I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

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Jacopo Berti
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I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#1 » lunedì 19 settembre 2016, 23:08

I ragazzi del Boschetto - di Jacopo Berti

Sperava non fosse Ennio.
L'ultima volta, Mario aveva trattenuto a stento una scenata. Giocavano sempre a carte. Ennio se le portava in mano facendole levitare. Lentissimamente. Con un compiacimento soffocato sul suo volto paonazzo. Ennio Taucher. Qualche potere ancora promanava dalla sua testa calva, dalle sue mulze flaccide o dal suo respiro bolso.
Con Fulvio invece, Fulvio Longo, non si poteva proprio giocare a carte, ovviamente.
Mario andò alla porta, appoggiandosi di tanto in tanto alla parete, su vecchie impronte di dita tra le stampe stantie.
- Ti mando su Giada!
- Sì. Poi…
- Grazie papà.

Carezzò la testa della bambina. L'artrite non gli consentiva di stendere abbastanza le dita per seguirne la curva.
- Mama me ga dito che te son sempre davanti a sta roba... - Indicò il tablet che la bambina aveva appena tirato fuori dallo zaino.
Giada muoveva le dita sul vetro lucido come quando, alle prime armi, si accompagna la lettura. Mario vedeva a malapena delle forme colorate rimbalzare sullo schermo.
- Vuoi provare? - gli disse, porgendogli l'aggeggio.
- No, mi no capiso niente de 'sti strafanici.
- È facile, dai.
- E va ben, va ben! - Mario prese il tablet e osservò il giochino.
- Bisogna tagliare in due la frutta.
- Sì, sì, go capì.
- Ma nonno, si fa con le dita!
- Ma mi go l'artrite, e fazo cussì!
- Non funziona così - disse Giada risentita, correndo alle spalle del nonno.
Fissò qualche istante, incredula. - Come ci riesci?

La mente ritornò ai fatti di quei giorni. "I ragazzi del Boschetto", li aveva chiamati il quotidiano locale. Ritrovati dopo tre giorni i ragazzi del Boschetto. Era l'estate del '54, crepuscolo del Governo Militare Alleato.
Non ricordava molto. Le luci, l’odore di temporale, quella sensazione, dentro la spina dorsale, di sentirsi osservati. Di sentirsi osservati dentro la spina dorsale. E poi il risveglio, coi "Mericani" che accorrevano, e non erano quelli della guerra.
Visite, test, controlli. Tutti e tre avevano una cicatrice sopra l’orbita sinistra. Ennio e Fulvio avevano anche altro e avrebbero lavorato per decenni nei servizi segreti. Mario invece non aveva niente. Si era sempre sentito da meno, stupido, escluso.
«Non sappiamo perché a lei non sia accaduto null'altro. Ecco, tenga, chiami nel caso in cui…»

Si alzò in piedi, raggiunse la finestra. Dall’ultimo piano dell’anonimo edificio delle case popolari, Mario dominava con lo sguardo gran parte della città.
Si rese improvvisamente conto che quella stretta che sentiva farsi sempre più forte negli anni non era l’angoscia della vecchiaia, ma centinaia, migliaia di marchingegni lì fuori, sempre di più, che lo chiamavano.
Il dono l’aveva ricevuto anche lui, ma prima del tempo. Quante occasioni perse, quante possibilità.

Mario raddrizzò la schiena, con la consapevolezza di chi improvvisamente scopre la sua statura.
Poi abbassò lo sguardo alla mano tremante. Tutti i cellulari del rione composero il numero sul biglietto da visita ingiallito.
Ultima modifica di Jacopo Berti il lunedì 19 settembre 2016, 23:31, modificato 5 volte in totale.


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antico
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#2 » lunedì 19 settembre 2016, 23:11

Ciao Jacopo! Anche tu hai consegnato prima del tuo solito, se non erro! Parametri ok, buona Walter Lazzarin Edition!

Niko G
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#3 » martedì 20 settembre 2016, 10:55

Ciao Jacopo,
Gran bel racconto, complimenti. La parte in dialetto con il riferimento a quel famoso gioco (fruit ninja mi pare?) è deliziosa e contestualizza bene gli avvenimenti facendo pensare al lettore che la storia si possa esser verificata proprio nella casa della porta accanto dove nonno e nipotina giocano insieme.
Sorprendente il passaggio dai giochi dei due all’excursus storico che svela quello che era successo al nonno e ai suoi due amici tanti anni fa. Lo stile è perfetto, ricercato, raffinato.
Ho però avuto qualche difficoltà, anche dopo qualche rilettura, a cogliere appieno alcuni punti della storia, tra i quali forse i più salienti: Il nonno sorprende la nipotina giocando a fruit ninja solo con la forza del pensiero o in un altro modo? Quali sono i marchingegni che chiamano il protagonista? Se il protagonista sembra essersi accorto molti anni dopo del suo potere rispetto agli alti due ragazzi del boschetto, perché l’ha ricevuto “prima del tempo”? Perché tutti nel rione fanno il numero di cellulare consegnato al nonno anni prima? Forse lui è una specie di “ripetitore” in grado di risvegliare “soldati dormienti” e metterli sotto il controllo dei misteriosi “mericani” che gli hanno impiantato qualcosa nel cervello? O forse ha il dono di controllare i cellulari e i dispositivi elettronici intorno a sè?
Sono d’accordo sul fatto che bisogna celare alcune cose al lettore e fargliele capire da sé, però secondo me hai un po’ esagerato, si poteva dedicare qualche carattere in più per facilitargli il lavoro alleggerendo un po’ la parte del gioco tra nonno e nipotina e rendere il messaggio un po’ più fruibile. Per me un racconto che si legge tutto d'un fiato senza bisogno di fermarsi e rileggere per capire è molto piacevole.
Anche questa volta comunque ottimo lavoro 
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

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maria rosaria
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#4 » martedì 20 settembre 2016, 17:58

Ciao Jacopo.
La scrittura è notevole, come al solito. Le frasi in dialetto sono una delizia e mi hanno permesso di "vedere" questo vecchietto artritico che parla con la nipotina. Il finale mi ha lasciato un po' interdetta ma solo perchè non l'ho compreso immediatamente e ho dovuto rileggere il tutto: il nonno scopre, a distanza di anni, di avere un superpotere che è quello di comandare a distanza le diavolerie tecnologiche che nel 1954 non esistevano ancora, giusto?
Un superpotere in anticipo sui tempi. :-)
Ottimo racconto.
Maria Rosaria

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Angela
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#5 » martedì 20 settembre 2016, 20:07

Racconto molto interessante perché si dipana su due fronti temporali e nel passato c'è la chiave per comprendere il presente. L'idea è molto buona e tocca argomenti importanti: la guerra, gli esperimenti con gli esseri umani e i super-poteri, tra cui quello inusuale che è toccato al protagonista. Un testo scritto con cura, ma non immediatamente comprensibile; confesso di aver riletto il finale ma di non aver compreso il discorso del biglietto da visita. Questo è l'unico appunto che mi sento di farti, buono lo stile, il ritmo, l'idea e tema centrato.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

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ceranu
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#6 » mercoledì 21 settembre 2016, 14:22

Ciao Jacopo. Il problema di comprimere una bella idea in 3000 battute è che spesso si rischia di lasciare troppi punti interrogativi. Nel tuo caso hai avuto un'ottima idea, ma la realizzazione non è all'altezza, gli manca lo spazio.
Partiamo dal punto che apre e chiude il racconto. I ragazzi vengono trovati nel bosco nel '54 dagli americani e alla fine lui decide di chiamare gli stessi per farsi venire a prendere. Mi sembra un po' azzardato, sembra quasi che per scoprire che poteri potessero avere gli avessero offerto la merenda e li avessero fatti giocare. Mi sembra un po' azzardato, nel dopoguerra, alle porte della guerra fredda, non credo che i metodi fossero così teneri. Gli americani non sono famosi per i loro metodi democratici.
Poi c'è la questione ritrovamento. Vada per quella che credo sia una ripetizione non voluta
Non ricordava molto. Le luci, l’odore di temporale, quella sensazione, dentro la spina dorsale, di sentirsi osservati. Di sentirsi osservati dentro la spina dorsale.
ma mi fa storcere il naso quel 1954. Nove anni dopo la fine della guerra che fanno pensare a un rapimento alieno. Direi che non avrebbero rlasciato nemmeno il protagonista che sarebbe diventato una cavia.

Veniamo poi al potere del nonno. Passi che non ha mai usato un tablet o un cellulare, ma ciò vuol dire che non si è mai avvicinato nemmeno a un televisore, che non è mai salito su un aereo, su una macchina e che non sia mai entrato in un posto con dentro qualcosa di elettronico. Mi sembra molto strano.

Insomma, lo spunto è buono, e sono certo tu abbia tutto chiaro in testa, ma così il racconto risulta lacunoso, mi dispiace.

Ciao e alla prossima.

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Adry666
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#7 » giovedì 22 settembre 2016, 10:51

Ciao Jacopo,

tema centrato.

Scrittura fluida, buon ritmo.
A una prima lettura sono rimasto un po’ perplesso perché non ho capito subito il senso del tuo racconto.
Inoltre ci sono alcune incongruenze nella trama che non aiutano la sospensione d’incredulità del lettore. Sicuramente il problema risiede come al solito nel limite dei caratteri e del tempo. Spero di rileggerlo più sviluppato.

Occhio al refuso / ripetizione:
“…Le luci, l’odore di temporale, quella sensazione, dentro la spina dorsale, di sentirsi osservati. Di sentirsi osservati dentro la spina dorsale…”

Ciao
Adriano

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invernomuto
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#8 » venerdì 23 settembre 2016, 4:40

Ciao Jacopo!
Stile notevole, tema trattato in modo originale e curioso: un potere "inusuale" perché dato troppo presto a cui si abbina un sentimento di rivalsa per il povero Mario, ingiustamente sottovalutato per tanti anni, che compone il numero dei servizi segreti per reclamare il suo posto nel "trio".
Come ti han fatto notare molti prima di me, alcuni punti risultano un po' criptici, forse il nodo gordiano vero e proprio risiede in quel "biglietto da visita ingiallito" che fa capolino nel racconto solo sul finale, mentre una piccola menzione precedente snellirebbe di molto il lavoro del lettore.
Credo non ci sia bisogno che ti dica che è un bel lavoro, mi è piaciuto molto.

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eleonora.rossetti
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#9 » venerdì 23 settembre 2016, 8:43

Ciao Jacopo!
Che dire, bello, mi è piaciuto. Qui abbiamo un protagonista che si ritrova il potere di poter comandare gli strumenti digitali (tablet, cellulari) prima ancora che venissero inventati (e che amaramente ha la possibilità di rivalsa solo quando ormai è vecchio).
Mi è piaciuto anche l'uso del dialetto, sembra proprio dare differenza tra il mite vecchietto e ciò che cova sotto la cenere. L'espressione "Di sentirsi osservati dentro la spina dorsale" (magari ci avrei messo un corsivo su "dentro") inoltre mi ha dato una bella staffilata, in senso buono. Complimenti ^^
Se devo trovarci un difetto, anche io punto il dito sulla comparsa del foglio giallo solo alla fine. Magari ci avrei fatto giocherellare il protagonista all'inizio, l'avrei fatto entrare prima: mi avrebbe già fatto incuriosire.
Il finale mi ha fatto venire in mente quello de "Il tagliaerbe", non so se fosse voluto.
Per il resto niente da dire, bel lavoro.
Uccidi scrivendo.

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Jacopo Berti
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#10 » venerdì 23 settembre 2016, 15:06

Grazie a tutti per i commenti! :)
Sono contento che vi sia piaciuto e accetto di buon grado alcune delle vostre osservazioni. Alle altre provo a ribattere.

In primo luogo, la frase seguente non è un refuso:
quella sensazione, dentro la spina dorsale, di sentirsi osservati. Di sentirsi osservati dentro la spina dorsale.

Anzi, l'ho aggiunta tra le ultime cose (una delle modifiche ex post, prima dell'una di notte) perché mi piaceva. Le due parti hanno un significato diverso ed è cumulativo. La prima dice che la sensazione di sentirsi osservati è percepita tramite la spina dorsale, la seconda che ad essere osservata (analizzata, oggetto di sperimentazione) è la stessa spina dorsale: una cosa interna e delicata.

Quanto al bigliettino, è vero che potevo farlo apparire prima e tenerlo un po' più presente, ma credevo che si capisse che è qui che gli viene dato:
«Non sappiamo perché a lei non sia accaduto null'altro. Ecco, tenga, chiami nel caso in cui…»
Però non avete torto: spesso scrivo cose che credo siano chiare e invece non lo sono, semplicemente perché non ho il tempo di ricontrollare dopo un po' di tempo se sto capendo una cosa perché l'ho scritta io o perché è effettivamente comprensibile da come l'ho scritta. Questo, credo - anche a vedere alcuni altri contest recenti - è tra le difficoltà maggiori per me su MC.

Quanto alla trama. Forse i miei "Mericani" - che non sono altro che "gli Americani" in dialetto triestino, ma che ho messo così come a trattarli da popolazione proveniente da un pianeta alieno - sono troppo buoni. O forse appartengono a gruppi diversi: intelligence, rami deviati dell'intelligence, esercito, e non hanno un'idea unitaria su come gestire l'operazione o sul come rispondere all'operazione che altri hanno gestito. Io a questa cosa ho pensato ma, da grande estimatore di x-files - e qui qualcosa c'è sicuramente - ho pensato che non era fondamentale spiegare per filo e per segno.
Ancora sulla trama: i poteri - qualunque sia il modo in cui sono stati generati - sono apparsi casualmente. Il potere di Mario non era ancora sfruttabile nel '54 e nei pochi anni successivi e in questo senso è inconsueto, in quanto giunto prima del tempo. Poi l'osservazione che non ha mai visto un computer, un televisore o altro mi pare superficiale. Per "scoprire" e cominciare ad usare un superpotere ci vuole un evento fortuito: nel caso del racconto - riconosco che forse è difficile da capire - è l'idea balzana che il tablet funzioni proprio così e che la bambina si accompagni con le dita solo perché non sa usarlo da persona adulta.
Scusate, certe cose dovrei spiegarle più chiaramente ma le accenno soltanto. Sempre per il discorso di cui sopra.

Sono contento delle osservazioni sullo stile, fa sempre piacere sentirsi dire che - al d là dell'apprezzamento complessivo - si "scrive bene". Anche il consenso sull'uso del dialetto mi fa molto piacere: pensate che è l'elemento su cui ho "scommesso" in questo racconto: ovvero, non ero sicuro fino all'ultimo di lasciarlo così, nel timore che qualcuno non capisse o non approvasse questa scelta. Rendere nonno Mario più vicino a noi, più "normale" è esattamente il motivo per cui ho usato il dialetto.
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raffaele.marra
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#11 » martedì 27 settembre 2016, 0:03

Ammetto di aver capito il finale solo dopo aver letto la tua spiegazione. E mi sono sentito un po’ idiota: avrei dovuto capirlo da solo, in fondo, non era affatto difficile. Davvero, non è una questione di chiarezza mancante nel tuo scritto, è solo questione di troppa leggerezza nel leggerlo. Sarà perché quella del biglietto consegnato è un’immagine vista e rivista e quindi è passata un po’ inosservata, soprattutto in confronto a tante altre scene che sono sicuramente affascinanti e suggestive. In complesso il racconto mi è piaciuto molto, perché ha un inizio che desta interesse e si fa leggere volentieri, una parte centrale con un notevole “salto di livello” che dà tono e sostanza alla storia, un finale che lascia pensare. Lo stile, come spesso ti accade, è pressoché perfetto. Complimenti.

Fabiana Donato
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#12 » martedì 27 settembre 2016, 13:32

Ciao Jacopo! Ormai penso di essere in grado di riconoscere un tuo racconto a occhi chiusi! Hai uno stile particolare che deve essere compreso, difficile da seguire a primo impatto, ma che poi ti lascia con la voglia di leggere ancora e ancora. Diciamo che anch'io un po' come gli altri, ho avuto qualche difficoltà, e solo con la tua spiegazione sono riuscita a comprendere meglio la vicenda. Non mi entusiasma molto l'idea devo essere sincera, ma è il tuo modo enigmatico di presentare le idee che mi affascina. Sono curiosa di vedere cosa saresti in grado di fare con più caratteri, questa volta forse ti hanno un poco limitato, in ogni caso bella prova. Alla prossima!

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alessandra.corra
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#13 » mercoledì 28 settembre 2016, 11:32

Ciao Jacopo,

nella tua storia traspare una forte sensazione di amarezza e nostalgia. Spesso i fatti della vita avvengono troppo presto o troppo tardi, cogliere il momento giusto è questione di pura fortuna. E troppe volte, forse a tutti è successo, di provare almeno una volta il rimpianto per "come avrebbe potuto essere se". Quindi il tuo racconto mi sembra quasi una metafora per questo aspetto della vita. Il protagonista ha ricevuto un potere, ma che non poteva essere sfruttato nel presente, ma solo anni dopo, costringendolo purtroppo a vivere una vita che non meritava, al di sotto delle sue reali possibilà. Il quadretto dipinto del nonno che gioca con la nipotina è toccante. All'inizio, quando leggevo i tuoi racconti, trovavo il tuo stile un pò troppo ricercato, ma adesso riesco meglio a immergermi nella forma, molto particolare ed elegante, e non posso che complimentarmi con te per la bravura.

Alexia
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#14 » mercoledì 28 settembre 2016, 16:20

Sono onesta, non mi ha coinvolto la parte iniziale. Trovo molto bella invece la parte finale. Forse senza il preludio e strutturato in modo diverso sarebbe stato più empatico. La scrittura è buona, senza dubbio, il tema è azzeccato, anche se lo avrei approfondito… c’è giusto un accenno. L’uso del dialetto mi garba e anche le figure sono contestualizzate bene, solo che come detto non mi ha coinvolto. Ho trovato più empatica la parte legata ai ricordi.

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Andreacrux
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#15 » mercoledì 28 settembre 2016, 22:42

Ciao Jacopo!
Grande prova di scrittura! Bellissima la tecnica del flashback che a me piace tantissimo e fa capire come Mario ha ricevuto il suo inconsueto e, fino alla tarda età, sconosciuto potere.
Restano di certo alcune parti difficili da comprendere nella scrittura e che lasciano al lettore il compito di interpretare! A volte però credo che costringere il lettore a ritornare indietro per cercare di capire cosa lo scrittore voglia dire non è buona pratica (a me capita spesso, quando leggo qualcosa di troppo criptico, di sentirmi stupido..."possibile che non ho capito?" - mi dico). Quindi io farei lo sforzo di arricchire la storia nelle parti meno chiare, e sono sicuro che con più di 3000 caratteri ci saresti riuscito! Sarebbe bello rileggerla, magari nel laboratorio, con qualche carattere in più!
Il biglietto da visita è sicuramente l'elemento più duro da comprendere. Il pezzo in cui viene consegnato il numero nel boschetto evidentemente è troppo nascosto tra le righe.
Mi discosto dagli altri commenti sulla ripetizione della spina dorsale! È chiaro che non è la stessa frase ed è stato uno dei passaggi più belli già alla prima lettura! Bellissimi i dialoghi in dialetto!
Continua così

Sybilla Levanti
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#16 » giovedì 29 settembre 2016, 16:43

Ciao Jacopo!, devo ammettere che il tuo racconto, pur con le lacune che tutti prima di me hanno rilevato, è al momento il mio preferito. Hai inserito alcuni dei miei temi preferiti, anche io da brava appassionata di x files, sci fi e fumetti vari. Il limite dei tremila caratteri è sempre un po' una spada di Damocle ma l'hai gestita bene. Io non ho trovato particolari difficoltà a seguire la narrazione o a cogliere i vari elementi indicatori che hai disseminato per il racconto (il numero di telefono da chiamare per esempio...mi son solo chiesta se dopo tutti quegli anni fosse ancora attivo, quello si). Se dovessi decidere di ampliarlo, mandamelo che son curiosa di sapere cosa capita a Mario.

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Jacopo Berti
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#17 » venerdì 30 settembre 2016, 15:01

Grazie per i nuovi commenti e per i nuovi buoni posti in classifica.
La scrittura piace praticamente a tutti, l'idea anche, mi pare. Ora devo solo trovare come essere più comunicativo. Mica facile, direi: probabilmente la mia scrittura piace anche perché non è banale né scontata. In questo si rivela a volte anche poco chiara. Come essere chiari ma non banali, come narrare e affabulare in modo comprensibile senza rientrare semplicemente nel "resoconto" più pulito possibile?
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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#18 » sabato 1 ottobre 2016, 20:26

Pollice tendente verso l’alto. C’è un problema, a mio avviso, sull’entrata in scena di Giada: ho dovuto rileggere per capire che la figlia, dal piano terra, lo saluta velocemente lasciandogli la nipote, sento il bisogno di una specificazione maggiore. E intanto che ci sei, sempre nella prima parte, cercherei di specificare meglio Ennio e Fulvio. Insomma, l’intro non va bene. Tutto il resto, invece, bene. Anche il finale ci sta, chissà quanto in vita sua ha desiderato fare quella telefonata. Il tema è ben presente.

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Re: I ragazzi del boschetto - di Jacopo Berti

Messaggio#19 » martedì 4 ottobre 2016, 15:45

ho dovuto rileggere per capire che la figlia, dal piano terra, lo saluta velocemente lasciandogli la nipote, sento il bisogno di una specificazione maggiore. E intanto che ci sei, sempre nella prima parte, cercherei di specificare meglio Ennio e Fulvio.


E dire che basta così poco: un "Era sua figlia Chiara" prima del dialogo e qualche parolina in più.
Sia che mi passi in vetrina (dubito, ma non ho fatto i conti) sia che non passi lo presenterò al laboratorio di ottobre, tanto poco basta, a mio avviso, per sistemare questa e altre piccole cose.
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