«No, no e ancora no!» rifiutò Farus.
«Allora ti tiri indietro?» lo incalzò Denor.
«Indietro un cazzo…»
«Ah, lo sapevo!» lo canzonò Denor «Alla fine l’hai detta tu per primo quella parola. Ho vinto! Ci sono voluti ben diecimila anni, ma ora quella fetta di universo è mia di diritto».
L’aura di Farus era livida «Fai come ti pare» borbottava muovendo teatralmente la mano nel vuoto dello spazio «Del resto ero stufo di questa scommessa idiota. Ho altro di cui occuparmi, io…» e volse le spalle all’amico, andandosene.
«Ho ben altro di cui gné gné» lo scimmiottò Denor «Intanto quello e pure quello alla fine sono diventati miei.»
Farus si fermò «Come hai detto, scusa?»
«Su, su dai» replicò Denor. «Non c’è bisogno di fare i sostenuti. In fondo siamo déi, mica bambini del… del… come li chiamano su quel tuo pianeta tanto divertente?»
«Dell’asilo, perdinci, bambini dell’asilo» sospirò Farus «E poi voglio la rivincita e in palio metto proprio il pianeta Azzurro».
«Come? Hanno udito bene le mie millenarie orecchie? Butti sul tavolo il gioiello dei gioielli?»
«Uhm… vedo però che termini di gioco ti rimangono subito impressi»
«Già, e conosco anche altre meraviglie di laggiù: gli abissi del mare, il nocciolo rovente di ferro e ultima ma non ultima, la pasta!»
«La pas… lasciamo perdere. Comunque la sfida è questa: dovrai andare sul pianeta e annunciarne la fine»
«Bah, non mi pare una gran prova» commentò Denor «Vado».
«Aspetta!» lo bloccò Farus «Non ho ancora dettato le condizioni. Per dare l’annuncio non dovrai dire chi sei o il gioco che fai e pur potendo scegliere come destinatario un individuo qualsiasi, purché consapevole, cosciente e sveglio, finché sarai lì, né tu, né lui dovrete pronunciare la parola ‘fine’».
«Facile» e sparì.
Il tizio si avvicinò al cuoco che fumava sul retro del ristorante.
«Salve azzurrese cucinatore».
«Azzurcucinache?» rispose quello, gettando il mozzicone.
«Devo annunciarti la conclusione dell’esistenza del pianeta».
«Cioè, la fi…»
«… nché tutto non sarà chiaro, sarebbe meglio non saltare a definizioni affrettate» lo bloccò in tempo.
«Come vuoi, comunque il ricovero per barboni, casi umani e annunciatori di catastrofi si trova un isolato più avanti».
«Non posso dirti chi io sia, ma grazie ai cavilli presenti in ogni accordo, farò di meglio: te lo mostrerò».
Un bagliore si sprigionò da lui, saette proruppero da cielo e la terra si scosse.
Il povero cuoco cadde a terra bocconi, atterrito da tanta potenza «Okay, okay, ti ascolto» mugolò.
«Bene» constatò soddisfatto Denor «come stavo dicendo, l’esistenza del tuo mondo è giunta al termine, hai compreso quanto ho detto?»
«Sì, sì, certo! Siamo alla fi…»
«… ngi di scordarti quel termine, perme!» esclamò, azzittendolo «Bene, e ora per festeggiare la vittoria, ti ordino di rivelarmi l’ormai inutile segreto della vostra meravigliosa pasta»
«L’acqua di Napoli, il grano del senese e il sale della Sardegna»
«Grosso?»
«Dai Denor, torna qua» lo implorava Farus «Va bene non saper perdere, ma addirittura mettersi a piangere…»
