È tutta colpa tua, per fortuna

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SilviaCasabianca
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È tutta colpa tua, per fortuna

Messaggio#1 » domenica 7 febbraio 2021, 23:35

Sguazzavo in un bagno di sudore. L’ascella si appiccicava alle costole.
Avevo un cerchio alla testa. Quel distacco dal sonno era stato brusco e violento, come il taglio del cordone ombelicale.

Prima stavo sognando… C’era una valle verde, una casetta piena di muffa. Io entravo e c’erano dei piedi in penombra. Poi...poi… niente, non mi ricordavo più.
Accidenti! Avessi avuto un pulsante per prendere l’ascensore che mi avrebbe riportato in quella dimensione, l’avrei premuto. Invece di fronte a me c’era solo una sedia gonfia di maglioni e jeans. La stessa di tutti i giorni.
Mi venne voglia di metterci un cartello con scritto “Attenzione, Pericolo caduta massi”.

Capita anche a voi? Di rimanerci male dico, perché cazzo, eravate in un mondo che per quanto assurdo, aveva contorni chiari e delineati per i voi di lì, e ora i contorni del vostro mondo, quello a cui hanno deciso dobbiate appartenere, sfocano le vostre piatte giornate.
Il lume della comprensione più irraggiungibile del senno di Orlando, lassù, in qualche pianeta senza acqua e gravità.

Sbruffai constatando che mi sentivo un po’ qui, un po’ lì, appunto. A fatica feci pressione con i palmi sul materasso e mi tirai su. Pareva di aver poggiato i gomiti su fette di pan carré con la marmellata.
Guardando davanti mi accorsi, con mia somma sorpresa, che delle ombre nere si muovevano. Sbadigliai. Strizzai gli occhi. Tastai i polpastrelli sul comodino alla ricerca degli occhiali ma non appena ne riconobbi il freddo del vetro, lo sentii rimbalzare sul parquet.
Galeotta fu la miopia, o il rincoglionimento, fatto sta che vidi dei buchi risucchianti, anatomicamente simili ad ani. Apparivano e sparivano dalle pareti della mia camera e persino dal soffitto, fin quando uno, vicino alla porta, sputò fuori una donna completamente nuda.

Mi tolsi il lenzuolo dalle ginocchia per portarmi istintivamente indietro ma lei mi raggiunse, si chinò a terra. Poi vidi solo un braccio e i miei occhiali sulle cosce.

Mi infilai gli occhiali e guardai subito alla ricerca della donna.
La vidi subito, sedeva sulla poltrona, con le gambe accavallate e i piedi adagiati sopra la montagna di vestiti a terra. Sulla mano destra sorreggeva un grande bicchiere di vino. Il gambo del calice oscillava, stretto fra medio e anulare. Aveva i capelli raccolti in angolo del collo. Un viso dai tratti asimmetrici disegnava linee gradevoli accartocciandoli in un’aria di supponenza. Quello che però più mi stupì fu il suo corpo, identico in ogni sua minima parte al mio. Lo stesso neo sulla clavicola, la stessa linea del ventre, le stesse dita dei piedi. Rimasi a fissarla senza pudore, come catalizzata dalla sua pelle, cioè dalla mia.
Lei accennò un sorriso di compiacimento e stirò la fronte, fra il supponente e il divertito.

<<fai pure con comodo> fece dondolare il vino sul calice. << vuoi guardarmi meglio fra le gambe?>>.
La sua voce languida grattava sulla gola.

Si alzò di scatto e con camminata da gatta si avvicinò allo specchio.
Si tastò i fianchi. <<non ci è andata poi tanto male, non trovi?>> si voltò alla ricerca del mio sguardo.

Portai ancora di qualche centimetro la schiena in verticale. Sentii degli scricchiolii che dalle scapole raggiunsero la cervicale. La testa stava rallentando il suo giro impazzito da trottola e stava tornando in asse.
Maggiore lucidità acquisivo e più inspiegabile appariva la presenza di quella donna nella mia stanza.
La vidi tracannare in gola un sorso di vino con un movimento secco del polso.
<<Quanto sei buffa tu, che hai paura delle tue stesse fantasie!>>

Chiuse gli occhi: <<no, cara, l’ipotesi di una ladra nuda in casa tua non regge. Guarda bene nella tua testolina. Non è logico tutto questo. >>
Portai la mia mano alla nuca. Pulsava come c’avessi un cuore là dentro. <<E tu come fai a sapere cosa c’è nella mia testa?>>
<<perché io ci vivo>> rispose con ovvietà. <<li son nata e li son cresciuta, vedo tutte le stronzate che ti attraversano la testa.>> rise. <<Ti nascondi bene dal TSO eh>>.

Gettai lo sguardo fuori dalla finestra, alla ricerca dell’esistenza di un negozio, un impegno della giornata, qualsiasi scusa che mi permettesse di fuggire da quel viaggio sensoriale non richiesto.
<< quello che vorrei che tu capissi, però>> continuò <<è che non ci sono solo pensieri di merda li dentro.>>
Tornai a guardarla grattandomi lo zigomo.
<< c’è anche qualcosa di interessante e forse dovresti prendere qualche ora della tua vita per conoscere meglio quello che partorisci, invece di ignorarlo e tornare alla tua banale vita quotidiana ogni volta>>

Non so dirvi come mi sentivo: in parte insultata, in parte confusa.
La realtà era statica, mentre lei mi chiedeva uno sforzo. MI arresi. Smisi di lottare contro la verità di un momento sicuramente poco pragmatico, ma introspettivo, forse interessante. Non ero io a muovere le fila di quel burattino, ma non ero io neanche a muovere le fila della realtà. Mi sedetti sul bordo del letto, accorciai le distanze dall’estranea e mi accompagnai le gambe al petto.

<< ok, allora spiegami, tu chi saresti?>>
La donna allungò il collo tronfia <<oh! Finalmente!>> si elettrizzò. << è molto semplice: Io sono chi tu vuoi che io sia, io sono quello che tu sai già che io sono, ma vuoi sentirtelo dire perché la verità è che non ti piace affatto chi io sia, e soprattutto non ti piace prenderti le responsabilità delle tue verità.>>
Sbuffai e la invogliai con un gesto della mano a continuare senza troppi preamboli.
<<non lamentarti>> rispose. << mi hai creato tu così puntigliosa, e proprio per questa ragione mi hai punito, rendendomi condannata alla solitudine eterna.>> . Si bloccò in attesa di una mia reazione. Portò le braccia conserte sotto al petto.
Vinsi io. A rompere quel breve silenzio fu di nuovo lei. Camminava per la stanza, calpestando con i piedi scalzi tutto quello che incontrava, ma provocando solo rumori sordi.

<< Sono nata in una grande città americana e per anni ho pensato che fossi destinata a qualcosa di grande, perlomeno economicamente. Ho studiato legge, sono diventata avvocato e alla fine ho sposato un chirurgo plastico di grande fama. La mia più grande soddisfazione sentimentale è stata quella di non aver mai chiesto a mio marito di apportarmi ritocchini, no no no, neanche mezzo. Che si divertisse a creare bambole in giro per il mondo, per poi tornare sempre da me, l’unico vero pezzo di carne che mai potesse toccare. Per anni non mi sono chiesta se la mia fosse megalomania o semplice vero amore, fin quando lui non mi ha lasciata, d’embléè per un uomo.>>
Portò le mani a strofinarsi le guance <<E’ difficile spiegare come mi sono sentita: è come se per una vita mangi verdure per prevenirti dalle malattie e poi scopri che i pomodori del Brennero che ti piacciono tanto sono trasmettitori di epidemie africane!>>

La guardai alzando un sopracciglio. Un’analogia così stupida non l’avevo mai sentita, ma non dissi nulla, d’altronde lei sosteneva che tutto questo provenisse dalla mia testa per cui non potevo certo insultarmi pubblicamente.
Lei rise<< ti dimentichi che leggo i tuoi pensieri, è pressoché inutile che ti trattieni dall’esporli>>.
Maledetta, pensai, e ancora una volta non dissi nulla e attesi che fu lei a continuare.

<<comunque intendevo dire che sicuramente mai avrei pensato che la minaccia potesse essere il nostro vicino di casa che portava a spasso quel meraviglioso bulldog francese ogni mattina, quello con i pettorali in rilievo da sotto la camicia celeste. Il tipo dico, non il Bulldog. Tutte le donne del quartiere mettevano una sveglia alle 7.35 del mattino solo per buttare la mondezza proprio quando passava lui, diretto verso il parco. >> fece una pausa << la fila per l’umido. Sette donne e mio marito in coda.>> scosse la testa. << da non crederci>>.
Sorrisi.

<< insomma>> continuò lei <<per anni una donna si domanda quale sia la sua vera condanna. Si chiede fino a che punto questa condanna sia davvero reale o frutto di una convinzione da martire che ci è stata inculcata dalle nostre nonne, abituate a vedere pubblicità sessiste in TV. Poi improvvisamente comprendi che ci stai troppo dentro per poter prevenire quella condanna. Comprendi che la vera salvezza sta nella capacità di saper accettare il grottesco della vita e andare avanti, guardando indietro come ad un racconto buffo. Come quello che tu>> mi indicò << mi stai permettendo di raccontare.>>

La guardai nuovamente all’altezza delle ginocchia e dei polpacci. <<ma perché hai il corpo come il mio?>>
<<ah di certo non per un motivo logico. Lo hai fatto per poterti guardare fluttuare nella personalità di un’altra donna! >>
<<davvero?>>
<<certo! Dopo la sfiga che mi hai appioppato, nient’altro poteva giustificare anche questa >> commentò guardandosi il corpo un po' contrariata.
Corrugai la fronte.
<< senti ma fammi capire, adesso è tutta colpa mia? Qualsiasi cosa che..>>
<<ma certo!>> alzò la voce. <<è assolutamente, esclusivamente, colpa tua. E tu dovresti finalmente sguazzarci in questa condizione, essendo il senso di colpa una tua grande passione nei giorni di noia e scompenso!>>
<<ma così mi ferisci… cosa!>> me ne accorsi << aspè, come cazzo ti chiami?>>
<<sicura che vuoi darmi del tu?>>
Una gocciolina di sudore mi attraversò la spina dorsale
<<ad ogni modo come mi chiamo io tu lo sai, perché è una scelta solo che tua>>
<<e che palle!>> sbottai alzandomi in piedi tutto d’un botto.
Afferrai una bottiglietta d’acqua dal comò. <<tutta questa libertà è claustrofobica!>>
Scoppiò a ridere <<Amy, mi chiamo Amy. Rilassati ora e vedrai che nessuna responsabilità verso le tue creazioni ti corre dietro. >>

Bevvi. L’acqua scendeva come sorgente. Riacquisii consapevolezza della gola, dello stomaco.
Deglutii anche l’acqua rimasta a gonfiare le guance e tornai a guardarla. La vidi con occhi diversi. Emanava un affetto che sembrava stonare su quella personalità così cinica e supponente. Ritrovai la pace. Finalmente avevo creato un contrasto in lei che la rendeva reale, non più personaggio.
Tutta "colpa" mia, per fortuna!



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Alessio
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Re: È tutta colpa tua, per fortuna

Messaggio#2 » mercoledì 10 marzo 2021, 11:46

Ciao Silvia,
grazie per aver condiviso il tuo racconto. E' un po' più lungo della media dei racconti che si vedono normalmente in laboratorio, quindi forse è anche per questo che finora non ha ricevuto riscontri.
Visto che è la prima volta che ti commento, sappi che in Laboratorio sono piuttosto puntiglioso! :-)
Inoltre, sono un seguace della narrativa trasparente, immersiva, focalizzata, quindi i miei commenti saranno orientati in quella direzione.

Il mese scorso commentasti un mio racconto dicendo che col mio stile di scrittura mi faccio voler bene. Ora sono qui per smentirti :-)

Inizio col dire che il racconto non mi ha lasciato granché.

Dal punto di vista dei contenuti, il confronto col proprio doppio non è certo una novità e in più qui usi il doppio fondamentalmente per farci uno spiegone sul passato della donna protagonista. Sul finale non ho capito cosa è successo che ha fatto tranquillizzare la protagonista.

Per quanto riguarda lo stile, ho notato uno sforzo di non usare i dialogue tag, ma qualche "rispose", o "continuò" fanno comunque capolino qua e là. In generale è tutto raccontato e quindi poco immersivo. La prima persona al passato non aiuta in questo senso. La focalizzazione c'è quasi sempre, ma di fatto metà buona del racconto è il doppio che parla.

Ho notato una certa trascuratezza nel testo. A partire dai doppi maggiore/minore al posto delle virgolette caporali. Poi ci sono le minuscole a inizio battuta e spesso ho visto uno spazio tra le virgolette aperte e la prima parola della battuta.
Inoltre, ogni tanto salti una riga. Ammetto che mi ha un po' facilitato la lettura, però non capisco il motivo per cui dovresti farlo. Di solito la riga si salta quando c'è uno stacco, spaziale o temporale, ma qui non c'è.

Infine, ci sono diverse espressioni formulari: "bagno di sudore", "cerchio alla testa", "con somma sorpresa", ecc. Ti suggerisco di cercare altri modi di veicolare le stesse informazioni.

Come altra considerazione generale ti suggerisco di limitare il più possibile l'uso di aggettivi e di avverbi e di usare invece dei sostantivi e dei verbi che siano in grado di veicolare da soli un significato preciso (nel 90% dei casì è possibile).

Veniamo ai commenti puntuali:
SilviaCasabianca ha scritto:Sguazzavo in un bagno di sudore. L’ascella si appiccicava alle costole.

L'ascella è l'incavo sotto il braccio, come fa ad appiccicarsi alle costole? Inoltre, il sudore di per sé non è appiccicoso: pelle su pelle scivola via. Tutt'al più i vestiti bagnati di sudore ti si appiccicano addosso.

SilviaCasabianca ha scritto:Capita anche a voi? Di rimanerci male dico, perché cazzo, eravate in un mondo che per quanto assurdo, aveva contorni chiari e delineati per i voi di lì, e ora i contorni del vostro mondo, quello a cui hanno deciso dobbiate appartenere, sfocano le vostre piatte giornate.

Ti rivolgi al lettore: eviterei, rompe l'immersione. Inoltre la frase è un po' contorta, ho dovuto rileggerla un paio di volte per capirla.

SilviaCasabianca ha scritto:Sbruffai

Forse volevi dire sbuffai?

SilviaCasabianca ha scritto:Pareva di aver poggiato i gomiti su fette di pan carré con la marmellata.

Siamo al quarto paragrafo e hai già infilato quattro metafore/similitudini. E' un po' eccessivo. Penso che una o due in tutto il racconto possano essere sufficienti.

SilviaCasabianca ha scritto: Tastai i polpastrelli sul comodino.

Messa così sembra che sul comodino ci fossero dei polpastrelli e la protagonista li tastasse. Tastai coi polpastrelli, semmai, me secondo me puoi anche lasciare solo Tastai sul comodino.

SilviaCasabianca ha scritto: non appena ne riconobbi il freddo del vetro, lo sentii rimbalzare sul parquet.

Occhiali di vetro? Li fanno ancora? E comunque immagino che siano gli occhiali a rimbalzare sul parquet, quindi li sentii. Ma lo stesso, questa frase non va, perché le due azioni non sono contemporanee.

SilviaCasabianca ha scritto:Galeotta fu la miopia, o il rincoglionimento, fatto sta che vidi dei buchi risucchianti, anatomicamente simili ad ani. Apparivano e sparivano dalle pareti della mia camera e persino dal soffitto, fin quando uno, vicino alla porta, sputò fuori una donna completamente nuda.

Ci sono diverse cose da dire:

vidi: Verbo percettivo che ti porta fuori dal punto di vista. Basta dire Sulle pareti della mia camera apparivano e sparivano dei buchi risucchianti, ed ecco che hai ottenuto lo stesso risultato senza uscire dal personaggio.

anatomicamente simili ad ani: Guardiamoci in faccia: mi stai descrivendo una scena piuttosto forte, e anche interessante devo dire, sebbene un po' fuori contesto, in cui appaiono dei buchi di culo sul muro e uno di questi caga fuori una donna nuda. E tu mi fai la schizzinosa chimandoli "anatomicamente simili ad ani"?

sputò fuori una donna completamente nuda: il buco risucchiante mi fa pensare a qualcosa che porta via l'aria dalla stanza, mentre la donna viene espolsa dall'ano NELLA stanza, quindi c'è una certa contraddizione. Inoltre, il vituperato avverbio in -mente non ti serve. Prova a toglierlo e vedrai che la frase non cambia. In generale li puoi eliminare tutti.

SilviaCasabianca ha scritto:Poi vidi solo un braccio e i miei occhiali sulle cosce.

In generale gli avverbi di tempo, o le costruzioni che prevedonouna relazione temporale tra gli eventi, tolgono immersività perché ti strappano dal "qui e ora" della narrazione. Anche i subito che vengono dopo.

SilviaCasabianca ha scritto:La vidi subito, sedeva sulla poltrona, con le gambe accavallate e i piedi adagiati sopra la montagna di vestiti a terra.

Se togli La vidi subito cambia qualcosa?

SilviaCasabianca ha scritto:Un viso dai tratti asimmetrici disegnava linee gradevoli accartocciandoli in un’aria di supponenza.

Faccio un po' di fatica a immaginarla. Intanto direi che sono le linee che disegnano il volto e non il contrario. Mi piace accartocciandoli, però dovresti essere un po' più precisa sulle descrizioni: cosa intendi per linee gradevoli e aria di supponenza? Com'è fatta un'aria di supponenza?

SilviaCasabianca ha scritto:<<fai pure con comodo> fece dondolare il vino sul calice. << vuoi guardarmi meglio fra le gambe?>>.

Nel calice. E occhio a virgolette, spazi e maiuscole.

SilviaCasabianca ha scritto:Si alzò di scatto e con camminata da gatta si avvicinò allo specchio.

Com'è una camminata da gatta?

SilviaCasabianca ha scritto:Portai ancora di qualche centimetro la schiena in verticale.

Cioè? Si stiracchiò? Inarcò la schiena?

SilviaCasabianca ha scritto:Sentii degli scricchiolii che dalle scapole raggiunsero la cervicale.

Sentii non ti serve: Degli scricciolii partirono dalle scapole e raggiunsero la cervicale, per esempio.

SilviaCasabianca ha scritto: La testa stava rallentando il suo giro impazzito da trottola e stava tornando in asse.

Altra metafora.

SilviaCasabianca ha scritto:La vidi tracannare in gola un sorso di vino con un movimento secco del polso.

Ci siamo capiti sui verbi di percezione :-). Inoltre, serve tutta questa descrizione per dire che Tracannò una sorsata di vino?

SilviaCasabianca ha scritto:Portai la mia mano alla nuca.

mia non serve: quale altra mano?

SilviaCasabianca ha scritto: Pulsava come c’avessi un cuore là dentro. <<E tu come fai a sapere cosa c’è nella mia testa?>>

Eviterei c'avessi. In un dialogo ci potrebbe stare per caratterizzare la parlata, ma fuori non è bello.

SilviaCasabianca ha scritto:Non so dirvi come mi sentivo: in parte insultata, in parte confusa.

Perché non semplicemente Mi sentivo in parte insultata, in parte confusa.? Così eviti di rivolgerti al lettore. Rimane comunque raccontato.

SilviaCasabianca ha scritto:La realtà era statica, mentre lei mi chiedeva uno sforzo. MI arresi. Smisi di lottare contro la verità di un momento sicuramente poco pragmatico, ma introspettivo, forse interessante. Non ero io a muovere le fila di quel burattino, ma non ero io neanche a muovere le fila della realtà. Mi sedetti sul bordo del letto, accorciai le distanze dall’estranea e mi accompagnai le gambe al petto.

Ho riletto più volte ma non ho capito.

SilviaCasabianca ha scritto:La donna allungò il collo tronfia <<oh! Finalmente!>> si elettrizzò. << è molto semplice: Io sono chi tu vuoi che io sia, io sono quello che tu sai già che io sono, ma vuoi sentirtelo dire perché la verità è che non ti piace affatto chi io sia, e soprattutto non ti piace prenderti le responsabilità delle tue verità.>>

Un po' difficile da leggere. Inoltre credo che si dica Non ti piace chi sono.

SilviaCasabianca ha scritto:Sbuffai e la invogliai con un gesto della mano a continuare senza troppi preamboli.

Invogliai non mi sembra il verbo più adatto qui. Forse invitai.

SilviaCasabianca ha scritto:Si bloccò in attesa di una mia reazione. Portò le braccia conserte sotto al petto.

Prima si porta le braccia al petto, poi si blocca :-)

SilviaCasabianca ha scritto:Vinsi io. A rompere quel breve silenzio fu di nuovo lei.

Prima l'altra rompe il silenzio, poi la protagonista pensa di aver vinto. Comunque Vinsi io lo eliminerei proprio.

SilviaCasabianca ha scritto: Camminava per la stanza, calpestando con i piedi scalzi tutto quello che incontrava, ma provocando solo rumori sordi.

In che senso provocava rumori sordi?

SilviaCasabianca ha scritto:<< Sono nata in una grande città americana e per anni ho pensato che fossi destinata a qualcosa di grande, perlomeno economicamente. Ho studiato legge, sono diventata avvocato e alla fine ho sposato un chirurgo plastico di grande fama. La mia più grande soddisfazione sentimentale è stata quella di non aver mai chiesto a mio marito di apportarmi ritocchini, no no no, neanche mezzo. Che si divertisse a creare bambole in giro per il mondo, per poi tornare sempre da me, l’unico vero pezzo di carne che mai potesse toccare. Per anni non mi sono chiesta se la mia fosse megalomania o semplice vero amore, fin quando lui non mi ha lasciata, d’embléè per un uomo.>>

Perché fa il riassunto della sua vita a sé stessa, che la conosce già?
Un appunto su d'emblée: si scrive senza l'accento sull'ultima e significa "al primo colpo", "di primo acchito", mentre tu lo stai usando come "all'improvviso".

SilviaCasabianca ha scritto:è come se per una vita mangi verdure per prevenirti dalle malattie

è come se per una vita mangiassi verdure per prevenire le malattie

SilviaCasabianca ha scritto:Maledetta, pensai, e ancora una volta non dissi nulla e attesi che fu lei a continuare.

Tutto quello che ci sta raccontando è un suo pensiero. Serve specificare che "pensò"?
Altra cosa: attesi che fosse lei a continuare.

SilviaCasabianca ha scritto:mondezza

E' un regionalismo che non vedo troppo bene in bocca a una donna nata "in una grande città americana".

SilviaCasabianca ha scritto:<< la fila per l’umido. Sette donne e mio marito in coda.>> scosse la testa. << da non crederci>>.

Questa è un'immagine carina :-)

SilviaCasabianca ha scritto:come ad un racconto buffo.

Attenzione alla D eufonica.

SilviaCasabianca ha scritto:La guardai nuovamente all’altezza delle ginocchia e dei polpacci. <<ma perché hai il corpo come il mio?>>

Dopo tutto il pippone sulla vita passata, "perché hai il corpo come il mio?" è la prima cosa che le viene in mente? Non mi convince.

SilviaCasabianca ha scritto:Lo hai fatto per poterti guardare fluttuare nella personalità di un’altra donna!

Cioè?

Ecco, da qui in poi diventa tutto confuso e devo dire che ho smesso di capire. Mi ha dato l'impressione che tu abbia perso il controllo di quello che stavi scrivendo e abbia chiuso un po' di fretta.
A livello di storia, non capire il finale non mi fa cogliere il senso del tutto, quindi al momento mi sembra tutto fine a sé stesso. Al di là di una revisione completa seguendo, se vorrai, i suggerimenti che ti ho dato (e altri che spero arriveranno da altri utenti), mi concentrerei in particolare sul finale per riuscire a trasmettere maggiormente il senso che hai voluto dare a questa storia.

Mi dispiace di essere stato un po' cattivo, ma secondo me c'è molto lavoro da fare.

Spero che le mie osservazioni possano esserti utili.
Buona scrittura!

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GiulianoCannoletta
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Re: È tutta colpa tua, per fortuna

Messaggio#3 » mercoledì 14 aprile 2021, 9:45

Ciao Silvia, piacere di averti letto.
Un racconto molto onirico il tuo. Se non ho capito male, si tratta di un'artista/scrittrice che si trova a tu per tu con un suo personaggio che, da stereotipato, acquista poi tridimensionalità.
Il racconto non mi è dispiaciuto, ci sono a mio avviso dei punti in cui diventa un po' contorto o che potrebbero essere resi meglio. Ti riporto qui qualche spunto cercando di non ripetere cose già dette.

Alcune scelte di punteggiatura non rendono proprio agevole la lettura, ti consiglierei di usare « » e la maiuscola iniziale per i dialoghi e di usare gli spazi fra i capoversi solo quando vuoi segnalare uno stacco di scena.

SilviaCasabianca ha scritto: Sguazzavo in un bagno di sudore. L’ascella si appiccicava alle costole.
Avevo un cerchio alla testa. Quel distacco dal sonno era stato brusco e violento, come il taglio del cordone ombelicale.


Questo inizio è un po' pesante, la prima persona al passato può funzionare, ma secondo me ci sono troppi imperfetti. Forse sarebbe meglio una cosa tipo: [Sguazzavo in un bagno di sudore. La maglietta appiccicata alle costole, un cerchio alla testa. Quel distacco dal sonno... ]

SilviaCasabianca ha scritto: Capita anche a voi? Di rimanerci male dico,


Qui ti rivolgi ai lettori. Lo fai anche un'altra volta più avanti. Io li leverei, non mi sembra una scelta funzionale rispetto al tipo di racconto.

SilviaCasabianca ha scritto:La vidi subito, sedeva sulla poltrona, con le gambe accavallate e i piedi adagiati sopra la montagna di vestiti a terra. Sulla mano destra sorreggeva un grande bicchiere di vino. Il gambo del calice oscillava, stretto fra medio e anulare. Aveva i capelli raccolti in angolo del collo. Un viso dai tratti asimmetrici disegnava linee gradevoli accartocciandoli in un’aria di supponenza. Quello che però più mi stupì fu il suo corpo, identico in ogni sua minima parte al mio.


Questa parte non mi ha convinto del tutto, mi pare invertito l'ordine della descrizione. Mi spiego: se trovassi un mio sosia in camera noterei prima il suo aspetto identico al mio e solo dopo il bicchiere e l'acconciatura. Credo che sarebbe meglio restituire la descrizione al lettore in questo ordine.

SilviaCasabianca ha scritto:Portai ancora di qualche centimetro la schiena in verticale. Sentii degli scricchiolii che dalle scapole raggiunsero la cervicale.


Quel "sentii" secondo me lo puoi tranquillamente evitare, come altri verbi percettivi. Il racconto rende uguale e ci caliamo meglio nella protagonista.

Infine, forse dovresti seminare meglio alcuni dettagli per aiutare a comprendere meglio la conclusione. Perché hanno lo stesso aspetto? (Si impersonifica nei suoi personaggi?) Perché è soddisfatta nel finale? (Non sono sicuro di averlo colto appieno).

Spero di esserti stato utile, a rileggerci presto!
Giuliano
“Uno scrittore argentino che ama molto la boxe mi diceva che in quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out.”
Julio Cortázar

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Il Dottore
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Re: È tutta colpa tua, per fortuna

Messaggio#4 » mercoledì 20 ottobre 2021, 12:56

Ciao Silvia.

Anche questo racconto è fermo da parecchio.
Hai intenzione di rimetterci mano?
Aspetto notizie per una settimana e, se non mi dici niente, lo archivio
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

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