Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il due gennaio sveleremo il tema deciso da Maurizio Ferrero. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Andrea Lauro
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Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#1 » sabato 14 marzo 2020, 16:32

I
La ragazza in nero sostava al bivio: la collina di Hedin emergeva davanti a lei come il guscio di una testuggine. Sulla sommità, il bosco era immerso in un velo di bruma invernale.
Si voltò, diretta alla casa in pietra. Un vecchio si affacciò all’uscio: in una mano teneva il coltello, nell’altra mezza mela. Appoggiandosi allo stipite, la fissava con l’unico occhio che gli rimaneva, azzurro ghiaccio.
La ragazza tastò con il guanto una delle vetro-lame infilate nella cinta.
«Sto cercando il Santo» disse nell’idioma del posto.
Quello si tolse dallo stipite e senza perderla di vista si avvicinò a una panca in legno; alzò il coltello e indicò la collina.
«Sei arrivata.» Era una voce stanca eppure giovane, quasi non l’avesse mai usata.
La ragazza stette: «E ogni quanto scende, questo Santo?»
L’unico occhio non si mosse nemmeno quando lui sputò in terra. «Chi lo vuole sapere?»
Dal vecchio non provenivano tracce di incantamento, la magia gli sembrava estranea. Rispose sicura: «Mi chiamano Caterina la Nera.»
«Invero.» disse quello osservandole le vesti. Tagliò una fetta di mela. «E cosa vuole Caterina la Nera dal Santo?»
«Non ti riguarda, vecchio.»
Quello soffocò una risata, si sedette sulla panca in legno. «Il Santo non scende mai da lassù.»
«Intendi da questo lato della collina?»
«Intendo mai.»
«Tu e io lo chiamiamo Santo. Ma sono stata al villaggio a due ore da qua: lì dicono che sia il Diavolo.»
«Invero.» Il vecchio si guardò intorno. «La gente chiama le stesse cose in molti modi.»
Accanto alla casa in pietra c’era un giardino. Caterina vide che nella terra erano infisse sette lapidi: la pietra era grigia e senza incisioni.
«A chi appartengono?» chiese.
Il vecchio alzò le spalle. «A quelli di voi che hanno sfidato il Diavolo, o Santo, o come vi piace chiamarlo. A quelli della tua risma, insomma.»
«Li hai seppelliti tutti tu?»
«Solo l’ultimo: gli altri sono morti da tempo.»
Caterina pensò di aver sentito abbastanza, fece per incamminarsi. Sembrò ripensarci.
«Vecchio. Se è vero che quell’essere è il Diavolo, perché gli abiti così vicino?»
L’occhio azzurro la fissò: «Se è vero che quell’essere è il Diavolo,» rispose, «tu perché ci stai andando?»

II
Caterina la Nera saliva la collina; il cielo era terso nel mattino invernale.
Il prurito non le dava tregua: raggiunse le scapole con la mano guantata, grattò e la veste scura le frusciò addosso. Quella mattina, alla locanda, si era svegliata con la sensazione che fossero sorte altre vescicole: si era denudata e spiata nello specchio sopra il bacile. Aveva osservato disgustata il proprio corpo martoriato dalle piaghe, alcune ormai secche e altre fresche e sanguinanti. Con una certa difficoltà era riuscita a controllare la schiena: ebbe la conferma che nuove bollicine si erano formate proprio dove le aveva sentite. Questo supplizio era l’unico male di cui soffriva, l’unico che le arti magiche non sapevano sanare. Lo chiamavano “morbo della conoscenza”: Caterina aveva avuto le prime avvisaglie al suo quarto anno di Accademia.
La salita s’era fatta più ripida, un tappeto di foglie grigie rendeva scivoloso il terreno e due volte la ragazza dovette appoggiare le mani.
Raggiunse la cima della collina di Hedin e prese fiato: le ombre del bosco avvizzito si perdevano fitte nella bruma.
Notò che gli arbusti in un punto aprivano una sorta di varco: all’imboccatura, seduto su una roccia, il cavaliere templare sembrava aspettarla. L’armatura mandò un rumore di ferro e mischia quando si erse, mano all’elsa, il mantello che fluttuò a due dita dal suolo. Non indossava l’elmo, gli occhi erano color ferro e apparivano stanchi, Caterina si chiese da quanto tempo fosse lì.
«Fermo, viandante: questa è la dimora del Signore della Corruzione.»
La ragazza in nero si fermò: spiò l’aura del cavaliere, sentì sulla pelle il caratteristico brivido che solo gli esseri con facoltà magiche le davano. Avvertì la presenza di incantesimi arcani serrati in una gabbia di disciplina e onore: non c’era dubbio che il templare conoscesse la via. Le vescicole sul corpo iniziarono a pulsare e si tesero, come richiamate.
«Son viandante tutt’altro che inesperto» rispose lei.
«Nessuno è mai abbastanza esperto per il Signore della Corruzione.»
«Credevo si facesse chiamare il Santo» fece divertita, «o Diavolo, a seconda.»
Il templare sembrò non gradire lo scherzo, il ferro negli occhi si indurì. Poi recitò dei versi:

Genuflesso tra i candidi larici
un Santo imbocca il fosco sentiero
che trae dall’umana genìa
l’onta dei terribili mali.
Giungeva dalla Terra dei Salici,
tra le cime frondose il destriero
fermò, su di quella collina
dov’eran gli dèi pagani.


Caterina conosceva bene quei versi, anche se con una metrica leggermente differente. Alzò la mano per interromperlo e continuò, nella propria lingua:

S’un trono di pietra il Santo conosce e
mira saggezza, se stesso corrompe;
caduco il bosco nel tempo avvizzisce,
uomo su uomo s’edifican tombe.
Portaci o Santo sollievo dai mali
mille Templari presiedan l’accesso
consci del fuoco dei tuoi penetrali
ove le foglie cadono adesso
sulla collina di Hedin.


Le era sempre sembrato che il finale fosse troncato apposta per non essere recitato, per evitare che il nome di Hedin venisse ricordato e trasmesso. Era stato un lungo viaggio, durato quasi due anni: era giunta a destinazione.
«Cerco saggezza e conoscenza, templare.»
L’altro sembrava piacevolmente stupito. La ragazza sentì che tentava di scrutarle dentro: non ci sarebbe riuscito.
«È una partita pericolosa, viandante. Non monto la guardia per proteggere il Signore che tutto vede. Sono posto a tutela degli incauti avventurieri che credono troppo nelle loro forze.»
«Cedi il passo, cavaliere. Sono pronta.»
Quello la studiò ancora, annuì grave e liberò la via. «Così sia: prego perché tu abbia successo.»
Caterina si inchinò e avanzò, passando oltre: quando si trovò a un passo dai primi alberi, si fermò come a riflettere.
«Sei in dubbio, viandante?» chiese il cavaliere.
La ragazza si voltò e il suo viso era irriconoscibile. Dove prima erano gli occhi, due cavità nere scavavano nella pelle, la bocca aperta e straziata in una voragine. Levò i palmi, che erano ragnatele di solchi intrisi di pece.
Il templare fece un passo indietro, gli occhi sbarrati in un’espressione di orrore: dalle profondità del volto mostruoso eruttò uno sciame di insetti che si librò e impestò l’aria. Mosconi, calabroni e vespe oscurarono il cielo in un ronzare assordante.
Lui impugnò l’elsa e roteò l’acciaio in un fendente: morse l’aria e perse la guardia. Fu allora che il torrente nero attaccò.
L’armatura diventò un brulicare di vita vorace: saltarono giunzioni, crepe corsero sull’acciaio e la cotta di maglia fu presto esposta. Il cavaliere cadde urlando: cercava di stringere l’elsa, ma le dita si riaprivano come dotate di vita propria e fu costretto ad abbandonare la presa. Lo sciame era penetrato, mordeva e lacerava.
Caterina studiò quel corpo che si disfaceva e sussultava come martellato da dentro; il volto della ragazza era tornato giovane, le tracce dell’essere vacuo erano scomparse. Si avvicinò, impose la mano e in un battito d’ali una vampata rossa s’aprì a cerchio. Fu silenzio.
Attraverso il palmo sentì confluire in lei la vita del templare: era fresca acqua di sorgente che inondava muscoli e fibre. Le vescicole fibrillarono impazienti mentre furono investite da una sensazione di morbido gelo.
L’arsura era placata, Caterina si chiese per quanto ancora. Poco, rifletté: aveva assorbito una conoscenza dogmatica, imposta e accettata come vera. Non v’era traccia di profonda ricerca, di dubbio, di piacere dell’intuizione.
Doveva trovare il Santo al più presto, attingere da lui. Si inoltrò nel bosco avvizzito.

III
Caterina notò che il manto di foglie rinsecchite era cresciuto e le arrivava alle ginocchia. Come se non bastasse, la bruma depositava gocce grosse come chicchi sulle vesti da stregone, così che l’intera natura di quel posto le si stava incollando agli stivali e alle brache.
E v’erano sterpi e carcasse che emergevano ovunque: lo stato d’abbandono era tale che era difficile distinguere il legno dall’osso.
«È questo il suo limite?» si chiese Caterina. «Avvizzire il mondo stesso in cui vive, renderlo così inospitale?» Pensò però che il Santo (o Diavolo che fosse) forse apprezzava questo degrado.
Le foglie rinsecchite ora arrivavano alla cintola: le toccò avanzare aprendosi varchi con le braccia. Era coperta di una patina grigia e polverosa, più volte si ritrovò a sputarne i rimasugli.
Le parve di sentire un fruscìo, si fermò e attese: il fruscìo continuò, a cinque passi da lei il fogliame si mosse in ampie onde, veloce. Caterina si preparò e invocò una protezione basilare; cercò con il piede destro un punto di appoggio sicuro, pronta allo scontro.
Il fogliame si aprì e un volto di fanciulla si sollevò piano sopra di lei.
«Benvenuta sulla collina di Hedin.»
Caterina la osservò ergersi tra gli alberi, vide il lungo torso e le scaglie di serpente.
«Sei un dracontopode» disse.
Dalla sua altezza, la creatura annuì e imitò un inchino. «Naga, melusina: da che esisto, ho molti nomi.»
L’odore della magia era forte e penetrante, la ragazza ebbe un brivido. «Cerco il Santo.»
L’essere rise: «Santo, Diavolo, Signore della Corruzione: anche lui ha molti nomi, da che esiste.»
Si fece più vicino. «Vedo in te l’anelito che ho visto in molti.» Un giro di spire sotto il fogliame. «E in molti hanno fallito. Rispondi,» il viso di fanciulla guizzò e fu a un palmo, «perché vuoi incontrare il mio signore?»
«Voglio sfidarlo e ottenere i suoi poteri sconfinati», rispose.
«Menti. I suoi poteri hanno confine: egli vive qui, al riparo dalla gente. Non è ciò che vuoi.»
«Voglio sfidarlo e conoscere il segreto della vita eterna.»
Quello annuì: «Egli vive in eterno. Pure i mali dell’uomo sono eterni: il mio signore se ne pasce e corrompe la propria anima. Ma tu, Caterina la Nera, vuoi vivere in eterno?»
Quando sentì pronunciare il proprio nome, capì che il dracontopode sapeva già tutto: la stava solo mettendo alla prova.
«Voglio batterlo e placare l’arsura» ammise.
Gli occhi di fanciulla sul corpo di serpente s’aprirono in un moto di diletto.
«Oh, sì. Sento la sete di conoscenza, vedo le stigmate.»
Caterina fece per allontanarsi: sarebbe stato un avversario difficile, sempre che cercasse lo scontro. Quando l’essere esclamò che non intendeva certo sfidarla, seppe pure che leggeva il pensiero.
«La favella è l’arma che preferisco. Cionondimeno» disse la creatura, «ti prego di non considerarmi alla stregua del templare: desisti dall’idea di ripetere lo scherzo. Ti accompagnerò dal mio signore, se lo desideri.»
Ripresero insieme la marcia, diretti nel cuore del bosco.

Il fogliame arrivava ormai al collo di Caterina, l’umidità non le dava tregua.
«Perché questo caos?» chiese. «Cosa sono tutte queste foglie, sterpi e carcasse?»
«Domanda interessante. Ne ho un’altra: non trovi che la conoscenza, parimenti, generi questa sorta di lordura?»
«Direi di no. La conoscenza è strumento di pulizia: è la lama con la quale separi il vero dall’inganno.»
Il dracontopode rise. «Un pensiero delizioso. E ingenuo: la conoscenza genera confusione. Ho infatti l’impressione che più uno s’avvicina alla verità e più il pensiero si fa articolato.»
«Spiegati.»
«Lo farò con un esempio. Il mio signore sacrifica la vita facendosi carico dei mali degli uomini: questo fa di lui un Santo. Al contempo, la corruzione è il suo unico pasto: posso assicurarti che sovente ne trae piacere. Questo non fa di lui un Diavolo?»
«Sono solo parole.»
«Parole, infatti: generate da una maggior consapevolezza. Conoscenza. Altro esempio? Prendiamo te. Chi pensi di essere?»
«Lo sai bene. Sono Caterina la Nera.»
«Invero, direbbe il vecchio dall’unico occhio. Ma tu viaggi fino a qui per uccidere un Santo: quale creatura vorrebbe mai uccidere un Santo, se non un Diavolo?»
La ragazza in nero esitò. «Non sono un Diavolo.»
«Uh-hu. E scommetto che se lo fossi, me lo diresti.»
Caterina non rispose, quello continuò.
«Ma tu mi chiedevi il perché di queste foglie: mi piace pensare che s’ammucchino come strati di conoscenze acquisite. A contatto con il terreno sta la conoscenza prima, grave e marcescente: quella che ti dà l’appoggio ma sovente fa pure scivolare. Sopra viene quella dogmatica, che crea substrato e per quanto uno tenti di rimuoverla, lì rischia di rimanere: chiamala pregiudizio. Infine», disse scartando di lato, in modo che le foglie più alte del manto si levassero in volo, «c’è quella di astrazione. La più leggera e delicata, frutto di studi continui: quella che siam pronti a confutare il giorno stesso in cui la partoriamo.»
L’essere fece una pausa, prima di ricominciare. «Supponiamo che le cose stiano come le ho esposte,» e qui la ragazza provò un altro brivido, perché non voleva sentire il resto, «allora dimmi, Caterina la Nera: quale arsura conti di placare venendo qui?»
La domanda era posta con tanta arguzia che faticava a trarsi di impaccio: l’idea di una conoscenza a strati non le era nuova, ma il pensiero che gli strati stessi contribuissero a generare nuovo caos la spiazzava. Per un attimo ebbe l’intenzione di negare la teoria alla radice; si rese conto però che nel farlo avrebbe “confutato l’idea appena partorita” e dato quindi ragione al dracontopode. Senza contare che una confutazione a priori era un gesto che puzzava terribilmente di dogmatismo.
Sentiva su di sé lo sguardo divertito della creatura. A cosa sarebbe servito uccidere il Santo? Era il caso di desistere e lasciare Hedin?
L’intuizione venne come un lampo.
Tutto era partito ripensando al nome di quella collina, così assonante a quell’altro. Da lì, il ragionamento era corso rapido, svolgendo la matassa.
Bastava cambiare angolazione: perché il dracontopode poneva quella domanda così pericolosa, dopo aver accettato di accompagnarla? Che senso aveva indurla a abbandonare? Capì che la sfida era già in atto senza che se ne fosse accorta: la vera natura dell’avversario era nascosta nei quesiti stessi.
L’essere si era fermato e la stava leggendo, interessato.
«Cominci a capire», le disse.
«Credo di sì. Ma non so rispondere alla domanda.»
Deliziato, girò sulle proprie spire. «Forse sai il perché.»
«Perché non esiste una risposta?»
«Eccellente! O forse perché la domanda non coglie l’essenza del tuo peregrinare.»
«Stai giocando con me.» Le vesciche ricominciavano a farsi sentire.
«Tu mi offendi. Gioco quando ammazzo il tempo con i bifolchi di un villaggio: non ne traggo gran diletto. Con te invece, amica mia, è un’attività del tutto diversa: a volerla definire, potremmo dire piuttosto che cerco di tentarti.»
La conferma di cui aveva bisogno. «Tentarmi? E perché?»
«Perché ho sempre creduto nell’Uomo, da che esisto. L’Uomo mi ha creato: lo conosco meglio di chiunque altro, lo capisco, lo aiuto.»
«Lo aiuti?»
«A oltrepassare i limiti, certo.»
Cercava di ragionare in fretta, facendosi strada nel mare di foglie rotte.
«Cosa intendevi con “vera essenza del mio peregrinare”?» chiese.
«Dovrai sforzarti, piccola mia» rise quello.
Il serpente mostrava la via: lei doveva arrivare al frutto. Uccidere il Santo non l’avrebbe aiutata a placare l’arsura. Un frammento di foglia le finì in bocca, tossì e sputò.
Un’altra epifania.
«M’hai parlato di tre strati di conoscenza. Ne esistono altri?»
Il mostro la abbracciò con un sorriso: era vicina.
«No,» si corresse lei, «perché quegli strati non sono vera conoscenza. È così?»
L’altro annuì. «Ne esiste una sola.»
Caterina levò le mani e gridò: «Tutto questo è nulla!»
Pronunciò le parole dell’abisso, evocò gli elementali del fuoco nero. La fiamma oscura esplose e tolse la luce, si propagò a raggiera sul manto di foglie, salì fino alla cima degli alberi grigi.
Si sentiva euforica: con la distruzione di quel posto avrebbe trasceso la propria natura.
Tutto bruciava, ombre bianche saettavano sui fusti e le profondità del bosco danzavano. Eppure…
«Non si consuma» disse Caterina.
«Non poteva essere tanto semplice: già lo sapevi», le lesse dentro il dracontopode.
La ragazza abbassò le mani e ripiombò il silenzio. Gli alberi ripresero le proprie forme.
«Perché le foglie non si consumano?»
«Cui prodest?»
Caterina annuì: nessuno avrebbe tratto beneficio dalla loro distruzione. Un Santo imbocca il fosco sentiero che trae dall’umana genìa l’onta dei terribili mali. Finalmente capì come arrivare alla vera conoscenza.
«In pochi arrivano qui, vero?» chiese.
«In pochi.»
«In quanti riescono a fare il prossimo passo?»
«Basta con gli indugi, sei pronta» rispose il dracontopode. «Vòltati.»

IV
Caterina si voltò: là dove prima era tutto fogliame, ora c’era un cerchio di terra. Al centro un trono di pietra, sul quale sedeva un vecchio canuto: vestiva panni logori e sembrava assorto.
La ragazza entrò nel cerchio di terra, il dracontopode la seguì.
Il Santo sembrò riscuotersi dai propri pensieri: levò lo sguardo e Caterina sussultò nel vedere due occhi azzurro ghiaccio. Non fosse stato per il numero, la somiglianza era impressionante.
«Ma tu… eri alla base della collina.»
«Noi siamo gli uomini» le rispose il Santo.
Caterina cercò aiuto nel dracontopode: tutto ciò che ottenne fu un sorriso indecifrabile. Tornò alla figura sul trono: a ben vedere esistevano differenze importanti. L’azzurro era caldo, quasi invitante: c’era dolcezza, amore.
«Noi siamo gli uomini» ripetè, «tu rechi la chiave che porta all’Uomo.»
La ragazza in nero annuì: la risposta le era sempre stata davanti. Nei versi che sia lei che il templare avevano recitato. Nel viaggio che l’aveva condotta lì e l’aveva esposta alla debolezza intrinseca della propria preparazione. Nel dracontopode, che conosceva quella debolezza perché credeva nel riscatto dell’Uomo.
E la risposta infine giaceva nel Santo, che si sacrificava per l’Uomo facendosi carico dei suoi limiti. Grazie a un gesto di abnegazione, l’umanità era sgravata dalla coscienza insopportabile delle proprie miserie e paure: era libera di imbrigliare il potere dell’intuizione e della continua ricerca.
«La compassione,» rispose Caterina, «la compassione è la chiave che porta all’Uomo.»
E lei, che ora giungeva a destinazione e che aveva sempre marciato sola, si scopriva figlia prediletta dell’umanità. Motore primo nel disegno di miglioramento dell’Uomo.
«Mio Signore», fece il dracontopode «è tempo che il ciclo si compia.»
Le labbra grinzose abbozzarono un sorriso: «Siamo stanchi,» chinò il capo, «abbracciamo la nuova alba.»
Caterina sfilò una vetro-lama, ma esitò.
«Avanti» le disse la creatura.
«Scelgo di prendere il suo posto. Non è sufficiente?»
«Sai bene che non lo è.»
«Ha già sacrificato se stesso agli uomini. Come può non essere sufficiente? Quanti sacrifici deve ancora subire?»
L’essere sorrise come se avesse sentito quella domanda cento volte.
«Quello non fu un sacrificio, per lui. Quando venne sulla collina di Hedin, secoli fa, era come te: l’arsura gli spaccava la pelle. Scelse di vestire questi panni perché era l’unica strada che l’avrebbe liberato.»
«Ma questo non fu un atto di compassione!»
«Invero» fece il dracontopode, «così come non lo è il tuo. Credi di poter imparare la compassione nel volgere d’un giorno? Ti servirà molto di più.»
«Ma i versi dicono che ci fu un sacrificio.»
«Certo, ma fu un altro. Egli scelse di ottenere la vera conoscenza a patto di non lasciare questo posto. Scelse di arrivare al momento in cui il suo successore gli avrebbe tolto la vita. Capisci? Sacrificò la propria individualità.»
Per alcuni minuti Caterina saggiò la vetro-lama.
Il vecchio neppure si mosse, quando il colpo arrivò.

Epilogo
Alla base della collina stava una casa in pietra.
All’ombra di sette lapidi, una ragazza con un occhio solo scavava una fossa; quand’ebbe finito, vi depose il corpo del vecchio. Gli chiuse l’unica palpebra e iniziò a coprire.
La ragazza con l’occhio solo osservò la collina di Hedin.
Sapeva che là dimorava il Santo, ma non le interessava granché.
A dire il vero, nulla la interessava. Ricordava un tempo in cui cercava qualcosa o qualcuno, ma era passato: questo pensiero la faceva sentire bene.
Era libera: poteva andarsene senza vincoli per il mondo.
Ma non sapeva dove, né perché.
Si sedette sulla panca in legno e attese.
Ultima modifica di Andrea Lauro il sabato 14 marzo 2020, 17:32, modificato 1 volta in totale.



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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#2 » sabato 14 marzo 2020, 16:41

BONUS:
    1. Ambientazione sporca: il manto di foglie, sterpi e carcasse sulla collina di Hedin; l'umidità della bruma contribuisce a sporcare le vesti di Caterina la Nera.
    2. Almeno una scena di violenza esplosiva: lo scontro con il cavaliere templare.
    3. Presenza di una creatura proveniente dai bestiari medievali: il dracontopode.

cristiano.saccoccia
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#3 » lunedì 16 marzo 2020, 3:03

Ciao Andrea,
sono Cristiano, il tuo "giudice" di girone.
Confermo la presenza dei tre bonus, davvero ben contestualizzato il Dracontopode (poi ci torniamo). Avrei soltanto osato un po' di più sull'ambientazione sporca. Ma non importa.
DDDDDDDDaaaaaavvveerroooo interessante questa Caterina da Siena travestita da viandante solitaria che agogna qualcosa di impossibile. Hai metabolizzato con classe e sagacia una figura storica realmente esistita, ne hai conservato i tratti originali (amore per la saggezza, una fame di conoscenza smisurata, gioventù stroncata da un male oscuro e pieno di pustole -nata quasi nello stesso anno della Peste nera 1347-) e l'hai resa davvero forte e intraprendente. La tua prosa scorre molto bene (infatti sono le 3 di notte e non ho accennato ad addormentarmi). La tua creatura fantastica-medievale mi è piaciuta molto, fedele all'immaginario folclorico e usata non come mero orpello "fantasy" ma come medium rivelatore dell'epifania. Insomma ci ho visto l'ars maieutica di Socrate. Complimenti!
Non ho altro da aggiungere oltre che ri-sottolineare i miei apprezzamenti.

Ti saluto cordialmente e ti auguro buona fortuna per la Sfida.
Cristiano Saccoccia

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Mosaico
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#4 » lunedì 16 marzo 2020, 11:08

Ciao Andrea, mi chiamo Marco e questa è la mia prima “Sfida”.
Tema Santi e Diavoli colpito nel centro.
Anche i bonus ci sono tutti e sono funzionali al racconto, quindi non messi lì per raccattare qualche punticino.
Il racconto scorre, nulla da dire.
Anzi: ho conosciuto un mostro nuovo, il dracontopode.
Apprezzata è stata anche la scena di violenza, lo scontro con il cavaliere templare è ben descritto e nulla lascia irrisolto. C’è tutto quello che mi aspettavo.
Bravo.

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#5 » lunedì 16 marzo 2020, 14:20

cristiano.saccoccia ha scritto:Ciao Andrea,
sono Cristiano, il tuo "giudice" di girone.
Confermo la presenza dei tre bonus, davvero ben contestualizzato il Dracontopode (poi ci torniamo). Avrei soltanto osato un po' di più sull'ambientazione sporca. Ma non importa.
DDDDDDDDaaaaaavvveerroooo interessante questa Caterina da Siena travestita da viandante solitaria che agogna qualcosa di impossibile. Hai metabolizzato con classe e sagacia una figura storica realmente esistita, ne hai conservato i tratti originali (amore per la saggezza, una fame di conoscenza smisurata, gioventù stroncata da un male oscuro e pieno di pustole -nata quasi nello stesso anno della Peste nera 1347-) e l'hai resa davvero forte e intraprendente. La tua prosa scorre molto bene (infatti sono le 3 di notte e non ho accennato ad addormentarmi). La tua creatura fantastica-medievale mi è piaciuta molto, fedele all'immaginario folclorico e usata non come mero orpello "fantasy" ma come medium rivelatore dell'epifania. Insomma ci ho visto l'ars maieutica di Socrate. Complimenti!
Non ho altro da aggiungere oltre che ri-sottolineare i miei apprezzamenti.

Ti saluto cordialmente e ti auguro buona fortuna per la Sfida.
Cristiano Saccoccia


grazie infinite Cristiano, mi fa molto piacere che ti sia piaciuto. i miei complimenti per la celerità nella lettura e nella valutazione!

andrea

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#6 » lunedì 16 marzo 2020, 14:24

Mosaico ha scritto:Ciao Andrea, mi chiamo Marco e questa è la mia prima “Sfida”.
Tema Santi e Diavoli colpito nel centro.
Anche i bonus ci sono tutti e sono funzionali al racconto, quindi non messi lì per raccattare qualche punticino.
Il racconto scorre, nulla da dire.
Anzi: ho conosciuto un mostro nuovo, il dracontopode.
Apprezzata è stata anche la scena di violenza, lo scontro con il cavaliere templare è ben descritto e nulla lascia irrisolto. C’è tutto quello che mi aspettavo.
Bravo.

grazie mille Marco, velocissimo anche tu nella valutazione; son contento che ti sia piaciuto il racconto.
allora benvenuto e ti auguro una buona edizione della Sfida!
a presto
andrea

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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#7 » martedì 17 marzo 2020, 19:19

Ciao Andrea, piacere di conoscerti e di leggerti. Ma che bel racconto, complimenti! Ho apprezzato moltissimo la ricerca filosofica, narrativa e linguistica del tuo pezzo: per rendere concreto l’astratto servono talento, sensibilità e un tocco di oscurità visionaria. E fatica. Come quella di Caterina la Nera che scava e si arrovella per capire. O tua, nel predisporre, concatenare e affilare parole argute, stregonerie feroci e speculazioni concettuali. Ti ho letto tutto d’un fiato. Bonus: ambientazione ok, lo sporco del pensiero che si fa luogo fisico, bellissimo. Violenza improvvisa ok, anche se lì per lì non ho capito e ho dovuto riprendere bene tutto il passaggio. Dracontopode mefistofelico ok, con lode. Unica postilla: il linguaggio arcaico funziona, ma in alcuni passaggi si fa un po’ troppo vezzoso. Sono sicuro si possa alleggerire senza snaturarlo con alcuni interventi minimi. Buona fortuna Andrea!

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#8 » martedì 17 marzo 2020, 20:38

battaglia.francesco90 ha scritto:Ciao Andrea, piacere di conoscerti e di leggerti. Ma che bel racconto, complimenti! Ho apprezzato moltissimo la ricerca filosofica, narrativa e linguistica del tuo pezzo: per rendere concreto l’astratto servono talento, sensibilità e un tocco di oscurità visionaria. E fatica. Come quella di Caterina la Nera che scava e si arrovella per capire. O tua, nel predisporre, concatenare e affilare parole argute, stregonerie feroci e speculazioni concettuali. Ti ho letto tutto d’un fiato. Bonus: ambientazione ok, lo sporco del pensiero che si fa luogo fisico, bellissimo. Violenza improvvisa ok, anche se lì per lì non ho capito e ho dovuto riprendere bene tutto il passaggio. Dracontopode mefistofelico ok, con lode. Unica postilla: il linguaggio arcaico funziona, ma in alcuni passaggi si fa un po’ troppo vezzoso. Sono sicuro si possa alleggerire senza snaturarlo con alcuni interventi minimi. Buona fortuna Andrea!

grazie mille Francesco per i complimenti, faccio tesoro del consiglio e cerco di capire dove alleggerire un po’!
buona sfida a te!
andrea

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el_tom
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#9 » giovedì 19 marzo 2020, 5:35

Ciao Andrea e complimenti, veramente un bel racconto.
Bella la storia, lo sviluppo, i dialoghi, gli argomenti, i personaggi, l'ambientazione. È tutto collegato ad arte.
Se proprio devo far una critica direi che non ho capito molto il motivo per cui Caterina uccide il templare.
I bonus ci sono tutti.
C'è poco da dire, un perla.
Molto molto bravo.
Chapeu

A presto :-)
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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roberto.masini
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#10 » giovedì 19 marzo 2020, 16:40

Ciao, Andrea.
Bellissimo racconto. Tema centratissimo. Sotto il velo di una narrazione fantasy un vera e propria riflessione filosofica sul bene e sul male che non a caso ricorda il nome dell'albero dell'Eden che era Albero della conoscenza.La figura della protagonista (Caterina da Siena o no) è ricca di mille sfaccettature, caleidoscopica, direi. Molto apprezzabile l'uso del dracontopode con la sua stimolante funzione di analisi dei punti di vista, delle coincidenze degli opposti, a metà tra un Socrate e un Virgilio dantesco. Mi è sembrata appunto un'anabasi della protagonista verso la conoscenza attraverso Il Bene e il Male, Il Santo e il Diavolo, la dura scalata verso il Saggio della Montagna che risponde alle grandi domande esistenziali oppure no perché le risposte le abbiamo già dentro. Ho riscontrato personalmente un rifermento ai tre stadi della conoscenza di Comte, teologico, metafisico e scientifico. Ma questa è forse un a mia personale deduzione rispetto a un racconto con concezioni essenzialmente medievali!
I bonus ci sono tutti ma vorrei rimarcare l'uso estremamente funzionale della bestia medievale perché molte volte in questi contest i bonus sono solo aggiunti al racconto come un pleonastico francobollo.
Complimenti!

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#11 » venerdì 20 marzo 2020, 8:02

el_tom ha scritto:Ciao Andrea e complimenti, veramente un bel racconto.
Bella la storia, lo sviluppo, i dialoghi, gli argomenti, i personaggi, l'ambientazione. È tutto collegato ad arte.
Se proprio devo far una critica direi che non ho capito molto il motivo per cui Caterina uccide il templare.
I bonus ci sono tutti.
C'è poco da dire, un perla.
Molto molto bravo.
Chapeu


ti ringrazio Tom, mi fa molto piacere. Caterina uccide il templare per placare la propria arsura: riceve sollievo (momentaneo) dalle sofferenze che le danno le vescicole sul corpo.
a presto e grazie ancora!
andrea

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#12 » venerdì 20 marzo 2020, 8:12

roberto.masini ha scritto:Ciao, Andrea.
Bellissimo racconto. Tema centratissimo. Sotto il velo di una narrazione fantasy un vera e propria riflessione filosofica sul bene e sul male che non a caso ricorda il nome dell'albero dell'Eden che era Albero della conoscenza.La figura della protagonista (Caterina da Siena o no) è ricca di mille sfaccettature, caleidoscopica, direi. Molto apprezzabile l'uso del dracontopode con la sua stimolante funzione di analisi dei punti di vista, delle coincidenze degli opposti, a metà tra un Socrate e un Virgilio dantesco. Mi è sembrata appunto un'anabasi della protagonista verso la conoscenza attraverso Il Bene e il Male, Il Santo e il Diavolo, la dura scalata verso il Saggio della Montagna che risponde alle grandi domande esistenziali oppure no perché le risposte le abbiamo già dentro. Ho riscontrato personalmente un rifermento ai tre stadi della conoscenza di Comte, teologico, metafisico e scientifico. Ma questa è forse un a mia personale deduzione rispetto a un racconto con concezioni essenzialmente medievali!
I bonus ci sono tutti ma vorrei rimarcare l'uso estremamente funzionale della bestia medievale perché molte volte in questi contest i bonus sono solo aggiunti al racconto come un pleonastico francobollo.
Complimenti!

grazie anche a te Roberto per il bellissimo e puntuale commento, mi fa piacere in particolare che tu abbia gradito la figura del dracontopode e i vari richiami di letteratura umanistica.
ma addirittura Comte! non ambivo a un richiamo così colto... non consciamente, almeno! andrò a ristudiarmelo, hai visto mai di trarre degli spunti per i prossimi racconti.
grazie e a presto!
andrea

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Gabriele Dolzadelli
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#13 » venerdì 20 marzo 2020, 12:07

Ciao Andrea, piacere di ritrovarti.
Complimenti per il racconto. Hai caratterizzato molto bene i personaggi e hai reso l'ambientazione molto suggestiva. Anche la creazione della poesia, il nome della collina e tutto il contorno, mi è piaciuto molto.
Hai dato anche un vero senso alla trama, toccando argomenti profondi, con fluidità. Forse, a tre quarti di racconto circa, si incespica un po', nel senso che diventa molto difficoltoso seguire il senso dello scambio di battute tra la protagonista e la Naga, ma alla fine conduci comunque a destinazione.
Da amante delle ciclicità, ho apprezzato anche il finale.
I bonus direi che ci sono tutti, quindi non mi resta che rinnovarti i complimenti.

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Puch89
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#14 » mercoledì 25 marzo 2020, 18:18

Ciao Andrea, finalmente sono riuscito a leggere il tuo racconto.
Mi hai lasciato senza parole, devo essere onesto. Posso affermare con sicurezza che questo è il racconto migliore di tutto il contest, senza dubbio. Tutto il testo scorre con grande facilità ma, in maniera inversamente proporzionale, è ricolmo di poesia, filosofia, riflessione. Quando ci si imbatte in contenuti che inducono il lettore a riflettere e sondare se stesso rimango affascinato, sia per il testo sia per la mente dell'autore che hanno partorito tanta complessità. Occorrono grande sensibilità e competenza per scrivere dialoghi del genere, ma soprattutto riuscire a centrare il focus di ciò che intendi esprimere ed elaborare e suddividerlo come un prisma in ogni sua sfumatura, per poterlo riversare e ricomporlo in enigmi e botte e risposta come avviene qui. Sei stato davvero bravo in questo, lasciatelo dire.
Ho apprezzato anche l'utilizzo di un vocabolario fluente e ricco ma mai pesante o ampolloso, hai saputo creare un'atmosfera seducente, che invoglia a continuare a leggere.
La storia di per sé mi è piaciuta molto, la rielaborazione di Caterina da Siena è stata fenomenale. Ma chi ho apprezzato di più è stata la Naga, con questo passaggio che ho trovato davvero affascinante e il suo successivo essere rivoltato in un'ulteriore prospettiva:
► Mostra testo

Ci vuole abilità per scrivere così Andrea e con questo racconto hai dimostrato di averne molta.
I bonus ci sono tutti e colti con sapienza.
Potrei continuare ad elencare numerosi punti che ho apprezzato, ma credo che sia sufficiente, è chiaro che ti metterò al primo posto nella mia classifica, te lo dico subito. Alla prossima lettura!

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#15 » mercoledì 25 marzo 2020, 20:21

Puch89 ha scritto:Ciao Andrea, finalmente sono riuscito a leggere il tuo racconto.
Mi hai lasciato senza parole, devo essere onesto. Posso affermare con sicurezza che questo è il racconto migliore di tutto il contest, senza dubbio. Tutto il testo scorre con grande facilità ma, in maniera inversamente proporzionale, è ricolmo di poesia, filosofia, riflessione. Quando ci si imbatte in contenuti che inducono il lettore a riflettere e sondare se stesso rimango affascinato, sia per il testo sia per la mente dell'autore che hanno partorito tanta complessità. Occorrono grande sensibilità e competenza per scrivere dialoghi del genere, ma soprattutto riuscire a centrare il focus di ciò che intendi esprimere ed elaborare e suddividerlo come un prisma in ogni sua sfumatura, per poterlo riversare e ricomporlo in enigmi e botte e risposta come avviene qui. Sei stato davvero bravo in questo, lasciatelo dire.
Ho apprezzato anche l'utilizzo di un vocabolario fluente e ricco ma mai pesante o ampolloso, hai saputo creare un'atmosfera seducente, che invoglia a continuare a leggere.
La storia di per sé mi è piaciuta molto, la rielaborazione di Caterina da Siena è stata fenomenale. Ma chi ho apprezzato di più è stata la Naga, con questo passaggio che ho trovato davvero affascinante e il suo successivo essere rivoltato in un'ulteriore prospettiva:
► Mostra testo

Ci vuole abilità per scrivere così Andrea e con questo racconto hai dimostrato di averne molta.
I bonus ci sono tutti e colti con sapienza.
Potrei continuare ad elencare numerosi punti che ho apprezzato, ma credo che sia sufficiente, è chiaro che ti metterò al primo posto nella mia classifica, te lo dico subito. Alla prossima lettura!


beh che dire Alessio, è il tuo commento ad avermi lasciato senza parole!
grazie infinite e a rileggerci presto!
andrea

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Polly Russell
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#16 » giovedì 26 marzo 2020, 16:45

Sulla collina di Heidi di Andrea Lauro
Ma Andrea... che meraviglia! Mi è piaciuto tantissimo, ogni frase, ogni pensiero, ogni gesto è perfettamente incastrato nel tutto, rendendo il racconto una sorta di viaggio filosofico tra il bene e il male, tra il desiderio e il dovere, conoscenza e supplizio. Davvero incredibile. Le figure sono contestualizzate alla perfezione, ci permettono di immergerci nel racconto accompagnandoci per gradi a piccoli passi. Le scene sono vivide, forti, e i dialoghi incredibili. Hai creato dei personaggi carismatici e sfaccettati, senza mai sbagliare una battuta o scivolare nello scontato. Davvero un gran lavoro, sembra quasi tu ci abbia pensato e lavorato da mesi. Davvero complimenti.
Ho davvero poco o niente da contestare. Anzi probabilmente niente. Ottimo lavoro.
Polly

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Andrea Lauro
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#17 » giovedì 26 marzo 2020, 19:49

Polly Russell ha scritto:Sulla collina di Heidi di Andrea Lauro
Ma Andrea... che meraviglia! Mi è piaciuto tantissimo, ogni frase, ogni pensiero, ogni gesto è perfettamente incastrato nel tutto, rendendo il racconto una sorta di viaggio filosofico tra il bene e il male, tra il desiderio e il dovere, conoscenza e supplizio. Davvero incredibile. Le figure sono contestualizzate alla perfezione, ci permettono di immergerci nel racconto accompagnandoci per gradi a piccoli passi. Le scene sono vivide, forti, e i dialoghi incredibili. Hai creato dei personaggi carismatici e sfaccettati, senza mai sbagliare una battuta o scivolare nello scontato. Davvero un gran lavoro, sembra quasi tu ci abbia pensato e lavorato da mesi. Davvero complimenti.
Ho davvero poco o niente da contestare. Anzi probabilmente niente. Ottimo lavoro.


Polly! Mi stavo chiedendo dove fossi finita! Non dirmi che c'entra il Covid...
Grazie infinite, davvero, mi hai lasciato un super commento

a presto
andrea
p.s. il tuo sulla collina di "Heidi" m'ha fatto sbellicare

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Polly Russell
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Re: Sulla collina di Hedin, di Andrea Lauro

Messaggio#18 » giovedì 26 marzo 2020, 20:12

E non hai visto l’avvocato invece dell’avvoltoio sul commento a Pretorian! XD
Polly

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