I commenti di STEFANIA TONIOLO ai finalisti!
I commenti di STEFANIA TONIOLO ai finalisti!
Voglio prima di tutto ringraziare partecipanti e organizzatori per questa opportunità. Sono rimasta stupita dalla qualità di molti racconti, soprattutto se penso ai limiti di tempo e al tema difficile che ho scelto! Complimenti davvero, credetemi se vi dico che assegnare alcune posizioni è stato difficilissimo, soprattutto i primi due posti del podio, ci ho veramente perso la testa. Complimenti ancora a tutti quanti!
Stefania Toniolo
E fu sera e fu mattina: complimenti all’autore, che dimostra una scrittura divertente e intelligente e sa racchiudere in poche parole una scena coerente dall’inizio alla fine, senza elementi di disturbo, tagli frettolosi o, al contrario, dilungazioni che fanno perdere preziosi caratteri. Non è affatto scontato saper fare questo in qualche ora. Non è l’unico racconto comedy tra i finalisti (ci sta, visto che è ciò che scrivo), ma è sicuramente quello in cui l’autore si è mostrato più competente nel genere. Ho iniziato a sorridere dalla prima riga quando ho visto che lo psicologo prendeva appunti sul nuovo romanzo anziché sul paziente. Anch’io probabilmente l’avrei fatto se avessi Dio in studio. E qui mi collego al fulcro del racconto: credo anch’io che, se il Padreterno passasse due giorni sulla Terra correrebbe da un terapeuta. L’autore sa intrecciare a una buona prosa molte citazioni “bibliche” tutte assolutamente pertinenti, e mostra di saper padroneggiare i tempi comici a partire dalle prime righe (“tutte le nostre sedute sono di mercoledì”). È davvero pieno di chicche e non c’è niente fuori posto. Il tema è stato reinterpretato in modo originale, confrontando il “terrore” seminato dal Dio del Vecchio Testamento e l’Amore ispirato da Gesù. Che poi fa ridere perché sono la stessa persona. Quello psicologo dovrebbe moltiplicare la parcella per tre. In certi punti mi sono chiesta se il paziente fosse davvero Dio o solo un folle, i repentini cambi di tempo atmosferico non lasciano però dubbi. Sarebbe stato forse interessante portare questo dubbio fino in fondo? Al di là di tutto, complimenti davvero.
Ti vedo meglio al buio, poltergeist: ho adorato questa storia, sia per la gestione del tema che per i risvolti psicologici. Ho provato un’immensa tenerezza nel seguire il rapporto tra lo spirito e il senzatetto. Anche se il tema è stato interpretato in modo forse non originalissimo, ed è facile immaginare come possa finire la storia, è molto piacevole vedere come viene sviluppato. Giocare sulle emozioni (che poi è ciò di cui il protagonista si nutre) e sul legame tra i personaggi ha sicuramente ripagato. Lo stile sa evocare delle belle immagini, contrapponendo un esterno fatiscente da casa infestata a un’interiorità che man mano si scalda. In alcuni punti non sono chiarissimi i turni di parola, così come si perde un po’ il passaggio dal desiderio di “dispetti” del poltergeist alla cura verso l’umano. Già da subito gli prepara, di fatto, del tè, quindi ho visto poco del desiderio di terrorizzare. Qui il limite è, ovviamente, lo stare nei 5000 caratteri, ma se ampliato funzionerebbe benissimo come libro per l’infanzia. Complimenti.
Blietzkrieg d’amore: ho apprezzato che l’autore non abbia preso una creatura del “Pantheon” di mostri classici ma se ne sia inventato uno. Anche se vorrei capire perché questo mostro dei vagoni conosca l’asmr ahahah. Il racconto è comico, vero, ma il dottore tedesco che parla con accento marcato circondato da biondone procaci è un po’ macchiettistico. Non mi è chiarissimo tra l’altro perché il dottore abbia catturato quel mostro per farne un belloccio. Il racconto fila nonostante qualche refuso, anche se i molti stacchi all'inizio si potevano gestire in modo più fluido. Quello che funziona di più è la seconda parte, dove si scopre l'interpretazione data al tema. Apprezzabile e divertente il doppiosenso sul "seminare", che evoca un po' di monsterfucking che non guasta mai. La seconda parte funziona benissimo e ha decretato il punteggio alto, avrei lavorato di più sull’inizio e sul mettere più in risalto il confronto tra il “prima” e il “dopo” del protagonista. Chiaramente è difficilissimo unire tutti questi elementi in modo organico in tempi e spazi così brevi. Pur con qualche perplessità, il racconto è valido e infatti si merita il podio. Complimenti!
Malombra: il racconto è originale ed è interessante seguire il disvelamento della trama e del tema, che viene rispettato unendo un significato metaforico a quello letterale della “semina”. Ho apprezzato molto anche il messaggio finale. All'inizio i nessi sono più chiari e la trama è più organica, si segue con più facilità. Poi, forse un po’ per la fretta e il tempo che stringeva, ho avuto la sensazione che qualche passaggio mi sfuggisse. Rovi, girasoli, malombra… Chiaramente era impossibile spiegare tutto in così pochi caratteri, l'idea è che ci sia tanta carne al fuoco, forse troppa per un racconto così breve, quasi da costruirci un wordlbuilding! Queste atmosfere allucinate e surreali, però, mi piacciono, quindi il racconto si aggiudica una buona posizione.
Chi soffre in silenzio: anche se è facile capire dove andrà a parare la storia e non c’è molta sorpresa, il punto di forza del racconto sono le immagini che evoca. Le descrizioni sono ben fatte e voglio sottolineare in particolar modo l’inizio, nel capanno con i trofei (semina di cosa vedremo più avanti), ma soprattutto il finale, in cui l’autore dà una prova di perturbante più che riuscita (l’ora con i feti che pendono è un’immagine fortissima e disgustosa, straziante). Non mi è chiarissima la parte finale del rito, dalla parte in cui seppellisce il teschio con il “simbolo della vita” (che simbolo è? A me viene in mente l’ankh egizio ma non so quanto lo connetterei a un rito legato ai boschi). Lì il protagonista stava portando avanti il rito iniziale? O aveva già cambiato idea, avendo capito chi fosse davvero lo spirito, e stava compiendo un gesto per “liberarli”? nonostante i passi non chiari è un racconto solido che regala un bel messaggio e qualche brivido qua e là.
Krampuslauf: uno dei punti di forza di questo racconto è l’ottima prosa dell’autore, che non credo sia una penna alle prime armi, per stile e gestione del ritmo. La scrittura qui sa evocare immagini vivide ma anche sporche, legandosi a tradizione folkloristiche che l’autore sembra conoscere bene. Nel racconto emerge il passaggio all’età adulta e la fatica di mantenersi sulla china tra bestia e uomo. Il protagonista si sente grande all’idea di fare sesso son Sonia, ma, nel suo esprimerlo in modo violento, resta piccolo. L’espressione del rapporto consensuale, alla fine, potrebbe invece essere il vero segno del raggiungimento dell’età adulta. È un racconto che osa, dal punto di vista morale, ma questo solleva un problema legato all’empatia. Arriviamo all’ultima scena in odore di violenza carnale, il che fa perdere l’empatia verso il protagonista. Per recuperarla, non credo basti un “pentimento” all’ultimo secondo. Non ci godiamo davvero la parte di “amore”, che non riesce a ripulire il “terrore” provato prima. Forse avrei lavorato di più per equilibrare queste due parti. Una soluzione poteva essere giocare di più sull’ambiguità, mostrare meglio come questa notte dove tutto è permesso inneschi un gioco tra maschi e femmine, che “inscenano” rapimenti per infrattarsi nei boschi. Il finale è un po’ affrettato e sembra quasi voler rassicurare il lettore, che però fino a un secondo prima stava praticamente leggendo un racconto horror. Faccio comunque i complimenti all’autore per essersi spinto in un sentiero a dir poco spinoso. Credo che, rimaneggiato e allungato dei caratteri necessari, farebbe un’ottima figura in un’antologia.
Cthulhulove: il racconto è buono, scritto con uno stile scorrevole che si adatta al genere scelto. La parte più spassosa è senza dubbio la critica al mondo dell’editoria, descritto in modo così cinico che temo l’autore lo conosca bene. Scommetto che un emergente pazzoide come lo scrittore di questo racconto lo abbiamo incontrato tutti, bazzicando nei forum, impossibile non provare empatia per il poveraccio che deve valutarlo (ma anche un po’ per lui, in fondo ha passione…). Divertenti anche le battute metanarrative su Lovecraft e sul libro “che non si può descrivere”, anche se forse alla lunga sono un po’ ridondanti. Il finale, purtroppo, non mi ha colpita quanto le premesse del racconto. L’autore già aveva fatto capire che sarebbe emerso l’elemento romance dalle prime battute ("amore tra grandi antichi"), nell’istante in cui ho letto quella frase ho saputo come sarebbe finito. E mi stupisce che anche il protagonista non ci abbia pensato. Qui una soluzione la poteva offrire Lovecraft stesso, che include la parola “love” nel suo nome, e forse si poteva giocare proprio su questo (“posso trasformare Lovecraft in LOVEcraft, se lo vuoi”, il che sarebbe stato anche una bella frecciatina a quanto gli autori si possono piegare a 90 per essere pubblicati). È uno dei racconti in cui il tema è stato declinato in modo più originale.
Il topo mannaro non esiste: ho un debole per le storie un po’ dark rivolte ai bambini, da piccola andavo matta per i libri con i mostri e vorrei che ce ne fossero di più. Come “ti vedo meglio al buio poltergeist” e “l’ultimo sussurro”, anche questo racconto starebbe bene in una raccolta di racconti per i più piccoli. L’aspetto migliore del racconto è la semina sull’identità del mostro, Fabio all'inizio sembra avere paura del topo – reazione pienamente comprensibile contando che è solo un bimbo in un orfanotrofio – e poi si scopre che aveva paura di essere scoperto, catturato ed eliminato. Ho notato come la pronuncia di "strategia" segni l'evoluzione del protagonista, è come se diventasse grande quando sceglie l’affetto verso Fabio. Il rischio di scrivere nel punto di vista di un bambino è di “Infantilizzare” un po’ troppo la prosa e al tempo stesso non sapersi focalizzare del tutto nel punto di vista (ad esempio, fatica a dire “strategia” ma conosce il termine “albino”). Resta comunque una buona prova, che fa della tenerezza il suo punto forte.
L’ultimo sussurro: il tema è interpretato in modo non molto originale ma più che pertinente, e la storia è molto tenera, mi ha fatto pensare al GGG. Credo che, evitando di citare elementi non necessari alla premessa o alla trama (la fata, il fatto che materializza gli oggetti che simboleggiano chi si è spaventato…), si potessero guadagnare caratteri preziosi per svolgere meglio il tema. Il confronto tra l'atmosfera e i toni da fiaba e il contenuto dark poteva rappresentare davvero il punto di forza del racconto, che però resta un po' infantile anche nella parte di "violenza" (ad esempio nella replica del tono strascicato del padre, più macchiettistico che spaventoso). Con i giusti dettagli, un’atmosfera più cupa, e giocando un po' di più sul non detto (ad esempio suggerendo la violenza e lasciandoci immaginare un orrore più grande di “Nonno Dario”) sarebbe stato un racconto solidissimo.
Ufficio di ricollocamento: anche questo è un racconto che mi ha fatta sorridere. Contiene anche un simpatico easter egg su Lovecraft che ho apprezzato. Non sempre le immagini scelte sono efficacissime, ad esempio la parola “Barbapapà” fa ridere la prima volta perché straniante in un contesto mostruoso (e al tempo stesso funziona perché dà l’idea di qualcosa di gommoso e modellabile), ma alla terza ripetizione è ridondante e funziona molto meno. Il tema c’è ma poteva essere svolto in modo più efficace: stando un po' meno sulla parte centrale e un po' più sulla fine, ad esempio, si poteva parlare un po' di più di quanto possa essere spaventoso l'amore, commento interessante che resta un po’ buttato lì, e che invece poteva essere l’elemento cardine su cui declinare il tema in modo originale. Adoro Orrore Inimmaginabile, comunque, ne voglio uno.
Ufficio collocamento mostri: perché il vampiro è francese? Scherzi a parte, il racconto è divertente e c’è sotto una bella stilettata contro le risorse umane e gli uffici di collocamento che trattano come mostri dei poveretti in cerca di lavoro. È un racconto di genere comedy ma non tutti i tentativi di far ridere funzionano, ad esempio "esseri diversamente spaventosi" al posto di mostri non funziona benissimo, quindi gli umani sono spaventosi in modo regular? Che posso essere d’accordo, eh, l’uomo è il vero mostro sempre e comunque, ma visto che è un nome scelto proprio dagli umani, dubito che abbiano fatto questo ragionamento ahahaha. Mettono il vampiro a fare l'infermiere, tra l'altro? Lo volevano proprio far fuori, come pensavano che sarebbe finita? Ahaha ma d’altra parte, il mondo del lavoro a volte è surreale. La declinazione del tema è chiara, il protagonista non può più essere un vampiro e si ricicla, ma lo svolgimento del tema non mi ha convinta fino in fondo: finisce in un lavoro di cura non per sua volontà e non ho sentito un affetto verso Giorgia che manifestasse quella parte di “amore”.
Vamp Kitchen: in questo racconto c’è un aspetto che l’autore padroneggia in modo impeccabile: il filtro. La parte più interessante e che funziona meglio è la descrizione che il protagonista vampiro fa della città, degli oggetti moderni che vede (artefatto luminoso) o i ruoli che non comprende (il presentatore televisivo che diventa un giullare). La visita di umani “moderni” che non si spaventano più dei mostri è un tropo che ho già incontrato in vari media ma di cui mi stanco difficilmente, ma qui mi sembra di aver perso un po’ di nessi tra gli eventi, soprattutto dall’arrivo in città in avanti. Perché colpisce così tanto un vampiro che di fatto è un tizio pallido vestito in modo gotico? A Milano in pieno giorno ho incontrato gente ben più bizzarra. Per quanto apprezzi (ovviamente!) il connubio mostro/televisione (perché il mostro è prima di tutto monstrum, prodigio, qualcosa da guardare), ma perché proprio un programma di cucina? E cosa convince il vampiro ad accettare, di colpo, se nemmeno sa cos’è la televisione? Il cambiamento quando vede la ragazza nel pubblico mi è apparto repentino e finalizzato a rispettare il tema, più che una conseguenza logica di quanto narrato. Mi domando anche perché i turisti urbex siano ancora lì al castello nonostante il tempo passato ahahah, ma auguro al signor vampiro e alla sua consorte migliaia di baci di fronte all’”artefatto luminoso”, chissà cosa si inventeranno!
Stefania Toniolo
E fu sera e fu mattina: complimenti all’autore, che dimostra una scrittura divertente e intelligente e sa racchiudere in poche parole una scena coerente dall’inizio alla fine, senza elementi di disturbo, tagli frettolosi o, al contrario, dilungazioni che fanno perdere preziosi caratteri. Non è affatto scontato saper fare questo in qualche ora. Non è l’unico racconto comedy tra i finalisti (ci sta, visto che è ciò che scrivo), ma è sicuramente quello in cui l’autore si è mostrato più competente nel genere. Ho iniziato a sorridere dalla prima riga quando ho visto che lo psicologo prendeva appunti sul nuovo romanzo anziché sul paziente. Anch’io probabilmente l’avrei fatto se avessi Dio in studio. E qui mi collego al fulcro del racconto: credo anch’io che, se il Padreterno passasse due giorni sulla Terra correrebbe da un terapeuta. L’autore sa intrecciare a una buona prosa molte citazioni “bibliche” tutte assolutamente pertinenti, e mostra di saper padroneggiare i tempi comici a partire dalle prime righe (“tutte le nostre sedute sono di mercoledì”). È davvero pieno di chicche e non c’è niente fuori posto. Il tema è stato reinterpretato in modo originale, confrontando il “terrore” seminato dal Dio del Vecchio Testamento e l’Amore ispirato da Gesù. Che poi fa ridere perché sono la stessa persona. Quello psicologo dovrebbe moltiplicare la parcella per tre. In certi punti mi sono chiesta se il paziente fosse davvero Dio o solo un folle, i repentini cambi di tempo atmosferico non lasciano però dubbi. Sarebbe stato forse interessante portare questo dubbio fino in fondo? Al di là di tutto, complimenti davvero.
Ti vedo meglio al buio, poltergeist: ho adorato questa storia, sia per la gestione del tema che per i risvolti psicologici. Ho provato un’immensa tenerezza nel seguire il rapporto tra lo spirito e il senzatetto. Anche se il tema è stato interpretato in modo forse non originalissimo, ed è facile immaginare come possa finire la storia, è molto piacevole vedere come viene sviluppato. Giocare sulle emozioni (che poi è ciò di cui il protagonista si nutre) e sul legame tra i personaggi ha sicuramente ripagato. Lo stile sa evocare delle belle immagini, contrapponendo un esterno fatiscente da casa infestata a un’interiorità che man mano si scalda. In alcuni punti non sono chiarissimi i turni di parola, così come si perde un po’ il passaggio dal desiderio di “dispetti” del poltergeist alla cura verso l’umano. Già da subito gli prepara, di fatto, del tè, quindi ho visto poco del desiderio di terrorizzare. Qui il limite è, ovviamente, lo stare nei 5000 caratteri, ma se ampliato funzionerebbe benissimo come libro per l’infanzia. Complimenti.
Blietzkrieg d’amore: ho apprezzato che l’autore non abbia preso una creatura del “Pantheon” di mostri classici ma se ne sia inventato uno. Anche se vorrei capire perché questo mostro dei vagoni conosca l’asmr ahahah. Il racconto è comico, vero, ma il dottore tedesco che parla con accento marcato circondato da biondone procaci è un po’ macchiettistico. Non mi è chiarissimo tra l’altro perché il dottore abbia catturato quel mostro per farne un belloccio. Il racconto fila nonostante qualche refuso, anche se i molti stacchi all'inizio si potevano gestire in modo più fluido. Quello che funziona di più è la seconda parte, dove si scopre l'interpretazione data al tema. Apprezzabile e divertente il doppiosenso sul "seminare", che evoca un po' di monsterfucking che non guasta mai. La seconda parte funziona benissimo e ha decretato il punteggio alto, avrei lavorato di più sull’inizio e sul mettere più in risalto il confronto tra il “prima” e il “dopo” del protagonista. Chiaramente è difficilissimo unire tutti questi elementi in modo organico in tempi e spazi così brevi. Pur con qualche perplessità, il racconto è valido e infatti si merita il podio. Complimenti!
Malombra: il racconto è originale ed è interessante seguire il disvelamento della trama e del tema, che viene rispettato unendo un significato metaforico a quello letterale della “semina”. Ho apprezzato molto anche il messaggio finale. All'inizio i nessi sono più chiari e la trama è più organica, si segue con più facilità. Poi, forse un po’ per la fretta e il tempo che stringeva, ho avuto la sensazione che qualche passaggio mi sfuggisse. Rovi, girasoli, malombra… Chiaramente era impossibile spiegare tutto in così pochi caratteri, l'idea è che ci sia tanta carne al fuoco, forse troppa per un racconto così breve, quasi da costruirci un wordlbuilding! Queste atmosfere allucinate e surreali, però, mi piacciono, quindi il racconto si aggiudica una buona posizione.
Chi soffre in silenzio: anche se è facile capire dove andrà a parare la storia e non c’è molta sorpresa, il punto di forza del racconto sono le immagini che evoca. Le descrizioni sono ben fatte e voglio sottolineare in particolar modo l’inizio, nel capanno con i trofei (semina di cosa vedremo più avanti), ma soprattutto il finale, in cui l’autore dà una prova di perturbante più che riuscita (l’ora con i feti che pendono è un’immagine fortissima e disgustosa, straziante). Non mi è chiarissima la parte finale del rito, dalla parte in cui seppellisce il teschio con il “simbolo della vita” (che simbolo è? A me viene in mente l’ankh egizio ma non so quanto lo connetterei a un rito legato ai boschi). Lì il protagonista stava portando avanti il rito iniziale? O aveva già cambiato idea, avendo capito chi fosse davvero lo spirito, e stava compiendo un gesto per “liberarli”? nonostante i passi non chiari è un racconto solido che regala un bel messaggio e qualche brivido qua e là.
Krampuslauf: uno dei punti di forza di questo racconto è l’ottima prosa dell’autore, che non credo sia una penna alle prime armi, per stile e gestione del ritmo. La scrittura qui sa evocare immagini vivide ma anche sporche, legandosi a tradizione folkloristiche che l’autore sembra conoscere bene. Nel racconto emerge il passaggio all’età adulta e la fatica di mantenersi sulla china tra bestia e uomo. Il protagonista si sente grande all’idea di fare sesso son Sonia, ma, nel suo esprimerlo in modo violento, resta piccolo. L’espressione del rapporto consensuale, alla fine, potrebbe invece essere il vero segno del raggiungimento dell’età adulta. È un racconto che osa, dal punto di vista morale, ma questo solleva un problema legato all’empatia. Arriviamo all’ultima scena in odore di violenza carnale, il che fa perdere l’empatia verso il protagonista. Per recuperarla, non credo basti un “pentimento” all’ultimo secondo. Non ci godiamo davvero la parte di “amore”, che non riesce a ripulire il “terrore” provato prima. Forse avrei lavorato di più per equilibrare queste due parti. Una soluzione poteva essere giocare di più sull’ambiguità, mostrare meglio come questa notte dove tutto è permesso inneschi un gioco tra maschi e femmine, che “inscenano” rapimenti per infrattarsi nei boschi. Il finale è un po’ affrettato e sembra quasi voler rassicurare il lettore, che però fino a un secondo prima stava praticamente leggendo un racconto horror. Faccio comunque i complimenti all’autore per essersi spinto in un sentiero a dir poco spinoso. Credo che, rimaneggiato e allungato dei caratteri necessari, farebbe un’ottima figura in un’antologia.
Cthulhulove: il racconto è buono, scritto con uno stile scorrevole che si adatta al genere scelto. La parte più spassosa è senza dubbio la critica al mondo dell’editoria, descritto in modo così cinico che temo l’autore lo conosca bene. Scommetto che un emergente pazzoide come lo scrittore di questo racconto lo abbiamo incontrato tutti, bazzicando nei forum, impossibile non provare empatia per il poveraccio che deve valutarlo (ma anche un po’ per lui, in fondo ha passione…). Divertenti anche le battute metanarrative su Lovecraft e sul libro “che non si può descrivere”, anche se forse alla lunga sono un po’ ridondanti. Il finale, purtroppo, non mi ha colpita quanto le premesse del racconto. L’autore già aveva fatto capire che sarebbe emerso l’elemento romance dalle prime battute ("amore tra grandi antichi"), nell’istante in cui ho letto quella frase ho saputo come sarebbe finito. E mi stupisce che anche il protagonista non ci abbia pensato. Qui una soluzione la poteva offrire Lovecraft stesso, che include la parola “love” nel suo nome, e forse si poteva giocare proprio su questo (“posso trasformare Lovecraft in LOVEcraft, se lo vuoi”, il che sarebbe stato anche una bella frecciatina a quanto gli autori si possono piegare a 90 per essere pubblicati). È uno dei racconti in cui il tema è stato declinato in modo più originale.
Il topo mannaro non esiste: ho un debole per le storie un po’ dark rivolte ai bambini, da piccola andavo matta per i libri con i mostri e vorrei che ce ne fossero di più. Come “ti vedo meglio al buio poltergeist” e “l’ultimo sussurro”, anche questo racconto starebbe bene in una raccolta di racconti per i più piccoli. L’aspetto migliore del racconto è la semina sull’identità del mostro, Fabio all'inizio sembra avere paura del topo – reazione pienamente comprensibile contando che è solo un bimbo in un orfanotrofio – e poi si scopre che aveva paura di essere scoperto, catturato ed eliminato. Ho notato come la pronuncia di "strategia" segni l'evoluzione del protagonista, è come se diventasse grande quando sceglie l’affetto verso Fabio. Il rischio di scrivere nel punto di vista di un bambino è di “Infantilizzare” un po’ troppo la prosa e al tempo stesso non sapersi focalizzare del tutto nel punto di vista (ad esempio, fatica a dire “strategia” ma conosce il termine “albino”). Resta comunque una buona prova, che fa della tenerezza il suo punto forte.
L’ultimo sussurro: il tema è interpretato in modo non molto originale ma più che pertinente, e la storia è molto tenera, mi ha fatto pensare al GGG. Credo che, evitando di citare elementi non necessari alla premessa o alla trama (la fata, il fatto che materializza gli oggetti che simboleggiano chi si è spaventato…), si potessero guadagnare caratteri preziosi per svolgere meglio il tema. Il confronto tra l'atmosfera e i toni da fiaba e il contenuto dark poteva rappresentare davvero il punto di forza del racconto, che però resta un po' infantile anche nella parte di "violenza" (ad esempio nella replica del tono strascicato del padre, più macchiettistico che spaventoso). Con i giusti dettagli, un’atmosfera più cupa, e giocando un po' di più sul non detto (ad esempio suggerendo la violenza e lasciandoci immaginare un orrore più grande di “Nonno Dario”) sarebbe stato un racconto solidissimo.
Ufficio di ricollocamento: anche questo è un racconto che mi ha fatta sorridere. Contiene anche un simpatico easter egg su Lovecraft che ho apprezzato. Non sempre le immagini scelte sono efficacissime, ad esempio la parola “Barbapapà” fa ridere la prima volta perché straniante in un contesto mostruoso (e al tempo stesso funziona perché dà l’idea di qualcosa di gommoso e modellabile), ma alla terza ripetizione è ridondante e funziona molto meno. Il tema c’è ma poteva essere svolto in modo più efficace: stando un po' meno sulla parte centrale e un po' più sulla fine, ad esempio, si poteva parlare un po' di più di quanto possa essere spaventoso l'amore, commento interessante che resta un po’ buttato lì, e che invece poteva essere l’elemento cardine su cui declinare il tema in modo originale. Adoro Orrore Inimmaginabile, comunque, ne voglio uno.
Ufficio collocamento mostri: perché il vampiro è francese? Scherzi a parte, il racconto è divertente e c’è sotto una bella stilettata contro le risorse umane e gli uffici di collocamento che trattano come mostri dei poveretti in cerca di lavoro. È un racconto di genere comedy ma non tutti i tentativi di far ridere funzionano, ad esempio "esseri diversamente spaventosi" al posto di mostri non funziona benissimo, quindi gli umani sono spaventosi in modo regular? Che posso essere d’accordo, eh, l’uomo è il vero mostro sempre e comunque, ma visto che è un nome scelto proprio dagli umani, dubito che abbiano fatto questo ragionamento ahahaha. Mettono il vampiro a fare l'infermiere, tra l'altro? Lo volevano proprio far fuori, come pensavano che sarebbe finita? Ahaha ma d’altra parte, il mondo del lavoro a volte è surreale. La declinazione del tema è chiara, il protagonista non può più essere un vampiro e si ricicla, ma lo svolgimento del tema non mi ha convinta fino in fondo: finisce in un lavoro di cura non per sua volontà e non ho sentito un affetto verso Giorgia che manifestasse quella parte di “amore”.
Vamp Kitchen: in questo racconto c’è un aspetto che l’autore padroneggia in modo impeccabile: il filtro. La parte più interessante e che funziona meglio è la descrizione che il protagonista vampiro fa della città, degli oggetti moderni che vede (artefatto luminoso) o i ruoli che non comprende (il presentatore televisivo che diventa un giullare). La visita di umani “moderni” che non si spaventano più dei mostri è un tropo che ho già incontrato in vari media ma di cui mi stanco difficilmente, ma qui mi sembra di aver perso un po’ di nessi tra gli eventi, soprattutto dall’arrivo in città in avanti. Perché colpisce così tanto un vampiro che di fatto è un tizio pallido vestito in modo gotico? A Milano in pieno giorno ho incontrato gente ben più bizzarra. Per quanto apprezzi (ovviamente!) il connubio mostro/televisione (perché il mostro è prima di tutto monstrum, prodigio, qualcosa da guardare), ma perché proprio un programma di cucina? E cosa convince il vampiro ad accettare, di colpo, se nemmeno sa cos’è la televisione? Il cambiamento quando vede la ragazza nel pubblico mi è apparto repentino e finalizzato a rispettare il tema, più che una conseguenza logica di quanto narrato. Mi domando anche perché i turisti urbex siano ancora lì al castello nonostante il tempo passato ahahah, ma auguro al signor vampiro e alla sua consorte migliaia di baci di fronte all’”artefatto luminoso”, chissà cosa si inventeranno!
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