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Ciao Flavia, grazie del commento. Quanto ai dialoghi permettimi di dissentire: ne esistono le più svariate forme. In questo caso la mia è stata una precisa scelta sulla falsariga dello stile di McCarthy. Basta dare un occhio ai dialoghi di Meridiano di sangue, ad esempio. Scelta stilistica riportata anche nelle diverse edizioni, nel caso italiano la Einaudi, e rispettata dal traduttore (in questo caso Raul Montanari). Ritengo che la forma del dialogo sia molto personale, non a caso la formattazione varia addirittura da editore a editore. Nel mio caso specifico ho voluto omettere qualsiasi segno grafico per rispettare il senso di straniamento e di crudezza.
questo non vuol dire che ignori deliberatamente le regole di formattazione, ma in alcuni casi ritengo possano essere “piegate”
2 ottobre 2015 alle 20:51 in risposta a: Gruppo FRINGE: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #11584Scusatemi per la fretta, i singoli commenti sono nei relativi thread. Qua di seguito la classifica
1) Speck Spray
2) Anita dall’impermeabile giallo
3) Susy
4) Lapidbook
9)Noi due
11)La vecchia villa misteriosa
12)Hearthole
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 7 mesi fa da
Alberto Della Rossa.
Adesso Fernando farò una cosa che mi inimicherà molte persone. Me ne fotto del tema, che davvero non riesco a vedere (e potrebbe, anzi SPERO che sia un limite mio) e ti metto primo, perché il tuo racconto è assolutamente geniale. Mi hai fatto ridere, il dialogo è ben costruito (eccezion fatta che all’inizio) e nella sua follia è assolutamente credibile. Riesci a trasmettere la passione del cuoco, la VERA passione, e a infondere nel lettore il disgusto per le poltiglie che descrive. Alla “giallognola mestizia” del grasso avevo un sorriso ebete sul volto…e ce l’ho ancora. E il finale, il FINALE! Eccellente davvero.
Devo solo dirti grazie per i meravigliosi 3 minuti di allegria che mi hai donato.
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 7 mesi fa da
Alberto Della Rossa.
Ciao Marina. Il racconto è molto sentito e partecipato, se vogliamo. La storia tuttavia è abbastanza banale, ma bada! non è necessariamente un problema. Il punto debole del racconto è forse lo stile: usando meno tell e più show, sicuramente l’impatto ne guadagnerà. Perché comunque sei capace di trasmettere emozioni e sensazioni – quello che manca è appunto uno stile diverso, meno raccontato.
Un bel racconto, anche se non amo particolarmente questo tipo di strutture. Però fila, è gustoso, fa ridere ed è pieno di umorismo nero, un po alla BeetleJuice, quindi non posso certo rimanere indifferente
Ho apprezzato molto il riferimento a Buscaglione, che ho colto fin dalle prime battute. Che dire, bravo, decisamente un’ottima prova.
Ciao Andrea. Racconto tosto da digerire. Partiamo con ordine: la prosa direi che va bene, molto neutra. Mi ha ricordato un po’ Asimov, con una asetticità del tutto matematica, passami il termine. Il problema del racconto è l’estremo tecnicismo sotteso: non permetti, a chi non conosce la teoria delle bolle e del multiverso, di comprendere ciò che accade, e questo è un limite. Un limite perché, giustamente, ti sei tenuto lontano dall’infodump, ma non hai nemmeno concesso al lettore medio di capire il fondamento del racconto. A me è piaciuto, decisamente da sviluppare come idea (anche se di SF sul tema ne è stata scritta). Dovresti lavorare di più sulla veicolazione del “senso” della storia.
P.S. Mi è piaciuto molto il riferimento al sense of wonder, al desiderio di ricerca che c’è in ogni scienziato, ricercatore e geek.
Oh. Bene. E sai perché? Al di là della forma, che in alcuni punti può essere migliorata, sei riuscito a sbattermi qua e là come uno straccio. Perché l’inizio è potente, molto scuro. Poi la comparsa dell’elfa, il modo nel quale si rivolge a Curtis mi ha strappato dall’estasi perché mi ha fatto pensare “ma no, dai, così banale?”. E poi la chiusa, dove ribalti la prospettiva col riferimento al GRV, che mi ha fatto sorridere. Ma la cosa migliore è che, non so se volontariamente o meno, il racconto è zeppo dei luoghi comuni del GRV. Gira tutto intorno all’immaginario collettivo dei nerd (del quale facevo e faccio parte tuttora anche io, pur non giocando più da anni). Insomma, alla fine sei riuscito a prendermi, in maniera davvero inusuale!
Davvero poco da dire Marina, il racconto è scritto bene, lo stile assolutamente funzionale alla trama. Mi piace molto la delicatezza con la quale hai affrontato il tema e come sei riuscita a trasmettere, non solo nella scena finale, il rapporto speciale, quasi simbiontico, tra nonno e nipote. Il tema, quello del bullismo in rapporto ala disabilità non è certo nuovo, ma come l’hai trattato, le pennellate quasi naif con le quali hai descritto il tutto meritano davvero un plauso.
Ciao Luchiastro,
il racconto mi spiazza un poco. Lo trovo confuso, con alcune costruzioni sintattiche davvero contorte, eppure non posso dire che non mi sia piaciuto. È come se, sotto la formaun po’ claudicante, ci fossero delle suggestioni che mi intrigano, che mi tengono col fiato sospeso. Quindi, a differenza di altri racconti, a te dico: sistema la forma e il racconto può decisamente migliorare, soprattutto se riesci a mantenere alta l’aspettativa. Un consiglio: non spiegare troppo, nella riscrittura. Lascia del mistero, finanche del dubbio, altrimenti perdi l’anima del racconto.
Ciao Raffaele. Racconto ottimamente scritto, come al solito d’altronde. Nulla da eccepire su prosa e stile, perfettamente funzionali. Tuttavia come già sollevato da altri, trovo che questo sia un racconto molto furbo. Perché fa leva sul senso di compassione e questo, come è noto, tende a influenzare il giudizio degli altri. Ti dirò di più: non fosse stato per la dedica finale, ci sarei passato sopra; ma è proprio questo colpo di coda che mi ha reso il racconto indigeribile. Perché è vero, sacrosanto, assistiamo a una tragedia – e proprio quella dedica è terribilmente fuori luogo. Dice, urla: ei, io, io! Sono pieno di buoni sentimenti. E una storia che narra questo non dovrebbe avere buoni sentimenti, dovrebbe colpire allo stomaco, schiaffeggiarti con la realtà dell’apocalisse di queste persone.
Quindi: racconto ineccepibile o quasi sul piano formale (anche se il “dicono siano esseri ostili” è una caduta di tono e di stile che mina la credibilità – inverosimile siano le parole di un ragazzino. Capisco che sia funzionale al racconto ma forse è troppo calcato), ho invece da ridire parecchio sul trattamento. Non volermene, è un sentito personale, e pertanto nulla toglie alla validità formale del racconto.
La vecchia villa misteriosa – di Nicoletta Fanuele
Ciao Nicoletta. Sulla prosa nulla da dire, eccezion fatta per il periodare per i miei gusti troppo ipotattico: in questo racconto avrei visto una sintassi più complessa. Al di là di questo, che rimane nel campo dell’opinione personale, è la storia a reggere poco, e la sospensione d’incredulità va a farsi benedire già dalle prime righe dove trovo la protagonista che gira col naso per aria e, senza farsi alcuna domanda, va proprio verso le rogne – praticamente lo stereotipo del film horror, dove la gente, invece di usare il buon senso va a cacciarsi nelle peggio situazioni. Ci sono salti temporali e spaziali poco giustificati e resi con salti piuttosto abrupti. Il racconto prosegue con una sorta di necronomicon, un portale stargate, omini verdi ma soprattutto con un’azione incomprensibile: Iole che si fa indicare il palazzo del Re. E come faceva a sapere che c’era un Re? Chiudo sulla scena finale, ritagliata in fretta e furia, con un sovrano ridicolizzato che senza fare una piega improgiona la protagonista ai lavori forzati.
Boh, un tantino sconclusionato come racconto, mi pare.
Giorno di mercato si Alexandra
Boom. Bellissima ambientazione ma soprattutto belle le descrizioni. L’idea c’è, e buona anche. Tuttavia la prosa, pur ineccepibile, in certi momenti mi risultava un poco ostica. È solo un’impressione che tuttavia influisce sul giudizio finale. Per il resto non ci sono molti appunti da fare, a parte il piccolo infodump sulla Soma, che comunque è plausibile dal momento che non è proprio un’informazione di dominio pubblico.
Hearthole – Giulio Marchese
Perdonami Giulio ma il tuo racconto è un casino. Sorvoliamo sui frequenti refusi, sorvoliamo sulle ripetizioni, sorvoliamo sulle parti in inglese maccheronico. Adesso che abbiamo sorvolato tutte queste cosette abbastanza importanti nell’insieme per avere un buon racconto, passiamo alla credibilità: i dialoghi sono piuttosto sconclusionati, non abbiamo una vera e propria storia… insomma, così decisamente non va. Pure la sintassi vacilla in diversi punti. Su FB ho detto di non valutare il tema. E non lo valuto, non tanto per la scarsa presenza dello stesso ma perché il resto concorre già a un impressione negativa.
grazie a tutti per i commenti, e ora sotto con i controcommenti
@Fernando Sei il secondo che mi dice che si aspettava un risveglio arbitrario dell’equipaggio, magari a uso “pet”. Sicuramente ci penserò sopra. Quanto al richiamo – forse di non fruibilissimo – all’entità, fa riferimento alla presunta impossibilità di fuoriuscita di informazioni da un buco nero. Per questo la coscienza più forte della gravità, ovvero in grado di emergere dall’orizzonte degli eventi (peraltro le ultime dichiarazioni di Hawkings sostengono che la fuoriuscita di informazioni ci possa essere a tutti gli effetti). Quanto all’AI ho inteso la definizione di Dio in contrapposizione allo stato dell’AI stessa. L’entità comunica, promette e alletta come una sirena, facendo leva sulla solitudine di Ulysses, in maniera così potente che l’AI non riesce e non vuole resistere.
@Marina_usai Beccato: L’AI all’inizio era maschile, poi ho girato il tutto. Mi sono sfuggiti i refusi, così come la ripetizione. Correggerò nella versione finale e rivista
@Andrea Grazie mille per il commento. Hai perfettamente ragione sul techno-babble, alcune cose sono superflue. Terrò in dovuta considerazione nella riscrittura!
@marco Mi dispiace che il racconto non sia stato compreso a pieno, anche se ritengo che alcune osservazioni siano forse frutto di una lettura frettolosa: non mi sembra certo oscuro il riferimento al canto della sirena (esplicitato in fondo) in relazione a una AI che ama peraltro la letteratura (anche a questo serviva il riferimento a London); d’altronde non necessariamente il titolo deve rappresentare qualcosa di fisicamente presente nel racconto – non mi sembra di ricordare alcun ovino in <i style=”color: #252525; font-family: sans-serif; font-size: 14px; line-height: 22.4px;”>Do Androids Dream of Electric Sheep, </i>perlomeno
<span style=”line-height: 1.5;”>. Quanto alle domande sul (e non su) Dio che chiama, sull’informazione pura o sull’universo alternativo dove le macchine sognano, mi sembra tutto abbastanza chiaro. Grazie comunque per l’attenzione :)</span>
Ciao a tutti, grazie per i commenti finora ricevuti
@Alexandra Si, c’è qualcosa di Hal, ma c’è anche il riferimento al viaggio di Ulisse, e un piccolo omaggio a Ballard per quanto riguarda le iguane (il mondo sommerso)
@Luigi London è un grande a prescindere, ma il Vagabondo delle Stelle è un autentico capolavoro: c’è tutto, critica sociale, dinamica carceraria, spiritualità, l’avventura. Ho amato moltissimo quel libro e citarlo mi è venuto assolutamente naturale, specialmente in riferimento a una nave senziente che decide di cambiare rotta
@Andrea Il viaggio con animali domestici è una mia fissa attorno alla quale ruota un setting piuttosto elaborato che comprende anche i buchi neri come luoghi abitati da entità divine. La tua osservazione è a mio avviso pertinente, ma solo fino a un certo punto: non trovo la necessità di spiegare tutto perché a) siamo in tremila caratteri b) il patto con il lettore si fonda sul fatto che siamo in ambito sci-fi, e non sempre tutto può essere spiegato. Spostandosi su terreni MOLTO hard sci-fi quello che dici è vero. Eppure la letteratura è piena di esempi dove le regole vengono rotte o piegate. Nella saga degli Heechee dobbiamo aspettare parecchio perché Pohl ci sveli il segreto del viaggio superluminale; nella saga di Endymion ci sono moltissimi aspetti che fanno a pugni con la logica; in Mondo9 di Tonani abbiamo macchine senzienti che si lubrificano coi cadaveri e piccoli velivoli funzionanti a sangue di maiale. Questo non per giustificarmi (ripeto, l’osservazione è pertinente, soprattutto quanto più sottostiamo all’onestà scientifica) ma per sottolineare che il bello della sci-fi sta anche nel non-possibile (o nel non-ancora-possibile). Considera che (ma, limite mio, non ho spinto troppo l’acceleratore su questo) parlo di “tecno-amache” piuttosto che pod o serbatoi criostatici o qualsiasi altra cosa più plausibile: questo perché ho voluto cambiare le regole del gioco e spostare il feel su qualcosa di più vintage, se vogliamo. Per questo niente tubi ma onde Delta per indurre il sonno profondo. Detto questo, ho chiarito che l’ai tiene sotto controllo tutti gli EEG, quindi plausibile che applichi singole variazioni. Aggiungo, infine, che Ripley si porta Mr.Jones nel pod per la stasi. A rigor di logica si sarebbe dovuta svegliare con un gatto morto – oltre al fatto che nessuno ci spiega, in Alien, il funzionamento della stasi.
Quanto al finale mi dispiace che non ti sia piaciuto, ma volevo mantenere la volontà dell’AI come protagonista assoluta, disposta a sacrificare il suo carico di uomini e animali per poter finalmente sognare. Ti ringrazio però per la suggestione dei versi di animali e uomini che si risvegliano, è un’immagine molto bella e che mi riserverò sicuramente di usare!
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 7 mesi fa da
Alberto Della Rossa.
4 settembre 2015 alle 14:36 in risposta a: Gruppo ALIGHIERI: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #10542Ambra stancampiano
Ciao Ambra, mi piace l’idea di base del racconto, la trovo molto originale pur mantenendo quell’appeal da weird tales. Tuttavia il racconto presenta principalmente due difetti: il primo legato al pdv, che nel corso della narrazione appare evidente essere quello dell’agente ma che dalle prime battute sembra quasi essere onnisciente; questo genera un certo straniamento nel lettore che legge il tutto come un cambio in corsa di narratore. Ho dovuto leggere il racconto un paio di volte per assicurarmi che tutto filasse a dovere. Il secondo problema è relativo alla sospensione d’incredulità: non è che non possa funzionare la figura dell’esperto d’arte che si fa indagatore dell’incubo: la letteratura ne è piena, basti pensare a Lovecraft che in diversi racconti mette in gioco personaggi che professionalmente parlando non c’entrano una cippa con le indagini, ma che sono semplicemente catturati nella rete narrativa. Il problema è che hai poco spazio per attuare un efficace patto col lettore. Questo aspetto viene aggravato da piccole stonature, tipo il comportamento dimesso dell’esperto in confronto a una parcella (gia pronta peraltro) stellare o il comportamento schizoide dell’agente. Ripeto, la trama funziona, eccome, ma il tutto va sistemato. Sono certo anche che nella sua forma originale di 5k il racconto fosse molto più efficace.Marina81
Ciao Marina, benvenuta su Mc. Il tuo racconto presenta diverse ingenuità. Tralascio gli aspetti stilistici e formali, sui quali si può lavorare facilmente, per concentrarmi sulla narrazione: passi le tre righe iniziali che nulla aggiungono o nulla tolgono alla storia, ciò che ho trovato più debole è stata la costruzione dei personaggi, in particolar modo quella di Consuelo che risulta ai limiti della credibilità: quale persona porgerebbe un invito in maniera allegra per raccontare un segreto di quella portata? Ma soprattutto se la cosa è avvenuta molto tempo addietro perché esplodere soltanto adesso? Perché l’amica non fa una piega e ordina due Invisibili senza prima chiedersi se non sia il caso di chiamare la neuro? Con questo non voglio assolutamente dire che tutto vada spiegato, ma ciò che descrivi deve essere coerente a sé stesso e ai personaggi.Johnnycato
Ciao Johnny, il racconto si presebta scritto in maniera molto lineare e didascalica. La forma è buona, ma la mancanza più rilevante è la totale assenza di suspance. Sapevo come sarebbe andata a finire dalla primissima riga. Il punto non sta nella mancanza di originalità della trama – sono il primo a sostenere che l’originalità è qualcosa di molto relativo rispetto alla costruzione, alla forma e allo stile (comprensivo degli aspetti retorici) – quanto nella gestione della narrazione che non genera alcuna tensione. Prova a ripensare il racconto in termini narrativi diversi, sono sicuro che ne guadagnerà moltissimoAlessandra corrà
Racconto buono nello sviluppo narrativo e nella geatione sei tempi della storia che però risulta viziato da una forma non sempre buona. Mi spiego meglio: in alcune frasi.la consecutio temporum vacilla e alcuni periodi non sono ben costruiti e ho rilevato la presenza di almeno un anacoluto. Il punto è che la forma non risulta volutamente imperfetta come nel caso del racconto di Fernando, lasciando il dubbio che la causa sia una disattenzione del narratore. Ti consiglio di rivedere il racconto con attenzione sotto l’aspetto formale, mentre poco da dire sullo stile adottato, adeguato alle esigenze narrative.Raffaele Marra
Ciao Raffaele. Un gran bel racconto, una struttura lineare al servizio dell’introspezione del protagonista. Bella l’ambientazione e toccanti i pensieri del povero soldato, di fronte a un dilemma esistenziale: nel buio gli uomini sono tutti uguali. Il racconto lascia spazio per pensare e anche se finisce in una blackbox, ritengo che sia assolutamente adeguata allo stile cercato: uno di quei casi in cui è opportuno rompere le regole per piegarle alle proprie esigenze narrative. Bellissimo e amaro il confronto alla luce del fiammifero, una guerra di Piero al buio. Bravo.Chiara rufino
Chiaran col tuo racconto parti relativamente bene per poi perderti. Non ho visto nulla che non vada nella forma, ma lo sviluppo narrativo rimane sospeso. Lascia delle domande inespresse, il che non è necessariamente un male, ma lo fa nei tempi sbagliati. Abbiamo alcuni elementi che poco aggiungono alla narrazione e che di fatto rubano spazio a un migliore sviluppo della storia. Alcuni rapporti narrativi causa effetto sono deboli. Peccato per l’intuizione dell’ “opera d’arte”, attorno alla quale si addensano le aspettative del lettore che purtroppo rimangono inespresse. Prova a rivedere il tutto, senza limitarti nei caratteri.Eleonora Rossetti
Eccellente racconto, bella storia che mi ha ricordato un po’ “cecità” di Saramago – e sono quasi certo che anche l’ambientazione latina sia un omaggio – ma soprattutto sono rimasto incantato da come hai saputo gestire il ribaltamento di prospettiva: sulle prime pensavo davvero fosse un fantasma e poi tutti i tasselli sono andati al proprio posto davvero un’ottima prova, brava!Fabio Tarussio
Ciao Fabio. Il tuo racconto mi lascia un poco in difficoltà: purtroppo credo tu abbia sprecato una grande occasione. Lo stile e la forma.sono davvero molto buoni: la scena iniziale poi, in forma di versi in prosa, è davvero evocativa. Ciò che inficia pesantemente sono gli equilibri narrativi; troppo peso all’introduzione per proseguire poi con una singola immagine che dovrebbe da sola reggere il peso della narrazione. Il corteo non riesce ad avere la forza narrativa della prima parte e risulta quindi fiacca; lasci intuire qualcosa tramite Antonio, ma senza riferimenti storici risulta davvero troppo ostico intuire il tutto e infatti scivoli verso il didascalico. Scrivi un bel racconto lungo, si intuisce la passione e la competenza storica che possiedi: rendine partecipe il lettore senza affaticarlo con un racconto breve che non ha la possibilità di essere esaustivo.Diego Ducoli
Ciao Diego il tuo racconto mi ha strappato un sorriso. Simpatica l’idea e direi anche ben realizzata: soprattutto la prima parte risulta molto dinamica e risulta molto efficace lo stop narrativo imposto dalla rivelazione. La macchia di sangue è poi completamente dissacrante, cosa che non ho potuto fare a meno di apprezzare. Che dire, un racconto che ha la sua forza nella quasi totale assenza di trama e nella gestione dello stile tra le due parti. Buona prova.Fernando Nappo
Fernando il tuo racconto è un’ottima prova, un tema delicato nel quale hai saputo mostrare anche la compassione alal quale le persone possono essere mosse. Fila tutto, il racconto non lascia alcuna zona d’ombra e si prova una forte empatia per il protagonista. L’unico difetto è la forma sgrammaticata forse troppo spinta: bastava molto meno per rendere comunque l’idea, senza per questo appesantire la lettura. Ma tutto sommato è proprio un piccolo difetto a fronte di un bel racconto. Bravo.Angelo Frascella
Ciao Angelo, si vede che il racconto soffre della mancanza di tempo. D’altronde lo so bene pure io, che ho scritto il racconto in 45 minuti. C’è molta confusione ma, soprattutto TROPPA carne al fuoco. Come ti è già stato fatto notare troppi cambi in solo 3000 caratteri. L’argomento merita una trattazione ben più ampia. Due consigli minori: la frase al contrario della bambina assume significato solo nella rivelazione finale, ma fino a quel momento la sensazione che permane nel lettore è “ma daaaaaiiiiii siamo ancora alle registrazioni al contrario???”; tanto più che l’idea di fondo del racconto (il riavvolgimento) è molto bella. Toglierei inoltre il discorso della psionica, o meglio lo camufferei. Ti dirò, per alcuni versi il tema racconto mi ha ricordato il meraviglioso Damia di Anne McCaffrey.Classifica:
1) Raffaele Marra
2) Eleonora rossetti
3) Fernando nappo
4) Diego ducoli
5) Ambra stancampiano
6) Fabio tarussio
7) Alessandra corrà
8) Chiara Rufino
9) Angelo Frascella
10) JohnnyCato
11) Marina81Ciao Angelo,
si vede che il racconto soffre della mancanza di tempo. D’altronde lo so bene pure io, che ho scritto il racconto in 45 minuti. C’è molta confusione ma, soprattutto TROPPA carne al fuoco. Come ti è già stato fatto notare troppi cambi in solo 3000 caratteri. L’argomento merita una trattazione ben più ampia. Due consigli minori: la frase al contrario della bambina assume significato solo nella rivelazione finale, ma fino a quel momento la sensazione che permane nel lettore è “ma daaaaaiiiiii siamo ancora alle registrazioni al contrario???”; tanto più che l’idea di fondo del racconto (il riavvolgimento) è molto bella. Toglierei inoltre il discorso della psionica, o meglio lo camufferei. Ti dirò, per alcuni versi il tema racconto mi ha ricordato il meraviglioso Damia di Anne McCaffrey.
Leggo i commenti interessato, appena avranno commentato tutti dirò la mia, soprattutto perché mi rimangono delle perplessità
-edit- non voglio essere frainteso, per perplessità intendo dubbi sulla comprensibilità del racconto 😀
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 8 mesi fa da
Alberto Della Rossa.
Ecco qua: ho aggiunto le virgolette per i dialoghi, il corsivo per sottolineare il pensiero del padre. Eliminata l’intrusione del narratore onnisciente e uniformato il pdv del padre.
A voi.
Lampreda
Quando si svegliava, nell’oscurità più totale, allungava la mano per sentire se il ragazzo ci fosse ancora. Toccava il corpo disteso al suo fianco, sull’unico tratto di roccia dal quale non spuntassero stalagmiti irte come denti di un mostro abissale. Sentiva la tuta umida sotto le dita, il petto che si alzava e abbassava. La lucidità riemergeva dal buio dell’incoscienza il tempo necessario per realizzare che suo figlio era ancora lì, con lui, intrappolato sotto terra. Per realizzare che non esisteva futuro, ma solo passato e ricordi.
“Ce la fai?” Chiese apprensivo, osservando il ragazzo che armava i fittoni nella roccia del camino. Un lavoro lungo, ripetitivo, illuminati dalle torce al carburo sopra gli elmetti.
“Ce la faccio pà. Smettila di chiedere. Ok?”
“Ok. È che ti vedo in difficoltà.”
Il ragazzo azionò il trapano, puntellando la schiena contro la parete opposta. Polvere di roccia cadeva sull’uomo qualche metro più in basso, che teneva la fune.
“Fatto?”
“Fatto. Procedo.”
Procedeva, un metro alla volta, verso l’alto.Si sedettero all’imboccatura del budello, il ragazzo guardava il soffitto illuminato dalla torcia.
“Secondo te regge?”
Il padre alzò il sopracciglio.
“Sembra di si. Non ti fidi?”
“No.”
“Fai bene.”
Due colpi di piccozza sulla parete, qualche sassolino rotolò giù dalla parere umida. L’eco si perse in fondo al cunicolo.
“Mi sembra comunque solido, credo che possiamo armare la parete.”
“Andiamo allora.”
“Avanti.”Il pozzo era apparentemente senza fondo. I sassi che l’uomo gettava per saggiarne la profondità venivano inghiottiti nelle tenebre senza restituire alcun suono. Uno squarcio nero nelle budella della terra, la gola nera di un mostro ancestrale e affamato. Si tolsero gli zaini per prendere fiato nell’aria satura di umidità. Dal pozzo veniva una corrente leggera, calda, simile all’alito di una bestia immane.
L’uomo provava disagio davanti a quella cosa più nera della morte.
“Non mi piace, è tutto scivoloso.”
“Siamo in una grotta pà, per forza è tutto scivoloso.”
“Si, ma non mi piace comunque.”
“Vuoi che torniamo indietro?”
L’espressione di delusione sul volto del ragazzo gli piaceva ancora meno.
“Lo sai che in speleologia non si rischia.” disse.
“Lo sai che siamo dove nessuno è mai stato prima?”
“Lo so.”
“E allora andiamo avanti.” Gli occhi del ragazzo bruciavano d’impazienza.
Il mostro davanti a loro respirava piano, come una lampreda attaccata al budello che stavano percorrendo.
Guardò l’orologio, poi il ragazzo, infine il pozzo.
“Andiamo avanti , ma entro un’ora torniamo indietro.”
“Entro un’ora.”
Sperava solo di non sbagliarsi.Il ragazzo infilava un fittone dopo l’altro sotto lo sguardo del padre. Poche decine di centimetri per volta, sospeso sopra l’abisso. La corda non era mai parsa così sottile all’uomo, i chiodi mai così fragili.
Forse non dovevo permetterglielo, pensò.
Guardò il ragazzo illuminato dalla torcia. Non gli era mai parso così felice.
Forse è per questo che ho acconsentito.Perché ero come lui.Li separava l’abisso. Una manciata di nero più nero della morte. I moschettoni pendevano dal soffitto, la corda come il singolo filo di una ragnatela.
“Solo un metro ancora. Solo uno.”
“Ci sono.”
Il rumore della roccia che si spaccava fermò i loro cuori. L’uomo attaccato alla parete su un minuscolo cornicione di roccia grigia come carne morta. La crepa aveva raggiunto il terzo chiodo, unendo i precedenti come un tratto di penna. Quello però non era un gioco enigmistico.
Gli occhi del ragazzo erano spalancati. Il padre lo guardava.
“Calma figliolo”, disse.
“Salta papà”.
Il tratto di penna raggiunse il quarto chiodo.
“Salta”, urlò il ragazzo.
Saltò. La lampreda ruggì.“Mi fa male la caviglia, pà.”
Nel buio, dita tremanti riaccesero la fiammella al carburo. La polvere ricopriva i due volti, rendendoli simili a maschere teatrali.
“Fai vedere.”
Il rosso del sangue era irreale in quel grigio mondo sotterraneo.
“Credo sia rotta.”
Dita delicate tastavano la ferita. Il ragazzo urlò.
“Scusa.”
L’uomo sollevò lo sguardo. Le lacrime tracciavano solchi sul volto bianco di polvere del ragazzo.
“Non è niente, non preoccuparti.”
Poi guardò verso l’abisso. Parte della volta era crollata, la gola della lampreda aperta sul nulla quasi raddoppiata nelle dimensioni.
“Siamo nei guai, vero?”
Abbassò lo sguardo sulla caviglia, mentre puliva la ferita.
“Credo di si.”
“Ma ce la caveremo lo stesso?”
“Si, credo di si” disse, cercando di mentire meglio che poteva.La fiammella della torcia al carburo vacillò per l’ultima volta. Le ombre si scatenarono in un’ultima danza prima del sopraggiungere del buio. Non sapeva nemmeno quante ore fossero passate. Forse giorni. L’ultima razione era finita tempo prima. L’aveva ceduta al ragazzo, che aveva mangiato a piccoli morsi, guardando l’abisso. Lo stomaco faceva male da quanto era vuoto. Nulla in confronto al dolore che provava al pensiero di non poter salvare suo figlio.
Una mano lo sfiorò.
“Papà.”
“Eccomi, sono qua.”
“Ho freddo.”
Si stese accanto al ragazzo, abbracciandolo.
Tremava. La fronte scottava.
Lo strinse a sé. Nel limbo senza fine dell’oscurità più totale i ricordi presero ad affiorare come tronchi alla deriva nel mare.Fuori dalla finestra il sole splendeva, la brezza muoveva le foglie facendole cantare. Il cane abbaiava in cortile. L’uomo guardava il figlio avvolto nelle coperte, dalle quali spuntava solo la testolina bionda. Il volto era costellato di crosticine.
“Quando potrò uscire a giocare?”
Gli passò la mano tra i capelli.
“Presto.”
“Quanto presto?”
“Appena starai meglio.”
“Io sto bene.”
“Tu stai bene, il tuo corpo no. Devi prima guarire.”
Il bambino corrucciò l’espressione.
“Ma io sto bene. È estate, voglio uscire a giocare.”
“Abbi pazienza, hai tutta l’estate ancora per giocare.”
“Me lo prometti?”
“Te lo prometto.”Non sapeva quanto tempo avesse dormito, né da quanto fossero là sotto. Il silenzio era totale. La mente giocava brutti scherzi nel dormiveglia. Ricordi lontani si accavallavano. Si sollevò a sedere, poi realizzò il significato di quel silenzio così profondo.
Trattenne il respiro. Nemmeno un rumore. Non sapeva se la mano tremasse. Non sapeva nemmeno se fossero lacrime a bagnare il suo volto. Sfiorò il volto del ragazzo, freddo come la roccia che lo circondava.
Si sdraiò accanto a lui, circondandolo con le braccia.
“Scusami”, mormorò nel buio.
Chiuse gli occhi, aggiungendo oscurità all’oscurità.22 agosto 2015 alle 19:59 in risposta a: ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo #9961Ciao Omaima, spero di essere ancora in tempo per darti un parere, nonostante Spartaco sia già stato sfidato. Il racconto, alla luce delle correzioni effettuate è sicuramente più efficace. Ciò che mi lascia perplesso è il troppo non detto. La storia può funzionare egregiamente, ma la sospensione d’incredulità vacilla di fronte alla schiziofrenia del comportamento del padre, che nella prima parte del racconto sembra essere comunque un genitore, seppur scostante, mentre nella seconda si comporta in maniera incredibilmente fredda di fronte a un atto così importante come dare proprio figlio in servizio alla mala: non che questo non possa avvenire, anzi, ma mancano dei passaggi narrativi intermedi che consentano al lettore di costruire una coerenza narrativa. Personalmente avrei insistito sulla drammaticità del litigio, visto che risulta evidente che l’argomento cardine della discussione è proprio il destino del bambino, se non altro per fare da contraltare all’enormità del dare un figlio in servizio a un malavitoso.
Grazie a tutti per i commenti.Quelli che possono sembrare errori a chi non conosce l’autore sono a tutti gli effetti “scimmiottamenti” dello stile di McCarthy. L’intrusione del narratore onnisciente, il salto di scena (simile a quello de La Strada”, i dialoghi senza segni diacritici che lasciano pensare a un continuo spostamento del PdV. Il punto è che McCarthy, da brava leggenda, può piegare le regole a suo piacimento. Questo esercizio, commissionatomi dallo scrittore che mi dà lezione, aveva lo scopo di rompere le regole imitando un autore a mio piacimento.
Come già accennato nemmeno io avrei operato queste scelte al di fuori dell’esercizio: eppure è un’esperienza utile perché mi ha insegnato a osare una scorribanda al di fuori del mio solito stile.
Detto questo mi fa piacere essere riuscito comunque a portarvi all’interno del budello. Adesso vedo di lavorare un po’ sui salti di scena ed elimino la frase da narratore onnisciente e regolo il tutto sul PdV del padre, vediamo cosa viene fuori
IO di Marco Roncaccia
Ciao Marco. SOno in difficoltà. Racconto perfetto per stile, spazi ed equilibri. Ottima davvero anche l’idea del transfer che innesca la temporanea follia del protagonista. Il tuo racconto è da 10, sicuramente uno dei migliori del nostro girone, forse il migliore. Purtroppo c’è lui, Carlo Giuliani, che mi rovina la festa. C’è la politica di mezzo, la retorica e l’elevazione a martire di qualcuno che martire non era ma che è stato immolato per la causa. Ma chi l’ha martirizzato? lo Stato? I protestanti? Martiri sono anche quei poveracci di carabinieri. Martiri, in quel maledetto G8, erano tutti quelli che erano per strada, in divisa o meno, tutti immolati per creare un caso, per riproporre una pantomima che esiste da quando due poteri si scontrano, ovvero dall’inizio del neolitico. Giuliani è stato investito non di una camionetta, ma di un ruolo. Un ruolo che, a ben vedere la sua storia personale, non gli apparteneva nemmeno, perché di fatto non era proprio uno stinco di santo. Ma si sa, il martirio rende puri, non importa quali fossero le intenzioni personali. Certo, si parla di intenzionalità nel creare l’incidente. E l’intenzionalità di tenere un cazzo di estintore in mano con un passamontagna? Mah. Perdonami, davvero, il tuo racconto ottiene una posizione nella mia classifica molto alta per la qualità della scrittura. La scelta del soggetto tuttavia non la condivido.Innocente distrazione, di Beppe Roncari
Ciao Beppe. Scusami ma, a differenza di altri tuoi racconti che ho apprezzato molto, questo non mi è piaciuto per niente. Ho avuto l’impressione di un’idea scritta in fretta, in maniera confusionaria. Soprattutto, per la prima parte, sei ricorso a spieghini più volte per giustificare il setting, senza peraltro riuscire competamente nell’intento. La seconda parte è più naturale, e si capisce evidentemente che contiene in nuce l’idea dalla quale sei partito per ottenere il racconto: tuttavia gli equilibri interni sono completamente saltati. Già dalle prime righe si intuisce che ciò che scrivi è esclusivamente al servizio di una rivelazione che arriva all’ultimo. Inoltre qua non si tratta nemmeno di figli dimenticati, quanto piuttosto di ragazzini furbetti. Mi spiace, purtroppo il mio giudizio è abbastanza negativo.Cuore di Uranio di Locatelli Luigi
Ciao Luigi. Mi è piaciuto il tuo racconto, soprattutto nella storia (sebbene abbastanza prevedibile). L’appunto che devo fare è sullo stile e sulla gestione degli equilibri intern del racconto: parti molto bene, con una narrazione liscia, scorrevole, per poi incagliarti verso metà, al comparire della ragazza. All’aumento della tensione la narrazione tende a farsi forzata per poi rientrare nei binari verso la fine, con la descrizione del semplice gesto del padre e dell’immagine della pila atomica, molto ben descritta. Rivedi la parte centrale, il racconto ha molte potenzialità.Pablo, di Angela
Ciao Angela. Per un attimo, leggendo il tuo racconto, ho pensato a Marquez. La sensazione si è spenta dopo poco (beh, che diamine, chi regge il confronto con Gabriél?) però ho davvero apprezzato le descrizioni e le similitudini. Hai infuso notevole forza nell’arco di poche parole ai personaggi. Eppure il racconto, che raccoglie forze fino a tre quarti si perde nella fine, come un ricciolo di fumo denso sfilacciato da una corrente d’aria. Forse, con un adeguato numero di caratteri, avresti potuto definire meglio la spinta del prete nei confronti di questo particolare bambino, realtà così tristemente comune nell’america latina. Altra cosa: attenzione agli spieghini: la frase sui “bambini perduti” sfiora l’infodump per ottenere una contestualizzazione che, ai fini del racconto, è del tutto superflua perché hai già delineato l’ambito più che efficacemente.Un soffio di vento – di Angelo Frascella
Ciao Angelo. Il tuo racconto mi lascia più di qualche perplessità – vuoi perché ci hai sempre abituato a una qualità molto alta che a mio avviso questa volta in parte manca – vuoi per la volontà sottesa di esprimere il mondo onirico nella testa del protagonista. Purtroppo però si percepisce molta confusione e si fatica a mantenere in piedi il patto col lettore. La seconda parte rende ancora più evidente tutto ciò perché ritorna agli standard della tua scrittura, dove riesci a tratteggiare una scena molto partecipata ed emotivamente toccante.31 luglio 2015 alle 19:10 in risposta a: Gruppo PAROLE: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #9588Ecco qua la mia classifica.
P’ngieng di Ambra Stancampiano
Ciao Ambra. Il tuo racconto ci mostra una scrittura sicura, ben aggettivata ed equilibrata. Mi piace lo stile e riesci a gestire bene gli spazi narrativi che, come sappiamo, non è facile in concorsi come MC. Tuttavia c’è qualcosa che stride fortemente e che non è giustificabile in alcun modo, neppure nell’ottica dell’elemento fantastico. La coerenza interna della storia cede nel modo di pensare della ragazza TROPPO, DAVVERO TROPPO umano. Tanto più che tu stessa rilanci verso il fondo sottolineando il sentimento di commozione come qualcosa di alieno, per poi mischiare nuovamente le carte introducendo delle scimmie che, pur nelle poche righe dedicate loro, sono decisamente umane nel comportamento. Questa inconsistenza di fondo purtroppo mi ha fatto storcere il naso a fronte di una prosa davvero cristallina ed efficace.Pablo, di Angela
Ciao Angela. Per un attimo, leggendo il tuo racconto, ho pensato a Marquez. La sensazione si è spenta dopo poco (beh, che diamine, chi regge il confronto con Gabriél?) però ho davvero apprezzato le descrizioni e le similitudini. Hai infuso notevole forza nell’arco di poche parole ai personaggi. Eppure il racconto, che raccoglie forze fino a tre quarti si perde nella fine, come un ricciolo di fumo denso sfilacciato da una corrente d’aria. Forse, con un adeguato numero di caratteri, avresti potuto definire meglio la spinta del prete nei confronti di questo particolare bambino, realtà così tristemente comune nell’america latina. Altra cosa: attenzione agli spieghini: la frase sui “bambini perduti” sfiora l’infodump per ottenere una contestualizzazione che, ai fini del racconto, è del tutto superflua perché hai già delineato l’ambito più che efficacemente.Figlia di nessuno di Alexia
Ciao Alexia. Una storia forte, cruda e dai toni scuri. Descrivi molto bene il dolore e la rabbia della protagonista, le vessazioni subite. Tutto è al proprio posto, anche se devo ammettere di non aver apprezzato l’escalation finale decisamente troppo horror. Mi spiego: il vero orrore è ciò che la ragazza ha subito. Avrei lavorato su questo e su una reazione più sublimata, magari una vendetta più trasversale. La tua vendetta è così feroce che offusca l’orrore di fondo che invece dovrebbe essere protagonista. Rivedrei un poco gli equilibri di questi elementi. Altro appuntoche mi sento di fare: sembra quasi che la ragazza aspetti la lettera del postino. È così? Perché a seconda della risposta cambiano anche gli equilibri della chiosa che, al momento, appare forse frettolosa e aggiunta con il solo scopo di aggiungere shock all’orrore (alterando gli equilibri già precari di cui sopra)Innocente distrazione, di Beppe Roncari
Ciao Beppe. Scusami ma, a differenza di altri tuoi racconti che ho apprezzato molto, questo non mi è piaciuto per niente. Ho avuto l’impressione di un’idea scritta in fretta, in maniera confusionaria. Soprattutto, per la prima parte, sei ricorso a spieghini più volte per giustificare il setting, senza peraltro riuscire competamente nell’intento. La seconda parte è più naturale, e si capisce evidentemente che contiene in nuce l’idea dalla quale sei partito per ottenere il racconto: tuttavia gli equilibri interni sono completamente saltati. Già dalle prime righe si intuisce che ciò che scrivi è esclusivamente al servizio di una rivelazione che arriva all’ultimo. Inoltre qua non si tratta nemmeno di figli dimenticati, quanto piuttosto di ragazzini furbetti. Mi spiace, purtroppo il mio giudizio è abbastanza negativo.Sintetico borghese, di Serena Aronica
Ciao Serena. Il tuo racconto mi è piaciuto, davvero. Soprattutto la prima parte, la caratterizzazione del protagonista, la linea dei pensieri, la crudezza con la quale racconti l’infamia dei bulletti (e godo, perché sono stato un anti-bulletto. Vessavo regolarmente chi se la prendeva con gli altri in una sorta di giochetto perverso). Anche le figure che ritrai, il pulmino che vomita i ragazzi…insomma è tutto funzionale. Mi ha ricordato in qualche modo la scrittura di Palahniuk e Lansdale. Qualche appunto lo devo fare sulla fine: precipita troppo in fretta, e mi ha costretto alla rilettura due o tre volte, e questo non va bene, perché permetti al racconto di perdere forza. Attenta alle ripetizioni occulte: non sono evidenti ma ci sono.IO di Marco Roncaccia
Ciao Marco. SOno in difficoltà. Racconto perfetto per stile, spazi ed equilibri. Ottima davvero anche l’idea del transfer che innesca la temporanea follia del protagonista. Il tuo racconto è da 10, sicuramente uno dei migliori del nostro girone, forse il migliore. Purtroppo c’è lui, Carlo Giuliani, che mi rovina la festa. C’è la politica di mezzo, la retorica e l’elevazione a martire di qualcuno che martire non era ma che è stato immolato per la causa. Ma chi l’ha martirizzato? lo Stato? I protestanti? Martiri sono anche quei poveracci di carabinieri. Martiri, in quel maledetto G8, erano tutti quelli che erano per strada, in divisa o meno, tutti immolati per creare un caso, per riproporre una pantomima che esiste da quando due poteri si scontrano, ovvero dall’inizio del neolitico. Giuliani è stato investito non di una camionetta, ma di un ruolo. Un ruolo che, a ben vedere la sua storia personale, non gli apparteneva nemmeno, perché di fatto non era proprio uno stinco di santo. Ma si sa, il martirio rende puri, non importa quali fossero le intenzioni personali. Certo, si parla di intenzionalità nel creare l’incidente. E l’intenzionalità di tenere un cazzo di estintore in mano con un passamontagna? Mah. Perdonami, davvero, il tuo racconto ottiene una posizione nella mia classifica molto alta per la qualità della scrittura. La scelta del soggetto tuttavia non la condivido.Il vecchio, di Diego Ducoli
Ottimo. Davvero ottimo. Equilibrato, senza fronzoli, pietismi o dietrologie: solo un’idea, solida, a fare la parte del leone. L’incipit ricorda il vecchio e il marre, si, ma ben presto il lettore viene calato in un’atmosfera sospesa perfetta nel contesto. La chiosa poi, è una chicca nella sua semplicità. Infine, un complimento allo stile ipotattico scelto, che si sposa alla perfezione con il narrato.Cuore di Uranio di Locatelli Luigi
Ciao Luigi. Mi è piaciuto il tuo racconto, soprattutto nella storia (sebbene abbastanza prevedibile). L’appunto che devo fare è sullo stile e sulla gestione degli equilibri intern del racconto: parti molto bene, con una narrazione liscia, scorrevole, per poi incagliarti verso metà, al comparire della ragazza. All’aumento della tensione la narrazione tende a farsi forzata per poi rientrare nei binari verso la fine, con la descrizione del semplice gesto del padre e dell’immagine della pila atomica, molto ben descritta. Rivedi la parte centrale, il racconto ha molte potenzialità.Un soffio di vento – di Angelo Frascella
Ciao Angelo. Il tuo racconto mi lascia più di qualche perplessità – vuoi perché ci hai sempre abituato a una qualità molto alta che a mio avviso questa volta in parte manca – vuoi per la volontà sottesa di esprimere il mondo onirico nella testa del protagonista. Purtroppo però si percepisce molta confusione e si fatica a mantenere in piedi il patto col lettore. La seconda parte rende ancora più evidente tutto ciò perché ritorna agli standard della tua scrittura, dove riesci a tratteggiare una scena molto partecipata ed emotivamente toccante.Schegge – di Adriano Muzzi
Adry! A quanto pare ci incrociamo con una certa regolarità! Passiamo al racconto: mi piace lo stile, anche se in certi passaggi perde di fluidità. La storia è interessante e riesci quasi ad agganciare in pieno il lettore, a convincerlo a sospendere quell’incredulità maledetta con la quale deve sempre fare i conti chi scrive. Purtroppo il gioco non riesce a pieno, ma sono certo che con alcune modifiche questo sia possibile: devi solo gestire meglio l’impressione sull’età del bambino per mettere in ordine l’equilibrio della storia. Infine spingerei di più sul disagio del protagonista: dovuto ai genitori? dovuto a una sua tara? Ragionaci su, di ciccia al fuoco ce n’è.1) Il vecchio, di Diego Ducoli
2) Sintetico borghese, di Serena Aronica
3) IO di Marco Roncaccia
4) Figlia di nessuno di Alexia
5) Cuore di Uranio di Locatelli Luigi
6) Pablo, di Angela
7) Schegge – di Adriano Muzzi
8) P’ngieng di Ambra Stancampiano
9) Un soffio di vento – di Angelo Frascella
10) Innocente distrazione, di Beppe RoncariSchegge – di Adriano Muzzi
Adry! A quanto pare ci incrociamo con una certa regolarità! Passiamo al racconto: mi piace lo stile, anche se in certi passaggi perde di fluidità. La storia è interessante e riesci quasi ad agganciare in pieno il lettore, a convincerlo a sospendere quell’incredulità maledetta con la quale deve sempre fare i conti chi scrive. Purtroppo il gioco non riesce a pieno, ma sono certo che con alcune modifiche questo sia possibile: devi solo gestire meglio l’impressione sull’età del bambino per mettere in ordine l’equilibrio della storia. Infine spingerei di più sul disagio del protagonista: dovuto ai genitori? dovuto a una sua tara? Ragionaci su, di ciccia al fuoco ce n’è.Il vecchio, di Diego Ducoli
Ottimo. Davvero ottimo. Equilibrato, senza fronzoli, pietismi o dietrologie: solo un’idea, solida, a fare la parte del leone. L’incipit ricorda il vecchio e il marre, si, ma ben presto il lettore viene calato in un’atmosfera sospesa perfetta nel contesto. La chiosa poi, è una chicca nella sua semplicità. Infine, un complimento allo stile ipotattico scelto, che si sposa alla perfezione con il narrato.Sintetico borghese, di Serena Aronica
Ciao Serena. Il tuo racconto mi è piaciuto, davvero. Soprattutto la prima parte, la caratterizzazione del protagonista, la linea dei pensieri, la crudezza con la quale racconti l’infamia dei bulletti (e godo, perché sono stato un anti-bulletto. Vessavo regolarmente chi se la prendeva con gli altri in una sorta di giochetto perverso). Anche le figure che ritrai, il pulmino che vomita i ragazzi…insomma è tutto funzionale. Mi ha ricordato in qualche modo la scrittura di Palahniuk e Lansdale. Qualche appunto lo devo fare sulla fine: precipita troppo in fretta, e mi ha costretto alla rilettura due o tre volte, e questo non va bene, perché permetti al racconto di perdere forza. Attenta alle ripetizioni occulte: non sono evidenti ma ci sono.Figlia di nessuno di Alexia
Ciao Alexia. Una storia forte, cruda e dai toni scuri. Descrivi molto bene il dolore e la rabbia della protagonista, le vessazioni subite. Tutto è al proprio posto, anche se devo ammettere di non aver apprezzato l’escalation finale decisamente troppo horror. Mi spiego: il vero orrore è ciò che la ragazza ha subito. Avrei lavorato su questo e su una reazione più sublimata, magari una vendetta più trasversale. La tua vendetta è così feroce che offusca l’orrore di fondo che invece dovrebbe essere protagonista. Rivedrei un poco gli equilibri di questi elementi. Altro appuntoche mi sento di fare: sembra quasi che la ragazza aspetti la lettera del postino. È così? Perché a seconda della risposta cambiano anche gli equilibri della chiosa che, al momento, appare forse frettolosa e aggiunta con il solo scopo di aggiungere shock all’orrore (alterando gli equilibri già precari di cui sopra)P’ngieng di Ambra Stancampiano
Ciao Ambra. Il tuo racconto ci mostra una scrittura sicura, ben aggettivata ed equilibrata. Mi piace lo stile e riesci a gestire bene gli spazi narrativi che, come sappiamo, non è facile in concorsi come MC. Tuttavia c’è qualcosa che stride fortemente e che non è giustificabile in alcun modo, neppure nell’ottica dell’elemento fantastico. La coerenza interna della storia cede nel modo di pensare della ragazza TROPPO, DAVVERO TROPPO umano. Tanto più che tu stessa rilanci verso il fondo sottolineando il sentimento di commozione come qualcosa di alieno, per poi mischiare nuovamente le carte introducendo delle scimmie che, pur nelle poche righe dedicate loro, sono decisamente umane nel comportamento. Questa inconsistenza di fondo purtroppo mi ha fatto storcere il naso a fronte di una prosa davvero cristallina ed efficace.Ciao Ozbo. Perché texana? e perché no? La sciura milanese è per noi uno stereotipo culturale tanto quanto il razzismo texano, con la sola differenza che la controparte italiana non è famosa all’estero. Il vero punto della questione è che il racconto nella mia testa è nato in texas, forse perché avevo parlato a un amico del ciclo di Hap e Leonard il pomeriggio stesso.
Genericamente la scrittura vive di stereotipi culturali. Solo che facciamo i fighetti e li chiamiamo topoi ma, stringi stringi, la differenza è spesso davvero minuscola.Un’aggiunta a quanto detto: a ripensare alle tue parole, anche mi fossi posto il problema, avrei scelto comunque il setting estero. Perché, come hai detto tu, l’obiettivo è di legare una forma comportamentale a un soggetto adeguato, ed è vero: il pregiudizio della signora milanese spesso non ha nulla da invidiare a quello del profondo sud americano, forse è solo un più radical chic. Ma la signora milanese non mi avrebbe permesso la potenza di una frase “C’è una negra in casa nostra”. Avrei dovuto usare una locuzione più blanda, non meno priva di disprezzo ma sicuramente più sublimata. Usare il texas mi ha permesso di contrarre tutto questo, senza dovermi perdere in spieghini o giri di parole per giustificare la realtà dello scambio di battute.
Quanto al finale, beh, può piacere o non piacere
grazie comunque per lo spunto di riflessione, sicuramente da tener presente in altri contesti!
26 giugno 2015 alle 14:07 in risposta a: Gruppo ELVIRA: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #8724Eccoci qua: i primi 3 della mia classifica mi hanno davvero colpito, complimenti ragazzi!
– Ossessione, di Alessandro Duino, 3178 caratteri, ore 00.54
Ciao Alessandro.
Mi mancano alcuni elementi per valutare la formattazione. È un aspetto voluto? Personalmente non ho avuto quest’impressione e ho trovato l’assenza di spazi e l’utilizzo della punteggiatura difficoltosi e stancanti. Anche il delirio non lo trovo ben realizzato: mi è parsa più la voce di un sano che gioca a fare lo schizzato, piuttosto di uno schizzato tradotto in linguaggio leggibile (permettimi il gioco retorico). In definitiva il racconto, pur avendo un suo perché, l’ho trovato poco fruibile.– 26-14-11…, di Luana Mazzi, 2964 caratteri, ore 22.01
Ciao Luana.
Lo stile è chiaro, descrittivo e ben aggettivato. La storia è decisamente chiamata, ma questo non è certo un problema – sostengo fieramente che una banale storia ben scritta valga molto di più dell’originalità a tutti i costi – semmai ho sentito molto il tributo ad alcune pagine di Martin. Detto questo ritengo che spingendo ancor più sulla cristianità e su alcuni aspetti, il tuo racconto potrebbe fare il salto di qualità che separa la solita novella fantasy dal racconto storico-fantastico. L’aspetto che meno mi convince è la forma, che in alcuni passaggi è zoppicante. Ad esempio: l’aria acre satura di piscio – è un’espressione malfatta. Piuttosto “l’odore acre del piscio ammorbava l’aria” o qualcosa del genere. Abusi dei pronomi personali e delle proposizioni coordinate: usa qualche punto fermo, il testo ne guadagna in scorrevolezza. L’espressione “io scelgo te” è quantomeno pleonastica, dopo tutto ciò che descrivi, mentre lasciare la sola descrizione della voce melodiosa come fruscio di foglie d’estate (bellissima immagine) avrebbe lasciato una suggestione sospesa e decisamente efficace. Tutti questi piccoli aspetti (questi e altri) rendono la prosa poco scorrevole, a detrimento di uno stile ben aggettivato e piacevole.
Spero di esserti stato utile.– Dolly, di Emiliano Grisostolo, 2890 caratteri, ore 22.43
Ciao Emiliano. Bella l’idea, toccante la presenza del padrone e il legame mai rescisso con il cane, ma lo stile è pesante e la forma in alcuni casi è da rivedere. Ora, se per la forma è solo questione d’esercizio (rileggere a voce alta spesso è un aiuto più che sufficiente) è decisamente più ostico piegare lo stile alla propria volontà. Ciò che mi ha colpito negativamente è una certa prolissità delle descrizioni – in alcuni passaggi sfiori l’infodump (anche se le informazioni da trasmettere sono davvero essenziali). Siamo a Minuti Contati, la nostra croce è l’esiguità di caratteri: nel tuo caso si ha l’impressione che tu abbia fatto di tutto per montare a neve la narrazione.– Routine cromatica, di invernomuto, 2964 caratteri, ore 23.12
Ciao Invernomuto
è vero, il trucchetto sogno/coma è forse abusato, eppure a me affascina sempre molto. Se poi parliamo di sindrome locked-in (come mi pare) mi piace ancora di più. Carina la metafora della prigionia e della permeabilità della routine da dentro a fuori. Devo però fare due appunti: attento alla forma, ci sono diverse ripetizioni. Lo stile è chiaro e funzionale al tema del racconto anche se rivedrei la struttura dei periodi in funzione meno paratassica. Il punto più debole del racconto è la fine, uno spiegone condensato in due parole: avrei spostato la scena all’esterno, con il protagonista sul letto in tutta la miseria del coma.
ad ogni modo buona prova– Continua a credere in quella luce, di Filippo Puddu, 2219 caratteri, ore 23.35
Callagan: sono d’accordo con te, “torta un poco disintegrata” è una caratterizzazione ulteriore del personaggio. Detto questo il tuo pezzo mi mette in difficoltà: è davvero ben scritto (quindi bravo, mi piace lo stile chiaro e pulito). Ci sono tuttavia alcuni aspetti che faccio fatica a inquadrare: la sospensione d’incredulità vacilla un poco difronte all’atteggiamento generale della protagonista. Ripeto è solo un’impressione, quindi prendila con beneficio d’inventario. Detto questo il racconto mi ha colpito comunque, la mia valutazione (personale) rimane decisamente positiva.– Un oscuro pellegrinaggio, di Francesco Iorio, 2653 caratteri, ore 23.58
Ciao Francesco
decisamente onirico ed ermetico, ma questo non è necessariamente un male, anzi. Hai il dono di pennellare l’ambiente con descrizioni mirate ed efficaci. Il problema, in questo caso, è come hai gestito la voce narrante, ovvero la prima persona, che – in questo caso – squalifica il narrato. Prova a ripensare il racconto con POV esterno, aggiungi un paio di migliaia di caratteri in più e avrai per le mani un pezzo efficace.– I giganti, di Sharon Galano, 2955 caratteri, ore 00.08
Racconto descrittivo e scritto sicuramente bene, ma che non riesce a coinvolgermi emotivamente in alcun modo: forse il problema è proprio la ricerca quasi forzata del contatto empatico col lettore, ma che viene da me recepita più come un esercizio di stile. Se vogliamo è l’esatto contrario del racconto di Adry che, pur presentando a mio avviso alcune spigolature a livello stilistico, è empaticamente formidabile e potente. Alla fine quello che dovrebbe legarci al protagonista viene a mancare completamente, lasciando nella mia testa principalmente un “ma perché?” di carattere emotivo: sono ovvie le ragioni, meno le motivazioni.– Se solo avessi, di Adriano Muzzi, 2992 caratteri, ore 00.35
Ciao Adriano.
Il tuo racconto ha delle potenzialità enormi. Sei riuscito a mettere quasi perfettamente in pratica l’esercizio della reminiscence proustienne, e si sente.
Faccio un passo indietro: mentre leggevo il tuo racconto avevo la bocca dello stomaco chiusa. Per me che ho avuto una storia familiare un po’ particolare (non terribile, nemmeno brutta, ma sicuramente non ordinaria) il mood del racconto è stato una pugnalata al cuore. Sensazioni simili le ho provate guardando “Nel paese delle creature selvagge”. Questo vuol dire inequivocabilmente una cosa, ovvero che sei riuscito a rendere fruibile ad altri la reminiscence di cui parlo sopra – a me più che ad altri perché ho trovato dei punti di contatto col mio vissuto – e il segreto è stato proprio l’aver attinto a certi abissi che hai provato in prima persona. Quindi, per questo aspetto BRAVO, ma soprattutto fai tesoro di questa esperienza scrittoria. Il medesimo utilizzo della reminiscence mi è valso in altri concorsi grandi soddisfazioni (fra tutti il 3° posto al 300 parole del 2012), e se ha funzionato per me, fidati, può funzionare per chiunque. Detto questo però devo bacchettarti su un altro aspetto, altrettanto importante, ovvero la coerenza interna della psicologia di un personaggio. Dal racconto si può intuire che padre sei tu, in tutte le parti migliori del narratore: il problema è quando il personaggio si distacca da te e aggiungi l’elemento di dramma, ovvero l’errore del padre. Il tuo personaggio si comporta in maniera schizofrenica in diversi punti, il più macroscopico dei quali è descritto nel comportamento scisso: lontano, distante e tormentato nell’allontanamento e amorevole e dolce nel ritorno. Solo l’appunto sul sonno pieno di incubi raddrizza un poco la stortura narrativa. Problema di coerenza interna è anche il linguaggio, troppo forbito per un narratore nelle condizioni emotive del tuo protagonista. Se il racconto fosse stato narrato in 3 persona allora avresti potuto usare uno stile alto come quello che hai usato ma, trattandosi di una narrazione diretta e in prima persona, lo stile stride. Racconti la storia di un padre distrutto, in lutto perenne, che vive un dramma reale e quotidiano – è improbabile che si perda in certi preziosismi.
Bada che questi appunti non sono per affossare il racconto, sono solo la differenza che manca tra il tuo racconto e un racconto ai limiti della perfezione. La tua prova è, al netto delle mie osservazioni, decisamente buona, e ti vale una posizione decisamente alta nella mia classifica.– Luce, di Giulio Marchese, 2174 caratteri, ore 00.48
Ciao Giulio: ti faccio i complimenti per l’idea di base del racconto, mi piacerebbe davvero leggere qualcosa di più lungo. Gli incubi concretizzati in esseri feroci hanno molto fascino, potrebbero creare una tensione narrativa notevole in un racconto più lungo. Purtroppo il racconto è viziato da diversi refusi e pastrocci sintattici. Se è pur vero che MC è un concorso modello BlietzKrieg e alcune imprecisioni sono tollerate e tollerabili, nel tuo racconto finiscono per inficiare la scorrevolezza dello stesso. Al lavoro dunque, la fantasia certo non ti manca 😉– La finestra al primo piano, di Enrico Nottoli, 2862 caratteri, ore 00.52
Enrico davvero, ti prego, dai una corretta a livello formale al racconto, a quelle poche cose perfettibili e pubblicalo. È un gran racconto con un’anima forte, un’idea semplice e splendente. La brace della sigaretta, la frase reiterata, la circolarità della storia: sono tutti elementi retorici che se male usati rischiano di rovinare un racconto ma! nel tuo caso funzionano alla perfezione.
Bravo!– La lezione, di Luca Pagnini, 2999 caratteri, ore 00.58
Ciao Luca! Benvenuto su MC, e devo dire che l’ingresso lo fai alla grande. Uno stile piano, senza fronzoli, con descrizioni e aggettivazione al posto giusto. La resa del dialetto è decisamente buona senza risultare artificiosa. In più sei riuscito a generare un bel po’ di suspance, portando la tensione a risolversi in una ironica bolla di sapone. Ti faccio i miei complimenti, non ho trovato particolari errori sul quale fare appunti, direi che te la sei cavata più che bene!1) Enrico Nottoli, La finestra al primo piano
per la semplicità e la chiarezza della composizione2) Adriano Muzzi, Se solo avessi
Emotivamente potente3) La lezione
Per lo stile e per non dimenticarsi mai di non prendersi troppo sul serio4) Continua a credere in quella luce, di Filippo Puddu
Per aver trattato un tema pesante in maniera chiara ed efficace5) Routine cromatica, di invernomuto
6) Un oscuro pellegrinaggio, di Francesco Iorio
7) Luce, di Giulio Marchese
8) I giganti, di Sharon Galano
9) Dolly, di Emiliano Grisostolo
10) 26-14-11, Luana Mazzi
11) Ossessione, di Alessandro Duino
Ciao Luca! Benvenuto su MC, e devo dire che l’ingresso lo fai alla grande. Uno stile piano, senza fronzoli, con descrizioni e aggettivazione al posto giusto. La resa del dialetto è decisamente buona senza risultare artificiosa. In più sei riuscito a generare un bel po’ di suspance, portando la tensione a risolversi in una ironica bolla di sapone. Ti faccio i miei complimenti, non ho trovato particolari errori sul quale fare appunti, direi che te la sei cavata più che bene!
Enrico davvero, ti prego, dai una corretta a livello formale al racconto, a quelle poche cose perfettibili e pubblicalo. È un gran racconto con un’anima forte, un’idea semplice e splendente. La brace della sigaretta, la frase reiterata, la circolarità della storia: sono tutti elementi retorici che se male usati rischiano di rovinare un racconto ma! nel tuo caso funzionano alla perfezione.
Bravo!
Ciao Giulio: ti faccio i complimenti per l’idea di base del racconto, mi piacerebbe davvero leggere qualcosa di più lungo. Gli incubi concretizzati in esseri feroci hanno molto fascino, potrebbero creare una tensione narrativa notevole in un racconto più lungo. Purtroppo il racconto è viziato da diversi refusi e pastrocci sintattici. Se è pur vero che MC è un concorso modello BlietzKrieg e alcune imprecisioni sono tollerate e tollerabili, nel tuo racconto finiscono per inficiare la scorrevolezza dello stesso. Al lavoro dunque, la fantasia certo non ti manca 😉
Racconto descrittivo e scritto sicuramente bene, ma che non riesce a coinvolgermi emotivamente in alcun modo: forse il problema è proprio la ricerca quasi forzata del contatto empatico col lettore, ma che viene da me recepita più come un esercizio di stile. Se vogliamo è l’esatto contrario del racconto di Adry che, pur presentando a mio avviso alcune spigolature a livello stilistico, è empaticamente formidabile e potente. Alla fine quello che dovrebbe legarci al protagonista viene a mancare completamente, lasciando nella mia testa principalmente un “ma perché?” di carattere emotivo: sono ovvie le ragioni, meno le motivazioni.
Ciao Francesco
decisamente onirico ed ermetico, ma questo non è necessariamente un male, anzi. Hai il dono di pennellare l’ambiente con descrizioni mirate ed efficaci. Il problema, in questo caso, è come hai gestito la voce narrante, ovvero la prima persona, che – in questo caso – squalifica il narrato. Prova a ripensare il racconto con POV esterno, aggiungi un paio di migliaia di caratteri in più e avrai per le mani un pezzo efficace.
Ciao Invernomuto
è vero, il trucchetto sogno/coma è forse abusato, eppure a me affascina sempre molto. Se poi parliamo di sindrome locked-in (come mi pare) mi piace ancora di più. Carina la metafora della prigionia e della permeabilità della routine da dentro a fuori. Devo però fare due appunti: attento alla forma, ci sono diverse ripetizioni. Lo stile è chiaro e funzionale al tema del racconto anche se rivedrei la struttura dei periodi in funzione meno paratassica. Il punto più debole del racconto è la fine, uno spiegone condensato in due parole: avrei spostato la scena all’esterno, con il protagonista sul letto in tutta la miseria del coma.
ad ogni modo buona prova
Ciao Emiliano. Bella l’idea, toccante la presenza del padrone e il legame mai rescisso con il cane, ma lo stile è pesante e la forma in alcuni casi è da rivedere. Ora, se per la forma è solo questione d’esercizio (rileggere a voce alta spesso è un aiuto più che sufficiente) è decisamente più ostico piegare lo stile alla propria volontà. Ciò che mi ha colpito negativamente è una certa prolissità delle descrizioni – in alcuni passaggi sfiori l’infodump (anche se le informazioni da trasmettere sono davvero essenziali). Siamo a Minuti Contati, la nostra croce è l’esiguità di caratteri: nel tuo caso si ha l’impressione che tu abbia fatto di tutto per montare a neve la narrazione.
Ciao Luana.
Lo stile è chiaro, descrittivo e ben aggettivato. La storia è decisamente chiamata, ma questo non è certo un problema – sostengo fieramente che una banale storia ben scritta valga molto di più dell’originalità a tutti i costi – semmai ho sentito molto il tributo ad alcune pagine di Martin. Detto questo ritengo che spingendo ancor più sulla cristianità e su alcuni aspetti, il tuo racconto potrebbe fare il salto di qualità che separa la solita novella fantasy dal racconto storico-fantastico. L’aspetto che meno mi convince è la forma, che in alcuni passaggi è zoppicante. Ad esempio: l’aria acre satura di piscio – è un’espressione malfatta. Piuttosto “l’odore acre del piscio ammorbava l’aria” o qualcosa del genere. Abusi dei pronomi personali e delle proposizioni coordinate: usa qualche punto fermo, il testo ne guadagna in scorrevolezza. L’espressione “io scelgo te” è quantomeno pleonastica, dopo tutto ciò che descrivi, mentre lasciare la sola descrizione della voce melodiosa come fruscio di foglie d’estate (bellissima immagine) avrebbe lasciato una suggestione sospesa e decisamente efficace. Tutti questi piccoli aspetti (questi e altri) rendono la prosa poco scorrevole, a detrimento di uno stile ben aggettivato e piacevole.Spero di esserti stato utile.
Ciao Alessandro.
Mi mancano alcuni elementi per valutare la formattazione. È un aspetto voluto? Personalmente non ho avuto quest’impressione e ho trovato l’assenza di spazi e l’utilizzo della punteggiatura difficoltosi e stancanti. Anche il delirio non lo trovo ben realizzato: mi è parsa più la voce di un sano che gioca a fare lo schizzato, piuttosto di uno schizzato tradotto in linguaggio leggibile (permettimi il gioco retorico). In definitiva il racconto, pur avendo un suo perché, l’ho trovato poco fruibile.Callagan: sono d’accordo con te, “torta un poco disintegrata” è una caratterizzazione ulteriore del personaggio. Detto questo il tuo pezzo mi mette in difficoltà: è davvero ben scritto (quindi bravo, mi piace lo stile chiaro e pulito). Ci sono tuttavia alcuni aspetti che faccio fatica a inquadrare: la sospensione d’incredulità vacilla un poco difronte all’atteggiamento generale della protagonista. Ripeto è solo un’impressione, quindi prendila con beneficio d’inventario. Detto questo il racconto mi ha colpito comunque, la mia valutazione (personale) rimane decisamente positiva.
E grazie a tutti. Sono un po’ fissato col tema marinaresco: Severus è un personaggio ricorrente attorno al quale sto sviluppando alcune storie. Mi sono quindi chiesto: “perché non scrivere qualcosa su di lui e su Mr. Occam?”
Et voilà, il racconto, non senza qualche difficoltà, è venuto fuori. Le difficoltà sono esattamente quelle sollevate da Adriano: avrei preferito una soluzione del climax più graduale, ma i caratteri sono limitati e quindi ho dovuto fare il possibile per non snaturare la storia e l’efficacia del dialogo doppiato dal cambio atmosferico.
Salgari, Conrad, Melville, Coleridge: ho pensato a tutti loro, nella stesura.
Riguardo al capitano: è solo un’omonimia: il capitano della Razor è morto nel naufragio. Il secondo capitano è quello che in altre storie (non ancora scritte, ho solo delle tracce da sviluppare) accoglie il giovane Severus e Mr.Occam sulla HMS Leopard. Cosa succederà poi ancora non lo so
Ciao Adriano.
Il tuo racconto ha delle potenzialità enormi. Sei riuscito a mettere quasi perfettamente in pratica l’esercizio della reminiscence proustienne, e si sente.
Faccio un passo indietro: mentre leggevo il tuo racconto avevo la bocca dello stomaco chiusa. Per me che ho avuto una storia familiare un po’ particolare (non terribile, nemmeno brutta, ma sicuramente non ordinaria) il mood del racconto è stato una pugnalata al cuore. Sensazioni simili le ho provate guardando “Nel paese delle creature selvagge”. Questo vuol dire inequivocabilmente una cosa, ovvero che sei riuscito a rendere fruibile ad altri la reminiscence di cui parlo sopra – a me più che ad altri perché ho trovato dei punti di contatto col mio vissuto – e il segreto è stato proprio l’aver attinto a certi abissi che hai provato in prima persona. Quindi, per questo aspetto BRAVO, ma soprattutto fai tesoro di questa esperienza scrittoria. Il medesimo utilizzo della reminiscence mi è valso in altri concorsi grandi soddisfazioni (fra tutti il 3° posto al 300 parole del 2012), e se ha funzionato per me, fidati, può funzionare per chiunque. Detto questo però devo bacchettarti su un altro aspetto, altrettanto importante, ovvero la coerenza interna della psicologia di un personaggio. Dal racconto si può intuire che padre sei tu, in tutte le parti migliori del narratore: il problema è quando il personaggio si distacca da te e aggiungi l’elemento di dramma, ovvero l’errore del padre. Il tuo personaggio si comporta in maniera schizofrenica in diversi punti, il più macroscopico dei quali è descritto nel comportamento scisso: lontano, distante e tormentato nell’allontanamento e amorevole e dolce nel ritorno. Solo l’appunto sul sonno pieno di incubi raddrizza un poco la stortura narrativa. Problema di coerenza interna è anche il linguaggio, troppo forbito per un narratore nelle condizioni emotive del tuo protagonista. Se il racconto fosse stato narrato in 3 persona allora avresti potuto usare uno stile alto come quello che hai usato ma, trattandosi di una narrazione diretta e in prima persona, lo stile stride. Racconti la storia di un padre distrutto, in lutto perenne, che vive un dramma reale e quotidiano – è improbabile che si perda in certi preziosismi.
Bada che questi appunti non sono per affossare il racconto, sono solo la differenza che manca tra il tuo racconto e un racconto ai limiti della perfezione. La tua prova è, al netto delle mie osservazioni, decisamente buona, e ti vale una posizione decisamente alta nella mia classifica.
16 giugno 2015 alle 15:18 in risposta a: Gruppo TURA SATANA: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #7958Quando ho saputo che c’era Gelo che si aggirava mi ha preso un colpo… tanti auguri
E mi fa molto piacere sentire una precisazione simile, hai perfettamente ragione – il punto problematico è proprio il POV che oscilla da esterno a interno. Ma l’immaginario collettivo, e ancor più i ragazzini d’oggi come vedono la cosa? Che bias riceve dalla cultura odierna? Peraltro l’idea di partigiano come esclusivamente promotore di una cultura di sinistra è anche parzialmente scorretta, la storia ci parla di partigiani di ogni pensiero politico. Il partigiano di sinistra ha sicuramente vinto nella memoria storica collettiva, ma è, per l’appunto, un bias culturale rispetto a una realtà storica.
Ma queste sono considerazioni molto relative: il racconto è scritto bene, semplicemente non amo sbrodolamenti politici, da qualsiasi parte essi provengano
Trappola per topi – Manuel Piredda
Come già rilevato da altri, il racconto è spezzato a metà. L’idea di base non è male, anzi. Chi meglio di un soldato della guerra nel Pacifico sa cosa vuol dire combattere? Proprio per questo devo evidenziare alcune criticità: la prima parte del racconto, nonostante l’aggettivazione ricca, risulta emotivamente piatta. Inoltre si percepisce una certa ansia nel voler far intendere al lettore la tua conoscenza del periodo storico che sfiora l’infodump. Per contro la seconda parte è decisamente più scorrevole ed empatica, riuscendo a trasmette – perlomeno in parte – il terrore del nostro soldato americano. Ci sono alcuni squilibri nella narrazione (la faccenda della torcia, a mio avviso, occupa troppo spazio, specialmente nell’ottica della ripresa qualche riga più in basso). Il finale è telefonato ma efficace, ottima la frase di chiusura. Attento alla punteggiatura e alla costruzione dei periodi, sia come tempi verbali, sia come pause sintattiche. La prima parte del racconto guadagnerebbe molto da periodi molto più brevi. La sostanza c’è, e buona: hai scelto un periodo interessante e si vede che hai molto da raccontare. La forma è un po’ deficitaria.
La lunga attesa – Alexandra Fischer
Ciao Ale, ben trovata. Il difetto principale del racconto è forse la stereo tipizzazione. Il Nemico, La Lunga Attesa, il Rianimato Numero Uno, l’ordine Sonno Profondo, il Progetto di Rianimazione, La Peste della Follia. L’impressione che ne ho ricevuto è di una spannung da manga giapponese. Allo stato attuale c’è troppa carne al fuoco per una buona resa del senso della storia; quando poi spuntano gli ex-scienziati la sospensione d’incredulità, che già vacillava in principio, va a farsi benedire.
Il problema qua non è la prosa né l’ortografia, ma la gestione degli elementi narrativi. Il mio consiglio è di rileggere il racconto e sfrondare tutti gli elementi superflui (e sono molti) cercando di gestire la medesima storia con perifrasi diverse.Black Rain – Adriano Muzzi
Ciao Adriano. Un incipit decisamente efficace e incalzante, una prosa con un aggettivazione ricca e che getta il lettore nel mezzo della descrizione. Mi piace il tuo stile e mi sembra che il setting meriti più di una manciata di caratteri. E allora cosa non va? Nella fase iniziale c’è una lunga sequenza di infodump che stanca il lettore e ne mette alla prova il sense of wonder, piuttosto che accentuarlo. La narrazione si riprende con la sequenza del percorso tra i cunicoli delle fogne (piuttosto, in un luogo di pioggia incessante ci si aspetterebbe un under world completamente allagato, non credi?), per arrivare all’abitazione della signora in bianco. Vede il cibo, ha fame, e poi? Il finale è troppo improvviso, e lascia il lettore con troppe domande, sollevate dal narratore stesso. Le Vasche di riciclo sono un elemento in più che poco aggiunge all’economia della storia. Attento anche alla coerenza interna delle ultime righe: parli di primo piano, di un balcone. Da dove spunta il maggiordomo? Non dal balcone, eppure ne descrivi l’azione di entrare nella stanza. E allora da dove ha sparato? Rivedi questi elementi e il racconto ne guadagnerà moltissimo (e già merita di suo).
Apocalisse – Serena Aronica
Ciao Serena. Davvero poco da dire sul tuo racconto. Bello, ben scritto ed equilibrato, mi ricorda un racconto di Stefano Benni quando ancora non si era perso nei deliri politici. Davvero divertente l’idea dello scarafaggio, una sorta di metamorfosi al contrario, dove sono gli scarafaggi a comportarsi da umani e non il contrario. Unico appunto: è vero, gli scarafaggi e poco altro sopravvivrebbero a un olocausto nucleare, ma non all’onda d’urto e alla combustione, ma alle radiazioni. Dal racconto sembra di avere a che fare con scarafaggi ignifughi. Detto questo, brava, ti faccio i miei complimenti. Il tuo racconto mi è piaciuto molto.
Combattere per morire – Filippo Puddu
Oè Callagan, chi si rivede! Passiamo al tuo racconto: davvero notevole, l’ho apprezzato moltissimo. Sei riuscito a gestire molto bene l’atmosfera, e l’impressione complessiva è molto positiva. Ti faccio notare però un’incongruenza di fondo: il comportamento dei personaggi (e il loro linguaggio) e alcuni elementi che inducono il lettore a pensare che la storia sia ambientata intorno alla seconda guerra mondiale. Ora, alla luce di questa considerazione, atri elementi appaiono fuori posto: il passeggino al posto della carrozzina, i cerotti per il naso, il linguaggio piuttosto scurrile e il modo di apostrofarsi troppo moderno… tutti elementi che provocano straniamento. Infine il motore del racconto: cos’avrà detto lei di così tremendo da indurlo a fuggire così? Oppure era un’idea già in essere in Pietro; fatto sta che non lo sappiamo (e vorremmo saperlo).
Hasta siempre
Ciao Francesco. Il tuo racconto mi mette in difficoltà, davvero, e in buona parte per motivi personali. Sicuramente ben scritto, ho apprezzato molto la scelta di tradurre tutto in tempo presente (giochino di stile che non sempre è facile gestire). Più un affresco interiore che una storia – di fatto oscilla tra le considerazioni del “Che” e descrizioni di contorno che fanno da contraltare al vissuto del protagonista, il tema è rispettato. Dovessi valutare solo gli aspetti formali sicuramente non avrei grosse incertezze nel valutare il tuo racconto – abbiamo stili diversi e i cambiamenti che farei sono frutto solo di un modo diverso di sentire la prosa. Ma raccontare credo sia anche intrattenere, e il tuo racconto non mi ha appassionato, principalmente a causa della retorica di sinistra (e ti giuro, sono piuttosto apolitico, non è un fattore di destra o sinistra) del quale è permeato. Ho trovato forzoso il divario descritto tra il vecchio dimesso, un VERO COMPAGNO, e la pletora di ragazzini: per rinforzare il tutto hai addirittura eliminato il lambrusco dalle bevande servite – cosa che in Emilia Romagna credo non avverrà nemmeno nel 2250 (non più di quanto sia possibile eliminare il bianchetto qua a Verona). Il verde come colore dell’odio (che suppongo sostituisca il nero) è di per sé una manifestazione quantomeno d’intolleranza, che quindi cozza col messaggio sotteso di presunta tolleranza e idealismo del personaggio. Detto questo comprendo che tu prediliga i temi sociali e fai bene, anzi benissimo a scriverne – semplicemente non riesco a goderne a pieno. Quindi un applauso per la scrittura, purtroppo la storia non mi è piaciuta.
Solo un vecchio – di Angelo Frascella
Docuracconto. Wow. Beh, non devo dirti molto: lo stile è sicuro, hai preso la vita di un personaggio famoso, eventi realmente accaduti e li hai… romanzati? Non so se possa essere applicato a un racconto così breve, ma l’effetto è questo, ed è davvero positivo. Come al solito una prova eccellente che dimostra le tue doti. Bravo.
Karki
Ciao Filippo. Un ottimo racconto il tuo. Scorre veloce e trascina nella storia che nella sua semplicità lascia tutto lo spazio al vero protagonista, Karki. Peraltro mi sembra il cane di mia madre, e se è vero che i cani sono come i padroni allora mia madre è Karki, quantomento per l’aggressività. A parte gli scherzi, lo stile mi è piaciuto molto, anche se mi sembra di aver percepito pesanti tributi stilistici – soprattutto verso alcune pagine di Palahniuk. La cosa non inficia minimamente sul giudizio, è solo un’osservazione (magari errata). Unico appunto è la costruzione dell’introduzione, forse troppo martellante.
Il mio nome è legione – di David GalliganiCiao David, il tuo racconto mi ha spiazzato un poco. C’è tanta carne al fuoco: le descrizioni delle azioni sono ben costruite e in generale lo stile è scorrevole, quindi dal punto di vista stilistico ci sono poche obiezioni. Per quanto riguarda invece la trama devo dire che ho trovato la lettura – o meglio la ricostruzione della storia – abbastanza difficoltosa. Ho l’impressione che avessi (come del resto è capitato a me) un affresco ben più grande in testa di quanto potessi dipingere nel mero spazio di 3000 caratteri.
TERRITORIO DI CACCIA
Ciao Alessandro. Le osservazioni principali le hanno fatte gli altri, ritengo di aver davvero poco da aggiungere, salvo forse una cosa: persevera. L’aggettivazione non è affatto male, lo stile deve ancora formarsi ma il potenziale c’. Sicuramente mancano certe malizie narrative (a dire il vero una storia vera e propria non c’è nemmeno) ma sono certo che col tempo e l’esercizio potrai tirare fuori pezzi più che discreti.AD OGNUNO IL SUO NEMICO di Marco Roncaccia
Ciao Marco, un racconto dai temi pesanti, il tuo. Mi è piaciuto molto, anche se ci sono alcuni passaggi che sono poco coerenti con il tipo di narrazione, principalmente dovuti ad espressioni che stonano – primo fra tutti il “Ho dato un bacio al mio fratellino e a mia mamma che dormivano e via!”. Per il resto il racconto fila via che è una bellezza, e ho davvero apprezzato l’incedere narrativo. Peccato per il finale: non tanto per il concetto di fondo quanto per la politicizzazione. Avrei evitato di evocare un personaggio reale, anche se non nominato. Non l’ho perdonato a Serra (anche io detesto Berlusconi ma lui ha proprio rotto i coglioni) e non lo perdono a nessuno – la critica politica nei racconti la reggo davvero poco.
L’Arena
Spassoso, perfettamente in linea con un certo tipo di letteratura a target young-adult che gira oggigiorno. Il tema dell’alienazione virtuale, rispetto alla realtà è interessante e sono sicuro che, se espanso a dovere, potrebbe dare vita a dei racconti notevoli. Al momento il racconto (o meglio la scena) soffre un po’ di “povertà”: avrei voluto leggere di più, trovare uno scopo o un motivo più profondo. Comunque niente male, lo stile è scorrevole e piacevole.
Classifica:1 karki
2 solo un vecchio
3 black rain
4 apocalisse
5 trappola per topi
6 a ognuno il suo nemico
7 hasta siempre
8 combattere per morire
9 l’arena
10 il mio nome è legione
11 territorio di caccia
12 la lunga attesa-
Questa risposta è stata modificata 9 anni, 11 mesi fa da
Alberto Della Rossa.
Rispondo un po’ a tutti, così faccio prima, il lavoro è tiranno
È vero, il racconto è squilibrato, e la colpa è tutta mia (e di chi altrimenti?). Faccio un autodafé: lunedì, dopo tre ore che giravo attorno a una storia di hard sci-fi che richiede decine di migliaia di caratteri, mi sono lasciato prendere dallo sconforto e ho rimaneggiato una vecchia bozza. Naturalmente la bozza in questione era di oltre 15k caratteri (senza essere nemmeno a un quarto della storia) e mi sono trovato quindi a riscrivere completamente il racconto, stravolgendo luoghi e dinamiche. Gli elementi sono i medesimi, ma non funzionano così compressi. Quindi, per rispondere a Callagan, Santaniello e Ceranu, è vero, così non va. Funziona nella versione lunga (sulla quale sto lavorando e che avrei piacere leggeste, una volta pronta) ma non in quella breve.
@Ceranu: una sola precisazione, l’unica ripetizione è l’ultima (compare-compari), mentre la l’espressione (il cane è tuo) è raddoppiata volutamente. Quindi Linda, si tratta solo di aspettare che finisca di mettere mano al racconto che, per come sta crescendo, temo supererà i 60k caratteri.
Grazie a tutti per le osservazioni preziose
Dio mio, uccidetemi. Ripetizione orribile in chiusura :'(
1) Il caricabatterie
Ottima, ottima prova. Bello lo stile, asciutto e funzionale al racconto, bella la storia, con un vero e proprio mondo appena tratteggiato e tuttavia così chiaro. Amo moltissimo le distopie, specialmente quando intrecciano sentimenti assolutamente umani. Ho colto anche il dramma di un uomo che esso stesso sta diventando apatico e che è in vita solo grazie all’amore. Un racconto davvero ben scritto e di livello, mi auguro di leggere ancora altri tuoi lavori ambientati nel medesimo setting.
2) Lo aggiusti, papà?
Ciao Stefano. Racconto magistralmente scritto, non c’è che dire. Ho apprezzato molto anche il fatto che non esiste alcuna connotazione di carattere temporale del setting. Detto questo, il fatto di scendere in ambito teologico l’ho trovato quasi scontato – di certo non per una questione di rispetto, grazie al cielo la scrittura è prima di tutto espressione di libertà – e avrei preferito una soluzione più fantasiosa. Insomma, bellissimo racconto, peccato per il finale che a mio avviso poteva essere gestito meglio.
3) La lavatrice
Ciao Patty, bentrovata!
Bel racconto, molto divertente e pieno di ironia. Mi è piaciuto molto come hai gestito il passaggio dalla disperazione adolescenziale alla gioia isterica e aggressiva della distruzione. In qualche passaggio ho trovato la prosa da rivedere ma nel complesso direi che va più che bene. Ottima gestione del climax, mi lascia perplesso solo la velocità con la quale arrivano i carabineri. Ecco, quella si che è fantascienza!
4) Gremlins
Ciao Eleonora. Ottima idea e mi è piaciuto molto anche lo stile, serrato e ansiogeno. Si assiste alla costruzione del quadro di follia indotta del protagonista, con gli eventi che sono conseguenza del guasto. Purtroppo la prosa in diversi punti risulta un po’ difficoltosa, così come lo sono alcune sequenze narrative. Insomma, ottimo setting, stile assolutamente adeguato. Maggior respiro (in termini di battute) e una riscrittura e ci sono delle ottime potenzialità per un pezzo di tutto rispetto.
5) Tra Montorsoli e Bivigliano
Ciao Filippo. Lo stile del tuo racconto è crudo, duro e sardonico. La storia non è poi così improbabile, anzi, trovo che il suo pregio maggiore sia nella verosimiglianza. Proprio per questo ho trovato – in una prosa decisamente buona e personale – eccessivamente pesanti tutti i turpiloqui del protagonista. Li ho trovati eccessivi, anche perché si sarebbero potuti usare altri espedienti per tratteggiare il disprezzo misto a desiderio del protagonista.
6) L’amore al tempo del 6G
Ciao Francesco, bentrovato.
Il racconto presenta inequivocabilmente la tua firma, lo stile si riconosce al volo. Anche l’idea non è male anche se sa di già visto e non mi risulta particolarmente originale. Inoltre c’è un problema logico alla base. Improbabile che un personaggio con una sociopatia tale da avere un erezione al tocco e da essere totalmente disorientato da un blackout informatico possa avere una rete sociale reale, specialmente nella quale siano coinvolti dei bambini. Battesimi e compleanni (anche se di quest’ultimo non è specificata la fascia d’età) presuppongono un contatto umano diretto che sicuramente Carmen ha, e che ponela ragazza direttamente nei non informatizati (perchè usare un ibrido anglo-italiano? avrei usato informatized o informatizzati, non un mix dei due). Stona quindi che lui, sociopatico evidente, chiami amore una persona che vive di rapporti umani reali (e pertanto ne pretenderà – dove poche righe dopo ci confermi la totale incapacità fisica e psicologica del personaggio a condurre rapporti fisici di qualsiasi tipo). Insomma, trovo un’inconsistenza di fondo poco sanabile nell’ambito di una prosa ben scritta e di uno stile personale.
7) Testa a testa
Head Anastomosys Venture, chiamato anche HEAVEN, ovvero il progetto del professor Canavero di trapiantare teste. Un racconto che affronta un tema di cronaca quindi. Beh, devo dirti che il conoscere bene la vicenda mi ha reso ancora più gustoso il racconto. D’altro canto quello che inizia con davvero un ottimo piglio si perde un pochino nell’infodump. La suggestione migliore, data dalla testa mozzata e tenuta in vita (perché di quello si tratta, vero?), è lasciata morire – passami il terribile gioco di parole – a favore della narrazione degli eventi operatori. Un ultimo appunto, relativo alla sospensione d’incredulità: una piastra difettosa è un caso, due un evento. Otto è magia nera…sempre che non sia voluto. Una coincidenza? Io non credo.
8) Il disastro
Ciao Pietro, il tuo racconto è…strano. Tutto il monologo è semplicemente molto – troppo! – stiracchiato, quando poi di materiale su cui lavorare ne hai in abbondanza. Diciamo che ho trovato poco equilibrio nelle parti, aggravato dal fatto che una vera e propria storia non c’è. Il guasto? Quello è evidente, e del piano B e del panico (che non c’è) non me ne frega niente (non le ho considerate indicazioni vincolanti), tuttavia manca qualcosa a fare da collante. Lo stile non mi dispiace, vagamente delirante e dai tratti Adams-iani (il frigo me lo immagino stile anni ’50, e il tecnico con un asciugamano sulla spalla). Ti invito a coltivare il genere, magari supportato da una buona storia!
9) Una sorpresa per te
Ciao Claudia, bentrovata.
Il racconto è spassoso, particolarmente in alcuni passaggi dove giochi di fantasia con la zeppola. Anche lo stile non mi è dispiaciuto. I punti dolenti sono, come ti hanno fatto notare, una mancanza di conseguenze logiche dirette che dovrebbero portare al ribaltamento dei ruoli. Ho trovato poco elegante anche l’occultare l’arma (rotta prima, un coltello da sushi poi) per ritardare il più possibile il palesarsi di una cattiva intenzione che però è intuibile da subito. Puoi tranquillamente dire che stava cercando un’arma, non è un segreto per nessuno fin dalle prime righe.
Il racconto non mi ha convinto più di tanto per questi motivi, ma con il giusto lavoro può guadagnare pieno valore.
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Questa risposta è stata modificata 10 anni fa da
Alberto Della Rossa.
Ciao Patty, bentrovata!
Bel racconto, molto divertente e pieno di ironia. Mi è piaciuto molto come hai gestito il passaggio dalla disperazione adolescenziale alla gioia isterica e aggressiva della distruzione. In qualche passaggio ho trovato la prosa da rivedere ma nel complesso direi che va più che bene. Ottima gestione del climax, mi lascia perplesso solo la velocità con la quale arrivano i carabineri. Ecco, quella si che è fantascienza!
Ciao Eleonora. Ottima idea e mi è piaciuto molto anche lo stile, serrato e ansiogeno. Si assiste alla costruzione del quadro di follia indotta del protagonista, con gli eventi che sono conseguenza del guasto. Purtroppo la prosa in diversi punti risulta un po’ difficoltosa, così come lo sono alcune sequenze narrative. Insomma, ottimo setting, stile assolutamente adeguato. Maggior respiro (in termini di battute) e una riscrittura e ci sono delle ottime potenzialità per un pezzo di tutto rispetto.
Ciao Francesco, bentrovato.
Il racconto presenta inequivocabilmente la tua firma, lo stile si riconosce al volo. Anche l’idea non è male anche se sa di già visto e non mi risulta particolarmente originale. Inoltre c’è un problema logico alla base. Improbabile che un personaggio con una sociopatia tale da avere un erezione al tocco e da essere totalmente disorientato da un blackout informatico possa avere una rete sociale reale, specialmente nella quale siano coinvolti dei bambini. Battesimi e compleanni (anche se di quest’ultimo non è specificata la fascia d’età) presuppongono un contatto umano diretto che sicuramente Carmen ha, e che ponela ragazza direttamente nei non informatizati (perchè usare un ibrido anglo-italiano? avrei usato informatized o informatizzati, non un mix dei due). Stona quindi che lui, sociopatico evidente, chiami amore una persona che vive di rapporti umani reali (e pertanto ne pretenderà – dove poche righe dopo ci confermi la totale incapacità fisica e psicologica del personaggio a condurre rapporti fisici di qualsiasi tipo). Insomma, trovo un’inconsistenza di fondo poco sanabile nell’ambito di una prosa ben scritta e di uno stile personale.
22 aprile 2015 alle 14:17 in risposta a: [B] Tra Montorsoli e Bivigliano – Filippo Santaniello #5991Ciao Filippo. Lo stile del tuo racconto è crudo, duro e sardonico. La storia non è poi così improbabile, anzi, trovo che il suo pregio maggiore sia nella verosimiglianza. Proprio per questo ho trovato – in una prosa decisamente buona e personale – eccessivamente pesanti tutti i turpiloqui del protagonista. Li ho trovati eccessivi, anche perché si sarebbero potuti usare altri espedienti per tratteggiare il disprezzo misto a desiderio del protagonista.
Ottima, ottima prova. Bello lo stile, asciutto e funzionale al racconto, bella la storia, con un vero e proprio mondo appena tratteggiato e tuttavia così chiaro. Amo moltissimo le distopie, specialmente quando intrecciano sentimenti assolutamente umani. Ho colto anche il dramma di un uomo che esso stesso sta diventando apatico e che è in vita solo grazie all’amore. Un racconto davvero ben scritto e di livello, mi auguro di leggere ancora altri tuoi lavori ambientati nel medesimo setting.
Ciao Stefano. Racconto magistralmente scritto, non c’è che dire. Ho apprezzato molto anche il fatto che non esiste alcuna connotazione di carattere temporale del setting. Detto questo, il fatto di scendere in ambito teologico l’ho trovato quasi scontato – di certo non per una questione di rispetto, grazie al cielo la scrittura è prima di tutto espressione di libertà – e avrei preferito una soluzione più fantasiosa. Insomma, bellissimo racconto, peccato per il finale che a mio avviso poteva essere gestito meglio.
Ciao Pietro, il tuo racconto è…strano. Tutto il monologo è semplicemente molto – troppo! – stiracchiato, quando poi di materiale su cui lavorare ne hai in abbondanza. Diciamo che ho trovato poco equilibrio nelle parti, aggravato dal fatto che una vera e propria storia non c’è. Il guasto? Quello è evidente, e del piano B e del panico (che non c’è) non me ne frega niente (non le ho considerate indicazioni vincolanti), tuttavia manca qualcosa a fare da collante. Lo stile non mi dispiace, vagamente delirante e dai tratti Adams-iani (il frigo me lo immagino stile anni ’50, e il tecnico con un asciugamano sulla spalla). Ti invito a coltivare il genere, magari supportato da una buona storia!
Ciao Claudia, bentrovata.
Il racconto è spassoso, particolarmente in alcuni passaggi dove giochi di fantasia con la zeppola. Anche lo stile non mi è dispiaciuto. I punti dolenti sono, come ti hanno fatto notare, una mancanza di conseguenze logiche dirette che dovrebbero portare al ribaltamento dei ruoli. Ho trovato poco elegante anche l’occultare l’arma (rotta prima, un coltello da sushi poi) per ritardare il più possibile il palesarsi di una cattiva intenzione che però è intuibile da subito. Puoi tranquillamente dire che stava cercando un’arma, non è un segreto per nessuno fin dalle prime righe.
Il racconto non mi ha convinto più di tanto per questi motivi, ma con il giusto lavoro può guadagnare pieno valore.
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