'ingegner Bruni non sia morto per cause naturali.» Gongolò pensando a quanto bene stesse facendo il poliziotto. A conti fatti era già meglio di quello che aveva affianco.
Giorgia divenne rossa in volto e si alzò di scatto. «Miro, che stai combinando?»
«Risolvo il caso!»
«Non c'è nessun caso e tu non sei nessuno per farlo!»
«Ma come, siamo quasi fidanzati…»
«Smettila con questa farsa. Ormai non c'è più nessuno per cui io debba mentire.»
A bocca spalancata, Miro osservò Giorgia allungare la mano verso la cameriera che si mosse verso di lei, la raggiunse e la baciò.
Più eccitato che deluso, Miro si leccò le labbra. «Di questo parleremo dopo.» Ammiccò. «Ora ho un caso da risolvere.»
«Smettila, tu non sei…» Le urla di Gorgia si placarono davanti all'invito della madre che le poggiò la mano sul ginocchio.
Paonazza in volto, la sua amica si sedette, tenendo sempre per mano la cameriera che le stava in piedi accanto.
«Veniamo al dunque. Ieri sera la signora Carla e la vittima hanno avuto una discussione per via di questo…» Miro sollevò il barattolo della Nutella e lo mostrò alla donna.
«Veramente no!»
La risposta immediata della donna lo colse di sorpresa. Miro si sentì avvampare, quella era l'unica prova che credeva di avere. Non desistette.
«Allora mi dica, quale sarebbe il giochetto che le aveva proposto suo marito?»
Giorgia scattò in piedi, ma la madre la bloccò. Con contegno si voltò verso la figlia e sorrise. «Non aver paura cara, nessuno è senza peccato.» Tornò a guardare Miro e indicò un treppiedi con in cima una piramide di legno. «Anche mio marito aveva dei gusti particolari.»
Più che l'oggetto furono le parole della donna a fargli capire il concetto. Miro si sentì svuotato, non aveva nessun altro indizio. A quel punto poteva essere stato chiunque alto. Guardò il poliziotto e fece spallucce.
«Ci penseranno i colleghi.» Lo rincuorò l'uomo, andando incontro alla nonna.
Miro si sedette su una sedia, poggiò il vasetto di Nutella sul tavolo e lo svitò. Magari dentro c'era qualche indizio.
«Basty, dove vai?» Nonna Viani, richiamò il cane.
Miro si voltò e se lo vide correre incontro scodinzolando. Il maltese lo raggiunse e infilò il muso all'altezza dei suoi genitali. Miro si ritrasse, ma il cane iniziò a leccarlo. Lo sguardo di Miro si concentrò sull'attaccatura della coda dell'animale, dove vide una macchia marrone.
Un brivido lo scosse; combatté contro l'urto di vomito. Si alzò di scatto e il cane gli si avvinghiò alla gamba. Senza pensarci, lo lanciò dall'altra parte della stanza.
«Va bene che nessuno è senza peccato, ma voi mi fate proprio schifo.» Si voltò e uscì dalla stanza.
Mentre saliva le scale pensò che, anche se le cause di morte erano state naturali, se l'era cavata in maniera egregia. Non era da tutti riconoscere con il luminol i segni lasciati dalla lingua di un cane.



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Spartaco
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#2 » martedì 25 ottobre 2016, 23:02

Chiedo a tutti voi di scrivere un messaggio in risposta al vostro racconto in cui specificate i bonus a cui aspirate e come li avete inseriti.
Grazie

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ceranu
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#3 » giovedì 27 ottobre 2016, 22:51

Bonus -4 (facoltativo): almeno due protagonisti, di cui uno soprannaturale
non aspiro a questo bonus
Bonus -2 (facoltativo): inserisci nella storia uno strumento di tortura da Inquisizione, ma usato con uno scopo diverso dalla tortura
Un treppiedi con in cima una piramide di legno, l'utilizzo che ne fanno è simile, ma non per torturare.
Bonus -1 (facoltativo): inserisci il numero 1.300.000 (unmilionetrecentomila, indifferente in numero o lettera)
«Certo, ma spendere unmilionetrecentomila euro all'anno non ti fa schifo!»

Hitherto
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#4 » venerdì 28 ottobre 2016, 23:44

Ciao ceranu,
il tuo racconto mi è piaciuto davvero molto! Hai un modo di scrivere che conduce rapidamente il lettore dall'inizio alla fine, senza rinunciare ad alcuni dettagli descrittivi con cui il tempo del racconto rallenta piacevolmente. I personaggi e la trama sono ironici e divertenti. All'inizio pensavo "sì vabbè, ora si mette a fare il detective" oppure "l'amica sta con la cameriera?? Ma come, lo rivela così in questo momento della storia ed in questo modo??", ma questi sono particolari che secondo me avrebbero stonato in un altro tipo di racconto, non in questo.
Ti faccio solo qualche appunto sulla battitura: hai scritto "smartphone" senza "e" finale; da qualche parte hai scritto "se stesso" con l'accento sulla "e" e "un'impronta" senza apostrofo. Inoltre, quando scrivi "Le uniche tracce di liquido organico erano formate da una chiazza allungata formata di diverse linee parallele." non mi piace il susseguirsi di "formate" e "formata" e dopo "formata" hai scritto "di" al posto di "da". Al di là di questo lavoro pignolo di segnalamento degli errori di battitura, ti faccio i miei complimenti.
A me le d eufoniche piacciono!

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ceranu
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#5 » sabato 29 ottobre 2016, 1:33

Ciao e grazie per il commento. Sono contento ti sia piaciuto il racconto. Sui refusi hai assolutamente ragione, ma fino a due giorni prima della consegna stavo scrivendo un'altra storia che non mi convinceva, così ho deciso di cambiare, ma ho avuto modo di lavorarci solo il giorno della consegna.

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Vastatio
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#6 » sabato 29 ottobre 2016, 20:46

Ciao,
racconto godibile e, a tratti, divertente (grazie al tuo stile particolare). Un buon pezzo di intrattenimento per quei dieci minuti che impegnano la lettura, ma lascia poco alla fine se si esclude una "critica" all'eccentricità lussuriosa dei ricchi che tanto richiama alcuni cinepattoni. Nessuna idea particolarmente brillante.
Non ha senso nemmeno farti obiezioni sulla coerenza perché crei una barzelletta surreale dove i protagonisti e le dinamiche hanno senso solo se si accetta il tuo gioco, essendo tutti decisamente sopra le righe, e, tra tutti, trovo il "set da scientifica" tirato oltre misura.
Alcuni refusi che, in questa edizione, sono scappati praticamente a tutti.

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angelo.frascella
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#7 » domenica 30 ottobre 2016, 23:03

Ciao Francesco.

Racconto godibile e divertente, che gioca brillantemente con lo stereotipo della famiglia ricca viziosa e dissoluta, tenendo un tono fra il grottesco e l’umoristico portando agli estremi il concetto di chi è senza peccato.
Solo una cosa non mi ha convinto: è vero che parliamo di una famiglia particolare, ma il fatto che, nonostante tutti gli approcci al limite della molestia del protagonista, la ragazza se lo porti comunque in casa addirittura a passare la notte. La storia dei tentati suicidi non basta a superare la barriera che qualunque ragazza alzerebbe fra sé e un tipo simile.

A rileggerci
Angelo

Canadria
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#8 » lunedì 31 ottobre 2016, 0:14

Ciao, Francesco!
Mi è piaciuto lo stile del racconto, divertente e leggero, veloce e ben legato ad una narrazione carica di dettagli verosimili. La trama è assurda ma anche questo è il bello del racconto che, alla fine, risulta simpatico e divertente. Mi è parsa, in generale, una lettura piacevole. Ho apprezzato il tentativo di creare un piccolo giallo fuori dagli schemi anche se ho trovato un po’ forzato l’accoppiamento finale dei personaggi, sempre azzardato ed estroso. Forse la vera sorpresa, alla fine, sarebbe stata la normalità di un membro della famiglia. Inoltre, avrei provato ad ampliare il cerchio ad altri peccati, piuttosto che alla sola lussuria. In ogni caso sono piccoli appunti, giusto perché siamo qui per criticarci e quindi per apprezzare ma anche per provare a fornire nuovi stimoli e spunti di riflessione. In generale, mi è piaciuto. Bravo!

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ceranu
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Re: CSI all'italiana, di Francesco Nucera

Messaggio#9 » lunedì 31 ottobre 2016, 22:27

Ciao Roberto,
Vero, il racconto è di semplice intrattenimento, però, se vuoi, puoi anche considerare come critica sociale l'incoerenza del padre da cui Giorgia nasconde l'omosessualità mentre lui gioca con le piramidi e il cane.

Ciao Angelo, grazie per il commento.
Giorgia ha un fine nel portarsi dietro Miro, lei cerca di camuffare la sua omosessualità con il padre e usa lui.

Ciao Canadria,
Effettivamente avrei voluto inserire altri peccati, ma già così rischiamo di sforare con i caratteri.
Se cerchi una persona normale nel racconto c'è la madre. Lei tutto sommato è normale.

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