[S] Vecchio leone
Inviato: mercoledì 22 luglio 2015, 22:22
Si abbuffava di tartine al salmone tenendo gli occhi semichiusi. Gliene cadde una a terra e la pestò. Poi si passò una mano fra i capelli bianchi.
«E adesso facciamo tutti il bagno in piscina!» disse accaldato e si tolse i pantaloncini e la camicetta color arancio.
A bordo vasca impartiva ordini: «Anieta vieni qui vicino a Franco, su. Dolcissima Micaela, per favore prendi lo champagne?» Poi si tuffò e si mise nell’angolo dell’idromassaggio. Le due ragazze gli accarezzavano a turno la testa, lui versava loro da bere e rideva.
«Sapete, un giorno di questi potremmo fare una festa con mio figlio Lorenzo. Ha quindici anni e non ha mai fatto un party in piscina, dice che non gli piace nuotare».
«Dai che bello Franco, deve seguire suo padre» disse Anieta.
«Lo facciamo ubriacare?» chiese Micaela.
«No no, non gli ho ancora fatto fare certe cose» disse Franco abbassando la voce di un tono e mise la lingua in bocca a Micaela, palpando nel frattempo le cosce formose di Anieta.
Poi cominciò a sentirsi confuso, un sapore caldo gli salì in gola e sentì una fitta bruciargli nel petto.
Si risvegliò sul letto di un ospedale. Aprì gli occhi destato dal fastidio, era intubato e collegato a una flebo. Vide confusamente i contorni di una figura umana e a poco a poco gli si rivelò suo figlio Lorenzo. Giocava con uno yo-yo e aveva il volto assente. Franco emise un rantolo e lui smise di far oscillare lo yo-yo.
«Papà rilassati», gli disse con le sopracciglia aggrottate dalla preoccupazione.
«Cosa mi è successo?» disse Franco con un filo di voce.
«Ti sei sentito male, ma i medici hanno detto che te la caverai».
«Ieri sera avresti dovuto esserci, mi sono davvero divertito».
«Papà è la seconda volta che ti capita. Se continui così probabilmente non ce ne sarà una terza».
«Figlio mio certe cose non si possono capire da piccoli. Magari alla mia età sarai meglio di me, sarai un ragazzo serio. Tua madre mi ha sempre detto che sono una gran testa di cazzo. E ha ragione. Ma voglio vivermela così. Vieni qui».
Lorenzo si avvicinò e Franco gli accarezzò la testa. Vide che lacrime solcavano gli occhi del figlio.
«Tu non mi vuoi bene papà, sei un bambino». Si ritrasse dalla carezza e andò verso la porta.
Franco lo guardò con sguardo perplesso. Rimase alcuni minuti a guardare il soffitto. Poi prese il telefono e compose un numero. «Amore vi siete preoccupate per me? Venite qui a consolarmi un po’ che ho la bua» disse con tono affettato e un ghigno che emulava un sorriso.
«E adesso facciamo tutti il bagno in piscina!» disse accaldato e si tolse i pantaloncini e la camicetta color arancio.
A bordo vasca impartiva ordini: «Anieta vieni qui vicino a Franco, su. Dolcissima Micaela, per favore prendi lo champagne?» Poi si tuffò e si mise nell’angolo dell’idromassaggio. Le due ragazze gli accarezzavano a turno la testa, lui versava loro da bere e rideva.
«Sapete, un giorno di questi potremmo fare una festa con mio figlio Lorenzo. Ha quindici anni e non ha mai fatto un party in piscina, dice che non gli piace nuotare».
«Dai che bello Franco, deve seguire suo padre» disse Anieta.
«Lo facciamo ubriacare?» chiese Micaela.
«No no, non gli ho ancora fatto fare certe cose» disse Franco abbassando la voce di un tono e mise la lingua in bocca a Micaela, palpando nel frattempo le cosce formose di Anieta.
Poi cominciò a sentirsi confuso, un sapore caldo gli salì in gola e sentì una fitta bruciargli nel petto.
Si risvegliò sul letto di un ospedale. Aprì gli occhi destato dal fastidio, era intubato e collegato a una flebo. Vide confusamente i contorni di una figura umana e a poco a poco gli si rivelò suo figlio Lorenzo. Giocava con uno yo-yo e aveva il volto assente. Franco emise un rantolo e lui smise di far oscillare lo yo-yo.
«Papà rilassati», gli disse con le sopracciglia aggrottate dalla preoccupazione.
«Cosa mi è successo?» disse Franco con un filo di voce.
«Ti sei sentito male, ma i medici hanno detto che te la caverai».
«Ieri sera avresti dovuto esserci, mi sono davvero divertito».
«Papà è la seconda volta che ti capita. Se continui così probabilmente non ce ne sarà una terza».
«Figlio mio certe cose non si possono capire da piccoli. Magari alla mia età sarai meglio di me, sarai un ragazzo serio. Tua madre mi ha sempre detto che sono una gran testa di cazzo. E ha ragione. Ma voglio vivermela così. Vieni qui».
Lorenzo si avvicinò e Franco gli accarezzò la testa. Vide che lacrime solcavano gli occhi del figlio.
«Tu non mi vuoi bene papà, sei un bambino». Si ritrasse dalla carezza e andò verso la porta.
Franco lo guardò con sguardo perplesso. Rimase alcuni minuti a guardare il soffitto. Poi prese il telefono e compose un numero. «Amore vi siete preoccupate per me? Venite qui a consolarmi un po’ che ho la bua» disse con tono affettato e un ghigno che emulava un sorriso.