Scavare una buca_Marina Usai
Inviato: domenica 25 settembre 2016, 16:53
Se ne sta in ginocchioni a scavare per terra, in giardino.
Lo fa ogni giorno, sempre alla solita ora. Scava con le mani. Quando ha finito si alza, con evidente sforzo fisico, si pulisce le mani sui pantaloni e torna in casa.
“Cosa guardi?”
“Niente, solo il vicino” rispondo.
“Quel vecchio rincoglionito. Non so cosa aspettano gli assistenti sociali a portarselo via.”
Annuisco e intanto bevo un sorso di caffè.
“Vado” dice Mauro “c’è bisogno che prenda qualcosa?”
“No” rispondo “ho fatto la spesa ieri. Se ti va prenditi solo un po’ di pane fresco per stasera.”
Si avvicina e mi bacia sulla guancia.
La porta si chiude e sento il rumore della macchina che se ne va.
Io rimango alla finestra. Continuo a guardare il vecchio carponi che scava la terra.
“Guardate! Si è pisciato nei pantaloni!”
La gora si stava guadagnando spazio dal cavallo dei pantaloni verso le caviglie. Tutti i bambini lo stavano guardando, la maggior parte ridendo, altri con smorfie di disgusto disegnate sulla faccia.
Bruno non riusciva a muoversi, le gambe inchiodate a terra come radici di un albero. Sentiva il caldo umido del piscio scorrergli lungo le cosce. Era sicuro che tra poco avrebbe pianto.
“Cosa succede Bruno?” disse un bambino “hai visto mica un fantasma? Faccelo vedere anche noi Bruno, che così ti facciamo compagnia” e continuò a ridere, contagiando tutti i bambini in una risata collettiva.
“Bruno!” lo chiamò una voce di donna. La voce si fece sempre più vicina. La donna lo afferrò per un braccio. Lo sradicò da terra e lo portò con sé, in un posto in cui le risate dei bambini facevano meno paura.
Poso la tazza e vado in salotto. Lo scrittoio è pieno di carte scarabocchiate, di liste, di bollette da pagare. Le foto appena si vedono. Ci siamo io e mio marito il giorno del nostro matrimonio. Ci sono i nostri figli e le facce sdentate dei nostri nipoti.
Nella cornice d’argento c’è la foto della festa per le nostre d’oro.
Dal cassetto dello scrittoio prendo una vecchia scatola di latta. Prendo la cornice d’argento e ce la metto dentro. Poi vado in giardino.
Mi chino e scavo. Mi sporco le unghie. Un paio si spezzano. Inavvertitamente tocco un formicaio. Formiche dalla testa rossa si riversano nella buca. Continuo a scavare anche se mi mordono, anche se fanno male.
Infilo la scatola nella buca e la ricopro di terra.
Quando mi alzo, con fatica, il mio vicino è lì che mi guarda.
“Cosa ha sepolto?”
“Ricordi” dico. “Lei?”
“Sogni.”
Il dottore disse alla signora Assalini che a volte succedeva, anche i bambini più grandicelli potevano avere difficoltà a trattenere la pipì. Le disse che se si trattava di un episodio isolato non doveva preoccuparsi. Che tutto si sarebbe risolto con l’adolescenza. Anche quei suoi comportamenti un po’ bizzarri non erano niente di che. In fondo, la perdita di un genitore a quell’età può provocare forti turbamenti. Passerà con il tempo, disse.
Quando tornarono a casa Bruno si chiuse in camera sua. Ci rimase tre giorni. Quando uscì se ne andò in giardino e iniziò a scavare.
Lo fa ogni giorno, sempre alla solita ora. Scava con le mani. Quando ha finito si alza, con evidente sforzo fisico, si pulisce le mani sui pantaloni e torna in casa.
“Cosa guardi?”
“Niente, solo il vicino” rispondo.
“Quel vecchio rincoglionito. Non so cosa aspettano gli assistenti sociali a portarselo via.”
Annuisco e intanto bevo un sorso di caffè.
“Vado” dice Mauro “c’è bisogno che prenda qualcosa?”
“No” rispondo “ho fatto la spesa ieri. Se ti va prenditi solo un po’ di pane fresco per stasera.”
Si avvicina e mi bacia sulla guancia.
La porta si chiude e sento il rumore della macchina che se ne va.
Io rimango alla finestra. Continuo a guardare il vecchio carponi che scava la terra.
“Guardate! Si è pisciato nei pantaloni!”
La gora si stava guadagnando spazio dal cavallo dei pantaloni verso le caviglie. Tutti i bambini lo stavano guardando, la maggior parte ridendo, altri con smorfie di disgusto disegnate sulla faccia.
Bruno non riusciva a muoversi, le gambe inchiodate a terra come radici di un albero. Sentiva il caldo umido del piscio scorrergli lungo le cosce. Era sicuro che tra poco avrebbe pianto.
“Cosa succede Bruno?” disse un bambino “hai visto mica un fantasma? Faccelo vedere anche noi Bruno, che così ti facciamo compagnia” e continuò a ridere, contagiando tutti i bambini in una risata collettiva.
“Bruno!” lo chiamò una voce di donna. La voce si fece sempre più vicina. La donna lo afferrò per un braccio. Lo sradicò da terra e lo portò con sé, in un posto in cui le risate dei bambini facevano meno paura.
Poso la tazza e vado in salotto. Lo scrittoio è pieno di carte scarabocchiate, di liste, di bollette da pagare. Le foto appena si vedono. Ci siamo io e mio marito il giorno del nostro matrimonio. Ci sono i nostri figli e le facce sdentate dei nostri nipoti.
Nella cornice d’argento c’è la foto della festa per le nostre d’oro.
Dal cassetto dello scrittoio prendo una vecchia scatola di latta. Prendo la cornice d’argento e ce la metto dentro. Poi vado in giardino.
Mi chino e scavo. Mi sporco le unghie. Un paio si spezzano. Inavvertitamente tocco un formicaio. Formiche dalla testa rossa si riversano nella buca. Continuo a scavare anche se mi mordono, anche se fanno male.
Infilo la scatola nella buca e la ricopro di terra.
Quando mi alzo, con fatica, il mio vicino è lì che mi guarda.
“Cosa ha sepolto?”
“Ricordi” dico. “Lei?”
“Sogni.”
Il dottore disse alla signora Assalini che a volte succedeva, anche i bambini più grandicelli potevano avere difficoltà a trattenere la pipì. Le disse che se si trattava di un episodio isolato non doveva preoccuparsi. Che tutto si sarebbe risolto con l’adolescenza. Anche quei suoi comportamenti un po’ bizzarri non erano niente di che. In fondo, la perdita di un genitore a quell’età può provocare forti turbamenti. Passerà con il tempo, disse.
Quando tornarono a casa Bruno si chiuse in camera sua. Ci rimase tre giorni. Quando uscì se ne andò in giardino e iniziò a scavare.