Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Rumore, rumore, ritmo, rumore.
Cuore che batte, senza corpo, senza pausa, senza dolore: solo suono, solo rumore. E il respiro a svegliare il corpo, uno strato alla volta, polmoni che vibrano a fatica, mani che si distendono. Mente che accoglie ricordi, che impasta il fango, che fa emergere il corpo.
Oh si, c’è un corpo! Avvolto di nero, al ritmo del respiro, al ritmo del cuore.
Dove sono? In una bara? Forse chiuso in una vasca a galleggiare, a tenere fuori il mondo, senza sensazioni… Forse perso nel mare. Il cuore si ferma un momento, il tempo di far sgocciolare un ricordo: «Ti sei vantato, ma non è andata così». Mi si intasa il respiro. Ansimando torna dei colpo scuotendo il corpo, ora si sentono anche le gambe. Chi lo ha detto? A me? Sono a malapena un corpo!
«Non eri solo, ammettilo», dice un’altra goccia che si scioglie dentro. Ora ho paura. Non sono solo qui? Eppure sento solo il mio cuore, il mio respiro. Il fischio delle orecchie e il freddo nel corpo. C’è freddo! Sì, il respiro e il freddo, il pennello e il colore, e un braccio che dipinge il mondo muovendosi ad esplorare. Ogni centimetro è un suono, ogni tocco è un rumore. È freddo, è dolore. «Non sei salito da solo su quella montagna, non ne sei capace», un ricordo che si scioglie lasciando acqua, talmente tanta che mi sento affogare, debbo respirare forte per non morire. Sì, ora ricordo tutto: doveva essere una scalata in solitaria e invece mi ero fatto aiutare da due sherpa, che mi hanno portato fin sulla cima, senza farsi vedere nelle foto.
Era stato bello essere visto come qualcuno che non ero davvero. Non ero così, ma avrei potuto esserlo: una luce che guizzava alta, più alta di tutti. Finché non è arrivato il rumore, la voce di mia moglie, furiosa, delusa: «Lo so che non ti sei arrampicato da solo, sei falso, un bugiardo!». Dopo, non c’è stata più luce, non più onore.
Apro gli occhi, ora riconosco dove sono: in una tenda, quasi in vetta, tra i ghiacci, nella zona della morte. Di nuovo.
Qualche respiro lungo, forse può bastare così, rimanere nel nero di dentro e di fuori, posso lasciarmi andare. Ma c’è il freddo, il cuore che pompa, mi rialzo di colpo. Voci nelle orecchie, stanno là, proprio a fianco a me, mentre apro la tenda, mentre guardo la luna e i riflessi sul ghiaccio. Chiudo la giacca a vento, esco fuori. Le voci e il cuore, il silenzio del vento e del respiro. Sono solo. Questa volta sono davvero solo. Guardo in alto, quella vetta che ho già raggiunta con l’inganno, senza toccarla col cuore.
Rumore, respiro, rumore. Ritmo. Salgo.
Penso a ciò che mi rimane, a ciò che non ho ancora fatto. E continuo a salire.
Cuore che batte, senza corpo, senza pausa, senza dolore: solo suono, solo rumore. E il respiro a svegliare il corpo, uno strato alla volta, polmoni che vibrano a fatica, mani che si distendono. Mente che accoglie ricordi, che impasta il fango, che fa emergere il corpo.
Oh si, c’è un corpo! Avvolto di nero, al ritmo del respiro, al ritmo del cuore.
Dove sono? In una bara? Forse chiuso in una vasca a galleggiare, a tenere fuori il mondo, senza sensazioni… Forse perso nel mare. Il cuore si ferma un momento, il tempo di far sgocciolare un ricordo: «Ti sei vantato, ma non è andata così». Mi si intasa il respiro. Ansimando torna dei colpo scuotendo il corpo, ora si sentono anche le gambe. Chi lo ha detto? A me? Sono a malapena un corpo!
«Non eri solo, ammettilo», dice un’altra goccia che si scioglie dentro. Ora ho paura. Non sono solo qui? Eppure sento solo il mio cuore, il mio respiro. Il fischio delle orecchie e il freddo nel corpo. C’è freddo! Sì, il respiro e il freddo, il pennello e il colore, e un braccio che dipinge il mondo muovendosi ad esplorare. Ogni centimetro è un suono, ogni tocco è un rumore. È freddo, è dolore. «Non sei salito da solo su quella montagna, non ne sei capace», un ricordo che si scioglie lasciando acqua, talmente tanta che mi sento affogare, debbo respirare forte per non morire. Sì, ora ricordo tutto: doveva essere una scalata in solitaria e invece mi ero fatto aiutare da due sherpa, che mi hanno portato fin sulla cima, senza farsi vedere nelle foto.
Era stato bello essere visto come qualcuno che non ero davvero. Non ero così, ma avrei potuto esserlo: una luce che guizzava alta, più alta di tutti. Finché non è arrivato il rumore, la voce di mia moglie, furiosa, delusa: «Lo so che non ti sei arrampicato da solo, sei falso, un bugiardo!». Dopo, non c’è stata più luce, non più onore.
Apro gli occhi, ora riconosco dove sono: in una tenda, quasi in vetta, tra i ghiacci, nella zona della morte. Di nuovo.
Qualche respiro lungo, forse può bastare così, rimanere nel nero di dentro e di fuori, posso lasciarmi andare. Ma c’è il freddo, il cuore che pompa, mi rialzo di colpo. Voci nelle orecchie, stanno là, proprio a fianco a me, mentre apro la tenda, mentre guardo la luna e i riflessi sul ghiaccio. Chiudo la giacca a vento, esco fuori. Le voci e il cuore, il silenzio del vento e del respiro. Sono solo. Questa volta sono davvero solo. Guardo in alto, quella vetta che ho già raggiunta con l’inganno, senza toccarla col cuore.
Rumore, respiro, rumore. Ritmo. Salgo.
Penso a ciò che mi rimane, a ciò che non ho ancora fatto. E continuo a salire.
- eleonora.rossetti
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao Stefano, benvenuto! Parametri tutti ok, in bocca al lupo per la Cerbero Edition!
Uccidi scrivendo.
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao Stefano. Topic centrato, con un racconto che ha il sapore della riscossa e della rivalsa. All'inizio non mi era del tutto chiaro quale fosse il tema centrale e almeno fino al terzo paragrafo mi ero immaginata scenari molto differenti. Condivido la scelta del flusso di coscienza come "voce" principale, come se essa fosse un personaggio a parte.
Lo stile è gradevole e scorrevole ma ci sono alcuni punti che non mi convincono. Questa frase
Buona lavoro, comunque
Sybilla
Lo stile è gradevole e scorrevole ma ci sono alcuni punti che non mi convincono. Questa frase
andrebbe rivista, secondo me perché (forse nella foga di scrivere o di correggere) mi suona un po' pasticciata. Anche verso la fine, non riesco a capire se la moglie sia con lui sulla montagna e lui la lasci indietro o se lei sia solo una voce nella sua testa, hce l'ha spinto a intraprendere di nuovo la scalata, questa volta davvero da solo.Ansimando torna dei colpo scuotendo il corpo, ora si sentono anche le gambe. Chi lo ha detto? A me? Sono a malapena un corpo!
Buona lavoro, comunque
Sybilla
Ultima modifica di Sybilla Levanti il giovedì 25 giugno 2020, 1:24, modificato 1 volta in totale.
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Sybilla, grazie del commento.
In effetti all'inizio il buon personaggio è svenuto, perso nei deliri della zona della morte, senza molto ossigeno.
Nella frase che mi hai evidenziato c'è un errore di battitura, sarebbe dovuto essere "Ansimando torna di colpo", che si riferisce al respiro, in effetti troppo convoluto.
La moglie è una presenza che è soltanto nella sua testa, avevo messo "Sono solo. Questa volta sono davvero solo." proprio per rimarcarlo. Il sapore che volevo dare è proprio quella della riscossa, di fare davvero quello che aveva detto, con tutte le difficoltà del caso, come quello di perdersi e non sapere nemmeno più chi fosse. Per la mancanza di ossigeno, capitano spesso incidenti perché gli alpinisti vedono angeli, persone e altre allucinazioni, talvolta seguendole fino a cadere nei baratri. Se poi i demoni te li porti già da casa... :-)
Grazie ancora e buona edition!
In effetti all'inizio il buon personaggio è svenuto, perso nei deliri della zona della morte, senza molto ossigeno.
Nella frase che mi hai evidenziato c'è un errore di battitura, sarebbe dovuto essere "Ansimando torna di colpo", che si riferisce al respiro, in effetti troppo convoluto.
La moglie è una presenza che è soltanto nella sua testa, avevo messo "Sono solo. Questa volta sono davvero solo." proprio per rimarcarlo. Il sapore che volevo dare è proprio quella della riscossa, di fare davvero quello che aveva detto, con tutte le difficoltà del caso, come quello di perdersi e non sapere nemmeno più chi fosse. Per la mancanza di ossigeno, capitano spesso incidenti perché gli alpinisti vedono angeli, persone e altre allucinazioni, talvolta seguendole fino a cadere nei baratri. Se poi i demoni te li porti già da casa... :-)
Grazie ancora e buona edition!
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Grazie della clarification. Buona edition a te.
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
è sempre rischioso scrivere racconti che si svolgono "nella testa" di quacuno che non ricorda, non sa, non sente. si va incontro a paragrafi di frasi confuse e poco significative. all'inizio si ha quella sensazione, di "voce nel vuoto" che probabilmente era l'intento, ma che ammazza subito l'attenzione, perché leggendo si pensa "si ok questo non si ricorda, ma che succede?". io avrei trascinato molto meno la parte di confusine iniziale, se non addirittura solo la prima frase per poi passare all'azione. il tema è centrato, anche se mi permetto di dire che la moglie mi pare un po' troppo esigente, salire sulla vetta con due guide sherpa non mi sembra comunque un'impresa da quaqquaraqqua.
ultimo appunto: nessuno nell'anno del signore 2020 usa la parola "debbo"! :D
ultimo appunto: nessuno nell'anno del signore 2020 usa la parola "debbo"! :D
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unknown to millions
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Andrea,
grazie dei commenti.
Inizialmente avevo scritto una parte enorme sul ritorno alla vita del povero personaggio. Dopodiché ho buttato quasi tutto perché altrimenti il racconto si sarebbe titolato "ritorno alla coscienza di un alpinista". Ho lasciato comunque quei paragrafi iniziali perché un po' mi serviva per arrivare a dire che stava in una tenda travo i ghiacci, ma ancor di più perché volevo che emergessero pian piano i pensieri che lo avevano (di nuovo) portato lassù.
Il focus per me è il fatto che lui abbia deciso di rimettersi in gioco, perché l'essere stato criticato dalla moglie gli aveva distrutto l'immagine di sé o, più precisamente, l'immagine che gli piaceva dare di sé agli altri. Così le frasi diventano progressivamente più chiare, come è progressivamente più chiaro il suo pensare e, in fondo, anche liberatorio.
Rispetto all'obiezione "sì, ma che succede", penso che per un paio di paragrafi il lettore possa aspettare, va bene l'azione, ma, per dirla un po' diffusamente, lo stato mentale in cui si agisce è forse ancora più importante.
Che la moglie sia esigente non vi è dubbio, ma non lo è tanto perché l'impresa era "semplice" ma perché avesse mentito a tutti. Sì, è esagerata, magari con qualche parola in più per far capire che è stanca delle sue bugie si può rendere più realistica.
Rispetto al fatto che nell'anno che oggi il Signore ci manda si usino ancora parole che tendono a diventare obsolete (ed "obseleto" è una di queste), non posso proprio farne a meno, nemmeno pensavo che "debbo" fosse strano! :-)
Grazie ancora e a rileggerci.
grazie dei commenti.
Inizialmente avevo scritto una parte enorme sul ritorno alla vita del povero personaggio. Dopodiché ho buttato quasi tutto perché altrimenti il racconto si sarebbe titolato "ritorno alla coscienza di un alpinista". Ho lasciato comunque quei paragrafi iniziali perché un po' mi serviva per arrivare a dire che stava in una tenda travo i ghiacci, ma ancor di più perché volevo che emergessero pian piano i pensieri che lo avevano (di nuovo) portato lassù.
Il focus per me è il fatto che lui abbia deciso di rimettersi in gioco, perché l'essere stato criticato dalla moglie gli aveva distrutto l'immagine di sé o, più precisamente, l'immagine che gli piaceva dare di sé agli altri. Così le frasi diventano progressivamente più chiare, come è progressivamente più chiaro il suo pensare e, in fondo, anche liberatorio.
Rispetto all'obiezione "sì, ma che succede", penso che per un paio di paragrafi il lettore possa aspettare, va bene l'azione, ma, per dirla un po' diffusamente, lo stato mentale in cui si agisce è forse ancora più importante.
Che la moglie sia esigente non vi è dubbio, ma non lo è tanto perché l'impresa era "semplice" ma perché avesse mentito a tutti. Sì, è esagerata, magari con qualche parola in più per far capire che è stanca delle sue bugie si può rendere più realistica.
Rispetto al fatto che nell'anno che oggi il Signore ci manda si usino ancora parole che tendono a diventare obsolete (ed "obseleto" è una di queste), non posso proprio farne a meno, nemmeno pensavo che "debbo" fosse strano! :-)
Grazie ancora e a rileggerci.
- Davide Di Tullio
- Messaggi: 298
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao Stefano, piacere di leggerti.
Questo solipsismo mi resta un po' oscuro. L'unica cosa che penso di aver capito è che il protagonista è uno scalatore. Il pensiero al presente si mescola con il ricordo al passato e di lì in poi ho perso il bandolo della matassa. Lo scalatore è in difficoltà? Perché la moglie lo accusa di non essere solo?
A rileggerci!
Questo solipsismo mi resta un po' oscuro. L'unica cosa che penso di aver capito è che il protagonista è uno scalatore. Il pensiero al presente si mescola con il ricordo al passato e di lì in poi ho perso il bandolo della matassa. Lo scalatore è in difficoltà? Perché la moglie lo accusa di non essere solo?
A rileggerci!
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buongiorno Davide.
Non è semplice per me rispondere al tuo commento. Perché parli di solipsismo? Non si mostra certo una realtà totalmente costruita da sé stessi alla George Berkeley , né un "individualismo estremo, per cui ogni interesse è accentrato su di sé, ignorando o trascurando i problemi e gli interessi degli altri", come recita il vocabolario Treccani. Forse intendi che il racconto è basato su sensazioni, ricordi ed emozioni di un solo personaggio?
Mi dispiace che il senso non sia stato evidente.
Poni alcune domande, provo a rispondere con il testo
[D] Lo scalatore è in difficoltà? --> "Apro gli occhi, ora riconosco dove sono", "E continuo a salire." --> ha perso i sensi, poi pian piano si è ripreso, alla fine sta bene, al punto che può salire: è stato in difficoltà, alla fine non lo è più
[D] Perché la moglie lo accusa di non essere solo? --> "Sì, ora ricordo tutto: doveva essere una scalata in solitaria e invece mi ero fatto aiutare da due sherpa, che mi hanno portato fin sulla cima, senza farsi vedere nelle foto.", " Sono solo. Questa volta sono davvero solo." --> lo accusa di non essere solo perché non lo era stato, come è detto esplicitamente; è tornato sulla montagna, e stavolta è solo davvero.
Ho riletto ancora il racconto. Ovviamente può piacere o meno, però mi sembra di aver chiarito nel testo quello che sta succedendo, indicando con i tempi al presente e al passato i diversi momenti di questa storia. Si poteva indicare di più? Si certo, ma personalmente non lo ritengo necessario e senz'altro si sarebbe allontanato molto da quello che volevo intendere.
Mi sento di condividere la posizione di Valéry, per cui un testo può stimolare diverse interpretazioni (come è evidente quando rileggiamo un testo, trovandolo spesso molto diverso dalla prima lettura): "Il n'y a pas de vrai sens d'un texte. Pas d'autorité de l'auteur. Une fois publié, un texte est comme un appareil dont chacun peut se servir à sa guise ", non c'è un vero senso di un testo, ma questo richiede un certo sforzo da parte del lettore. Senza questo sforzo, nessun testo avrà mai un senso. Dopo averlo letto, aver applicato uno o più sensi, si potrà sempre avere l'opinione che il testo sia debole, orribile, banale e via criticando - operazione del tutto legittima, ma diventa parte della relazione che si è costruita tra il lettore e il testo; senza di questa è inutile scrivere, è inutile leggere.
Non è semplice per me rispondere al tuo commento. Perché parli di solipsismo? Non si mostra certo una realtà totalmente costruita da sé stessi alla George Berkeley , né un "individualismo estremo, per cui ogni interesse è accentrato su di sé, ignorando o trascurando i problemi e gli interessi degli altri", come recita il vocabolario Treccani. Forse intendi che il racconto è basato su sensazioni, ricordi ed emozioni di un solo personaggio?
Mi dispiace che il senso non sia stato evidente.
Poni alcune domande, provo a rispondere con il testo
[D] Lo scalatore è in difficoltà? --> "Apro gli occhi, ora riconosco dove sono", "E continuo a salire." --> ha perso i sensi, poi pian piano si è ripreso, alla fine sta bene, al punto che può salire: è stato in difficoltà, alla fine non lo è più
[D] Perché la moglie lo accusa di non essere solo? --> "Sì, ora ricordo tutto: doveva essere una scalata in solitaria e invece mi ero fatto aiutare da due sherpa, che mi hanno portato fin sulla cima, senza farsi vedere nelle foto.", " Sono solo. Questa volta sono davvero solo." --> lo accusa di non essere solo perché non lo era stato, come è detto esplicitamente; è tornato sulla montagna, e stavolta è solo davvero.
Ho riletto ancora il racconto. Ovviamente può piacere o meno, però mi sembra di aver chiarito nel testo quello che sta succedendo, indicando con i tempi al presente e al passato i diversi momenti di questa storia. Si poteva indicare di più? Si certo, ma personalmente non lo ritengo necessario e senz'altro si sarebbe allontanato molto da quello che volevo intendere.
Mi sento di condividere la posizione di Valéry, per cui un testo può stimolare diverse interpretazioni (come è evidente quando rileggiamo un testo, trovandolo spesso molto diverso dalla prima lettura): "Il n'y a pas de vrai sens d'un texte. Pas d'autorité de l'auteur. Une fois publié, un texte est comme un appareil dont chacun peut se servir à sa guise ", non c'è un vero senso di un testo, ma questo richiede un certo sforzo da parte del lettore. Senza questo sforzo, nessun testo avrà mai un senso. Dopo averlo letto, aver applicato uno o più sensi, si potrà sempre avere l'opinione che il testo sia debole, orribile, banale e via criticando - operazione del tutto legittima, ma diventa parte della relazione che si è costruita tra il lettore e il testo; senza di questa è inutile scrivere, è inutile leggere.
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao,
ammetto che non ci stavo capendo nulla. Poi, quando finalmente arriva un ricordo "CHIARO", la situazone si capisce. Prendo per buona la tua motivazione: rivalsa dopo una "critica" della moglie (non ci arrivava "prima" da solo che la moglie lo avrebbe beccato?). Quello ch enon mi piace è l'uso che fai del "suono". Premetto che io "sento" più che "vedere" quello che leggo e "rumore" e "suono" non mi dicono niente.
Show don't tell vale anche per i suoni. Ci sta che ci sia "rumore" quando è ancora intontito, quando si sta risvegliando. Quando non riesce a mettere a fuoco. Quando perà è vigile "rumore" e "suono" hanno un origine e una forma precisa. Altrimenti sono solo "qualcosa".
ammetto che non ci stavo capendo nulla. Poi, quando finalmente arriva un ricordo "CHIARO", la situazone si capisce. Prendo per buona la tua motivazione: rivalsa dopo una "critica" della moglie (non ci arrivava "prima" da solo che la moglie lo avrebbe beccato?). Quello ch enon mi piace è l'uso che fai del "suono". Premetto che io "sento" più che "vedere" quello che leggo e "rumore" e "suono" non mi dicono niente.
Show don't tell vale anche per i suoni. Ci sta che ci sia "rumore" quando è ancora intontito, quando si sta risvegliando. Quando non riesce a mettere a fuoco. Quando perà è vigile "rumore" e "suono" hanno un origine e una forma precisa. Altrimenti sono solo "qualcosa".
- Davide Di Tullio
- Messaggi: 298
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Sirimedho ha scritto:Buongiorno Davide.
Non è semplice per me rispondere al tuo commento. Perché parli di solipsismo? Non si mostra certo una realtà totalmente costruita da sé stessi alla George Berkeley , né un "individualismo estremo, per cui ogni interesse è accentrato su di sé, ignorando o trascurando i problemi e gli interessi degli altri", come recita il vocabolario Treccani. Forse intendi che il racconto è basato su sensazioni, ricordi ed emozioni di un solo personaggio?
Mi dispiace che il senso non sia stato evidente.
Poni alcune domande, provo a rispondere con il testo
[D] Lo scalatore è in difficoltà? --> "Apro gli occhi, ora riconosco dove sono", "E continuo a salire." --> ha perso i sensi, poi pian piano si è ripreso, alla fine sta bene, al punto che può salire: è stato in difficoltà, alla fine non lo è più
[D] Perché la moglie lo accusa di non essere solo? --> "Sì, ora ricordo tutto: doveva essere una scalata in solitaria e invece mi ero fatto aiutare da due sherpa, che mi hanno portato fin sulla cima, senza farsi vedere nelle foto.", " Sono solo. Questa volta sono davvero solo." --> lo accusa di non essere solo perché non lo era stato, come è detto esplicitamente; è tornato sulla montagna, e stavolta è solo davvero.
Ho riletto ancora il racconto. Ovviamente può piacere o meno, però mi sembra di aver chiarito nel testo quello che sta succedendo, indicando con i tempi al presente e al passato i diversi momenti di questa storia. Si poteva indicare di più? Si certo, ma personalmente non lo ritengo necessario e senz'altro si sarebbe allontanato molto da quello che volevo intendere.
Mi sento di condividere la posizione di Valéry, per cui un testo può stimolare diverse interpretazioni (come è evidente quando rileggiamo un testo, trovandolo spesso molto diverso dalla prima lettura): "Il n'y a pas de vrai sens d'un texte. Pas d'autorité de l'auteur. Une fois publié, un texte est comme un appareil dont chacun peut se servir à sa guise ", non c'è un vero senso di un testo, ma questo richiede un certo sforzo da parte del lettore. Senza questo sforzo, nessun testo avrà mai un senso. Dopo averlo letto, aver applicato uno o più sensi, si potrà sempre avere l'opinione che il testo sia debole, orribile, banale e via criticando - operazione del tutto legittima, ma diventa parte della relazione che si è costruita tra il lettore e il testo; senza di questa è inutile scrivere, è inutile leggere.
Ciao Stefano
Mi scuso per aver fatto un commento poco circostanziato. Avró dato la sensazione di una lettura facilona del tuo racconto, ma non é cosí. Ho riletto il tuo testo tre volte e non mi é arrivato. Di solito, in questi casi, cerco di capire quali sono le ragioni che non mi consentono di metabolizzare il racconto. Scorro la lettura per individuare le criticitá, e lo faccio cercando di lasciare fuori ogni considerazione di natura personale (sostanzialmente i propri gusti letterari) e di rifarmi alla conoscenza in campo narrativo, agli elementi "canonici" diciamo, su cui costruire un racconto che funziona. In questo modo cerco di evitare di fare valutazioni discrezionali.
Nel caso specifico vorrei rispondere alle questioni da te sollevate.
Il termine "solipsismo" non é utilizzato in senso stretto. Ho "stiracchiato" il significato, volgarizzandolo, per intendere che il protagonista parla con se stesse e a se stesso. Non é proprio cosí in realtá. A volte, nella parte descrittiva, sembra rivolgersi al lettore, ma lo fa indirettamente. In ogni caso non considerare il predicato in un accezione negativa, ma semplicemente come un elemento definitorio che serviva a me ad inquadrare il racconto.
Fatta questa premessa, gli elementi di criticitá a mio avviso si scorgono in una non chiara definizione del soggetto parlante, del luogo in cui si svolgono i fatti (almeno all´inizio) e un non chiara comprensione del perché la moglie si inalberi, con la passione descritta dalle parole, per una questione (l´essere o meno soli a scalare una montagna) che non mi pare avere particolare rilevanza. Per lo meno questo non emerge dal testo. Tutti questi "non detti" lasciano il lettore (in questo caso parlo di me) piuttosto disorientato. Sappiamo alla fine che il protagonista deve raggiunere la vetta, ma qual´é il tema della storia?
Non posso fare una valutazione artistica del testo, ma, vista la natura del contest, devo limitarmi ad una valutazione narrativa del racconto (molto piú näif, se vuoi, ma tant´é). In quest´ottica non credo che il lettore debba "sforzarsi" di comprendere il testo. Essendo prosa, mi aspetto che il racconto mi diletti, arrivi a dirmi qualcosa nell´immediato. Non credo si possa pretendere la parafrasi del testo. Forse la mia resta una visione limitata della cosa, ma non disponendo di un bagaglio culturale adeguato, e dovendo fare una valutazione sulla base di quelle che sono le mie conoscenze in ambito narrativo, non posso che attingere dallo stesso pozzo.
Spero di aver chiarito la mia posizione
grazie e spero di rileggerti presto
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buonasera Roberto/Vastatio,
sul fatto che la moglie lo avrebbe scoperto no, non ci arrivata, pensava di essere stato più furbo! :-)
I suoni erano più chiari nella prima versione, in cui il risveglio del personaggio era decisamente più lungo. Sicuramente vanno chiariti meglio. Comunque, il ritmo è sempre quello del cuore, il rumore all'inizio è del ghiaccio e alla fine è dei passi - il primo sicuramente non si capisce, probabilmente nemmeno il secondo, sicuramente è una buona idea circostanziarli di più.
Grazie dell'interessante spunto e a rileggerci.
sul fatto che la moglie lo avrebbe scoperto no, non ci arrivata, pensava di essere stato più furbo! :-)
I suoni erano più chiari nella prima versione, in cui il risveglio del personaggio era decisamente più lungo. Sicuramente vanno chiariti meglio. Comunque, il ritmo è sempre quello del cuore, il rumore all'inizio è del ghiaccio e alla fine è dei passi - il primo sicuramente non si capisce, probabilmente nemmeno il secondo, sicuramente è una buona idea circostanziarli di più.
Grazie dell'interessante spunto e a rileggerci.
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buonasera Davide,
naturalmente se il racconto non ti è arrivato non c'è riflessione di sorta, è così e mi sembra del tutto legittimo da parte del lettore (in questo caso tu) dire che non gli arrivi, o che trovi il racconto orribile e quant'altro.
Andando sullo specifico:
La moglie si sia arrabbiata perché lui ha mentito, dicendo di essere andato in scalata solitaria anziché essere stato portato in sicurezza dagli sherpa con lui che si è vantato di questo - queste cose sono tutte nel testo. Una scalata in solitaria è incredibilmente più difficile che andare con altre persone (ad es. nessuno ti tiene la corda, per cui se cadi sei morto) e quindi sì, è molto rilevante; andare con due sherpa è ancora più facile - ci sono persone che si fanno letteralmente portare in braccio sull'Everest pur di dire che lo hanno scalato, cosa ovviamente tecnicamente vera e totalmente falsa nella sostanza. Non so quanto questi dettagli siano essenziali per la comprensione del testo, forse può bastare il fatto che lui ha mentito e che, evidentemente, da solo è più difficile.
Il soggetto parlante non è molto definito: abbastanza vero, ma in 3333 caratteri è dura dare una psicologia completa di una persona, la sua collocazione in società etc. Mi sento di averlo definito per quello che è stato, una persona che ha fatto una cosa vantandosi di averla fatta molto più difficile, e per quello che è alla fine del racconto, una persona alla ricerca della sua verità o quanto meno a far diventare vero quello che aveva millantato. Che poi è il tema del racconto.
Mai detto che bisogna fare la "parafrasi del testo", anzi! Quel che sostengo è che il lettore è libero di trovare in un testo il significato che vuole, dandosi però il tempo di capire dove lo scrittore vuole arrivare. In questo caso, il racconto voleva portare il lettore a identificarsi in una persona che sta rinvenendo, con la confusione di non sapere nemmeno dove si trova, svelando pian piano, man mano che il personaggio torna cosciente, alcune cose che lo hanno portato a fare una certa scelta. Se non si è chiari dalla prima linea si chiede al lettore di sforzarsi? Non lo so, so per certo che molti dei racconti e dei romanzi che ho letto richiedono tempo per capire di cosa si sta veramente parlando; se non avessi avuto pazienza non li avrei mai apprezzati.
Grazie per i commenti e a rileggerci
naturalmente se il racconto non ti è arrivato non c'è riflessione di sorta, è così e mi sembra del tutto legittimo da parte del lettore (in questo caso tu) dire che non gli arrivi, o che trovi il racconto orribile e quant'altro.
Andando sullo specifico:
Davide Di Tullio ha scritto:Fatta questa premessa, gli elementi di criticitá a mio avviso si scorgono in una non chiara definizione del soggetto parlante, del luogo in cui si svolgono i fatti (almeno all´inizio) e un non chiara comprensione del perché la moglie si inalberi, con la passione descritta dalle parole, per una questione (l´essere o meno soli a scalare una montagna) che non mi pare avere particolare rilevanza. Per lo meno questo non emerge dal testo. Tutti questi "non detti" lasciano il lettore (in questo caso parlo di me) piuttosto disorientato. Sappiamo alla fine che il protagonista deve raggiunere la vetta, ma qual´é il tema della storia?
La moglie si sia arrabbiata perché lui ha mentito, dicendo di essere andato in scalata solitaria anziché essere stato portato in sicurezza dagli sherpa con lui che si è vantato di questo - queste cose sono tutte nel testo. Una scalata in solitaria è incredibilmente più difficile che andare con altre persone (ad es. nessuno ti tiene la corda, per cui se cadi sei morto) e quindi sì, è molto rilevante; andare con due sherpa è ancora più facile - ci sono persone che si fanno letteralmente portare in braccio sull'Everest pur di dire che lo hanno scalato, cosa ovviamente tecnicamente vera e totalmente falsa nella sostanza. Non so quanto questi dettagli siano essenziali per la comprensione del testo, forse può bastare il fatto che lui ha mentito e che, evidentemente, da solo è più difficile.
Il soggetto parlante non è molto definito: abbastanza vero, ma in 3333 caratteri è dura dare una psicologia completa di una persona, la sua collocazione in società etc. Mi sento di averlo definito per quello che è stato, una persona che ha fatto una cosa vantandosi di averla fatta molto più difficile, e per quello che è alla fine del racconto, una persona alla ricerca della sua verità o quanto meno a far diventare vero quello che aveva millantato. Che poi è il tema del racconto.
Davide Di Tullio ha scritto:In quest´ottica non credo che il lettore debba "sforzarsi" di comprendere il testo. Essendo prosa, mi aspetto che il racconto mi diletti, arrivi a dirmi qualcosa nell´immediato. Non credo si possa pretendere la parafrasi del testo.
Mai detto che bisogna fare la "parafrasi del testo", anzi! Quel che sostengo è che il lettore è libero di trovare in un testo il significato che vuole, dandosi però il tempo di capire dove lo scrittore vuole arrivare. In questo caso, il racconto voleva portare il lettore a identificarsi in una persona che sta rinvenendo, con la confusione di non sapere nemmeno dove si trova, svelando pian piano, man mano che il personaggio torna cosciente, alcune cose che lo hanno portato a fare una certa scelta. Se non si è chiari dalla prima linea si chiede al lettore di sforzarsi? Non lo so, so per certo che molti dei racconti e dei romanzi che ho letto richiedono tempo per capire di cosa si sta veramente parlando; se non avessi avuto pazienza non li avrei mai apprezzati.
Grazie per i commenti e a rileggerci
- Polly Russell
- Messaggi: 812
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao. Alla parte iniziale è troppo lunga e scivola nel ridondante, una riga per far capire lo stato di confusione del narrante è più che sufficiente. In questo modo sembra una filastrocca e perde l’intensità che dovrebbe avere. Il tema è centrato alla perfezione, purtroppo il voler rendere esplicita la confusione del protagonista è i suoi sentimenti discordanti, manda in confusione anche il lettore. Mio consiglio, sfronderei inizio e fine, concentrandomi sul suo bisogno di fare davvero ciò per cui lo lodano.
Polly
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buonasera Polly,
si, senz'altro si può semplificare, ma una riga mi sembra veramente troppo poco - tanto se non piace il genere in cui non si capisce tutto subito non sarà né una riga né dieci a far cambiare opinione.
Però il racconto aveva l'obiettivo di far vedere come una situazione difficile (la perdita dell'onore) potesse essere l'occasione anche per una crescita personale. Parlare d'altro senz'altro si può, ma è tutta un'altra storia.
Grazie e a rileggerci.
si, senz'altro si può semplificare, ma una riga mi sembra veramente troppo poco - tanto se non piace il genere in cui non si capisce tutto subito non sarà né una riga né dieci a far cambiare opinione.
Però il racconto aveva l'obiettivo di far vedere come una situazione difficile (la perdita dell'onore) potesse essere l'occasione anche per una crescita personale. Parlare d'altro senz'altro si può, ma è tutta un'altra storia.
Grazie e a rileggerci.
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciano, Stefano!
Un racconto di redenzione, una sfida disperata e forse suicida per rimediare ad una menzogna del passato, recuperare il proprio onore e, forse, anche l'amore dei propri cari. Gli ingredienti per una grande storia ci sono tutti, inclusi il tema del conflitto con la natura e con sé stessi. Eppure, qualcosa nella forma mi ha impedito di apprezzare pienamente il tuo scritto. Se nelle prime righe posso condividere la decisione di usare una terminologia sensoriale "confusa", pensata per disorientare il lettore tanto quanto lo è il povero scalatore, con il procedere del racconto e del suo progressivo "risveglio", sarebbe stato opportuno rendere più agile il testo. Non è affatto un brutto racconto, e credo che la tua interpretazione del tema sia al contempo semplice, ma molto efficace, tuttavia non credo che mi sia arrivato pienamente.
Un peccato, ma ti faccio comunque i migliori auguri per questa edition!
Alla prossima!
Un racconto di redenzione, una sfida disperata e forse suicida per rimediare ad una menzogna del passato, recuperare il proprio onore e, forse, anche l'amore dei propri cari. Gli ingredienti per una grande storia ci sono tutti, inclusi il tema del conflitto con la natura e con sé stessi. Eppure, qualcosa nella forma mi ha impedito di apprezzare pienamente il tuo scritto. Se nelle prime righe posso condividere la decisione di usare una terminologia sensoriale "confusa", pensata per disorientare il lettore tanto quanto lo è il povero scalatore, con il procedere del racconto e del suo progressivo "risveglio", sarebbe stato opportuno rendere più agile il testo. Non è affatto un brutto racconto, e credo che la tua interpretazione del tema sia al contempo semplice, ma molto efficace, tuttavia non credo che mi sia arrivato pienamente.
Un peccato, ma ti faccio comunque i migliori auguri per questa edition!
Alla prossima!
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Ciao Stefano,
Di questo racconto ho molto apprezzato il ritmo e la musicalità. Verso metà però mi sono dovuto fermare pensando "piano piano, non sto capendo". Il problema è la velocità? Non credo, la verità è che ho avuto difficoltà ad immaginare la scena e, di conseguenza, a immedesimarmi nel protagonista. Quello che manca, secondo me, sono le coordinate spazio/temporali in cui i fatti accadono. Mi dici (letteralmente) i suoi pensieri, ma non mi trasmetti le sue sensazioni in modo tale che possa farle mie. Ho letto gli altri commenti per cercare di capire meglio ed evitare di chiedere sempre le stesse cose. Non riesco a non fare una battuta sul solipsismo (che probabilmente Davide a usato in luogo di soliloquio, forse per dare più enfasi): se un albero cade e non c'è nessuno che lo vede o lo sente cadere, è caduto davvero? Se uno scalatore si arrampica su una montagna sconosciuta e il lettore non lo vede arrampicarsi, si è arrampicato davvero?
P.S. scusa per il ritardo nel commento, spero ci sia il tempo per la replica (anche se, forse, i miei appunti sono troppo soggettivi).
Di questo racconto ho molto apprezzato il ritmo e la musicalità. Verso metà però mi sono dovuto fermare pensando "piano piano, non sto capendo". Il problema è la velocità? Non credo, la verità è che ho avuto difficoltà ad immaginare la scena e, di conseguenza, a immedesimarmi nel protagonista. Quello che manca, secondo me, sono le coordinate spazio/temporali in cui i fatti accadono. Mi dici (letteralmente) i suoi pensieri, ma non mi trasmetti le sue sensazioni in modo tale che possa farle mie. Ho letto gli altri commenti per cercare di capire meglio ed evitare di chiedere sempre le stesse cose. Non riesco a non fare una battuta sul solipsismo (che probabilmente Davide a usato in luogo di soliloquio, forse per dare più enfasi): se un albero cade e non c'è nessuno che lo vede o lo sente cadere, è caduto davvero? Se uno scalatore si arrampica su una montagna sconosciuta e il lettore non lo vede arrampicarsi, si è arrampicato davvero?
P.S. scusa per il ritardo nel commento, spero ci sia il tempo per la replica (anche se, forse, i miei appunti sono troppo soggettivi).
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buongiorno Danilo,
grazie dell'utile commento. Quello che intendevo fare con la parte dalla coscienza confusa e poi sempre più chiara era far identificare il lettore con quello stato di sbandamento, non tanto confondere il lettore stesso. Riguardo il testo più agile, credo che più di tanto non mi riesca anche perché tutto sommato mi piace così! :-) Diciamo che avevo puntato sulla brevità, probabilmente si può fare di meglio allungando e spiegando meglio.
Grazie e buona scrittura
grazie dell'utile commento. Quello che intendevo fare con la parte dalla coscienza confusa e poi sempre più chiara era far identificare il lettore con quello stato di sbandamento, non tanto confondere il lettore stesso. Riguardo il testo più agile, credo che più di tanto non mi riesca anche perché tutto sommato mi piace così! :-) Diciamo che avevo puntato sulla brevità, probabilmente si può fare di meglio allungando e spiegando meglio.
Grazie e buona scrittura
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buonasera Giulio,
rispetto alla tua osservazione sulle coordinate spazio/temporali, non so cosa possa aggiungere dare il nome di una montagna e in che periodo sia - la difficoltà delle montagne è data anche da quell'aspetto, ma non è sempre così facile, a volte sono più pericolose nei periodi di disgelamento, mi sembra che si entri troppo sul tecnico.
Scrivi che dico i pensieri ma non le sensazioni, ma tutta la prima parte sono le sensazioni del corpo e una mente che si risveglia. Poi dopo si esprime la paura, il dolore, il senso di disonore, la tentazione di lasciarsi morire (probabilmente poco chiara: "Qualche respiro lungo, forse può bastare così, rimanere nel nero di dentro e di fuori, posso lasciarmi andare. "), la determinazione nel salire.
Credo che siano sensazioni, anche se è un termine molto vago che credo che non abbia alcuna definizione accettata da tutti.
Rispetto alla tua battuta, un koan zen indica di ascoltare il suono di una sola mano, e l'autore è rimasto, e rimarrà, ad imperitura memoria! :-) Se l'albero è caduto davvero. o lo scalatore si è arrampicato davvero bisogna chiederlo all'albero e allo scalatore. Ma quest'ultimo talvolta mente ;-)
rispetto alla tua osservazione sulle coordinate spazio/temporali, non so cosa possa aggiungere dare il nome di una montagna e in che periodo sia - la difficoltà delle montagne è data anche da quell'aspetto, ma non è sempre così facile, a volte sono più pericolose nei periodi di disgelamento, mi sembra che si entri troppo sul tecnico.
Scrivi che dico i pensieri ma non le sensazioni, ma tutta la prima parte sono le sensazioni del corpo e una mente che si risveglia. Poi dopo si esprime la paura, il dolore, il senso di disonore, la tentazione di lasciarsi morire (probabilmente poco chiara: "Qualche respiro lungo, forse può bastare così, rimanere nel nero di dentro e di fuori, posso lasciarmi andare. "), la determinazione nel salire.
Credo che siano sensazioni, anche se è un termine molto vago che credo che non abbia alcuna definizione accettata da tutti.
Rispetto alla tua battuta, un koan zen indica di ascoltare il suono di una sola mano, e l'autore è rimasto, e rimarrà, ad imperitura memoria! :-) Se l'albero è caduto davvero. o lo scalatore si è arrampicato davvero bisogna chiederlo all'albero e allo scalatore. Ma quest'ultimo talvolta mente ;-)
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Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Buonasera Giulio,
rispetto alla tua osservazione sulle coordinate spazio/temporali, non so cosa possa aggiungere dare il nome di una montagna e in che periodo sia - la difficoltà delle montagne è data anche da quell'aspetto, ma non è sempre così facile, a volte sono più pericolose nei periodi di disgelamento, mi sembra che si entri troppo sul tecnico.
Scrivi che dico i pensieri ma non le sensazioni, ma tutta la prima parte sono le sensazioni del corpo e una mente che si risveglia. Poi dopo si esprime la paura, il dolore, il senso di disonore, la tentazione di lasciarsi morire (probabilmente poco chiara: "Qualche respiro lungo, forse può bastare così, rimanere nel nero di dentro e di fuori, posso lasciarmi andare. "), la determinazione nel salire.
Credo che siano sensazioni, anche se è un termine molto vago che credo che non abbia alcuna definizione accettata da tutti.
La chiave di lettura del mio commento è "in modo che possa farle mie", nell'incipit le sensazioni mi vengono descritte ma in seguito, nel momento in cui davvero dovrei/potrei empatizzare, mi sono perso il personaggio. Non so se è chiaro quelllo che voglio dire. Per coordinate spazio temporali non intendo il nome della montagna o l'ora in cui il tutto si svolge, ma bensì delle suggestioni che possano farmi immaginare la scena, ad es. la sensazione della neve che bagna le scarpe o l'orizzonte bianco e verticale.
Rispetto alla tua battuta, un koan zen indica di ascoltare il suono di una sola mano, e l'autore è rimasto, e rimarrà, ad imperitura memoria! :-) Se l'albero è caduto davvero. o lo scalatore si è arrampicato davvero bisogna chiederlo all'albero e allo scalatore. Ma quest'ultimo talvolta mente ;-)
Bella! (Sempre se non siamo in matrix, in quel caso non esistono ne l'albero ne lo scalatore ;P)
Re: Ritmo e rumore, di Stefano De Luca
Un racconto ambientato nella zona della morte... Ne voglio leggere altri, Stefano! Secondo me, non funziona tutta la prima parte. Ho capito che volevi partire da lui, dal suo interno per allargarti alla tenda e poi al di fuori e quindi verso la vetta, ma mi è risultato troppo lungo, male contestualizzato (nel senso che prolungandosi non mi ha permesso di entrare in sintonia con il dove e il cosa) e anche un po' confuso. Apprezzo tantissimo il tuo tentativo perché hai dimostrato di volere osare, ma in questa attuale forma non è funzionale quanto avrebbe dovuto essere e questo pesa su tutto il racconto. Secondo me va ripensato per cercare una via più funzionale, diciamo hai tentato la vetta per lo Sperone Mummery e valanga ti colse. Pollice ni tendente verso il positivo, per me.
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