Atmosfere myazakiane per un racconto che in pochi caratteri ricostruisce un’intera Storia. Alberto Priora c’insegna che il potere della suggestione può fermare interi eserciti.
Il Guardiano è un gigante di metallo alto venti metri, che da nove generazioni si trova davanti al lago, tra i campi coltivati e le zone boschive. I suoi lineamenti inespressivi puntano verso il canyon che conduce al deserto e i suoi occhi luccicano a ogni calar del sole, facendo scendere come lacrime lunghi scintillii di luce colorata. Chiunque si trovi a percorrere le piste tracciate nella sabbia non può evitare di scorgerlo e temerlo da lontano, fermo nel punto in cui è atterrato dopo il guasto.
Un antico patto lega la famiglia ducale e la popolazione della grande e fertile vallata al pilota originale del Guardiano. Averlo nascosto nel suo esilio di unico sopravvissuto dopo la Guerra Spaventosa, e avergli concesso in sposa la figlia, ha garantito una protezione estesa all’infinito, tramandata dal dna originale, legato in esclusiva con la sua doppia elica a quel cuore meccanico.
Di padre in figlio i segreti del pilota sono stati trasmessi cerimoniosamente in attesa di una minaccia in grado di sconvolgere l’antica colonia isolata dal resto del pianeta. Fin dal principio, ogni giorno di ogni mese di ogni anno, il pilota designato ha mostrato come era occupato a controllare circuiti e meccanismi, ad asportare polvere e lustrare superfici, ripetendo gesti e parole con un misticismo che altrove, o in altri tempi, avrebbe creato religioni. Le promesse di potenza del gigante sono valse mille dimostrazioni.
Così, quando alla nona generazione di pace un esercito avvistato in fuga nel deserto decise che penetrare in quella vallata, di cui i mercanti avevano mormorato riverenti fin oltre il volo degli uccelli più resistenti, fosse un destino preferibile alla morte tra la sabbia, il pilota uscì di casa con calma, passando tra la gente con le mani alzate come in una benedizione.
Raggiunse il Guardiano e, seguito dagli sguardi di tutti, pose la mano sul rivelatore che avrebbe bruciato chiunque non possedesse i suoi tratti genetici. Fece scorrere il portello ed entrò nella cabina.
Lontano, nel deserto oltre il canyon, un’orda di piccole figure in sella a ogni tipo di mezzo meccanico si avvicinava avvolta in un sudario di disperazione, in corsa per scaricare tutte le munizioni ancora disponibili.
Il pilota ripensò a quanto gli aveva rivelato suo padre; le parole dette a sua volta da suo nonno; le frasi ripetute e trasmesse tante volte quante erano state le generazioni.
Poi attese.
Quando l’orda uscì dall’ombra del canyon, turbolenta come un’onda del mare, il pilota spinse un bottone.
Gli occhi del Guardiano si dipinsero di fuoco e sciolsero l’avanguardia in una fusione oscena di carne e metallo.
«Il guasto è irreparabile e non esistono più ricambi. Quando capiterà, avrai un solo e unico colpo, perché un secondo ti farà esplodere assieme a tutta la vallata. La tua arma più potente sarà il segreto di essere l’unico a saperlo.»
Il pilota spinse un altro bottone e il braccio del Guardiano si alzò con un gesto minaccioso.
Bastò a respingere l’invasore.
Un racconto di grande impatto scenico, quasi una fiaba del futuro narrata con toni epici. Bellissima immagine quella del gigante a guardia della vallata. Come pure quella del pilota, espressione di una simbiosi perfetta tra intruso e territorio. Finale spiazzante, molto bello. Manca però qualcosa…