Attesa
- Laura Cazzari
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Attesa
Il grosso pendolo del salotto batte nove rintocchi. Il suono deciso si riverbera nella casa fino a raggiungere la soffitta.
Il sole è tramontato da poco e l’oscurità sta raggiungendo ogni angolo della dimora.
Nessun altro suono si ode nell’aria, anche se la soffitta è stipata di persone.
Una decina di uomini e donne rimangono fermi, come statue. Sono le ombre di quelli che erano nella vita precedente.
Una vita dura, ma giusta.
Adesso i loro occhi sono spenti. Orbite vuote che rispecchiano un animo arido, strappato via dal loro petto, dopo tutto il male al quale hanno assistito.
La loro vita è scandita solo dai suoni sommessi che arrivano dal piano di sotto, dai rari pasti che vengono portati loro a intervalli irregolari e dalle poche ore di sonno, interrotte da incubi tremendamente reali.
Non parlano, per paura o perché non c’è più nulla da dire.
Le parole non trovano una via d’uscita.
A cosa servirebbe?
L’orrore non sparirebbe.
La paura aumenterebbe.
Non c’è niente che vogliano condividere, nulla che vogliano comunicare.
Forse sono già morti e ancora non lo sanno.
O forse lo sanno.
La loro esistenza è ridotta al minimo, ai soli bisogni corporali: mangiare, bere e dormire. Attendono che qualcun altro decida il loro futuro. Morte o vita? Se di vita si può parlare dopo tutto questo.
Un rumore forte e imprevisto arriva dal piano di sotto.
Dieci teste scheletriche si voltano verso l’ingresso.
Non si muovono aspettano.
Tanto dove potrebbero scappare?
Quella soffitta era l’ultimo porto sicuro. E quello al piano di sotto era l’ultimo uomo in tutta la regione disposto a rischiare la propria vita per la loro.
Uno sparo rimbomba nell’aria.
Un corpo cade a terra.
Un urlo.
Un altro sparo e un altro tonfo.
Dei passi pesanti stanno salendo le scale.
I dieci corpi si alzano e guardano la porta.
Non c’è terrore, non ci sono lacrime né urla. Solo sguardi vuoti e una silenziosa rassegnazione per una fine che tutti sapevano essere imminente.
La porta viene divelta dai cardini.
La svastica sullo sfondo rosso è in netto contrasto con la stella a sei punte ricamata sui loro abiti.
I soldati non battono ciglio e aprono il fuoco.
Il pendolo batte l’una di notte.
La vita e la speranza hanno abbandonato la soffitta.
Le stelle di David coperte di sangue adesso assomigliano molto di più a quella croce uncinata.
Il sole è tramontato da poco e l’oscurità sta raggiungendo ogni angolo della dimora.
Nessun altro suono si ode nell’aria, anche se la soffitta è stipata di persone.
Una decina di uomini e donne rimangono fermi, come statue. Sono le ombre di quelli che erano nella vita precedente.
Una vita dura, ma giusta.
Adesso i loro occhi sono spenti. Orbite vuote che rispecchiano un animo arido, strappato via dal loro petto, dopo tutto il male al quale hanno assistito.
La loro vita è scandita solo dai suoni sommessi che arrivano dal piano di sotto, dai rari pasti che vengono portati loro a intervalli irregolari e dalle poche ore di sonno, interrotte da incubi tremendamente reali.
Non parlano, per paura o perché non c’è più nulla da dire.
Le parole non trovano una via d’uscita.
A cosa servirebbe?
L’orrore non sparirebbe.
La paura aumenterebbe.
Non c’è niente che vogliano condividere, nulla che vogliano comunicare.
Forse sono già morti e ancora non lo sanno.
O forse lo sanno.
La loro esistenza è ridotta al minimo, ai soli bisogni corporali: mangiare, bere e dormire. Attendono che qualcun altro decida il loro futuro. Morte o vita? Se di vita si può parlare dopo tutto questo.
Un rumore forte e imprevisto arriva dal piano di sotto.
Dieci teste scheletriche si voltano verso l’ingresso.
Non si muovono aspettano.
Tanto dove potrebbero scappare?
Quella soffitta era l’ultimo porto sicuro. E quello al piano di sotto era l’ultimo uomo in tutta la regione disposto a rischiare la propria vita per la loro.
Uno sparo rimbomba nell’aria.
Un corpo cade a terra.
Un urlo.
Un altro sparo e un altro tonfo.
Dei passi pesanti stanno salendo le scale.
I dieci corpi si alzano e guardano la porta.
Non c’è terrore, non ci sono lacrime né urla. Solo sguardi vuoti e una silenziosa rassegnazione per una fine che tutti sapevano essere imminente.
La porta viene divelta dai cardini.
La svastica sullo sfondo rosso è in netto contrasto con la stella a sei punte ricamata sui loro abiti.
I soldati non battono ciglio e aprono il fuoco.
Il pendolo batte l’una di notte.
La vita e la speranza hanno abbandonato la soffitta.
Le stelle di David coperte di sangue adesso assomigliano molto di più a quella croce uncinata.
Ultima modifica di Laura Cazzari il lunedì 18 novembre 2019, 22:22, modificato 1 volta in totale.
Laura Cazzari
Re: Attesa
Ciao Laura! Prima a consegnare! Tutto ok con caratteri e tempo, buona Tribuiani Edition!
Re: Attesa
Dieci ebrei si rifugiano in una soffitta grazie al coraggio di un uomo che accetta di nasconderli, nella speranza di farli scampare allo sterminio nazista. Ma all’una di notte le SS arrivano, sparano al padrone di casa e salgono in soffitta, dove anche gli ebrei nascosti vengono uccisi. Devo dire che in questo breve racconto forse manca un ritmo. Benissimo la lunga, lenta serata silenziosa e vuota degli ospiti della soffitta, in cui nulla accade se non l’attesa che scenda la notte e che passi senza pericolo. Anzi, forse avrei scandito ancora meglio il tempo, ogni rintocco dalle 9 di sera in poi, avrei allungato in qualche modo ancora di più la serata. Il finale, però, a mio parere dovrebbe essere più rapido e concitato. È vero che i rifugiati sono ormai annichiliti dalla clausura e dalla mancanza di controllo sulla propria vita, ma credo che, malgrado tutto, ci dovrebbe essere un qualche scatto “animale”, istintivo di terrore di fronte a quella sorte da cui speravano di scampare.
Ti segnalo un’altra perplessità, non so se giustificata: le stelle di David erano cucite obbligatoriamente sui vestiti che gli ebrei dovevano indossare quando uscivano in pubblico. Erano certamente un segno odioso e mi pare poco credibile che i rifugiati se lo siano tenuti addosso al chiuso, nel nascondiglio relativamente sicuro.
Grazie per la lettura!
Ti segnalo un’altra perplessità, non so se giustificata: le stelle di David erano cucite obbligatoriamente sui vestiti che gli ebrei dovevano indossare quando uscivano in pubblico. Erano certamente un segno odioso e mi pare poco credibile che i rifugiati se lo siano tenuti addosso al chiuso, nel nascondiglio relativamente sicuro.
Grazie per la lettura!
- Luca Nesler
- Messaggi: 728
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Re: Attesa
[premessa: per il rispetto di tutti e, sapendo che ognuno preferisce le critiche ai complimenti, ho deciso di commentare senza leggere gli altri commenti e di accantonare qualunque filtro cortese. Ti prego di non confondere questo atteggiamento con mancanza di stima e di ricordare che giudico il racconto e non l'autore/autrice.]
Ciao Laura.
Parliamo di trama. Ci mostri uomini e donne fermi e spenti in una soffitta. Accenni alla vita precedente dura ma giusta (in che senso "giusta"?) e dici che hanno le orbite vuote. Fin qui pensavo a fantasmi. Poi però "la vita è scandita", quindi ero un po' confuso.
Tutta la parte successiva è molto narrata. Consumano pasti irregolari, non parlano per paura o perché non hanno da dire, sei un po' vaga. Questa parte ottiene l'effetto che sembra non saperlo neanche il narratore creando molto distacco in una situazione che, invece, dovrebbe risultare struggente e dolorosa.
Tutti i "forse" successivi non hanno l'effetto di mostrare quanto indefinibile sia la loro condizione interiore, quanto quello che il narratore onnisciente che ce li descrive sia, in realtà, all'oscuro della realtà. E se è all'oscuro è perché non sono cose importanti. Capisci che intendo? Genera distacco dalla situazione. Forse questa è colpa del fatto che hai scelto un narratore onnisciente. Forse con una voce diversa avrebbe funzionato.
Mi è piaciuta la rivelazione che fossero ebrei nascosti e che spiega quanto detto fin lì. Solo che è narrato da troppo distante e non mi ha emozionato. Non ho sentito rassegnazione e vuoto. Con un narratore diverso e qualche scena mostrata probabilmente avrebbe funzionato meglio.
Ti segnalo:
- "Un rumore forte e imprevisto arriva dal piano di sotto" penso che la maggior parte dei rumori siano imprevisti.
- "Non si muovono aspettano" ti è sfuggita una virgola
- "Quella soffitta era l'ultimo porto sicuro" luogo comune evitabile. Anche "posto sicuro" avrebbe funzionato.
- "Un corpo cade a terra" fin qui hai descritto i rumori per rimanere in soffitta (anche se il narratore è onniscente) e poi arriva questo stimolo visivo.
Dal lato tecnico ti sottopongo una mia riflessione sull'uso di certe parole (lo faccio sempre). Quando dici "Il sole è tramontato da poco e l’oscurità sta raggiungendo ogni angolo della dimora.
Nessun altro suono si ode nell’aria" Queste parole risuonano nel mio cervello con un cartello luminoso al neon che dice "LAURA A SCELTO QUESTE PAROLE PER OTTENERE UN EFFETTO" e sto pensando a te invece che al racconto. Questo perché per intendere le stesse cose ci sono parole di uso comune che hai volutamente evitato. Non è come "stipato" che magari non si usa nel linguaggio parlato, ma è una parola specifica che intende bene ciò che significa e che sarebbe più difficilmente sostituibile. Ma dimora al posto di casa, abitazione, edificio e ode al posto di "sente" hanno quell'effetto. Te ne sei mai accorta? Che ne pensi? (forse esagero)
Ciao Laura.
Parliamo di trama. Ci mostri uomini e donne fermi e spenti in una soffitta. Accenni alla vita precedente dura ma giusta (in che senso "giusta"?) e dici che hanno le orbite vuote. Fin qui pensavo a fantasmi. Poi però "la vita è scandita", quindi ero un po' confuso.
Tutta la parte successiva è molto narrata. Consumano pasti irregolari, non parlano per paura o perché non hanno da dire, sei un po' vaga. Questa parte ottiene l'effetto che sembra non saperlo neanche il narratore creando molto distacco in una situazione che, invece, dovrebbe risultare struggente e dolorosa.
Tutti i "forse" successivi non hanno l'effetto di mostrare quanto indefinibile sia la loro condizione interiore, quanto quello che il narratore onnisciente che ce li descrive sia, in realtà, all'oscuro della realtà. E se è all'oscuro è perché non sono cose importanti. Capisci che intendo? Genera distacco dalla situazione. Forse questa è colpa del fatto che hai scelto un narratore onnisciente. Forse con una voce diversa avrebbe funzionato.
Mi è piaciuta la rivelazione che fossero ebrei nascosti e che spiega quanto detto fin lì. Solo che è narrato da troppo distante e non mi ha emozionato. Non ho sentito rassegnazione e vuoto. Con un narratore diverso e qualche scena mostrata probabilmente avrebbe funzionato meglio.
Ti segnalo:
- "Un rumore forte e imprevisto arriva dal piano di sotto" penso che la maggior parte dei rumori siano imprevisti.
- "Non si muovono aspettano" ti è sfuggita una virgola
- "Quella soffitta era l'ultimo porto sicuro" luogo comune evitabile. Anche "posto sicuro" avrebbe funzionato.
- "Un corpo cade a terra" fin qui hai descritto i rumori per rimanere in soffitta (anche se il narratore è onniscente) e poi arriva questo stimolo visivo.
Dal lato tecnico ti sottopongo una mia riflessione sull'uso di certe parole (lo faccio sempre). Quando dici "Il sole è tramontato da poco e l’oscurità sta raggiungendo ogni angolo della dimora.
Nessun altro suono si ode nell’aria" Queste parole risuonano nel mio cervello con un cartello luminoso al neon che dice "LAURA A SCELTO QUESTE PAROLE PER OTTENERE UN EFFETTO" e sto pensando a te invece che al racconto. Questo perché per intendere le stesse cose ci sono parole di uso comune che hai volutamente evitato. Non è come "stipato" che magari non si usa nel linguaggio parlato, ma è una parola specifica che intende bene ciò che significa e che sarebbe più difficilmente sostituibile. Ma dimora al posto di casa, abitazione, edificio e ode al posto di "sente" hanno quell'effetto. Te ne sei mai accorta? Che ne pensi? (forse esagero)
- Laura Cazzari
- Messaggi: 266
Re: Attesa
Luca Nesler ha scritto:[premessa: per il rispetto di tutti e, sapendo che ognuno preferisce le critiche ai complimenti, ho deciso di commentare senza leggere gli altri commenti e di accantonare qualunque filtro cortese. Ti prego di non confondere questo atteggiamento con mancanza di stima e di ricordare che giudico il racconto e non l'autore/autrice.]
Ciao Laura.
Parliamo di trama. Ci mostri uomini e donne fermi e spenti in una soffitta. Accenni alla vita precedente dura ma giusta (in che senso "giusta"?) e dici che hanno le orbite vuote. Fin qui pensavo a fantasmi. Poi però "la vita è scandita", quindi ero un po' confuso.
Tutta la parte successiva è molto narrata. Consumano pasti irregolari, non parlano per paura o perché non hanno da dire, sei un po' vaga. Questa parte ottiene l'effetto che sembra non saperlo neanche il narratore creando molto distacco in una situazione che, invece, dovrebbe risultare struggente e dolorosa.
Tutti i "forse" successivi non hanno l'effetto di mostrare quanto indefinibile sia la loro condizione interiore, quanto quello che il narratore onnisciente che ce li descrive sia, in realtà, all'oscuro della realtà. E se è all'oscuro è perché non sono cose importanti. Capisci che intendo? Genera distacco dalla situazione. Forse questa è colpa del fatto che hai scelto un narratore onnisciente. Forse con una voce diversa avrebbe funzionato.
Mi è piaciuta la rivelazione che fossero ebrei nascosti e che spiega quanto detto fin lì. Solo che è narrato da troppo distante e non mi ha emozionato. Non ho sentito rassegnazione e vuoto. Con un narratore diverso e qualche scena mostrata probabilmente avrebbe funzionato meglio.
Ti segnalo:
- "Un rumore forte e imprevisto arriva dal piano di sotto" penso che la maggior parte dei rumori siano imprevisti.
- "Non si muovono aspettano" ti è sfuggita una virgola
- "Quella soffitta era l'ultimo porto sicuro" luogo comune evitabile. Anche "posto sicuro" avrebbe funzionato.
- "Un corpo cade a terra" fin qui hai descritto i rumori per rimanere in soffitta (anche se il narratore è onniscente) e poi arriva questo stimolo visivo.
Dal lato tecnico ti sottopongo una mia riflessione sull'uso di certe parole (lo faccio sempre). Quando dici "Il sole è tramontato da poco e l’oscurità sta raggiungendo ogni angolo della dimora.
Nessun altro suono si ode nell’aria" Queste parole risuonano nel mio cervello con un cartello luminoso al neon che dice "LAURA A SCELTO QUESTE PAROLE PER OTTENERE UN EFFETTO" e sto pensando a te invece che al racconto. Questo perché per intendere le stesse cose ci sono parole di uso comune che hai volutamente evitato. Non è come "stipato" che magari non si usa nel linguaggio parlato, ma è una parola specifica che intende bene ciò che significa e che sarebbe più difficilmente sostituibile. Ma dimora al posto di casa, abitazione, edificio e ode al posto di "sente" hanno quell'effetto. Te ne sei mai accorta? Che ne pensi? (forse esagero)
Ciao Luca, innanzitutto ti ringrazio per l'analisi dettagliata e per il tempo che hai dedicato al mio racconto.
Allora cerco di risponderti per punti.
Per quanto riguarda la parola "dimora" lo usata perchè casa l'avevo usata la riga sopra e sarebbe suonata come ripetizione. Dimora era il termine più simile che mi è venuto in mente. Ode, invece è un termine che mi piace usare :).
Un corpo cade a terra è sempre solo un effetto sonoro e non visivo. Credo, magari sbagliando, che sia una suono riconoscibile dopo uno sparo.
Per il rumore imprevisto, non sono d'accordo. Credo che ci siano rumori previsti (il suono del pendolo, passi tranquilli) e rumori che in una casa non potresti aspettarti.
Il tipo di narrazione "distante" è stata una scelta. Il mio intento era quello di descrivere una scena dove ci sono persone che sembrano allo stesso tempo vive e morte. Senza giudizi, senza lasciar trapelare niente. Forse potevo gestirla diversamente.
Grazie :)
Laura Cazzari
- Wladimiro Borchi
- Messaggi: 258
Re: Attesa
Ciao Laura,
secondo me una buona prova.
È vero, alcune parti sono un po' raccontate, ma penso che non fosse possibile fare altrimenti.
Le immagini utilizzate sono molto suggestive ed efficaci: in particolare quella del sangue sulla stella di David che la trasforma in a una svastica (io che sono maestro di seghe mentali ci ho ravvisato una critica simbolica all'odierno sionismo).
L'effetto arriva forte anche senza un vero e proprio twist e la morte, arriva ad avere il sapore della liberazione da una non vita.
Segnalo alcune imperfezioni che, a mio gusto, potresti sistemare.
1) "rari pasti che vengono portati loro a intervalli" - Toglierei "loro" lo usi già all'inizio della frase e suona un po' a ripetizione involontaria. Secondo me è implicito che i pasti che portano siano per loro.
2) "incubi tremendamente reali" - Odio gli avverbi in ente. Secondo me otterresti un effetto migliore con "incubi tremendi e reali".
3) "Forse sono già morti e ancora non lo sanno. O forse lo sanno." - Per evitare il sanno/sanno (che immagino sia voluto, ma che mi suona un po' fastidioso) andrei con un semplice "O forse sì."
Leggerti è stato un piacere.
A presto
Wladimiro
secondo me una buona prova.
È vero, alcune parti sono un po' raccontate, ma penso che non fosse possibile fare altrimenti.
Le immagini utilizzate sono molto suggestive ed efficaci: in particolare quella del sangue sulla stella di David che la trasforma in a una svastica (io che sono maestro di seghe mentali ci ho ravvisato una critica simbolica all'odierno sionismo).
L'effetto arriva forte anche senza un vero e proprio twist e la morte, arriva ad avere il sapore della liberazione da una non vita.
Segnalo alcune imperfezioni che, a mio gusto, potresti sistemare.
1) "rari pasti che vengono portati loro a intervalli" - Toglierei "loro" lo usi già all'inizio della frase e suona un po' a ripetizione involontaria. Secondo me è implicito che i pasti che portano siano per loro.
2) "incubi tremendamente reali" - Odio gli avverbi in ente. Secondo me otterresti un effetto migliore con "incubi tremendi e reali".
3) "Forse sono già morti e ancora non lo sanno. O forse lo sanno." - Per evitare il sanno/sanno (che immagino sia voluto, ma che mi suona un po' fastidioso) andrei con un semplice "O forse sì."
Leggerti è stato un piacere.
A presto
Wladimiro
IMBUTO!!!
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- Messaggi: 2993
Re: Attesa
Tema centrato. La storia tragica dei dieci ebrei nascosti si vede nei dettagli che mostri fin dall’inizio: le loro vite vuote, senza sogni, ridotte alla mera sopravvivenza del corpo. Certo, l’uomo al piano di sotto ha fatto ciò che ha potuto per loro, ma non ha dato alcuna speranza. E la loro morte vivente si trasforma in morte vera e propria all’arrivo dei nazisti che li scoprono uccidendoli subito. La simbologia finale: stella di David gialla arrossata dal sangue e quindi simile al colore della svastica, è un presagio di vendetta (anche il Reich cadrà nel sangue). La scrittura e la resa claustrofobica della soffitta fattasi limbo sono davvero ottime.
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- Messaggi: 38
Re: Attesa
Buongiorno Laura.
trovo una certa discrepanza a livello di registro linguistico, tra la prima parte del racconto e la seconda. All'inizio credevo si trattasse di cadaveri, il soggetto si è rivelato poco a poco, e va bene così. Non sono amante di alcune parole che hai usato che mi allontanano dal testo, ad esempio: si riverbera, si ode, dimora. Mi portano in un'epoca precedente a quella del tuo racconto. Anche i troppi "a capo" creano un effetto di allontanamento. Li avrei dosati un po'. La storia è uno squarcio. È buona l'idea, è drammatica la vicenda.
Grazie.
trovo una certa discrepanza a livello di registro linguistico, tra la prima parte del racconto e la seconda. All'inizio credevo si trattasse di cadaveri, il soggetto si è rivelato poco a poco, e va bene così. Non sono amante di alcune parole che hai usato che mi allontanano dal testo, ad esempio: si riverbera, si ode, dimora. Mi portano in un'epoca precedente a quella del tuo racconto. Anche i troppi "a capo" creano un effetto di allontanamento. Li avrei dosati un po'. La storia è uno squarcio. È buona l'idea, è drammatica la vicenda.
Grazie.
- zorrozagni
- Messaggi: 19
Re: Attesa
Ciao, una veloce precisazione visto che sono nuovo e non mi conoscete: quando faccio editing o commento un testo mi concentro sui punti deboli, credo sia questo il servizio più gradito per chi si vuole migliorare. Per questo i miei commenti potranno sembrare forse critici, ma non c’è nessun intento denigratorio, solo analitico.
Commenta:
Questo racconto presenta un tema difficile. Non voglio analizzarlo da un punto di vista della verosimiglianza, sono molti gli aspetti che in quel caso difetterebbero. Ma trattandolo allora da racconto allegorico trovo che il sottotesto sia in fondo poco originale, e la forma un po’ retorica. La fabula procede in modo meccanico, anch’essa quasi con meccanica rassegnazione, e il lettore alla fine non è né sorpreso né davvero scosso, perché le figure tratteggiate appaiono quasi manichini. Forse era l’intenzione dell’autore suggerire emozioni coerenti con quelle interne, ma in questo modo il senso profondo a mio parere si perde. Il tema comunque è centrato, come luogo e tempi.
Commenta:
Questo racconto presenta un tema difficile. Non voglio analizzarlo da un punto di vista della verosimiglianza, sono molti gli aspetti che in quel caso difetterebbero. Ma trattandolo allora da racconto allegorico trovo che il sottotesto sia in fondo poco originale, e la forma un po’ retorica. La fabula procede in modo meccanico, anch’essa quasi con meccanica rassegnazione, e il lettore alla fine non è né sorpreso né davvero scosso, perché le figure tratteggiate appaiono quasi manichini. Forse era l’intenzione dell’autore suggerire emozioni coerenti con quelle interne, ma in questo modo il senso profondo a mio parere si perde. Il tema comunque è centrato, come luogo e tempi.
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- Messaggi: 66
Re: Attesa
Ciao Laura, complimenti, un'idea che sarebbe potuta essere banale ma che ho davvero apprezzato nella tua realizzazione. Tutto nel mood, linguaggio e stile iniziale sembra portati in una direzione poco chiara su cui poi la freddissima realtà della situazione piomba senza alcun preavviso, personalmente sono stato preso in pieno dalla rivelazione di cosa davvero stavo leggendo e non ho potuto che voler riguardare ogni parola con occhi nuovi e una diversa consapevolezza. Uno splendido risultato, che quasi mi sento in colpa però a dover criticare in altri ambiti: ho trovato la scrittura in sé meno all'altezza della sua storia, e per quanto riesca benissimo a trasmettere uno straziante senso di attesa ormai agli sgoccioli, a tratti tende a zoppicare fin troppo e a non scorrere più. Forse una narrazione più "telegrafica" della scena, una descrizione meno commentata della scena avrebbe dato un risultato migliore, e mi rendo conto di quanto si vada nell'ambito delle opinioni strettamente personali in questo ma non volermene, ma appunto intermezzi come "vita dura ma giusta", "a cosa servirebbe? L'Orrore non sparirebbe", "forse sono già morti e ancora non lo sanno" sono per me suonati un di più nell'economia del testo.
Nel complesso splendida prova, tutto quel che ho detto riguardo la scrittura non cambia il fatto che l'impressione e le emozioni che mi sono rimaste dal testo sono reali e non posso assolutamente ignorarle, bravissima.
Nel complesso splendida prova, tutto quel che ho detto riguardo la scrittura non cambia il fatto che l'impressione e le emozioni che mi sono rimaste dal testo sono reali e non posso assolutamente ignorarle, bravissima.
Re: Attesa
Genere: storico drammatico
Hai scelto un tema decisamente difficile e lo apprezzo molto.
Trovo un problema fra l'inizio che parla di creature surreali palesemente fantasmi e poi si scopre essere persone vive ma, apparentemente in fuga o in prigione. Questo mi ha sconcertato parecchio all'inizio.
Trovo il tema mancato in pieno perché l'azione è quasi completamente fuori dalla soffitta, solo il finale avviene effettivamente in soffitta.
Probabilmente l'aver scelto di raccontare tutto quanto e con il punto di vista della terza persona onniscente ti ha impedito di far entrare il lettore nella situazione contingente dei protagonisti, non sono riuscito in alcun modo a provare empatia per la situazione come se stessi leggendo un trafiletto in un libro di scuola.
L'uso dei termini è mirato a ottenere un effetto drammatico e di attesa tensiva che con un minimo del classico show don't tell avrebbero creato un effetto molto melodrammatico.
Bella l'immagine finale della stella di David che trasmuta nella svastica tramite il sacrificio di sangue.
Hai scelto un tema decisamente difficile e lo apprezzo molto.
Trovo un problema fra l'inizio che parla di creature surreali palesemente fantasmi e poi si scopre essere persone vive ma, apparentemente in fuga o in prigione. Questo mi ha sconcertato parecchio all'inizio.
Trovo il tema mancato in pieno perché l'azione è quasi completamente fuori dalla soffitta, solo il finale avviene effettivamente in soffitta.
Probabilmente l'aver scelto di raccontare tutto quanto e con il punto di vista della terza persona onniscente ti ha impedito di far entrare il lettore nella situazione contingente dei protagonisti, non sono riuscito in alcun modo a provare empatia per la situazione come se stessi leggendo un trafiletto in un libro di scuola.
L'uso dei termini è mirato a ottenere un effetto drammatico e di attesa tensiva che con un minimo del classico show don't tell avrebbero creato un effetto molto melodrammatico.
Bella l'immagine finale della stella di David che trasmuta nella svastica tramite il sacrificio di sangue.
Re: Attesa
Giungo alla fine e cerco di tirare le fila. Il racconto è ben scritto e coerente con quello che volevi fare. Questo genera però una situazione di lontananza che il lettore può sentire come distacco e tramuta in scarsa empatia nei confronti della vicenda stessa e questo mi è sembrato evidente anche nei commenti. Personalmente, sono tra quelli che si sono sentiti distanti. In definitiva: strategia da rivalutare ed eventualmente affinare, di sicuro non da bocciare. Tema per me preso perché i protagonisti vivono i fatti esterni dalla soffitta. Per me un pollice tendente verso l'alto, anche se magari non in modo brillante.
- Polly Russell
- Messaggi: 812
Re: Attesa
Bene, e ora che i giochi sono fatti, qualche commento casuale. Racconti che avevo letto già la sera stessa, ma non essendo del gruppo a me dato, non mi ero sentita di postare subito.
Laura Cazzari -Attesa-
Mmm... non ci siamo telefonate prima, vero?
Ciao, ben ritrovata!
Il tema non può che piacermi, per motivi piuttosto ovvi. Però non sono riuscita ad apprezzare la parte iniziale del testo. Mi sembra troppo ampollosa, inutilmente ricercata. Mi aspettavo il corvo di Poe sul busto di Pallade da un momento all’altro. La seconda parte è più scorrevole e ti permette di emozionarti.
Inizialmente pensavo parlassi di fantasmi, veri fantasmi, una cosa alla the Otners, e ti dirò, in quel caso il tono novecentesco che hai dato alla scrittura ci sarebbe stato benissimo.
L’immagine finale della stella colata di rosso è molto evocativa, perfetta per chiudere un lavoro visivo.
Laura Cazzari -Attesa-
Mmm... non ci siamo telefonate prima, vero?
Ciao, ben ritrovata!
Il tema non può che piacermi, per motivi piuttosto ovvi. Però non sono riuscita ad apprezzare la parte iniziale del testo. Mi sembra troppo ampollosa, inutilmente ricercata. Mi aspettavo il corvo di Poe sul busto di Pallade da un momento all’altro. La seconda parte è più scorrevole e ti permette di emozionarti.
Inizialmente pensavo parlassi di fantasmi, veri fantasmi, una cosa alla the Otners, e ti dirò, in quel caso il tono novecentesco che hai dato alla scrittura ci sarebbe stato benissimo.
L’immagine finale della stella colata di rosso è molto evocativa, perfetta per chiudere un lavoro visivo.
Polly
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