Il Cuore dell'Accademia

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mdestefano
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Il Cuore dell'Accademia

Messaggio#1 » sabato 17 maggio 2025, 11:24

Ciao a tutti!

Dopo aver ricevuto commenti e spunti preziosi sul mio racconto "Stefania Toniolo Edition", ci ho lavorato su per cercare di migliorare i punti critici emersi e rendere il testo più efficace e incisivo, come abbiamo discusso.

Ripropongo qui la versione rivista, sperando che le modifiche apportate abbiano colto nel segno.

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Il Cuore dell'Accademia

«E con questa lezione il corso finisce, ragazzi. Ci vediamo tra un paio di settimane all’esame…»
Non faccio in tempo a concludere la frase che gli studenti si alzano per uscire dall’aula. In fondo li capisco. Non è facile nemmeno per loro un corso alle quattro del pomeriggio a Giugno. Un gruppetto, però, si avvicina avido di domande. Una tesi, un chiarimento… mi vogliono! Mi desiderano! Mi contendono!
Sono questi i veri momenti di gratifica del mio lavoro. Non ho mai capito quei colleghi burberi che seminano il terrore tra gli studenti. È molto meglio ispirare amore verso la materia… e verso di me. Si ottengono risultati di gran lunga migliori. Ed è di gran lunga più gratificante del timore reverenziale. Quegli imbecilli se la sognano la fila alla loro porta per il ricevimento. Se li sognano gli studenti che fanno a gara per avermi come relatrice. E se li sognano dottorandi bravi e motivati come i miei. Ed eccone uno che si palesa sulla porta dell’aula. A guardarlo bene, però, c’è qualcosa di strano. La folla dei ragazzi uscenti si dirada, e riesco a guardare meglio la figura che mi attende sull’uscio. È palesemente in ansia per qualcosa. Deve aver proprio bisogno di me se è venuto a cercarmi fin qui. Gli faccio cenno di entrare.
«Sarò lieta di rispondere a tutte le vostre domande durante l’orario di ricevimento. Adesso, però, devo proprio parlare con il dottor Di Doria.»
A malincuore mollano la presa e si allontanano.
«Ciao Domenico, cos’è quello sguardo preoccupato?»
Si avvicina. Esita a rispondere. Ha lo sguardo basso ed evita il mio. Inclino la testa per guardarlo negli occhi.
«C’è qualche problema con il paper, vero?»
Finalmente, con un filo di voce, riesce a parlare.
«Ciao Flaminia. Ecco… Sì… Vedi, gli esperimenti hanno impiegato troppo tempo. Ho finito l’analisi dei dati solamente ieri. Sono stato tutto il giorno a scrivere, ma manca ancora molto. Poi devi ancora lavorarci tu… Ho paura che non ce la faremo a rispettare la scadenza.»
Ha l’affanno neanche se avesse corso. Mi lascio sfuggire un lieve sbuffo. Pensavo peggio. Ma di certo non mi aspettavo una cosa del genere: sono mesi che lavoriamo a questo articolo proprio per mandarlo a questa conferenza. Che figura ci farei se una brillante accademica come me la mancasse? Pensavo che a quest’ora fosse già finito. Vorrei proprio sapere quante ore al giorno ci ha dedicato, o se ha fatto mezza giornata come al solito e se n’è andato a casa alle 18 in punto… Pazienza. Ho già risolto il problema prima ancora che si presentasse.
«Mi hai fatto spaventare, Domenico. Già avevo pensato a qualche guaio irreparabile!» Alza lo sguardo. Le mie parole devono averlo sorpreso.
«Ieri ho sentito Alexander, quel collega di Amsterdam che sta nel program commitee della conferenza, ricordi?»
Annuisce, ma non mi pare molto convinto.
«Beh, diciamo che mi deve un favore. Ed io l’ho convinto a discutere con il comitato una estensione della deadline di una settimana, per dar modo a tutti, dato il periodo estivo, di poter mandare il proprio lavoro. Mi ha fatto intendere che era fattibile: pare che non siamo l’unico gruppo in ritardo…»
Se ti sbrighi in una settimana dovresti farcela, ed io riuscirò ad andare alla conferenza! Domenico però non sembra rasserenarsi delle mie parole. Troppo lavoro da fare, vero?
«C’è altro che ti turba?»
Adesso però mi sta facendo preoccupare. Esita. C’è dell’altro, lo sento.
«Non hai letto le email, vero?»
Ed ora che centra?
«No, perché?»
«È appena arrivata una mail del program commitee, con firma proprio di Alexander… Dice che per motivi di organizzazione e per garantire il tempo per una adeguata revisione, non verrà concessa nessuna proroga alla scadenza. Flaminia… io…»
Chiudo gli occhi e sbuffo palesemente senza preoccuparmi che Domenico se ne accorga o meno. Maledetto olandese incapace. Maledetto tu, ragazzino sfaticato! È per questo che sei venuto con quella faccia da funerale, eh!? Vuoi mollare, non è vero!? Ma io non te lo permetterò! Non farò una figura di merda con la comunità scientifica solo perché tu dovevi farti i cazzi tuoi. Adesso ti insegno io cosa vuol dire lavorare. Riapro gli occhi, faccio un bel respiro profondo, e riprendo il controllo di me stessa. Lui è pallido. Suda copiosamente e vistosamente. Guarda a terra come chi sa di essere colpevole.
«Credo che tu abbia già capito… Dai, su! Un paio di nottate e dovremmo farcela. È l’unica possibilità che ci rimane.»
Mi avvicino e gli tocco la spalla. Gli sorrido, ma non credo che riesca a vederlo.
«Tranquillo, su! Ce l’abbiamo sempre fatta. So che non mi deluderai. Perché tu non puoi fallire…»
Dalla mano poggiata riesco a percepire un brivido che lo attraversa.


Manuel De Stefano

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