Una moneta - di Viviana Tenga
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Una moneta - di Viviana Tenga
“Raccontami una storia. Una di quelle dei tuoi antenati.”
“Certo. In un tempo lontano, nelle terre dell’estremo Nord…”
“No. Non così. Con la musica. E con le danze.”
“Non potrei fare le danze. Solo i sacerdoti…”
“Non importa. Non sei più nella tua terra. Qui fai quello ti dico io. Per gli ospiti di mio padre hai danzato.”
Tito si sforzò di dare alla voce un’inflessione autoritaria. In un’altra situazione, avrebbe fatto frustare Perhturm per l’insolenza con cui gli aveva risposto, ma aveva paura che suo padre se ne accorgesse e facesse domande.
“Vostro padre è il mio padrone. E vorrebbe che voi usciste, e vi divertiste insieme a ragazzi della vostra età e del vostro rango. Se sapesse che in verità rimanete chiuso in una stanza dimenticata a farvi intrattenere da uno schiavo…”
“Non azzardarti a minacciarmi! Racconta la storia. Senza danze, non importa.”
Tito ci aveva provato, a frequentare ragazzi della sua età. Ma non faceva per lui. Nei loro giochi doveva sempre interpretare la parte del mostro o del cattivo. E poi, tutti lo guardavano con ribrezzo, un po’ come facevano gli ospiti di suo padre quando era costretto a partecipare alle loro cene. Ribrezzo per la pelle squamosa con cui era nato, per il suo affanno nel respirare. Ogni volta, durante quelle cene, lui vedeva l’imbarazzo negli occhi dei suoi genitori, la vergogna per quel figlio maledetto dagli dei.
Nemmeno gli schiavi, per quanto si sforzassero, riuscivano a nascondere del tutto il loro disgusto nel guardarlo. Tra tutti, solo Perhturm sembrava non vedere la sua deformità.
Lo schiavo finì il suo racconto, poi lo intrattenne con altri, e poi con canti, fino all’ora in cui il padre di Tito tornava a casa. Come ogni volta, Perhturm tese una mano nel passargli accanto e Tito gli posò nel palmo una delle monete che avrebbe dovuto usare per divertirsi coi suoi coetanei. Si chiese cosa se ne facesse di preciso.
Lidia guardò incredula il sacchetto di monete che Perhturm aveva lasciato cadere sul tavolo.
“Cosa…?”
“Il mio riscatto. Come previsto dalla legge. Ora sono un uomo libero.”
“Non puoi! Mio figlio…”
“Vostro figlio troverà senza dubbio un altro schiavo che lo intrattenga. O una schiava, ora che sta entrando nell’età adulta…”
“No! Non sarà mai la stessa cosa, e lo sai! Tu sei l’unico che lo faceva sentire normale!”
“Mi dispiace. Ma non è un problema mio.”
“Rimani presso di noi! Come uomo libero, pagato…”
Ma Perhturm scosse la testa.
“Ho vissuto per anni come schiavo in questa casa. Ho subito umiliazioni, rischiato ogni giorno la vita da quando mi avete chiesto di nascondere a vostro marito le bugie di vostro figlio. Ora voglio solo tornare alla mia terra.”
“Aspetta!” lo implorò Lidia, ma Perhturm era già uscito.
Lidia rimase per diversi minuti a fissare il vuoto. Pensò a suo figlio, ora più solo che mai, e una lacrima le scese lungo il viso.
“Certo. In un tempo lontano, nelle terre dell’estremo Nord…”
“No. Non così. Con la musica. E con le danze.”
“Non potrei fare le danze. Solo i sacerdoti…”
“Non importa. Non sei più nella tua terra. Qui fai quello ti dico io. Per gli ospiti di mio padre hai danzato.”
Tito si sforzò di dare alla voce un’inflessione autoritaria. In un’altra situazione, avrebbe fatto frustare Perhturm per l’insolenza con cui gli aveva risposto, ma aveva paura che suo padre se ne accorgesse e facesse domande.
“Vostro padre è il mio padrone. E vorrebbe che voi usciste, e vi divertiste insieme a ragazzi della vostra età e del vostro rango. Se sapesse che in verità rimanete chiuso in una stanza dimenticata a farvi intrattenere da uno schiavo…”
“Non azzardarti a minacciarmi! Racconta la storia. Senza danze, non importa.”
Tito ci aveva provato, a frequentare ragazzi della sua età. Ma non faceva per lui. Nei loro giochi doveva sempre interpretare la parte del mostro o del cattivo. E poi, tutti lo guardavano con ribrezzo, un po’ come facevano gli ospiti di suo padre quando era costretto a partecipare alle loro cene. Ribrezzo per la pelle squamosa con cui era nato, per il suo affanno nel respirare. Ogni volta, durante quelle cene, lui vedeva l’imbarazzo negli occhi dei suoi genitori, la vergogna per quel figlio maledetto dagli dei.
Nemmeno gli schiavi, per quanto si sforzassero, riuscivano a nascondere del tutto il loro disgusto nel guardarlo. Tra tutti, solo Perhturm sembrava non vedere la sua deformità.
Lo schiavo finì il suo racconto, poi lo intrattenne con altri, e poi con canti, fino all’ora in cui il padre di Tito tornava a casa. Come ogni volta, Perhturm tese una mano nel passargli accanto e Tito gli posò nel palmo una delle monete che avrebbe dovuto usare per divertirsi coi suoi coetanei. Si chiese cosa se ne facesse di preciso.
Lidia guardò incredula il sacchetto di monete che Perhturm aveva lasciato cadere sul tavolo.
“Cosa…?”
“Il mio riscatto. Come previsto dalla legge. Ora sono un uomo libero.”
“Non puoi! Mio figlio…”
“Vostro figlio troverà senza dubbio un altro schiavo che lo intrattenga. O una schiava, ora che sta entrando nell’età adulta…”
“No! Non sarà mai la stessa cosa, e lo sai! Tu sei l’unico che lo faceva sentire normale!”
“Mi dispiace. Ma non è un problema mio.”
“Rimani presso di noi! Come uomo libero, pagato…”
Ma Perhturm scosse la testa.
“Ho vissuto per anni come schiavo in questa casa. Ho subito umiliazioni, rischiato ogni giorno la vita da quando mi avete chiesto di nascondere a vostro marito le bugie di vostro figlio. Ora voglio solo tornare alla mia terra.”
“Aspetta!” lo implorò Lidia, ma Perhturm era già uscito.
Lidia rimase per diversi minuti a fissare il vuoto. Pensò a suo figlio, ora più solo che mai, e una lacrima le scese lungo il viso.
Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Ciao Viviana, bella storia.
Il racconto mi è piaciuto, sebbene avrebbe avuto bisogno di più spazio per regalare al lettore le giuste emozioni che sei riuscita ad accennare.
Sia chiaro, ritengo il racconto ben fatto, ma con più spazio raggiungerebbe la sua degna dimensione.
L'unico difetto, dal mio punto di vista, è la personalità della madre. Mi sarei aspettato un personaggio più preoccupato per la propria sorte piuttosto che per quella del figlio. Senza schiavo sarebbe toccato a lei stare con il figlio.
Nel complesso è un buon racconto.
Ciao e alla prossima.
Il racconto mi è piaciuto, sebbene avrebbe avuto bisogno di più spazio per regalare al lettore le giuste emozioni che sei riuscita ad accennare.
Sia chiaro, ritengo il racconto ben fatto, ma con più spazio raggiungerebbe la sua degna dimensione.
L'unico difetto, dal mio punto di vista, è la personalità della madre. Mi sarei aspettato un personaggio più preoccupato per la propria sorte piuttosto che per quella del figlio. Senza schiavo sarebbe toccato a lei stare con il figlio.
Nel complesso è un buon racconto.
Ciao e alla prossima.
Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Ciao,
bel racconto in cui, forse, si evidenziano i resti di qualche taglio a cui siamo costretti noi schiavi dei 3000 caratteri.
In primis l'aspetto deforme: credevo l'avresti lasciato "sospeso", invece, inaspettata, salta fuori la pelle squamosa. Che boh, rimane lì. Così come l'affanno nel respirare.
Anche alla fine c'è un nuovo "accenno" (le bugie del figlio) che non trova sviluppi.
Altra piccola nota: lui sostiene all'inizio che il suo padrone sia il padre, ma si affranca poi dalla madre, mi hai un po' confuso. Anche questa remissività della "padrona" tira un po' la corda, sarebbe stato forse più credibile un attacco "ho depositato dai noabili la somma della mia affrancatura": mi è difficile credere che in una società schiavista basti mollare un po' di soldi a un padrone senza "testimoni" o "garanzie" e quello ti lasci andare.
bel racconto in cui, forse, si evidenziano i resti di qualche taglio a cui siamo costretti noi schiavi dei 3000 caratteri.
In primis l'aspetto deforme: credevo l'avresti lasciato "sospeso", invece, inaspettata, salta fuori la pelle squamosa. Che boh, rimane lì. Così come l'affanno nel respirare.
Anche alla fine c'è un nuovo "accenno" (le bugie del figlio) che non trova sviluppi.
Altra piccola nota: lui sostiene all'inizio che il suo padrone sia il padre, ma si affranca poi dalla madre, mi hai un po' confuso. Anche questa remissività della "padrona" tira un po' la corda, sarebbe stato forse più credibile un attacco "ho depositato dai noabili la somma della mia affrancatura": mi è difficile credere che in una società schiavista basti mollare un po' di soldi a un padrone senza "testimoni" o "garanzie" e quello ti lasci andare.
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Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Grazie Ceranu e Vastatio per i commenti
@Vastatio: per quanto riguarda le bugie del figlio, intendevo il fatto che lui racconta al padre di uscire a divertirsi con altri ragazzi (l'idea era un padre molto severo su questo punto, la madre che copriva il figlio e aveva chiesto allo schiavo di fare altrettanto... ma in effetti ero in dubbio se tutto questo fosse passato). Per la deformità, non credo fosse importante scendere nei dettagli, ma mi sembrava anche brutto lasciarla troppo generica... ho optato per dare il minimo indispensabile per visualizzare il protagonista e rimango abbastanza convinta della mia scelta, ma sono opinioni personali.
Su tutto quello che riguarda le 'dimissioni' hai invece pienamente ragione... semplicemente, mi piaceva la scena così e non mi sono resa conto che aveva dentro dei notevoli buchi logici.
@Vastatio: per quanto riguarda le bugie del figlio, intendevo il fatto che lui racconta al padre di uscire a divertirsi con altri ragazzi (l'idea era un padre molto severo su questo punto, la madre che copriva il figlio e aveva chiesto allo schiavo di fare altrettanto... ma in effetti ero in dubbio se tutto questo fosse passato). Per la deformità, non credo fosse importante scendere nei dettagli, ma mi sembrava anche brutto lasciarla troppo generica... ho optato per dare il minimo indispensabile per visualizzare il protagonista e rimango abbastanza convinta della mia scelta, ma sono opinioni personali.
Su tutto quello che riguarda le 'dimissioni' hai invece pienamente ragione... semplicemente, mi piaceva la scena così e non mi sono resa conto che aveva dentro dei notevoli buchi logici.
Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Il racconto è ben scritto e anche discretamente orchestrato, ma mi sembra manchi qualcosa. Accenni alla deformità del ragazzo, alla sua pelle squamosa... Ma tutto finisce lì. E poi, sembra che siamo in epoca romana, ma il soldino per divertirsi con gli amici, gli scherni dei bambini, mi sembra tutto troppo "moderno" e poco "antico". E ancora, lo schiavo si paga la libertà e d'improvviso la padrona non ha più potere su di lui e ci può stare in una società in cui le rigide regole vietano di toccare uno schiavo che si sia pagato, appunto, la vita libera, ma in assenza di contesto non riesce a convincermi, in quanto lettore. Insomma, il tema c'è, ma non ho trovato semina sufficiente per entrare nel mondo del racconto e pertanto mi sembra mancare di una motivazione forte di fondo che lo caratterizzi. Credo tu debba allargarlo e dargli polpa: non è sbagliato, ma solo monco, allo stato attuale.
- alberto.dellarossa
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Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Brava. Davvero un ottimo racconto, ben scritto e con una storia interessante. Dimmi, pensavi per caso all'ittiosi lamellare, per caso? Comunque bella l'ambientazione e il dramma familiare, ben caratterizzato Tito e anche lo schiavo, in poche parole sei riuscita a ricostruire una situazione drammatica. Il tema c'è, senza alcun dubbio. Brava!
Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Bella idea quello dello schiavo che racconta storie come nell'antica Roma.
La storia si sviluppa bene, lineare e con un ribaltamento non proprio inaspettato ma ben organizzato.
Restano alcuni punti non chiari, come ha già fatto notare Vastatio, sulla deformità del ragazzo e sull'affrancatura.
Anche la personalità brutale del ragazzo a cui accenni parlando della frusta non viene poi portata aventi, quando l'ho letta mi aspettavo una scena di violenza nel momento in cui lo schiavo si allontana.
Se il 'buco' dell'affrancatura posso capirlo per questioni di spazio gli altri sono un peccato perché lasciano una aspettativa con corrisposta.
La storia si sviluppa bene, lineare e con un ribaltamento non proprio inaspettato ma ben organizzato.
Restano alcuni punti non chiari, come ha già fatto notare Vastatio, sulla deformità del ragazzo e sull'affrancatura.
Anche la personalità brutale del ragazzo a cui accenni parlando della frusta non viene poi portata aventi, quando l'ho letta mi aspettavo una scena di violenza nel momento in cui lo schiavo si allontana.
Se il 'buco' dell'affrancatura posso capirlo per questioni di spazio gli altri sono un peccato perché lasciano una aspettativa con corrisposta.
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Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Ciao Viviana
Inizialmente credevo che il tutto fosse ambientato in epoca romana ma poi qualche particolare mi ha deviato su un mondo parallelo. Molte cose non mi sarebbero tornate in un normale contesto ma avendo dirottato..beh, tuo il mondo tue le regole.
Quello che ho percepito poco è il dramma nella storia, cioè il tutto non mi ha colpito particolarmente ma è questione di percezione personale che non inficia la bontà del racconto.
Inizialmente credevo che il tutto fosse ambientato in epoca romana ma poi qualche particolare mi ha deviato su un mondo parallelo. Molte cose non mi sarebbero tornate in un normale contesto ma avendo dirottato..beh, tuo il mondo tue le regole.
Quello che ho percepito poco è il dramma nella storia, cioè il tutto non mi ha colpito particolarmente ma è questione di percezione personale che non inficia la bontà del racconto.
- giuseppe.gangemi
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Re: Una moneta - di Viviana Tenga
Ciao Viviana,
trovo il tuo racconto molto leggibile dall’inizio alla fine. Lo trovo scritto in modo molto chiaro e semplice. Forse manca qualche termine in latino (uno o due) per caratterizzare meglio l’ambientazione del tuo racconto. Però già così va molto bene, non vorrei invitarti a danneggiare il racconto.
Molto ben caratterizzati i personaggi dello schiavo e del padrone. Così così la madre. Solo sullo sfondo il padre.
Tito con quel tocco leggermente freak da un tono molto più cupo e interessante al tuo racconto, senza quel tocco sarebbe stata una lezione, più che un racconto, sull’istituto della schiavitù in epoca romana.
Forse io avrei scelto come precettore di Tito uno schiavo greco e non del nord Europa. Se ben ricordo per quel ruolo i romani usavano schiavi greci.
Lo schiavo e il divertimento sono presenti.
Buona prova.
trovo il tuo racconto molto leggibile dall’inizio alla fine. Lo trovo scritto in modo molto chiaro e semplice. Forse manca qualche termine in latino (uno o due) per caratterizzare meglio l’ambientazione del tuo racconto. Però già così va molto bene, non vorrei invitarti a danneggiare il racconto.
Molto ben caratterizzati i personaggi dello schiavo e del padrone. Così così la madre. Solo sullo sfondo il padre.
Tito con quel tocco leggermente freak da un tono molto più cupo e interessante al tuo racconto, senza quel tocco sarebbe stata una lezione, più che un racconto, sull’istituto della schiavitù in epoca romana.
Forse io avrei scelto come precettore di Tito uno schiavo greco e non del nord Europa. Se ben ricordo per quel ruolo i romani usavano schiavi greci.
Lo schiavo e il divertimento sono presenti.
Buona prova.
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