Il demone riflesso
Inviato: domenica 2 aprile 2023, 9:37
Goffredo vagava per il campo, mano destra ben ferma sull’elsa dello spadone, sguardo fisso in avanti, scrutando tra i padiglioni i suoi uomini portare avanti le attività quotidiane. Il rumore dei soldati che chiavavano le prostitute gli fece salire l’invidia, e l’uccello.
Si incamminò verso il padiglione. In cima svettava il suo stendardo issato su una bandiera: due cavalli bianchi su un campo nero.
La guardia accennò un saluto.
«Gli altri comandanti sono già dentro, signore.»
Lo ringraziò con un cenno.
Dentro alla tenda la temperatura era gradevole, ristorava dal rigido freddo invernale. Le braci nel camino da campo erano ancora accese. Il torpore si impossessò per un attimo di Goffredo, che distese le membra e fece un paio di respiri profondi, prima di iniziare la dannatissima riunione giornaliera.
«Non c’è più tempo, signori. L’armata di Mezzone sarà a tiro dei nostri balestrieri entro domani, secondo le spie.»
Goffredo si sforzò di rimanere concentrato e di non pensare ai gemiti delle puttane.
«Quanti sono?»
Il sergente si grattò la barba bianca.
«Poco meno di 500 uomini, signore.»
Goffredo si allontanò dal tavolo di comando, scrollò le spalle e si diresse verso uno specchio.
Prese dalla tasca il vecchio anello di suo padre e se lo rigirò fra le dita.
Un giro
Un secondo giro
Un terzo giro
Quella massa di incompetenti ti porterà verso la rovina, lo sai.
Il demone a tre corna, occhi di un giallo intenso e con una lingua biforcuta comparve sulla superficie, e gli ricambiò il saluto con un ghigno.
Grazie al cazzo, imbecille.
Panta Rei fece un gestaccio con la mano sinistra.
[i]Lo sai che potresti diventare il condottiero migliore della penisola, se solo mi concedessi di aiutarti. Tu e i tuoi merdosi scrupoli morali.[/i]
Il vociare incessante dei suoi comandanti gli impediva di pensare lucidamente.
Non puoi soverchiare l’ordine delle cose, nemmeno se sei un fottuto demone.
Ancora quel gestaccio.
[i]Tu mi sottovaluti, Goff, e hai visto cosa sono in grado di fare. Ma senza la condotta firmata da un umano non posso fare nulla. Come si dice, verba volant. [/i]
Ah. Non aveva tutti i torti. Da questo inverno, dopo che l’esercito di Mezzone aveva preso il sopravvento. Non incassava una vittoria da mesi ormai; era come se ci fosse un muro fra se e i suoi piani, e ogni volta che provava a superarlo veniva sconfitto.
Non tentarmi, Panta.
Il demone schioccò le dita. Dal nulla comparve una lunga lista di pergamena. La srotolò e lesse ad alta voce:
Ti faccio partecipe dei miei appunti di questo semestre, Goff:
“5 gennaio 1340: Sconfitta al Passo furioso. Il ragazzo ha talento, ma non si applica. Con un pizzico di acume in più avrebbe benissimo potuto aggirare l’avversario in una mossa. Pazienza.”
30 febbraio 1340: una carica di cavalleria falcia in pieno la colonna di fanti in marcia in mezzo alla foresta. Ah, che spreco di umani in così poco tempo e con errori davvero davvero grossolani.”
“Assalto alle mura di Rocca Ferrata: ma da quando un assedio si porta avanti senza torri d’assedio? è da molti secoli che non vedo nessuno più imbranato di Goff.”
Devo continuare?
Le voci dei suoi uomini attorno al tavolo aumentavano di intensità.
Che branco di incapaci.
Goffredo si passò una mano tra i folti capelli ricci.
Non posso pagarti, Panta. Non con il sacrificio che mi hai chiesto.
La lunga coda del demone si agitò.
Oh suvvia, Goff. Voglio solo l’anima di tuo figlio. Mi fai sembrare pure banale. Devo sbarcare il lunario anche io, sai?
Goffredo replicò il gestaccio verso il demone.
«Signore, si potrebbero attaccare a ridosso del villaggio. Signore?»
[i]Ci vediamo domani, caro Goff. Carpe Diem. [/i]
Panta Rei sparì dallo specchio in una nube nera. Alle narici di Goffredo arrivò ad un tratto una curiosa folata di zolfo.
Si incamminò verso il padiglione. In cima svettava il suo stendardo issato su una bandiera: due cavalli bianchi su un campo nero.
La guardia accennò un saluto.
«Gli altri comandanti sono già dentro, signore.»
Lo ringraziò con un cenno.
Dentro alla tenda la temperatura era gradevole, ristorava dal rigido freddo invernale. Le braci nel camino da campo erano ancora accese. Il torpore si impossessò per un attimo di Goffredo, che distese le membra e fece un paio di respiri profondi, prima di iniziare la dannatissima riunione giornaliera.
«Non c’è più tempo, signori. L’armata di Mezzone sarà a tiro dei nostri balestrieri entro domani, secondo le spie.»
Goffredo si sforzò di rimanere concentrato e di non pensare ai gemiti delle puttane.
«Quanti sono?»
Il sergente si grattò la barba bianca.
«Poco meno di 500 uomini, signore.»
Goffredo si allontanò dal tavolo di comando, scrollò le spalle e si diresse verso uno specchio.
Prese dalla tasca il vecchio anello di suo padre e se lo rigirò fra le dita.
Un giro
Un secondo giro
Un terzo giro
Quella massa di incompetenti ti porterà verso la rovina, lo sai.
Il demone a tre corna, occhi di un giallo intenso e con una lingua biforcuta comparve sulla superficie, e gli ricambiò il saluto con un ghigno.
Grazie al cazzo, imbecille.
Panta Rei fece un gestaccio con la mano sinistra.
[i]Lo sai che potresti diventare il condottiero migliore della penisola, se solo mi concedessi di aiutarti. Tu e i tuoi merdosi scrupoli morali.[/i]
Il vociare incessante dei suoi comandanti gli impediva di pensare lucidamente.
Non puoi soverchiare l’ordine delle cose, nemmeno se sei un fottuto demone.
Ancora quel gestaccio.
[i]Tu mi sottovaluti, Goff, e hai visto cosa sono in grado di fare. Ma senza la condotta firmata da un umano non posso fare nulla. Come si dice, verba volant. [/i]
Ah. Non aveva tutti i torti. Da questo inverno, dopo che l’esercito di Mezzone aveva preso il sopravvento. Non incassava una vittoria da mesi ormai; era come se ci fosse un muro fra se e i suoi piani, e ogni volta che provava a superarlo veniva sconfitto.
Non tentarmi, Panta.
Il demone schioccò le dita. Dal nulla comparve una lunga lista di pergamena. La srotolò e lesse ad alta voce:
Ti faccio partecipe dei miei appunti di questo semestre, Goff:
“5 gennaio 1340: Sconfitta al Passo furioso. Il ragazzo ha talento, ma non si applica. Con un pizzico di acume in più avrebbe benissimo potuto aggirare l’avversario in una mossa. Pazienza.”
30 febbraio 1340: una carica di cavalleria falcia in pieno la colonna di fanti in marcia in mezzo alla foresta. Ah, che spreco di umani in così poco tempo e con errori davvero davvero grossolani.”
“Assalto alle mura di Rocca Ferrata: ma da quando un assedio si porta avanti senza torri d’assedio? è da molti secoli che non vedo nessuno più imbranato di Goff.”
Devo continuare?
Le voci dei suoi uomini attorno al tavolo aumentavano di intensità.
Che branco di incapaci.
Goffredo si passò una mano tra i folti capelli ricci.
Non posso pagarti, Panta. Non con il sacrificio che mi hai chiesto.
La lunga coda del demone si agitò.
Oh suvvia, Goff. Voglio solo l’anima di tuo figlio. Mi fai sembrare pure banale. Devo sbarcare il lunario anche io, sai?
Goffredo replicò il gestaccio verso il demone.
«Signore, si potrebbero attaccare a ridosso del villaggio. Signore?»
[i]Ci vediamo domani, caro Goff. Carpe Diem. [/i]
Panta Rei sparì dallo specchio in una nube nera. Alle narici di Goffredo arrivò ad un tratto una curiosa folata di zolfo.