Disincanto
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Disincanto
Disincanto
Di Alexandra Fischer
Oreste cammina lungo il quartiere nuovo della città nella quale si è appena trasferito. Gli edifici lo fanno pensare ai Lego con i quali si divertiva da bambino. Vorrebbe avere tanta spensieratezza ora. L’ultima agenzia interinale ha respinto il suo curriculum dandogli del rottame. L’età, il mercato che vuole tutti giovani e disposti a imparare a imparare.
Frase, quest’ultima, che gli fa sentire in bocca un sapore di gomma da masticare sfatta, senza più sapore. Apre il borsello, vede le sigarette e l’accendino con il portacicche, ma si domina. I marciapiedi sono in condizioni perfette come le panchine di marmo bianco.
Passa lungo un parco giochi dai cubi e dalle altalene dai colori che vanno dall’arancio al verde, tutti fluorescenti, come lo scivolo e il bruco.
Ripensa alla sua infanzia e agli ammonimenti paterni: non si va da nessuna parte se mancano le conoscenze e i soldi.
Torna al presente: la madre, prima di morire, gli ha lasciato un indirizzo. Lei sì, ha avuto una vita lavorativa brillante. Addirittura segretaria di direzione.
E lui? Precario a vita, malgrado la laurea.
Riapre il borsello: c’è una lettera scritta dalla madre. La sua ultima eredità.: c’è sopra il nome di un direttore scolastico.
Lui non l’ha ancora aperta, preso com’è dalla disperazione. Ha già girato tutte le agenzie, il centro per l’impiego e non sa come se la caverà in quella città di mattoncini colorati. Deglutisce. Pensa all’eredità dei suoi e ai rincari pazzeschi di elettricità, gas e cibo. E si mette a sudare. Non ne avrà per molto.
Va alla fermata dell’autobus, deciso a incontrare quel direttore. Se è un amico della madre, forse è una lettera di raccomandazione. La cosa non lo entusiasma, ma la vista di una coppia di barboni appena arrivata alla fermata lo rende determinato. Cadere è facile, troppo, pensa. Dai loro abiti lisi capisce che dovevano essere stati come lui. Non vuole finire così, sarebbe come uccidere i suoi genitori.
Il bus con il nome della via arriva e lui ci sale sopra, insieme alla coppia, che sceglie il posto in fondo al mezzo.
Il quartiere cambia. Dai mattoncini colorati si passa a una serie di edifici di marmo Anni Trenta.
Oreste legge il nome sul campanello, ma, prima di suonare, apre la lettera e sussulta: dentro c’è la lettera della madre nella quale spinge il direttore a farlo assumere nella scuola e la ricevuta di un grosso bonifico. Capisce i motivi dell’economia familiare fattasi molto stretta subito dopo la morte del padre. La madre gli aveva parlato di rovina imminente e aveva venduto la casa, così si erano trasferiti nella periferia di quella stessa città. Buffo, prima gli aveva ispirato un senso di decadenza per via degli edifici ottocenteschi uguali all’ospedale dove ha assistito la madre fino all’ultimo. Ora gli appare un circo folle, nel quale lui deve fare il pagliaccio. Ma non è quello che il padre gli ha insegnato e la madre confermato subito dopo? Schiaccia il campanello. Gli apre una domestica bionda. Lui le mostra la busta, pronuncia il nome della madre.
La domestica, dapprima diffidente, lo fa entrare e chiama il direttore, un uomo alto, corpulento, in completo blu. Oreste gli mostra la lettera.
Il direttore ha l’aria annoiata: − Nel mio studio.
Oreste vede l’opulenza chiassosa di vasi cinesi gemelli, divani e poltrone di scamosciato marrone. Alle pareti, quadri d’autore astratti.
Nello studio c’è una stampa che raffigura un meccanismo fatto di ruote dentellate.
Oreste lo prende come uno scherno: lui è la rotellina mancante.
Il direttore si siede sull’immensa poltrona di cuoio nero e gli indica la sedia rivestita dello stesso materiale. – Avanti, si sieda.
Oreste lo fa senza cerimonie. È stanco di saltare da un bus all’altro, da un’agenzia all’altra. Da quando ha perso la madre le sue giornate sono tutte uguali. Guarda il direttore leggere la lettera e osservare la ricevuta di bonifico con un sorriso crescente. – Ma bene, cosa non si fa per i figli. Il posto è suo. Di solito chiedo per questi favori almeno un anno di stipendio, ma a lei no, per sua madre, bella donna, l’ho conosciuta intimamente, sa?
Oreste tace, colpito dall’affermazione del direttore.
− Non dice nulla, giovanotto?
− Accetto.
− Bene, allora la cattedra è sua. Insegnerà alle elementari.
− Ma io sono abilitato per il liceo.
Il direttore agita una mano, come a scacciare un nugolo di moscerini: − Stupidaggini. Con quello che hanno investito i suoi su di lei −. Apre un cassetto, gli dà diverse buste.
− Apra, legga pure. Sono tutte lettere di messa a disposizione precompilate. I direttori didattici sono tutti miei amici.
Oreste ubbidisce, mette le lettere nel borsello: − La ringrazio.
− E di che?
Il direttore lo accompagna fuori dallo studio: − Che rimanga fra noi.
− Certo.
Di Alexandra Fischer
Oreste cammina lungo il quartiere nuovo della città nella quale si è appena trasferito. Gli edifici lo fanno pensare ai Lego con i quali si divertiva da bambino. Vorrebbe avere tanta spensieratezza ora. L’ultima agenzia interinale ha respinto il suo curriculum dandogli del rottame. L’età, il mercato che vuole tutti giovani e disposti a imparare a imparare.
Frase, quest’ultima, che gli fa sentire in bocca un sapore di gomma da masticare sfatta, senza più sapore. Apre il borsello, vede le sigarette e l’accendino con il portacicche, ma si domina. I marciapiedi sono in condizioni perfette come le panchine di marmo bianco.
Passa lungo un parco giochi dai cubi e dalle altalene dai colori che vanno dall’arancio al verde, tutti fluorescenti, come lo scivolo e il bruco.
Ripensa alla sua infanzia e agli ammonimenti paterni: non si va da nessuna parte se mancano le conoscenze e i soldi.
Torna al presente: la madre, prima di morire, gli ha lasciato un indirizzo. Lei sì, ha avuto una vita lavorativa brillante. Addirittura segretaria di direzione.
E lui? Precario a vita, malgrado la laurea.
Riapre il borsello: c’è una lettera scritta dalla madre. La sua ultima eredità.: c’è sopra il nome di un direttore scolastico.
Lui non l’ha ancora aperta, preso com’è dalla disperazione. Ha già girato tutte le agenzie, il centro per l’impiego e non sa come se la caverà in quella città di mattoncini colorati. Deglutisce. Pensa all’eredità dei suoi e ai rincari pazzeschi di elettricità, gas e cibo. E si mette a sudare. Non ne avrà per molto.
Va alla fermata dell’autobus, deciso a incontrare quel direttore. Se è un amico della madre, forse è una lettera di raccomandazione. La cosa non lo entusiasma, ma la vista di una coppia di barboni appena arrivata alla fermata lo rende determinato. Cadere è facile, troppo, pensa. Dai loro abiti lisi capisce che dovevano essere stati come lui. Non vuole finire così, sarebbe come uccidere i suoi genitori.
Il bus con il nome della via arriva e lui ci sale sopra, insieme alla coppia, che sceglie il posto in fondo al mezzo.
Il quartiere cambia. Dai mattoncini colorati si passa a una serie di edifici di marmo Anni Trenta.
Oreste legge il nome sul campanello, ma, prima di suonare, apre la lettera e sussulta: dentro c’è la lettera della madre nella quale spinge il direttore a farlo assumere nella scuola e la ricevuta di un grosso bonifico. Capisce i motivi dell’economia familiare fattasi molto stretta subito dopo la morte del padre. La madre gli aveva parlato di rovina imminente e aveva venduto la casa, così si erano trasferiti nella periferia di quella stessa città. Buffo, prima gli aveva ispirato un senso di decadenza per via degli edifici ottocenteschi uguali all’ospedale dove ha assistito la madre fino all’ultimo. Ora gli appare un circo folle, nel quale lui deve fare il pagliaccio. Ma non è quello che il padre gli ha insegnato e la madre confermato subito dopo? Schiaccia il campanello. Gli apre una domestica bionda. Lui le mostra la busta, pronuncia il nome della madre.
La domestica, dapprima diffidente, lo fa entrare e chiama il direttore, un uomo alto, corpulento, in completo blu. Oreste gli mostra la lettera.
Il direttore ha l’aria annoiata: − Nel mio studio.
Oreste vede l’opulenza chiassosa di vasi cinesi gemelli, divani e poltrone di scamosciato marrone. Alle pareti, quadri d’autore astratti.
Nello studio c’è una stampa che raffigura un meccanismo fatto di ruote dentellate.
Oreste lo prende come uno scherno: lui è la rotellina mancante.
Il direttore si siede sull’immensa poltrona di cuoio nero e gli indica la sedia rivestita dello stesso materiale. – Avanti, si sieda.
Oreste lo fa senza cerimonie. È stanco di saltare da un bus all’altro, da un’agenzia all’altra. Da quando ha perso la madre le sue giornate sono tutte uguali. Guarda il direttore leggere la lettera e osservare la ricevuta di bonifico con un sorriso crescente. – Ma bene, cosa non si fa per i figli. Il posto è suo. Di solito chiedo per questi favori almeno un anno di stipendio, ma a lei no, per sua madre, bella donna, l’ho conosciuta intimamente, sa?
Oreste tace, colpito dall’affermazione del direttore.
− Non dice nulla, giovanotto?
− Accetto.
− Bene, allora la cattedra è sua. Insegnerà alle elementari.
− Ma io sono abilitato per il liceo.
Il direttore agita una mano, come a scacciare un nugolo di moscerini: − Stupidaggini. Con quello che hanno investito i suoi su di lei −. Apre un cassetto, gli dà diverse buste.
− Apra, legga pure. Sono tutte lettere di messa a disposizione precompilate. I direttori didattici sono tutti miei amici.
Oreste ubbidisce, mette le lettere nel borsello: − La ringrazio.
− E di che?
Il direttore lo accompagna fuori dallo studio: − Che rimanga fra noi.
− Certo.
Re: Disincanto
Ciao Alexandra! Sempre la più veloce! Parametri tutti ok, buona MICHELE VACCARI EDITION!
Re: Disincanto
Ciao, Alexandra, piacere di leggerti ancora.
Oreste è disoccupato, mamma è morta e gli ha lasciato una lettera che ha lo scopo di comprargli un posto di lavoro. Lui si reca dal direttore scolastico (oggi si dice dirigente) e questi gli assicura un posto nel suo istituto.
La citazione delle MAD è un tocco interessante, ho apprezzato anche “imparare a imparare” con riferimento alla fissazione per le competenze.
Una terza persona onnisciente al presente scorrevole e che ci regala anche qualche bel passaggio. La tua capacità descrittiva e il gusto per i dettagli sono una peculiarità che ti rende riconoscibile, anche se io non sono una fan dell’aggettivazione.
C’è una sequenza di spiegazioni del passato del protagonista che appesantisce un poco la lettura. In generale il testo è molto ricco anche a costo di essere dispersivo.
Questioni tecniche:
Il direttore ha l’aria annoiata: − → - questo è un meno, — questo è em dash il trattino che si usa per i dialoghi e che non ha bisogno dei due punti
Buona Michele Vaccari edition, alla prossima
Oreste è disoccupato, mamma è morta e gli ha lasciato una lettera che ha lo scopo di comprargli un posto di lavoro. Lui si reca dal direttore scolastico (oggi si dice dirigente) e questi gli assicura un posto nel suo istituto.
La citazione delle MAD è un tocco interessante, ho apprezzato anche “imparare a imparare” con riferimento alla fissazione per le competenze.
Una terza persona onnisciente al presente scorrevole e che ci regala anche qualche bel passaggio. La tua capacità descrittiva e il gusto per i dettagli sono una peculiarità che ti rende riconoscibile, anche se io non sono una fan dell’aggettivazione.
C’è una sequenza di spiegazioni del passato del protagonista che appesantisce un poco la lettura. In generale il testo è molto ricco anche a costo di essere dispersivo.
Questioni tecniche:
Il direttore ha l’aria annoiata: − → - questo è un meno, — questo è em dash il trattino che si usa per i dialoghi e che non ha bisogno dei due punti
Buona Michele Vaccari edition, alla prossima
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Re: Disincanto
Ciao Alexandra, piacere di leggerti!
Che pugno allo stomaco questo tuo Disincanto! L'atmosfera è centratissima, un affresco piuttosto realistico della situazione di chi si trova solo, senza appigli emotivi, a naufragare nel mare in tempesta che è l'odierno mondo del lavoro.
Si sente tutto, dalla depressione al senso di sconfitta, fino alla parvenza di vittoria priva di soddisfazione del finale. Il disincanto totale, la fine di ogni orgoglio e dignità personale, la fine di ogni valore. Sei molto capace a rendere benissimo tutte queste sfumature, ma forse è anche questo che congela un po' troppo l'azione in un paesaggio emotivo fin troppo carico. Non si avvertono azione e movimento. Non si intende la scelta vera e propria di Oreste di farsi raccomandare, di vendere l'anima al diavolo, per così dire, ma tutto sembra succedergli passivamente (non so, forse era un effetto voluto, che io non ho saputo cogliere e apprezzare?) e quindi a mio parere depotenzia molto l'impatto di un uomo che, abbandonato al mondo, decide di lasciarsi corrompere dal sistema. Peccato, perché di voce, intesa come capacità di scrittura, ne hai un sacco!
Che pugno allo stomaco questo tuo Disincanto! L'atmosfera è centratissima, un affresco piuttosto realistico della situazione di chi si trova solo, senza appigli emotivi, a naufragare nel mare in tempesta che è l'odierno mondo del lavoro.
Si sente tutto, dalla depressione al senso di sconfitta, fino alla parvenza di vittoria priva di soddisfazione del finale. Il disincanto totale, la fine di ogni orgoglio e dignità personale, la fine di ogni valore. Sei molto capace a rendere benissimo tutte queste sfumature, ma forse è anche questo che congela un po' troppo l'azione in un paesaggio emotivo fin troppo carico. Non si avvertono azione e movimento. Non si intende la scelta vera e propria di Oreste di farsi raccomandare, di vendere l'anima al diavolo, per così dire, ma tutto sembra succedergli passivamente (non so, forse era un effetto voluto, che io non ho saputo cogliere e apprezzare?) e quindi a mio parere depotenzia molto l'impatto di un uomo che, abbandonato al mondo, decide di lasciarsi corrompere dal sistema. Peccato, perché di voce, intesa come capacità di scrittura, ne hai un sacco!
- F.M.Rigget
- Messaggi: 84
Re: Disincanto
Ciao Alexandra, piacere di conoscerti!
Sono ancora una novellina alle prime armi, ma se ti fa piacere troverei splendido potermi confrontare con te sulle osservazioni che mi accingo a fare! Fammi sapere cosa ne pensi!
Per quanto riguarda il tema, ritengo sia centrato.
Ho letto il tuo racconto con un groppo alla gola e non nego un certo spaesamento. La tua scrittura mi ha messo su un’altalena emotiva per la quale, se da una parte mi sentivo sollevare verso i problemi attuali della società (la disoccupazione, il caro bollette, i senza fissa dimora emarginati), dall’altra mi sentivo precipitare.
L’avvilimento del protagonista me lo sono sentito tutto addosso, soprattutto sul finale, quando afferma di essere abilitato al liceo, ma viene recluso al livello elementare. L’ennesimo schiaffo in faccia dalla vita.
La storia è quieta, ma completa. La descrizione della realtà contemporanea è portata avanti da una narrazione puntuale.
Non posso dire che sia un racconto che mi ha profondamente affascinata, ma è indubbio che mi abbia indotto ad una seconda lettura per i criteri che lo contraddistinguono. La forma, ad esempio, l’ho trovata buona, e ottimo è l’uso dello spazio a disposizione: l’idea viene sviluppata con linearità, senza sbavature, talsì che sia semplice per il lettore inquadrare il protagonista, così come la figura della madre e del Direttore.
Nel complesso sono felice di averti letto e spero che di poter leggere presto qualcos’altro di tuo!
A presto,
Federica
Sono ancora una novellina alle prime armi, ma se ti fa piacere troverei splendido potermi confrontare con te sulle osservazioni che mi accingo a fare! Fammi sapere cosa ne pensi!
Per quanto riguarda il tema, ritengo sia centrato.
Ho letto il tuo racconto con un groppo alla gola e non nego un certo spaesamento. La tua scrittura mi ha messo su un’altalena emotiva per la quale, se da una parte mi sentivo sollevare verso i problemi attuali della società (la disoccupazione, il caro bollette, i senza fissa dimora emarginati), dall’altra mi sentivo precipitare.
L’avvilimento del protagonista me lo sono sentito tutto addosso, soprattutto sul finale, quando afferma di essere abilitato al liceo, ma viene recluso al livello elementare. L’ennesimo schiaffo in faccia dalla vita.
La storia è quieta, ma completa. La descrizione della realtà contemporanea è portata avanti da una narrazione puntuale.
Non posso dire che sia un racconto che mi ha profondamente affascinata, ma è indubbio che mi abbia indotto ad una seconda lettura per i criteri che lo contraddistinguono. La forma, ad esempio, l’ho trovata buona, e ottimo è l’uso dello spazio a disposizione: l’idea viene sviluppata con linearità, senza sbavature, talsì che sia semplice per il lettore inquadrare il protagonista, così come la figura della madre e del Direttore.
Nel complesso sono felice di averti letto e spero che di poter leggere presto qualcos’altro di tuo!
A presto,
Federica
"La vita alle volte è anche questo."
#ladonnadaicommentilunghi
- Shanghai Kid
- Messaggi: 385
Re: Disincanto
Ciao Alexandra e piacere di averti letta!
Inizio dicendoti che la storia scorre bene e lascia l’amaro in bocca, soprattutto a chi si è scontrato con il precariato.
Ti segnalo qualche inezia, oltre a quanto ti ha segnalato già Debora, con la quale sono d’accordo.
“La sua ultima eredità.:” qui ti è scappato un punto;
“Dai loro abiti lisi capisce che dovevano essere stati come lui.” scritta così sembra che sia l’attributo a rendere possibile l’identificazione, mentre, immagino, si tratta della tipologia di vestiario;
“Passa lungo un parco giochi dai cubi e dalle altalene dai colori che vanno dall’arancio al verde, tutti fluorescenti, come lo scivolo e il bruco.” In questa frase ripeti quattro volte la preposizione, articolata. Questa scelta, secondo me, appesantisce il testo. Avrei cercato un’altra soluzione, ad esempio: “Passa lungo un parco giochi pieno di cubi e altalene colorati che vanno dall’arancio al verde (...).
Sono tutte sciocchezze, nulla di che.
A rileggerti presto,
Elisa
Inizio dicendoti che la storia scorre bene e lascia l’amaro in bocca, soprattutto a chi si è scontrato con il precariato.
Ti segnalo qualche inezia, oltre a quanto ti ha segnalato già Debora, con la quale sono d’accordo.
“La sua ultima eredità.:” qui ti è scappato un punto;
“Dai loro abiti lisi capisce che dovevano essere stati come lui.” scritta così sembra che sia l’attributo a rendere possibile l’identificazione, mentre, immagino, si tratta della tipologia di vestiario;
“Passa lungo un parco giochi dai cubi e dalle altalene dai colori che vanno dall’arancio al verde, tutti fluorescenti, come lo scivolo e il bruco.” In questa frase ripeti quattro volte la preposizione, articolata. Questa scelta, secondo me, appesantisce il testo. Avrei cercato un’altra soluzione, ad esempio: “Passa lungo un parco giochi pieno di cubi e altalene colorati che vanno dall’arancio al verde (...).
Sono tutte sciocchezze, nulla di che.
A rileggerti presto,
Elisa
- Maurizio Chierchia
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Re: Disincanto
Ciao Alexandra.
Eccomi qui nuovamente a commentare un tuo racconto. Devo dire che mi è piaciuto molto, una storia semplice, lineare e purtroppo fin troppo vera. Il finale con il dirigente che gli propone un posto fisso alle elementari è un tocco di classe. Dipinge alla perfezione la realtà in cui il nostro bel paese versa.
Complimenti ancora.
PS: ho notato che a sto giro la fretta non ti ha penalizzata, mi congratulo con te per il miglioramento!
Buona gara e come sempre a rileggerci presto!
Eccomi qui nuovamente a commentare un tuo racconto. Devo dire che mi è piaciuto molto, una storia semplice, lineare e purtroppo fin troppo vera. Il finale con il dirigente che gli propone un posto fisso alle elementari è un tocco di classe. Dipinge alla perfezione la realtà in cui il nostro bel paese versa.
Complimenti ancora.
PS: ho notato che a sto giro la fretta non ti ha penalizzata, mi congratulo con te per il miglioramento!
Buona gara e come sempre a rileggerci presto!
Maurizio Chierchia
"Domani è già vicino"
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Re: Disincanto
Ciao, Debora, grazie del commento. Scusa per le imperfezioni. Sono contenta che la storia, nel complesso, ti sia piaciuta.
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Re: Disincanto
Ciao, Stefano, l'apatia del protagonista era voluta. Fino all'ultimo ignorava il contenuto della busta credendosi ormai rovinato, per una bugia materna: c'era il denaro, ma rivolto all'illustre personaggio con il quale aveva rapporti stretti all'insaputa del figlio, avvilito ma educato a farsi gli affari suoi anche in casa.
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Re: Disincanto
Ciao F.M. Rigget, sono lieta che tu abbia gradito la mia storia, pur non esaltante dal punto di vista dei colpi di scena. L'intenzione non era quella, ma di restare nel lato emotivo del tema. Grazie del commento.
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Re: Disincanto
Ciao, Shangai Kid, grazie di avermi fatto notare l'uso eccessivo delle proposizioni, un viziaccio dal quale devo proprio guardarmi ben bene. Sei molto gentile per aver apprezzato la mia storia malgrado questo.
Re: Disincanto
Ciao Alexandra, hai uno stile davvero particolare e che ho trovato affascinante fin dall'inizio. Mi è piaciuto molto come a narrare la storia non siano tanto i personaggi ma gli ambienti che il protagonista attraversa, in un'atmosfera che a tratti fa pensare che sia tutto un sogno: i cubi colorati e fluorescenti, l'austerità del marmo anni trenta, un interno opulento e affollato di oggetti, gli ingranaggi. La potenza evocativa degli scenari resta bene in equilibrio sulle poche "pennellate" che dai del protagonista e della sua storia, equilibrio che si spezza nel paragrafo in cui spieghi i dettagli della lettera della madre, togliendo energia all'atmosfera che avevi creato. Spero di rileggerti ancora perché hai una voce molto interessante!
- Pietro D'Addabbo
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Re: Disincanto
Ciao Alexandra, piacere di leggerti.
Il racconto e' ben scritto, l'ambientazione ben descritta e riconoscibilmente metaforica, il tutto riesce a fare empatizzare il lettore con il protagonista. Tuttavia ho notato gia' in altri racconti su MinutiContati che descrivere un protagonista apatico, poco reattivo a quel che gli accade, porta il lettore nello stesso stato verso quello che legge, quasi di indifferenza.
Mentre leggevo il racconto mi sentivo come se mi stessi prosciugando della possibilita' di entusiasmarmene.
Ti riconosco il merito di aver messo in scena una situazione condivisa da molti 'non-piu-giovani' precari e l'usanza italianissima della bustarella, ma ho finito la lettura con un vuoto emotivo. Perfettamente in sintomia con l'eroe, ma senza l'effetto 'ricreativo' che mi aspetto da un racconto.
Il racconto e' ben scritto, l'ambientazione ben descritta e riconoscibilmente metaforica, il tutto riesce a fare empatizzare il lettore con il protagonista. Tuttavia ho notato gia' in altri racconti su MinutiContati che descrivere un protagonista apatico, poco reattivo a quel che gli accade, porta il lettore nello stesso stato verso quello che legge, quasi di indifferenza.
Mentre leggevo il racconto mi sentivo come se mi stessi prosciugando della possibilita' di entusiasmarmene.
Ti riconosco il merito di aver messo in scena una situazione condivisa da molti 'non-piu-giovani' precari e l'usanza italianissima della bustarella, ma ho finito la lettura con un vuoto emotivo. Perfettamente in sintomia con l'eroe, ma senza l'effetto 'ricreativo' che mi aspetto da un racconto.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)
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Re: Disincanto
Ciao, Ialeti, grazie del commento. Scusa se la seconda parte ha tolto energia al tutto, avrei dovuto incorporare meglio la rivelazione della lettera al resto.
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Re: Disincanto
Ciao, Pietro, scusa, avrei dovuto rendere il personaggio più vivace. Ora ho capito che mi sono sfuggite le possibilità: di certo non era contento della bugia della madre. Aveva finto una rovina economica e invece aveva nascosto il denaro per procurarsi la bustarella per farlo assumere. Ecco un punto su cui lavorare. Grazie infinite.
- Andrea Furlan
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Re: Disincanto
Ciao Alexandra,
Ho trovato il tuo racconto discreto, con una buona struttura e costruzione che porta da A a B, anche fisicamente (per il protagonista). Belle le descrizioni dell'ambientazione che accompagnano l'odissea di Oreste. Forse un po' troppo raccontato, magari lo avresti potuto impostare sul dialogo fra il protagonista e il direttore, dove il primo racconta i suoi trascorsi familiari e le sue perplessità. Ci sono diverse ripetizioni (su tutte la figura della madre che forse potevi rendere meglio) e la costruzione di alcune frasi non molto scorrevole che mi hanno allontanato dalla storia. Per migliorare l’aderenza al tema, che pure mi sembra chiaramente centrato, avrei scelto una professione pubblica ma non nella scuola, dove credo che le possibilità di un direttore o preside non arrivino a imporre l'assunzione di qualcuno. In sintesi una buona prova che avrei rivisto in alcuni passaggi.
Ho trovato il tuo racconto discreto, con una buona struttura e costruzione che porta da A a B, anche fisicamente (per il protagonista). Belle le descrizioni dell'ambientazione che accompagnano l'odissea di Oreste. Forse un po' troppo raccontato, magari lo avresti potuto impostare sul dialogo fra il protagonista e il direttore, dove il primo racconta i suoi trascorsi familiari e le sue perplessità. Ci sono diverse ripetizioni (su tutte la figura della madre che forse potevi rendere meglio) e la costruzione di alcune frasi non molto scorrevole che mi hanno allontanato dalla storia. Per migliorare l’aderenza al tema, che pure mi sembra chiaramente centrato, avrei scelto una professione pubblica ma non nella scuola, dove credo che le possibilità di un direttore o preside non arrivino a imporre l'assunzione di qualcuno. In sintesi una buona prova che avrei rivisto in alcuni passaggi.
- Stefano.Moretto
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Re: Disincanto
Ciao Alexandra
Il tuo racconto mi colpisce molto anche perché ho diversi amici che vivono situazioni abbastanza simili e comprendo il dolore di volere a tutti i costi riuscire a raggiungere un'indipendenza che sembra sempre più una chimera impossibile. Forse l'appunto maggiore che posso fare è che il racconto è un po' "piatto", ovvero il protagonista è molto trascinato dagli eventi senza che lui faccia effettivamente qualcosa. Un po' questo si sente subito all'inizio: un forte senso di rassegnazione per tutto ciò che ha già subito; un po' si vede anche da come si rapporta con gli avvenimenti: ha un guizzo di iniziativa quando capisce di rischiare di finire senza casa, ma poi quando gli viene detto di andare a insegnare alle elementari fa solo una timida protesta che viene interrotta subito sul nascere. Sarebbe interessante vedere uno sviluppo più approfondito di questo racconto, magari come mai OReste è stato ridotto in questo stato di passiva accettazione, o se in futuro riuscirà a riscattarsi e diventare più attivo.
Il tuo racconto mi colpisce molto anche perché ho diversi amici che vivono situazioni abbastanza simili e comprendo il dolore di volere a tutti i costi riuscire a raggiungere un'indipendenza che sembra sempre più una chimera impossibile. Forse l'appunto maggiore che posso fare è che il racconto è un po' "piatto", ovvero il protagonista è molto trascinato dagli eventi senza che lui faccia effettivamente qualcosa. Un po' questo si sente subito all'inizio: un forte senso di rassegnazione per tutto ciò che ha già subito; un po' si vede anche da come si rapporta con gli avvenimenti: ha un guizzo di iniziativa quando capisce di rischiare di finire senza casa, ma poi quando gli viene detto di andare a insegnare alle elementari fa solo una timida protesta che viene interrotta subito sul nascere. Sarebbe interessante vedere uno sviluppo più approfondito di questo racconto, magari come mai OReste è stato ridotto in questo stato di passiva accettazione, o se in futuro riuscirà a riscattarsi e diventare più attivo.
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Re: Disincanto
Ciao, Andrea, scusa per le parti meno riuscite. Grazie del lodevole commento.
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Re: Disincanto
Ciao Stefano, malgrado tutti gli errori il mio messaggio ti è arrivato. In futuro svilupperò meglio il tipo di personaggio. Questo, in base alle tue indicazioni.
Re: Disincanto
Una prova più che buona anche se mi sento di confermare in toto il commento che ti ha fatto Galardini per quanto riguardo il lavoro sul protagonista: non si avverte la giusta tensione nel suo cedere definitivamente alla corruzione. In generale, questo è correlato alle problematiche che contraddistinguono il tuo stile in cui tutto è sempre troppo vincolato a un A che arriva a B in modo troppo diretto. Detto questo, c'è da sottolineare che la forza del racconto rimane comunque evidente con un messaggio forte che risulta ben declinato. Per me, nonostante le problematiche, un pollice quasi su.
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Re: Disincanto
Grazie, Antico, sei generosissimo. Vedrò di stare attenta ai problemi riscontrati nella delineazione del personaggio. Questo, attraverso assidue letture e un quotidiano esercizio letterario.
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