Sei e quarantuno
Moderatore: Laboratorio
Sei e quarantuno
Sei e quarantuno
Esco dal palazzo di corsa.
Alle sei e quarantotto minuti il calcolatore quantistico che lavora da ieri sera darà il responso e devo essere presente al briefing. Sono le sei e ventitrè.
Ho solo venticinque minuti per fare tre chilometri e a quest'ora gli autobus passano alle quaranta e alle dieci. Prendere l'auto non se ne parla perchè solo per uscire dal garage impiego sette minuti.
Un tanfo mi arriva alle narici: un barbone dorme in un angolo tra un muro e la vetrina del ristorante, dentro un cartone,
Un gatto dal pelo fulvo e striato accoccolato vicino a lui mi guarda e si gira dall'altra parte.
Perché questa gente non lavora?
Passo il dorso della mano sotto il naso per difendermi dal lezzo con il profumo del mio dopobarba alla menta.
Vicino al barbone c'è un monopattino elettrico. Sarà suo?
Mi avvicino con il fazzoletto sotto il naso per sopportare l'odore.
Con cinquanta dollari tra pollice e indice grido: «”Ehi, amico! Me lo presti?».
Il Tizio barbuto apre un occhio, si mette seduto e con una manata afferra il cinquantone: «Quando lo riporti ?» «Stasera»,
«Allora sono altri venti». Maledetto. Ecco perché questa gente non lavora.
Gli allungo il venti. Il Tizio mette la mano in tasca ed estrae un lucchetto a catena e me lo porge.
Alza il sopracciglio sinistro e piega la testa «Mi raccomando».
Il gatto alza quello destro.
Metto i piedi sul monopattino e accelero. Niente.
Dall'androne il Tizio mi urla «La batteria è a zero, spingi e si carica».
«Grazie, premio Nobel della fisica!».
Spingo, dopotutto il monopattino è pur sempre una leva, che migliora le prestazioni dell'uomo.
Grosse gocce di pioggia si infrangono sull'asfalto.
Ieri le previsioni davano sereno.
Meteorologi, sono delle star dei media, ma la loro "scienza" è affidabile quanto l'astronomia.
Avanzo nell'acquazzone e una corrente d'aria mi entra nel colletto bagnato.
Infilo il piede d'appoggio in una pozzanghera enorme e l'acqua mi lava fino alle ginocchia.
Procedo come un fante della prima guerra mondiale sotto le mitragliatrici nemiche.
L'Istituto si staglia all'orizzonte. Ancora quattro minuti e sarò arrivato.
Intanto il maledetto trabiccolo ha preso un po' di carica, ma senza spingere con la gamba è peggio di prima perché non mi scaldo e il vento mi gela fino alla punta dei capelli.
Sei e quarantuno. Entro nell'androne dell'Istituto con il monopattino ripiegato sotto il braccio gocciolando come Pollicino.
Il portiere con un sorriso «Pioveva?».
Mi volto: il temporale è finito e c'è il sole.
«No, ho fatto la doccia in metro per fare prima.»
Esco dal palazzo di corsa.
Alle sei e quarantotto minuti il calcolatore quantistico che lavora da ieri sera darà il responso e devo essere presente al briefing. Sono le sei e ventitrè.
Ho solo venticinque minuti per fare tre chilometri e a quest'ora gli autobus passano alle quaranta e alle dieci. Prendere l'auto non se ne parla perchè solo per uscire dal garage impiego sette minuti.
Un tanfo mi arriva alle narici: un barbone dorme in un angolo tra un muro e la vetrina del ristorante, dentro un cartone,
Un gatto dal pelo fulvo e striato accoccolato vicino a lui mi guarda e si gira dall'altra parte.
Perché questa gente non lavora?
Passo il dorso della mano sotto il naso per difendermi dal lezzo con il profumo del mio dopobarba alla menta.
Vicino al barbone c'è un monopattino elettrico. Sarà suo?
Mi avvicino con il fazzoletto sotto il naso per sopportare l'odore.
Con cinquanta dollari tra pollice e indice grido: «”Ehi, amico! Me lo presti?».
Il Tizio barbuto apre un occhio, si mette seduto e con una manata afferra il cinquantone: «Quando lo riporti ?» «Stasera»,
«Allora sono altri venti». Maledetto. Ecco perché questa gente non lavora.
Gli allungo il venti. Il Tizio mette la mano in tasca ed estrae un lucchetto a catena e me lo porge.
Alza il sopracciglio sinistro e piega la testa «Mi raccomando».
Il gatto alza quello destro.
Metto i piedi sul monopattino e accelero. Niente.
Dall'androne il Tizio mi urla «La batteria è a zero, spingi e si carica».
«Grazie, premio Nobel della fisica!».
Spingo, dopotutto il monopattino è pur sempre una leva, che migliora le prestazioni dell'uomo.
Grosse gocce di pioggia si infrangono sull'asfalto.
Ieri le previsioni davano sereno.
Meteorologi, sono delle star dei media, ma la loro "scienza" è affidabile quanto l'astronomia.
Avanzo nell'acquazzone e una corrente d'aria mi entra nel colletto bagnato.
Infilo il piede d'appoggio in una pozzanghera enorme e l'acqua mi lava fino alle ginocchia.
Procedo come un fante della prima guerra mondiale sotto le mitragliatrici nemiche.
L'Istituto si staglia all'orizzonte. Ancora quattro minuti e sarò arrivato.
Intanto il maledetto trabiccolo ha preso un po' di carica, ma senza spingere con la gamba è peggio di prima perché non mi scaldo e il vento mi gela fino alla punta dei capelli.
Sei e quarantuno. Entro nell'androne dell'Istituto con il monopattino ripiegato sotto il braccio gocciolando come Pollicino.
Il portiere con un sorriso «Pioveva?».
Mi volto: il temporale è finito e c'è il sole.
«No, ho fatto la doccia in metro per fare prima.»
Ultima modifica di Julius il lunedì 2 ottobre 2023, 0:55, modificato 3 volte in totale.
- massimogrilli
- Messaggi: 12
Re: Sei e quarantuno
Non male. Hai pensato di espanderlo un pochino? Capisco che sia nel tema che avvenga tutto di corsa, ma forse con qualche riga in più riusciremmo di più a creare un minimo di empatia. Che ne pensi?
Re: Sei e quarantuno
Ciao Julius,
racconto super breve che non mi ha dato modo di entrare nella storia e in empatia col personaggio.
Capisco la caratterizzazione di un uomo maniacalmente preciso, uno scienziato per cui tutto è bianco o nero e i conti devono sempre tornare, ma la presenza di tutti questi numeri mi ha mandato in confusione.
Tra l'altro non ho capito il discorso iniziale sull'orario, l'orologio torna indietro?
Perdonami ma sono molto fuori target e forse dovrei avere delle nozioni per capire meglio, in ogni caso il racconto è troppo breve e inconcludente, io non sono riuscita a trovarci un senso.
Forse vale la pena espanderlo come ti hanno già suggerito.
racconto super breve che non mi ha dato modo di entrare nella storia e in empatia col personaggio.
Capisco la caratterizzazione di un uomo maniacalmente preciso, uno scienziato per cui tutto è bianco o nero e i conti devono sempre tornare, ma la presenza di tutti questi numeri mi ha mandato in confusione.
Tra l'altro non ho capito il discorso iniziale sull'orario, l'orologio torna indietro?
Perdonami ma sono molto fuori target e forse dovrei avere delle nozioni per capire meglio, in ogni caso il racconto è troppo breve e inconcludente, io non sono riuscita a trovarci un senso.
Forse vale la pena espanderlo come ti hanno già suggerito.
- Marco Travaglini
- Messaggi: 196
Re: Sei e quarantuno
Ciao Julius,
concordo con i commenti precedenti, immagino tra l'altro che ci sia un refuso sull'orario:
Facendo i calcoli immagino che il primo orario siano le 7:48 e non le 6:48 :D Metterei anche qualche virgola per spezzare la prima frase.
Oltre a quanto detto dagli altri ti direi di rivedere un po' anche la presentazione grafica del testo. Quel blocco unico diventa anche faticoso da leggere. Dividilo in paragrafi, vai a capo dopo i dialoghi, dovrebbe dare un po' di aria al tuo brano.
Ti segnalo un altro refuso:
Anche qui metterei qualche virgola:
Saluti
concordo con i commenti precedenti, immagino tra l'altro che ci sia un refuso sull'orario:
Julius ha scritto: Alle sei e quarantotto minuti il calcolatore quantistico che lavora da ieri sera darà il responso e devo essere presente al briefing. Sono le sette e ventitre. Ho solo venticinque minuti per fare tre chilometri [...]
Facendo i calcoli immagino che il primo orario siano le 7:48 e non le 6:48 :D Metterei anche qualche virgola per spezzare la prima frase.
Oltre a quanto detto dagli altri ti direi di rivedere un po' anche la presentazione grafica del testo. Quel blocco unico diventa anche faticoso da leggere. Dividilo in paragrafi, vai a capo dopo i dialoghi, dovrebbe dare un po' di aria al tuo brano.
Ti segnalo un altro refuso:
Julius ha scritto:il monopattino è pur sempre un leva
Anche qui metterei qualche virgola:
Julius ha scritto:Intanto il maledetto trabiccolo ha preso un po' di carica ma senza spingere con la gamba è peggio di prima perché non mi scaldo e il vento mi gela fino alla punta dei capelli.
Saluti
Re: Sei e quarantuno
massimogrilli ha scritto:Non male. Hai pensato di espanderlo un pochino? Capisco che sia nel tema che avvenga tutto di corsa, ma forse con qualche riga in più riusciremmo di più a creare un minimo di empatia. Che ne pensi?
GRAZIE Massimo di avermi letto! Fa piacere che non ti abbia fatto schifo, dato che mi considero un impostore. In effetti era solo un incipit (senza alcuna pretesa). Non è un vero e proprio racconto, è per questo che è così breve.
Re: Sei e quarantuno
Grazie mille Marco! Sì c'è un refuso sull'ora, sulla leva e anche un altro, Sfuggono sempre. Non è un racconto, ma un incipit, una prova così, E' breve per questo.
Re: Sei e quarantuno
Cara Staria, grazie della lettura e dei riscontri. Sì, c'è un refuso nell'orario inziale. Il pezzo è breve, come ho già detto perchè è solo un incipit, così per vedere se poteva andare come stile.
Re: Sei e quarantuno
Julius ha scritto:Cara Staria, grazie della lettura e dei riscontri. Sì, c'è un refuso nell'orario inziale. Il pezzo è breve, come ho già detto perchè è solo un incipit, così per vedere se poteva andare come stile.
EMPATIA. Ci ho provato.
Re: Sei e quarantuno
Ho corretto i refusi, aggiunto le virgole e gli "a capo" e cambiato qualche parola. Meglio?
- Marco Travaglini
- Messaggi: 196
Re: Sei e quarantuno
Ciao Julius.
Non ho capito, quindi questo è solo un incipit di qualcos'altro? Non hai l'obiettivo di mandarlo in vetrina, ma solo qualche dritta per sistemarlo? Non so se questo sia il posto giusto.
Ad ogni modo ci sono delle cose più strutturali e altri dettagli che io sinceramente ritengo non adeguati a una versione finale.
Ad esempio, è vero che io non vivo in una grande città, ma di barboni con monopattini sinceramente non mi è mai capitato di vederne, soprattutto che li prestino ad uno sconosciuto per 70 dollari, quando probabilmente valgono di più. Sarebbe più appropriato che un barbone per quella cifra di affittasse una vecchia bicicletta tutta scassata, o comunque qualcosa di pochissimo valore.
Altra cosa: perché un fisico dovrebbe usare l'astronomia come paragone per denigrare un'altra scienza? Astronomia e fisica vanno molto a braccetto, mi pare strano. È vero che purtroppo la metereologia è poco affidabile, ma solo perché è una scienza estremamente complessa, io non penso che un fisico la definirebbe "scienza" con il virgolettato né tantomeno che un fisico non sia capace di distinguere tra chi fa le previsioni e chi le presenta in TV.
La battuta finale mi pare molto debole, se la metti alla fine gli dai un'importanza che non penso abbia. Almeno arriva al briefing.
Poi ci sono un paio di cose da correggere.
Perché "Tizio" sempre con la maiuscola?
Credo che dovresti mettere qualche segno di interpunzione tra beat e dialogo, non lo fai quasi mai. Una virgola o un punto a seconda dei casi, potrebbero essere sufficienti.
Non ho capito, quindi questo è solo un incipit di qualcos'altro? Non hai l'obiettivo di mandarlo in vetrina, ma solo qualche dritta per sistemarlo? Non so se questo sia il posto giusto.
Ad ogni modo ci sono delle cose più strutturali e altri dettagli che io sinceramente ritengo non adeguati a una versione finale.
Ad esempio, è vero che io non vivo in una grande città, ma di barboni con monopattini sinceramente non mi è mai capitato di vederne, soprattutto che li prestino ad uno sconosciuto per 70 dollari, quando probabilmente valgono di più. Sarebbe più appropriato che un barbone per quella cifra di affittasse una vecchia bicicletta tutta scassata, o comunque qualcosa di pochissimo valore.
Altra cosa: perché un fisico dovrebbe usare l'astronomia come paragone per denigrare un'altra scienza? Astronomia e fisica vanno molto a braccetto, mi pare strano. È vero che purtroppo la metereologia è poco affidabile, ma solo perché è una scienza estremamente complessa, io non penso che un fisico la definirebbe "scienza" con il virgolettato né tantomeno che un fisico non sia capace di distinguere tra chi fa le previsioni e chi le presenta in TV.
La battuta finale mi pare molto debole, se la metti alla fine gli dai un'importanza che non penso abbia. Almeno arriva al briefing.
Poi ci sono un paio di cose da correggere.
Perché "Tizio" sempre con la maiuscola?
Credo che dovresti mettere qualche segno di interpunzione tra beat e dialogo, non lo fai quasi mai. Una virgola o un punto a seconda dei casi, potrebbero essere sufficienti.
- EnricoCastellano
- Messaggi: 7
Re: Sei e quarantuno
Il racconto mi stava piacendo e mi tirava dentro. Hai lasciato tante domande aperte di cui avevi seminato la curiosità, e ora? Come finisce? Il responso del calcolatore?
Punto di forza: mi sono piaciuti i momenti in cui hai lasciato delle domande di cui ci si aspetta delle risposte.
Punto di debolezza: non hai risposto alle domande. Sembra un Incipit più che un racconto.
Da migliorare: concludi il racconto.
Punto di forza: mi sono piaciuti i momenti in cui hai lasciato delle domande di cui ci si aspetta delle risposte.
Punto di debolezza: non hai risposto alle domande. Sembra un Incipit più che un racconto.
Da migliorare: concludi il racconto.
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