[P] Pablo

Minuti Contati affronta il mese più caldo dell’anno decidendo di sperimentare la nuova formula TWO DAYS. Non più una sola data per partecipare, ma due: lunedì 20 e mercoledì 22 luglio sempre alle 21.00 e con quattro ore di tempo per scrivere racconti di massimo 3000 caratteri. Gli autori potranno decidere di cimentarsi nella sfida nella serata a loro più comoda e troveranno ad aspettarli due diversi temi. I racconti di lunedì e quelli di mercoledì verranno poi riuniti insieme e divisi in gruppi per la fase di confronto diretto fra gli scrittori che servirà a selezionare i migliori che verranno inviati alla Guest Star per essere giudicati e ordinati in quella che sarà la classifica finale. Dopo Dario Tonani, Matteo Di Giulio e Barbara Baraldi, Minuti Contati è lieta di annunciare che la Guest del mese di luglio sarà uno dei suoi Campioni: Roberto Bommarito.
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Angela
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[P] Pablo

Messaggio#1 » lunedì 20 luglio 2015, 22:07

Il parroco arrivò a San Pedro con la corriera di mezzogiorno. Si asciugò il sudore dalla fronte e si avviò per i vicoli polverosi, dove si affacciavano case basse con giardini striminziti.
Si fermò davanti a un locale, all’interno qualcuno stava arrostendo della carne; l’odore arrivava a zaffate e faceva impazzire i cani randagi. Entrò e restò lì con il cappello in mano mentre i pochi clienti lo osservavano curiosi.
- Sono padre Ignazio - disse. - Vengo dalla città per avere notizie del piccolo Pablo.
La gente continuò a mangiare e nessuno badò più a lui. Pablo era uno dei tanti bambini che erano stati affidati a una famiglia in attesa dell’adozione definitiva. Aveva otto anni, la pelle scura e gli occhi vivaci. Era nato e cresciuto a San Pedro e probabilmente era fuggito per tornare nel posto che considerava la sua casa.
- Se qualcuno sta nascondendo il bambino - disse il parroco - sappia che ne pagherà le conseguenze. Le autorità lo stanno già cercando.
Il locandiere era un uomo alto e grosso con una cicatrice sul sopracciglio sinistro e il naso bitorzoluto. Si avvicinò al prete e gli puntò contro un coltellaccio.
- Non ci piacciono i preti e meno che mai chi viene qua a fare domande. A San Pedro ci conosciamo tutti e questo Pablo nessuno sa chi sia.
Padre Ignazio fece un passo indietro e lanciò un’occhiata alla porta socchiusa.
- Forse aveva un nome differente, magari non è stato neppure battezzato, ma dovete sapere di chi sto parlando! É un bambino piccolo cresciuto per le strade, lo avrete curato e nutrito, altrimenti non sarebbe potuto sopravvivere.
- Appunto - rispose il locandiere - se è nato e cresciuto a San Pedro è uno di noi, appartiene alla comunità e deve restare qui.
- Come un randagio? Come quei poveri cani che stazionano qui fuori aspettando un osso? - gridò il Parroco.
Il locandiere si dimenticò di lui e cominciò a servire i clienti versando mate nei bicchieri vuoti.
Padre Ignazio uscì, il sole era un ferro rovente. Si fermò a riflettere sotto un albero di araucaria. Il Cile era pieno di bambini senza famiglia, ma lui aveva conosciuto Pablo e aveva visto un lampo di luce nei suoi occhi quando si era trovato davanti ai libri nella biblioteca della Mission.
Avrebbe potuto avere un futuro diverso, una famiglia, degli affetti. Non riusciva a capire perché aveva preferito tornare in quel posto rinunciando a una vita migliore.
Una donna attraversò la strada tirandosi dietro un bambino piccolo che faticava a starle dietro. Trotterellava inciampando a ogni pietra e rischiando di cadere, ma c’era la mano di lei salda nella sua.
Forse la vera madre di Pablo era una donna di San Pedro. Magari si occupava di lui di nascosto perché non poteva tenerlo. La polizia avrebbe fatto delle brevi ricerche e poi avrebbe archiviato il caso con la dicitura “bambini dimenticati”.
Se mai un giorno lo avesse ritrovato, gli avrebbe regalato un libro perché imparasse a leggere. Quel lampo che aveva visto nei suoi occhi doveva crescere e mettere radici.


Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

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angelo.frascella
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Messaggio#2 » giovedì 23 luglio 2015, 23:34

Ciao Angela.

Il tuo racconto non presenta grossi picchi emotivi eppure funziona perché costruisci molto bene l’atmosfera del paese e proponi delle riflessioni belle, non banali e non definitive su quale sia il posto migliore per una persona. Insomma, mi è piaciuto. Permettimi anche un suggerimento: verso l’inizio inserisci una parte informativa in cui spieghi chi sia Pablo e perché il prete sia lì. Messa così spezza un po’ il ritmo della narrazione e appesantisce il testo. Sarebbe meglio cercare di inserirla con più naturalezza in forma narrativa. Per esempio potresti far sì che il prete si ricordi di lui, della prima volta che l’ha visto e di quando si è scoperto che era scappato.

A rileggerci (magari sorseggiando una bibita fresca al bar, che con questo caldo ci vuole)
Angelo

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Angela
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Messaggio#3 » venerdì 24 luglio 2015, 16:27

Grazie Angelo, interessanti riflessioni; i commenti sono utilissimi per mostrare all'autore punti di vista diversi. Il feed back arricchisce. A presto :)
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Serena
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Messaggio#4 » venerdì 24 luglio 2015, 18:59

Ciao Angela! Molto bella l'ambientazione, così polverosa e con il sole che arrostisce la pelle. Come ha notato Angelo, non ci sono grandi colpi di scena ma riesci a creare una sorta di apprensione verso il bambino sperduto. Il finale non mi convince moltissimo, mi sembra troppo arrendevole. Il prete è arrivato fin lì per cercarlo, ha sfidato il proprietario del locale e poi, molla? Forse avresti dovuto dare più carattere alle battute finali, con un prete più incisivo e determinato a non perdere la luce nello sguardo del bambino!

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Angela
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Messaggio#5 » venerdì 24 luglio 2015, 20:57

Il prete assomiglia per certi versi a Don Abbondio, per niente temerario di fronte al coltellaccio del locandiere però è anche un sognatore e non è disposto a rinunciare all'idea di fare di quel bimbo un uomo di cultura. Il finale è aperto a ogni possibile soluzione, qualcosa mi dice che tornerà diverse volte a San Pedro a sfidare il malumore dei paesani. E poi chissà.. Grazie per il commento! :D
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AmbraStancampiano
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Messaggio#6 » domenica 26 luglio 2015, 18:44

Ciao Angela,

Il tuo racconto si svolge in un lasso di tempo molto breve, ma dà una generale impressione di lentezza. Questo rende bene la sonnacchiosità del paese, e a tratti ti consente proprio di vederlo; l’ho immaginato giallo come un western. Ecco, l’atmosfera western non viene usata spesso nei racconti e nelle narrazioni scritte, e tu l’hai costruita in maniera piacevole e originale; però ad un certo punto nei western si sfoderano le pistole e, forse presa da questa mia suggestione, ad un certo punto ho sentito il bisogno di forme un po’ più immediate, anche nel linguaggio, che rendessero bene il senso dell’azione. Ti faccio due esempi:
“vengo dalla città per avere notizie del piccolo Pablo”, sarebbe stato più scorrevole con “sto cercando il piccolo Pablo”;
“probabilmente era fuggito per tornare nel posto che considerava casa sua” scorre meglio come “forse era scappato per tornare a casa sua”.
Il dialogo slegato, che con poche battute ti dice tantissimo del carattere dei personaggi, è gestito molto bene.
La declinazione del tema ed il messaggio conseguente sono molto belli; come hai notato anche tu, abbiamo fatto delle scelte simili, creando un discorso sull’appartenenza e la scelta delle proprie possibilità che inevitabilmente condivido ;)
Sempre riguardo al tema e alla storia, ho due piccolissimi appunti:
Perchè, se Pablo è scappato da una famiglia affidataria, lo sta cercando il parroco?
Se sia il paese che il parroco lo hanno tanto a cuore, Pablo è davvero un figlio dimenticato? Forse in realtà è fortunato come pochi ;)
Alla prossima!
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

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Angela
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Messaggio#7 » domenica 26 luglio 2015, 20:50

Appunti molto interessanti e concordo sulle variabili proposte che trovo più scorrevoli. In passato mi è capitato di scrivere western (addirittura un testo a puntate) e devo dire che anche se non sono un'esperta in materia, mi è piaciuto molto. Per quanto riguarda la domanda finale, il prete è direttamente coinvolto nell'adozione (dettaglio introdotto quando parlavo della Mission).
Concordo, Pablo potrebbe essere un bambino molto fortunato se coltivasse la luce della conoscenza.
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Alexia
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Messaggio#8 » domenica 26 luglio 2015, 23:03

Racconto di pancia, di quelli che fanno male, che fanno pensare. Bella l’ambientazione e drammatico il tema, che affronti in modo particolare, con il punto di vista di chi ha sperato che le cose cambiassero, almeno per un bambino… Il realismo dell’indifferenza fa male. Insieme al protagonista senti il tuo grido di aiuto ignorato.
Racconto pulito, fila liscio fino all'ultima parola.

Brava, bella prova!

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Angela
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Messaggio#9 » domenica 26 luglio 2015, 23:51

Grazie Alexia, io ho apprezzato moltissimo il tuo racconto, quindi il commento mi fa doppiamente piacere :)
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marco.roncaccia
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Messaggio#10 » lunedì 27 luglio 2015, 17:26

Ciao Angela,
per me è parecchio complicato commentare questo racconto. Mi si genera un conflitto tra due diverse parti che, generalmente, cerco di fare andare d’accordo: lo scrittore e l’educatore.
Il primo dice che il pregio maggiore del tuo racconto è lo scenario che costruisci. Complice la stagione torrida, sembra proprio di essere lì. Quanto allo sviluppo, invece, il maggior difetto è la mancanza di movimento. Il protagonista non si sposta molto dalla situazione iniziale. La tensione sale, abbiamo un locandiere che gli punta un coltello alla gola, ma si scioglie senza conseguenze, a parte un certo spavento del prete, dilapidando le potenzialità di azione.
Il secondo, l’educatore, che conosce le problematiche e ha lavorato con i bambini di strada, invece, non riesce proprio a digerire questo prete “colonialista” e tende a solidarizzare col coltellaccio del locandiere.
In ogni caso sia lo scrittore sia l'educatore hanno apprezzato la tua scrittura.

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Angela
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Messaggio#11 » lunedì 27 luglio 2015, 19:11

Ti ringrazio molto per il commento, Ozbo. Ho sempre pensato che ciò che è l'intendimento dell'autore, è solo una delle possibili chiavi di lettura. In realtà un racconto può avere innumerevoli interpretazioni e io credo che questo sia uno dei maggiori pregi che ritroviamo nella scrittura. Quando scrivo, privilengiando soprattutto i finali aperti, lo faccio con la consapevolezza di dare al lettore il coltello dalla parte del manico, ma è l'interazione ciò che cerco e il feed back che ne è il risultato. Di nuovo grazie per il tuo commento, molto gradito.
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antico
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Messaggio#12 » venerdì 31 luglio 2015, 0:30

Ciao Angela e benvenuta a Minuti Contati!
Concordo in toto con la riflessione di Angelo, hai affrontato la tematica di quale sia il posto migliore per una persona e l'hai fatto pacatamente e senza prendere posizioni, ma mostrando le diverse facce della medaglia. Pertanto ritengo che il racconto non necessitasse di più movimento, semplicemente l'hai ottimizzato per quelle che erano le tue intenzioni, quindi bersaglio centrato. Qualche perplessità in più sull'utilizzo del tema, nel senso che Pablo per questa cittadina e tutt'altro che un figlio dimenticato, anzi il prete non viene aiutato nella sua ricerca proprio perché la comunità l'ha reclamato indietro. Forse proprio per questo inserisci il richiamo ai bambini dimenticati (che però non sono figli) e in quel modo rientri per il rotto della cuffia solo se si decide d'intenderli come figli della Nazione, figli del futuro che si perdono e vengono dimenticati nel passato che ingloba il presente. Sotto quest'accezione te lo passo. Buona prova, pollice SU per me (anche se a parità di pollici SU, te lo dico fin d'ora, priviligierò delle trattazioni del tema meno problematiche).

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alberto.dellarossa
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Messaggio#13 » venerdì 31 luglio 2015, 19:42

Pablo, di Angela
Ciao Angela. Per un attimo, leggendo il tuo racconto, ho pensato a Marquez. La sensazione si è spenta dopo poco (beh, che diamine, chi regge il confronto con Gabriél?) però ho davvero apprezzato le descrizioni e le similitudini. Hai infuso notevole forza nell'arco di poche parole ai personaggi. Eppure il racconto, che raccoglie forze fino a tre quarti si perde nella fine, come un ricciolo di fumo denso sfilacciato da una corrente d'aria. Forse, con un adeguato numero di caratteri, avresti potuto definire meglio la spinta del prete nei confronti di questo particolare bambino, realtà così tristemente comune nell'america latina. Altra cosa: attenzione agli spieghini: la frase sui "bambini perduti" sfiora l'infodump per ottenere una contestualizzazione che, ai fini del racconto, è del tutto superflua perché hai già delineato l'ambito più che efficacemente.

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beppe.roncari
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Messaggio#14 » venerdì 31 luglio 2015, 20:00

Ciao Angela,
Bel racconto e buona ambientazione. Il tema mi sembra centrato e trattato in maniera originale. Storie simili si potrebbero ambientare anche in Italia fra gli zingari, no? Ma forse tu hai scelto un'ambientazione "altra" perché non volevi fare polemica.
Non sono sicuro che il tuo prete possa essere definito "parroco". "Parroco" è sempre "parroco di", come dire, "tenutario di" una parrocchia. Non so, se viene da una Mission sarà "padre", ma non parroco.
Alla prossima!

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