Il cammino di Marta

Iscrizioni dal primo novembre, il testo di riferimento sarà "I racconti del Grande Nord e della corsa all’oro"

Moderatore: Camaleonte

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alessandra.corra
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Il cammino di Marta

Messaggio#1 » mercoledì 30 novembre 2016, 18:10

Il CAMMINO DI MARTA


In quella fredda mattina del 1960 Marta, davanti l’uscio di casa, tese l'orecchio e rimase in ascolto. La sorella non si era ancora alzata e dalla sua camera non proveniva nessun rumore. Doveva stare attenta ad Anita, perché quella era un osso duro. L'avesse vista uscire conciata in quel modo le avrebbe fatto l’interrogatorio del terzo grado.
Fuori l'aria era pungente, cosa normale per il mese di novembre. Ma lei si era coperta bene, non doveva preoccuparsi di questo. Si girò un'ultima volta verso casa e, aggiustato lo zaino sulle spalle, s'incamminò.
Da poco era tornata a vivere nell'abitazione dov'era cresciuta. Appena qualche mese da quando il marito, con il quale aveva condiviso gran parte della vita, era morto.
Quella casa, per tanti anni, era stata come una spina sul cuore. Era lì che aveva seppellito i suoi sogni. Adesso non erano rimaste che lei e la sorella. Anita non si era mai sposata e aveva visto andarsene uno dopo l'altro tutti i membri della famiglia. Cosa si poteva provare nel veder andarsene via tutti? Forse era per questo che aveva imparato a parlare con i fantasmi. A Marta i fantasmi però non piacevano. Tanto che quando la morte aveva preso a camminarle alle spalle, rimanendo per fortuna a dovuta distanza, a lei era tornata l’eccitazione di un tempo. Era avida di desideri e di vita, di quella vita che non era mai riuscita a cogliere come avrebbe voluto.
In quei mesi era riaffiorato anche quell’antico ricordo, di quando da bambina aveva trovato, dentro un baule del bisnonno materno, una mappa. Nella cartina vi era descritto in modo preciso e accurato il percorso da fare, su un sentiero poco distante dalla loro residenza, per raggiungere un tesoro di ingente valore. All’epoca, senza farsi vedere, aveva nascosto quella carta dentro una scatola e l'aveva lasciata lì per anni, senza mai parlarne con nessuno. Quante avventure ci aveva ricamato sopra, però. Poi, durante le guerre e il matrimonio, quei sogni erano stati seppelliti nei recessi della mente e la vita era stata tutt'altro che un'avventura da ricordare. Ma adesso chi poteva impedirle di ascoltare i suoi desideri?
Sulla strada scorse riflessa la sua figura lunga e affusolata. Per quell'ombra lei non era una vecchia, come tutti credevano, ma un essere imponente, ancora armonico e senza età.
Basso sull'orizzonte, invece, se ne stava il sole, quasi confuso di trovarsi in mezzo alle nuvole e alla nebbia, che lo avvolgevano stanche e ignare di esistere.
Gli alberi, dopo le ultime gelate, avevano perso le loro foglie e adesso sembravano scheletri pronti ad afferrare chiunque passasse. Si era in quel periodo di mezzo quando i rami si sono già spogliati, ma la neve non ha ancora dato calore alla terra. Un momento ibrido, come se la fine fosse calata per restarvi in eterno. Invece quella non era la fine, ma la preparazione di qualcosa che si stava apprestando per far sbocciare la vita.
Aveva percorso un breve tratto del suo cammino e già si sentiva stanca. In realtà, era quasi arrivata nel bosco da dove iniziava il sentiero. E infatti, eccolo: una impervia salita sorretta da alti larici gialli e secchi si stagliava a pochi metri da lei. Si fermò a guardare gli alberi affascinata dalla loro regalità e ne respirò il profumo. Da ragazza varie volte era arrivata davanti a quel sentiero, ma sempre aveva deciso di non proseguire. Adesso però sarebbe salita, ed era bello godersi quel momento e ascoltare il silenzio, peccato averlo deciso quando la vita era ormai in fondo alla scala. Chissà Anita cosa avrebbe detto scoprendo la sua scomparsa. Avrebbe sicuramente chiamato qualcuno. Le sembrava di sentirla dire ai vicini: avete visto mia sorella? La cerco da ore, ma dove si sarà cacciata? Che scellerata andarsene in giro alla sua età senza dire nulla.
Nell'immaginare la scena le venne da ridere e un pezzo di panino, che aveva iniziato a mangiare, le andò di traverso. Forse era davvero pazza per ridere da sola. Ma no, l'avrebbe fatto vedere a tutti cos'era, sarebbe tornata l'indomani con un bel gruzzolo di monete d'oro. Avrebbe allora potuto risanare i terreni intorno la loro proprietà, ristrutturare casa e fare la vita da gran signora.
Con quei pensieri si rialzò felice e riprese il cammino. Si sentiva stanca, ma non poteva arrendersi così in fretta. Erano settimane che aveva pianificato tutto nei minimi dettagli. E lei era testarda, Dio solo sapeva quanto lo fosse. Il cielo continuava a restare spento. La cosa non era molto incoraggiante, ma l'importante era camminare adagio, ascoltare i piedi che sprofondavano dentro le foglie umide e respirare. Respirare meglio che poteva. Perché il segreto era tutto dentro il respiro, così le diceva sempre il suo insegnante del corso di ginnastica per anziani.
Forse però fu proprio la penombra a nascondere il sasso su cui inciampò poco dopo. Vinta dalla debolezza si accasciò a terra battendo la fronte sul terreno in mezzo alle foglie. Rimase immobile per un pò, finché un acre odore non prese a grattarle dentro le narici. Che male, pensò subito. La testa le doleva, ma anche le ossa non erano a posto. Aveva spasmi ovunque.
“Fatti forza, vecchia” – disse a se stessa – “coraggio, tirati su. Non devi arrenderti, non adesso”. Era fondamentale arrivare alla fine del sentiero prima del buio. Così a fatica si alzò per riprendere il cammino. Era come se la morte si fosse avvicinata per camminarle accanto famelica e instancabile. Come tutti anche lei prima o poi era destinata a soccomberle. Quella era la legge che governava l'esistenza di tutti. Ma lei non avrebbe permesso che giungesse prima di aver concluso la sua missione. A fatica trascinava le gambe e il sudore le scorreva sulla pelle sotto gli indumenti. Per fortuna, svoltando l'ultima curva si trovò fuori dalla boscaglia su un terreno pianeggiante. Il buio però era ormai calato facendo scomparire ogni cosa. Adesso era necessario trovare un riparo. Con la pila rischiarò la zona e, facendosi suggerire anche dall’istinto, trovò un albero poderoso aperto a metà. Doveva essere stato un fulmine a dividerlo in quel modo, ma poco importava, era diventato un ottimo rifugio. Si accucciò dentro come un animale indifeso. Poi, tirò fuori il thermos, e finì le ultime provviste. La temperatura si stava abbassando parecchio. Prese una coperta calda e se l’avvolse fin sopra il capo. Doveva restare lì in attesa del giorno, senza muoversi. Intorno c'era un silenzio morboso. La solitudine non era forse tremenda e affascinante?
Ma ecco, un rumore. Cos'era? Sembrava un grido, quasi un ululato. Poi dei fruscii. Che fosse un cinghiale? O peggio, un lupo? No, non doveva pensarci. Un brivido le tagliò la schiena facendole rizzare i peli sul corpo, perché alla fine era solo una vecchia, forse anche stupida. Come sciocchi erano in fondo i suoi sogni. La montagna non scherzava. Poteva essere crudele con coloro che la sottovalutavano. Meglio smetterla con quei pensieri. Non era quello il momento per i risentimenti. Doveva avere pazienza, cercare di fare meno rumore possibile e lasciar scappare via il tempo. Iniziò mentalmente a cantare una canzonetta di quando era bambina:

“Cavallino arrì arrò, piglia la biada che ti do, prendi i ferri che ti metto, per andare a San Francesco...”

Lo sciocco motivetto ebbe il potere di calmarla. Non trascorse, infatti, molto tempo che si assopì. Nelle ore che seguirono alternò vari momenti di veglia e sonno. Ma più che l'uno o l'altro era come se avesse trovato un varco per entrare in uno stato di semi incoscienza. Una dimensione tra la vita e la morte. In quella solitudine selvaggia della montagna, sentì emergere dentro sé quello spirito senza età che aveva sempre abitato in lei, seppur fosse stato assopito per tanto tempo. Tornavano in modo sconclusionato a galla ricordi, pensieri, e sentimenti mai espressi. Anche i tormenti, che avevano sempre cercato di trascinarla alla deriva, si ripresentavano più potenti che mai. Ma lei si teneva ben salda, non doveva soccombere a quei pensieri mostruosi, doveva guardare verso la luce, solo così avrebbe potuto trovare ciò che cercava.
E fu davvero la luce a risvegliarla da quello stato di semi incoscienza, senza che lei ricordasse alcunché. Le nuvole se ne erano andate in qualche altro posto e anche la nebbia era solo un ricordo. Si stropicciò gli occhi stordita e confusa. Quasi non riconosceva il luogo.
Intorno c'era un vasto spiazzo simile a una conca. Una leggera brezza soffiava da nord e faceva muovere i fili secchi che spuntavano sotto la brina gelata. Si alzò e, incurante dei dolori, si incamminò verso il fondo del pianoro. Era lì che la mappa indicava il tesoro. Mancavano esattamente una ventina di passi per giungervi. Uno, due, tre...
Arrivata all'estremità di quella landa desolata, però, non vi era niente altro che un dirupo. Non era possibile, ma allora era stato solo un gioco? Uno stupido scherzo del suo bisnonno? Si inginocchiò a terra sfinita. Che stupida era stata a credere a qualcosa che non esisteva. Adesso non aveva più la forza per tornare a casa e non aveva con sé nemmeno più i viveri. Cosa avrebbe fatto? Non ne poteva più, era esausta. Se solo fosse arrivato qualcuno. Disperata alzò lo sguardo verso il cielo. Proprio in quel momento l'ultimo branco di foschia aveva deciso di evaporare e davanti alla vista di Marta apparve un paesaggio mozzafiato. Una visuale a trecentosessanta gradi abbracciava l'intera vallata. Tutte le cime delle montagne innevate la circondavano. E giù, dall'altro lato del pianoro, si vedeva un lago ghiacciato, un piccolo gioiello argentato. Nel cielo delle nuvole si stringevano tra loro disegnando figure strane, mentre dei vecchi larici macchiavano d'oro qua e là il paesaggio circostante. Era la natura più selvaggia, pura bellezza.
Lo spirito antico risvegliatosi quella notte, decise di farle ancora un’ultima visita per suggerirle qualcosa di inaspettato. Quel tanto che bastava per farle comprendere che la sua ricerca era terminata. Il tesoro era davanti i suoi occhi e aveva iniziato a raccontarle la vita.



Fernando Nappo
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#2 » domenica 4 dicembre 2016, 15:21

Ciao Alessandra,
anche col tuo racconto mi trovo un poco in difficoltà, nell'ottica del contest, vincolato come sono (per mia colpa) all'ambientazione tipica del Grande Nord, dei paesaggi gelati, quella che si trova nella prima dozzina di racconti del testo di riferimento, gli unici che ho potuto leggere, e comunque condizionato dalle precedenti letture di London (Zanna bianca, Il richiamo della foresta), sempre ambientate negli stessi scenari.
Da ciò, da questo mio limite, non ti stupirà sapere che l'ambientazione nostrana e nel 1960, con riferimenti molto calati nel presente (come il corso di ginnastica per anziani) mi ha un po' spiazzato.
Al di là di questo, iIl racconto è molto gradevole, mi è piaciuto, e Marta, con la sua voglia di recuperare le emozioni di un tempo, tralasciate per la famiglia e la vita di coppia e il lavoro, mi è molto simpatica e, per qualche aspetto, affine. Anche Anita, benché poco presente nel racconto, mi pare ben tratteggiata e, pur ritratta con poche parole, appare come una donna molto chiusa in se stessa, preda dei ricordi e della nostalgia, che immagino come una tipa scorbutica e solitaria. Ci sono anche diversi riferimenti alla natura e al suo rispetto, che sono ben in accordo con certi temi di London. Belli alcuni passaggi in cui descrivi la natura, magari non proprio selvaggia come in London, ma ancora sufficientemente intatta, come per esempio, qui:
Proprio in quel momento l'ultimo branco di foschia aveva deciso di evaporare e davanti alla vista di Marta apparve un paesaggio mozzafiato. Una visuale a trecentosessanta gradi abbracciava l'intera vallata. Tutte le cime delle montagne innevate la circondavano. E giù, dall'altro lato del pianoro, si vedeva un lago ghiacciato, un piccolo gioiello argentato. Nel cielo delle nuvole si stringevano tra loro disegnando figure strane, mentre dei vecchi larici macchiavano d'oro qua e là il paesaggio circostante. Era la natura più selvaggia, pura bellezza.
E mi è piciuto molto anche questo passaggio:
Era come se la morte si fosse avvicinata per camminarle accanto famelica e instancabile. Come tutti anche lei prima o poi era destinata a soccomberle. Quella era la legge che governava l'esistenza di tutti.
Mentre invece trovo, personalmente, poco percepibile l'arco temporale del viaggio di Marta, il passare del tempo dalla mattina (quando esce di casa) alla sera (quando arriva quasi a destinazione); pur avendolo riletto un paio di volte, provo sempre la sensazione che il viaggio di Marta duri molto meno di quanto non sia, e questo nonostante tu descriva il percorso, le svolte, gli inciampi.
Ecco, mi pare tutto quello che ho da dirti. Un buon racconto, a prescindere da London, del quale mi pare di individuare più di qualche traccia, ma relativamente al quale, purtroppo, ritengo di non poter giudicare con la dovuta competenza.

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alessandra.corra
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#3 » martedì 6 dicembre 2016, 15:58

Ciao Fernando,

grazie per la lettura e il commento. Sono contenta che il mio racconto ti sia piaciuto.
In verità, ho cercato di interpretare a mio modo le tematiche di Jack London (uno tra i miei scrittori preferiti). Nel senso che, non avendo mai viaggiato nel Grande Nord (purtroppo!) ho deciso di ambientare la storia in montagna, luogo che conosco decisamente meglio.
Credo ci possano essere analogie tra la montagna e il Nord...
Ciò che mi ha sempre colpito in London è il suo modo meraviglioso di descrivere la natura, seppur senza idealizzarla.
Tra i suoi racconti del Grande Nord, il mio preferito è "Come Argo nei tempi antichi". Infatti, per costruire la mia storia mi sono ispirata a questo racconto. Anche il protagonista della sua storia era un anziano a cui ritorna la voglia di vivere e il coraggio per sfidare se stesso. Forse è anche uno dei pochi racconti di London che hanno un finale positivo; infatti, il protagonista dopo varie vicissitudini (tra cui un viaggio dentro il suo inconscio), riuscirà a sfuggire agli artigli della morte e tornerà a vivere.
Alla prossima!

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maria rosaria
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#4 » martedì 6 dicembre 2016, 17:18

Ciao Alessandra.
Ho apprezzato molto la tua scelta di scrivere una storia al femminile. Nella mia mente i racconti di London vedevano come protagonisti esclusivamente uomini e animali e aver letto il tuo mi ha convinto che, sì, si poteva fare e tu ci sei riuscita molto bene.
Di grande impatto la tua descrizione del paesaggio naturale, ad esempio in passaggi come questo:
alessandra.corra ha scritto:Basso sull'orizzonte, invece, se ne stava il sole, quasi confuso di trovarsi in mezzo alle nuvole e alla nebbia, che lo avvolgevano stanche e ignare di esistere.
Gli alberi, dopo le ultime gelate, avevano perso le loro foglie e adesso sembravano scheletri pronti ad afferrare chiunque passasse. Si era in quel periodo di mezzo quando i rami si sono già spogliati, ma la neve non ha ancora dato calore alla terra. Un momento ibrido, come se la fine fosse calata per restarvi in eterno. Invece quella non era la fine, ma la preparazione di qualcosa che si stava apprestando per far sbocciare la vita.


Mi è piaciuta anche la caratterizzazione di questa donna anziana, delusa dalla vita, che cerca il riscatto in un ultimo tentativo di andare dietro ai propri sogni.

Quello che un po' mi lascia perplessa è il finale:
alessandra.corra ha scritto:Era la natura più selvaggia, pura bellezza.
Lo spirito antico risvegliatosi quella notte, decise di farle ancora un’ultima visita per suggerirle qualcosa di inaspettato. Quel tanto che bastava per farle comprendere che la sua ricerca era terminata. Il tesoro era davanti i suoi occhi e aveva iniziato a raccontarle la vita.


Se ho capito bene la donna muore scoprendo che il tesoro non è altro che la natura selvaggia. Non so, sicuramente mi sbaglio, ma avrei preferito un finale un po' più duro, meno (perdonami il termine) sentimentale.
Ad ogni modo il racconto mi è piaciuto molto. Ancora brava!
:-)
Maria Rosaria

valter_carignano
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#5 » sabato 10 dicembre 2016, 21:11

ciao
anche nelle edizioni del Camaleonte cui ho partecipato più attivamente, ho sempre pensato che la mimesi non fosse del tutto necessaria. Mi spiego meglio: se ci si trovava bene a usare la stessa ambientazione dell'autore o testo di riferimento, o addirittura raccontare una storia molto simile, benissimo. Ma se invece si preferiva mantenere il 'mood' cambiando delle cose... beh, benissimo lo stesso, il risultato è quello che conta.
Nel tuo caso, scegli l'Italia, la montagna, il 1960. Scelta interessante, e sono ammirato da come siano ben scritte molte parti del tuo racconto. Mi sembra però anche vi siano delle incongruenze, piccole ma che spezzano un po' l'atmosfera.
Per esempio, la donna esce di casa una mattina, presumibilmente molto presto, e a un certo punto la ritroviamo all'imbrunire. Ha camminato tutto il giorno? Sono minimo otto-dieci ore, in salita; bisogna essere davvero molto allenati per questo, forse a una certa età diventa anche impossibile ma non entro nel merito perché non sono esperto. Il fatto è che dello scorrere di un tale lasso di tempo non mi sembra si dia conto, nel racconto.
Altro piccolo appunto: negli anni Sessanta la ginnastica per anziani non c'era, non come la intendiamo noi oggi, a meno che non fosse una terapia riabilitativa. E una persona in terapia riabilitativa non riesce a camminare dieci ore.
Insomma, mi sembra che alla base ci sia un'ottima idea, e anche una conclusione toccante e poetica, ma che la conduzione del racconto possa migliorare rendendo più chiare alcune dinamiche.

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AmbraStancampiano
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#6 » domenica 11 dicembre 2016, 0:08

Ciao Alessandra,
Anch'io ho apprezzato molto le descrizioni vivide e dettagliate dei paesaggi di montagna che la tua protagonista percorre ( e che trovo molto londoniane), e mi piace davvero molto il senso ambizioso che vuoi dare alla tua narrazione, che si esplicita con l'immagine della morte che cammina dietro le spalle di Marta.
Trovo però che le numerose imprecisioni (l'ombra riflessa sull'asfalto, la ginnastica per anziani, il branco di nebbia, lei che si rialza senza essersi mai seduta ecc.) E l'eccessivo utilizzo del flusso di coscienza come espediente narrativo lavorino più che altro contro il testo, appesantendolo parecchio e costringendo molto spesso il lettore a tornare indietro per capire cosa sta succedendo. In particolare mi sembra che azioni e pensieri viaggino su due linee separate, senza quasi mai incontrarsi e creando spesso confusione o contraddizioni.
Il racconto mi è piaciuto molto e sebbene io non abbia letto quello a cui fai riferimento ha delle ottime potenzialità londoniane e non, ma credo che con una piccola revisione potrebbe migliorare moltissimo ed esprimere alla perfezione ciò che adesso è solo accennato.
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

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giuseppe.gangemi
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#7 » domenica 11 dicembre 2016, 18:23

Ciao Alessandra,
il tuo racconto si fa leggere che è un piacere. è un po' strano per me leggere la storia di un "viaggio di formazione" di una persona anziana, non ci sono abituato. Riesci a far provare al lettore un senso di tenerezza per questa signora. Anche la sorella è descritta in modo molto buono.
I temi e lo stile londoniani sono presenti. Grazie per aver citato nei commenti il racconto a cui hai fatto riferimento per scrivere la tua storia.
Concordo tuttavia con gli altri camaleontini sul fatto che nel tuo racconto ci sono degli anacronismi per una storia ambientata nel 1960. Questa storia, così come è, è meglio se la ambienti nel 2016. La tua nonnina sprint ne uscirebbe in modo più credibile.
Hai rispettato i paletti di questa sfida del camaleonte. Molto londoniana quando tu stessa definisci la tua protagonista "stupida". Giudizi secchi.
Buona prova, anche se forse sei caduta più nel fiabesco che nell'avventuroso. Non ho mai temuto seriamente per la vita della tua protagonista e questa è una pecca del tuo racconto.

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Peter7413
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#8 » domenica 11 dicembre 2016, 19:58

Pur posizionandolo come quarto, il racconto mi è piaciuto. Ritengo che dopo una leggera pulizia (ci sono alcune ripetizioni sparse e alcune forme meno felici) e dopo aver chiarito meglio la questione della ginnastica per anziani degli anni 60 (sollevata da Valter), il testo sia pronto per la Vetrina. Quindi Laboratorio. Parlando di London, non sono riuscito a ritrovarlo molto, ma non conoscendolo bene mi astengo dal farmi influenzare per il giudizio. In fase di revisione, oltre agli aspetti che ti ho già sottolineato, valuterei anche la possibilità di spendere qualche parola in più per la prima parte del suo viaggio: è vero infatti che pare strano che un'anziana percorra una decina di ore di camminata, soprattutto se ce la siamo prefigurata come tale e non hai seminato qualche suo particolare talento.

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Lo Smilodonte
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#9 » giovedì 22 dicembre 2016, 10:42

Il cammino di Marta di Alessandra Corrà

Ciao Alessandra, e ben trovata in questa edizione Londoniana - che ammetto essere molto importante anche per me, dal momento che si tratta di uno dei miei autori preferiti. Parto dagli aspetti tecnici di coerenza, che in alcuni casi vacillano: ti sono già stati fatti notare, ma non è nulla che non possa essere risolto con qualche colpo di penna; più importante è l'aspetto temporale del racconto, commisurato alla fragilità della donna e delle condizioni estreme nelle quali si trova. Mi spiego meglio: London stesso nei racconti del grande Nord infila i personaggi in situazioni - passami il francesismo - di merda. E tu non hai mancato di fare lo stesso, tanto che ho sorriso al richiamo del freddo e del gelo notturno. Ci sono forti affinità con "Accendere un fuoco" (e di tanti altri racconti), ma ciò che manca è la durezza delle condizioni e la fatica improba del sopravvivere, che Jack non mancava mai di sottolineare. In quest'ottica è molto, troppo semplice per la signora camminare tutto il giorno e passare la notte. Ho compreso il tuo intento: tu VOLEVI far soffrire la vecchina, ma non ce l'hai fatta. In questo senso London è spietato, e mostra la sofferenza con estrema nonchalance. Anche il branco di lupi avrebbe meritato più spazio.
Ho apprezzato molto le descrizioni naturali, riuscite assai bene, e l'aspetto introspettivo riportato in maniera indiretta che troviamo in diversi racconti e scritti di London. La chiusura finale ha della poesia, e presenta forti richiami a Martin Eden, a mio avviso. Anche qua però ti sei lasciata impietosire: lasci la morte della protagonista sospesa, intuita ma non certa; il vecchio Jack ci avrebbe descritto una Marta che si avvolge nella coperta in attesa della sua ultima notte, sopraffatta dalla potenza della natura e dell'inanità dell'uomo di fronte a tanta grandezza. Mi rendo conto che un epilogo simile presuppone però una preparazione diversa durante l'arco narrativo, e il mio appunto rimane pertanto a suggerimento di come io avrei condotto la storia.
Senza ombra di dubbio ho visto diversi punti di contatto per ciò che riguarda i temi e lo stile, anche se il racconto cade un po' per quanto riguarda la dinamica londoniana. Manca il forte contrasto tra la fatica di sopravvivere e l'inarrestabile potenza della natura, aspetto che andava trattato in maniera più spietata. D'altro canto la difficoltà diventa mezzo per verificare lo stato della propria esistenza, evolvere un pensiero e raggiungere la consapevolezza, aspetto che invece hai colto molto bene.

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lordmax
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Re: Il cammino di Marta

Messaggio#10 » giovedì 22 dicembre 2016, 21:27

Bel racconto, mi è piaciuto molto anche se il finale era chiaro fin da subito.
La scelta della protagonista è molto interessante cosi come è molto londoniana la caratterizzazione dei personaggi (la sorella) con poche e mirate parole.
La creazione delle immagini che dipingono l'ambiente è ottima, molto efficace.
Lo scontro con la natura, più interiore dovuta all'età che non alla natura esteriore, è ben delineato e spalmato durante tutto il racconto.
Le tematiche sociali tanto care a Jack sono appena accennate mentre è presente con forza il desiderio imbattibile di mettersi alla prova, di trovare i propri limiti altro tema molto caro a London
Il finale 'buonista' all'inizio mi ha confuso poi ho letto il tuo commento è mi è tornato in mente il racconto a cui fai riferimento, molto azzeccata l'idea di un protagonista anziano che decide di affrontare se stesso per tornare il se stesso che desiderava essere.
Non commento i piccoli problemi di coerenza che ti hanno già fatto notare perché non è questione di tecnica o stile londoniana ma concordo con Maurizio dicendo che varrebbe proprio la pena di metterci mano e passarlo al laboratorio, magari lo si potrebbe espandere ulteriormente aggiungendo qualche elemento soprattutto i lupi che meriterebbe un po' di spazio in più.

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