[MOROZZI] Il collare - di M.R. Del Ciello
Inviato: lunedì 19 dicembre 2016, 23:34
IL COLLARE di M.R. Del Ciello
L’autogrill sull’autostrada era il punto di riferimento giusto.
Si dovevano vedere lì, alle nove di sera, l’ora giusta per non incontrare troppa gente, per non dare nell’occhio. Lui con la valigetta piena di banconote, gli altri con un cagnolino spelacchiato rapito la settimana scorsa alla contessa Zeimann.
Faceva freddo, l’aria era gelida e avevano cominciato a cadere gocce di pioggia lente e sparpagliate sulle teste e sulle cose, senza rumore, quasi per caso, quasi non volessero farsi notare neanche loro.
La mano di Mario che stringeva la valigetta era quasi congelata, ma non poteva lasciare la presa. Centomila euro c’erano lì dentro. Il valore di un cane e la contessa avrebbe sborsato anche di più per quella bestiola che Mario invidiava profondamente. Il barboncino, infatti, non doveva piegarsi come lui a compiti pericolosi e scomodi per sbarcare il lunario. Aveva cibo e alloggio assicurati, gli bastava scodinzolare un po’, abbaiare in segno di festa e la contessa avrebbe dato la vita per lui.
L’auto di grossa cilindrata si fermò davanti all’ingresso dell’autogrill. Mario vide un uomo e una donna uscire. L’uomo aprì un ombrello e offrì riparo alla donna che teneva un borsone. Entrambi fecero ingresso nell’autogrill.
Mario ripensò a quando, alcuni giorni prima, aveva portato al giardino Fuffy, lo aveva slegato per farlo correre un po’ e quello era sparito dietro i cespugli. Poi non lo aveva più trovato. E quando i rapitori si erano fatti vivi, al telefono, la contessa era stata categorica. Mario avrebbe dovuto effettuare lo scambio.
Mario ora era seduto in un tavolino, proprio di fronte all’ingresso dell’autogrill, una mano sulla valigetta in bella vista.
L’uomo e la donna si avvicinarono e poggiarono il borsone sul tavolo.
- Fuffy è qui dentro – fece la donna senza togliere la mano dal trasportino.
Mario sbirciò dentro e vide un ammasso di peli bianchi e grigi.
- Questo è il denaro – disse allungando la valigetta.
La mano di Mario continuava a essere congelata stretta, questa volta, sul manico del trasportino.
Entrò in auto, aprì lo sportellino e si accorse dell’errore. Quello non era il cane della contessa. Gli somigliava molto, tanto, ma non lo aveva aggredito come faceva sempre Fuffy quando lo vedeva. Mario ebbe un attimo di esitazione. Prese la bestiola in braccio e quello si accoccolò tenera sul suo grembo. Era più magro, forse affamato e tanto bisognoso di coccole. No, decisamente non era Fuffy. Chissà, pensò Mario, se la contessa se ne sarebbe accorta.
Aveva più l’aria di un barboncino sperduto e abbandonato. A Mario fece tenerezza e fu quasi contento di quell'equivoco. I rapitori dovevano aver scambiato un barboncino qualunque per il cagnolino della contessa.
Aprì il cruscotto dell’auto e recuperò il collare. Il regalo della contessa che Mario aveva dimenticato l'ultima volta di mettere a Fuffy. Glielo sistemò. Ecco, ora era perfetto.
La contessa non si sarebbe accorta di nulla. E Fuffy sarebbe tornato di nuovo a casa.
L’autogrill sull’autostrada era il punto di riferimento giusto.
Si dovevano vedere lì, alle nove di sera, l’ora giusta per non incontrare troppa gente, per non dare nell’occhio. Lui con la valigetta piena di banconote, gli altri con un cagnolino spelacchiato rapito la settimana scorsa alla contessa Zeimann.
Faceva freddo, l’aria era gelida e avevano cominciato a cadere gocce di pioggia lente e sparpagliate sulle teste e sulle cose, senza rumore, quasi per caso, quasi non volessero farsi notare neanche loro.
La mano di Mario che stringeva la valigetta era quasi congelata, ma non poteva lasciare la presa. Centomila euro c’erano lì dentro. Il valore di un cane e la contessa avrebbe sborsato anche di più per quella bestiola che Mario invidiava profondamente. Il barboncino, infatti, non doveva piegarsi come lui a compiti pericolosi e scomodi per sbarcare il lunario. Aveva cibo e alloggio assicurati, gli bastava scodinzolare un po’, abbaiare in segno di festa e la contessa avrebbe dato la vita per lui.
L’auto di grossa cilindrata si fermò davanti all’ingresso dell’autogrill. Mario vide un uomo e una donna uscire. L’uomo aprì un ombrello e offrì riparo alla donna che teneva un borsone. Entrambi fecero ingresso nell’autogrill.
Mario ripensò a quando, alcuni giorni prima, aveva portato al giardino Fuffy, lo aveva slegato per farlo correre un po’ e quello era sparito dietro i cespugli. Poi non lo aveva più trovato. E quando i rapitori si erano fatti vivi, al telefono, la contessa era stata categorica. Mario avrebbe dovuto effettuare lo scambio.
Mario ora era seduto in un tavolino, proprio di fronte all’ingresso dell’autogrill, una mano sulla valigetta in bella vista.
L’uomo e la donna si avvicinarono e poggiarono il borsone sul tavolo.
- Fuffy è qui dentro – fece la donna senza togliere la mano dal trasportino.
Mario sbirciò dentro e vide un ammasso di peli bianchi e grigi.
- Questo è il denaro – disse allungando la valigetta.
La mano di Mario continuava a essere congelata stretta, questa volta, sul manico del trasportino.
Entrò in auto, aprì lo sportellino e si accorse dell’errore. Quello non era il cane della contessa. Gli somigliava molto, tanto, ma non lo aveva aggredito come faceva sempre Fuffy quando lo vedeva. Mario ebbe un attimo di esitazione. Prese la bestiola in braccio e quello si accoccolò tenera sul suo grembo. Era più magro, forse affamato e tanto bisognoso di coccole. No, decisamente non era Fuffy. Chissà, pensò Mario, se la contessa se ne sarebbe accorta.
Aveva più l’aria di un barboncino sperduto e abbandonato. A Mario fece tenerezza e fu quasi contento di quell'equivoco. I rapitori dovevano aver scambiato un barboncino qualunque per il cagnolino della contessa.
Aprì il cruscotto dell’auto e recuperò il collare. Il regalo della contessa che Mario aveva dimenticato l'ultima volta di mettere a Fuffy. Glielo sistemò. Ecco, ora era perfetto.
La contessa non si sarebbe accorta di nulla. E Fuffy sarebbe tornato di nuovo a casa.