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24 luglio 2015 alle 22:27 in risposta a: Gruppo VUOTO: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #9242
Ecco qui la classicifa e, in ordine, i commenti.
Saluti a tutti1 – (FD) Edo, di Barbara Comeles
2 – (GS) Stellaluce, di Raffaele Marra
3 – (GS) Rodriguez, di Maria Rosaria Del Ciello
4 – (FD) Vecchio bastardo, di Fernando Nappo
5 – (FD) Ogni ultima volta, di Christian Magrì
6 – (FD) L’abito malva, di Alexandra Fischer
7 – (FD) Un buon padre, di Roberto Romanelli
8 – (FD) Lui, di Eleonora Rossetti
9 – (FD) Operazione Urlo, di Francesco Nucera,
10 – (GS) La luna alta nel cielo, di Omaima MarfoqEdo
Ciao. L’intensità del racconti mi è piaciuta molto. Quasi sempre riesce a essere davvero incisivo con pochi tratti, soprattutto quando fai trarre al lettore le conclusioni, meno quando la protagonista sembra “suggerirle” (anche se non ce ne è particolare bisogno. La sua confusione si sente già tutta.
Nulla da dire sulla dinamica dei fatti di una situazione che è molto comune (pure nella mia famiglia due generazioni in su!) e il tema è centrato.
Qualche appunto sulla forma. Togliere le “d” eufoniche, usare un po’ di più il punto e virgola (che dove è stato usato ci sta bene) e usare una forma diversa per i discorsi diretti riportati per non farli assomigliare ai pensieri.Stellaluce
Ciao. Anche qui il tema è rispettato, con l’uso di sbagliato come “genitori non originali”. La storia è semplice e si dipana senza intoppi e incontra una risoluzione che da un lato e logica, dall’altra crea abbastanza empatia per rimanere in mente. Anche se col senno di poi dovevo sospettarlo, il colpo di scena finale è la cosa migliore e alza di una spanna l’intero racconto.
Lo stile è un po’ troppo aulico forse (quei tre paragrafi che iniziano con un “fu” non sono certo leggeri) e ne soffre un pochino il ritmo, che tende a essere troppo raccontato. Però la semplicità degli avvenimenti sono anche la forza del racconto e il tutto scorre bene.
Rodriguez
Ciao. Il tema c’è, anche se è usato in maniera tutto sommato un poco scontata come “pessimi genitori”. Lo stesso si può dire per l’andamento della vicenda, che ricorda un telefilm di trafficanti americani con una serie di comportamenti e usi stereotipi (anche se è un dettaglio non so se è credibile che una famiglia così fiera di ispanici accetti cone genero un Charlie, che non sembra un nome ispanico – forse è solo un sofisma, ma mi stonava).
Però il modo in cui le cose sono raccontate (non so se qualche dialogo sarebbe stato un bene o un male visto che i caratteri disponibili sono così pochi) non solo rende bene l’idea, ma ha un ritmo di scrittura che va di pari passo all’ambientazione, quasi pulsa come la musica senza che sia necessario dirlo. L’eccitazione, la rabbia, la desolazione e il fatto di essere sbagliati sono resi vividi e incisivi la massimo.Vecchio bastardo
Ciao. Il tema del figlio dimenticato c’è, anche se verte più su di un figlio “abbandonato”. Non sono convintissimo del risultato, forse perché la figura del figlio mi irrita un pochino (alla fine si rivela bastardo quanto il padre con tempo a disposizione che decide di usare male, ma non so se sia un effetti voluto nello scrivere il racconto) e forse il fatto che sia tutto basato su di un prolungato botta e risposta distrae.
Il ritmo non è male, le dinamiche chiare, ma mi sembra una costruzione un poco artificiosa attorno a un qualcosa che stenta a esserci
Varie
Matersasso (refuso); nè (refuso)Ogni ultima volta
Ciao. All’inizio mi aveva lasciato un po’ perplesso, ma la seconda lettura mi ha permesso di capire i collegamenti che avevi preparato nella prima parte e che mi erano parsi all’inizio troppo sospesi. Il tema c’è ed è indovinato, anche se il velo di malinconia finale tende a perdersi ed è troppo coperto dal malore (problema comune di preparare molto nella parte iniziale e centrale e avere poco spazio alla fine; un po’ si vede) . Unico dubbio: da come il personaggio narrante cita il nome dell’amico sembra che non abbia mai fatto il collegamento. OK, che è un cognome comune, ma non ci ha mai pensato?
Devi però rivedere il modo di usare la punteggiatura, con quelle virgole messe (oppure omesse) un poco a casaccio. Ad esempio in “e affettano cipolle, alla velocità della luce.” Non ci deve stare e manca in “disse riportando la maglia sull’addome”. Da sistemare anche le maiuscole dopo il discorso diretto.
Orrendo o perlomeno pesantissimo (anche se corretto, ma ho dovuto controllare) quel “Minuti interminabili scaddero al momento dell’iniezione”, anche perché mescola un esaurirsi dei minuti, quindi qualcosa che è trascorso, con il presente del “al momento”.
Racconto da perfezionare, ma comunque con una bella botta di riflessione.L’abito Malva
Ciao. Temo che ci siano troppe forzature, non tanto per rientrare nel tema (anche se ci si sposta di una generazione, perché anche se di padre/figlia si tratta, il fatto che il protagonista sia una nipote pare rendere la cosa più distante e meno empatica). C’è la forzatura della malattia del cuore che mi pare una spada di Damocle che nessuno trascurerebbe (sarebbe più logico un tumore) e l’infarto che capita così troppo a proposito. Va bene che pare esserci l’elemento scatenante, anche se l’ho trovato poco chiaro con tutte quelle negazioni o quel “non ti conosco”. Anche i dettagli del pagamento (perché mai il nonno darebbe quei soldi?) avrebbero bisogno di chiarezza o l’arrabbiatura della ragazza che quasi se la prende con la tazzina della zia.
Corretta e abbastanza incisiva la forma.Un buon padre
Ciao. Sono un poco spiazzato dal racconto. Anche rileggendolo non sono sicuro di dove vuole arrivare. Vuole svolgersi su vari livelli: uno più pratico (all’inizio pensavo che fosse una storia realistica), la parabola e poi passa al mistico o alla fantascienza, ma malgrado il lungo monologo alla fine non mi ha lasciato molto, forse anche perché tende a ripetere un unico concetto. Forse è stata una questione di tempo rimanente (poco) per far quadrare il tutto. Sul piano “parabola” si possono mettere molte cose da interpretare, ma non tutte mi filano (avrebbe un solo figlio perduto? È l’angelo caduto?). Non so. Anche la storia dei 6000 anni mi lascia perplesso; capisco da dove arrivi il concetto, ma prima era assente? I figli li aveva già fatti.
A livello di tema poi non è che si tratti proprio di un figlio dimenticato, perché ne parla fin troppo e mi pare che lo abbia sempre nei suoi pensieri.
Forse concettualmente puntava troppo in alto per quello che poi era possibile realizzare.Lui
Ciao. Il tema è rispettato fino a un certo punto perché più che un figlio dimenticato è un figlio di cui non si aveva alcuna conoscenza. OK che la situazione è un po’ particolare (e al limite del plausibile perché sarebbe uno stupratore seriale mai beccato da record), ma mi pare troppo labile.
La forzatura della coincidenza è la chiave di tutto il racconto ed è decisamente una forzatura. E’ stato così attento da rimanere in giro per quasi trent’anni ed è così ingenuo da tenere tutto nella cassaforte di casa? Mah.
Anche se nella prima parte il racconto si trascina un poco, la parte finale lo risolleva e ha una sua netta incisività; di sicuro la parte migliore è questo contrappasso finale.Operazione Urlo
Ciao. Ho il sospetto che dopo la partenza iniziale il racconto sia andato un po’ per conto proprio. Innanzitutto il tema non lo trovo: dov’è il figlio dimenticato? Poi la logica che sta dietro alla missione è troppo labile e forzata: fanno tutto questo per attirare attenzione? Non solo fanno troppo poco, visto quello che accade nella cronaca reale la cosa rimarrebbe assolutamente non notata, ma nessuno sembra comportasi nella prima parte del racconto come se questo fosse il loro scopo, anche se si comportano ingenuamente (legge ad alta voce quando prima stava in silenzio?), non pare pianificato. Altra cosa forzata è l’accostamento tra un militante centri sociali e uno di Casa Pound, temo che siamo in pura fantascienza. Non è scritto male, anche se si sofferma a descrivere troppi particolari e ha troppi personaggi in scena per riuscire a essere incisivo.
Varie: puscher (refuso) – Virgolettare i nomi dentro al discorso diretto (molto meglio il corsivo) non mi pare l’ideale.La luna alta nel cielo
Ciao. Forse per il poco tempo, forse perché i racconti a volte tendono ad andare via per i fatti loro, ma ho trovato il risultato troppo confuso e con dei passaggi che non trovo logici. Il tema è rispettato, anche se sembra un solo genitore “sbagliato” (però non è un problema). Sono più un problema i salti narrativi, il passare continuo da una situazione all’altra che mi facevano pensare di aver saltato qualche riga. E poi i personaggi si muovono senza una logica chiara, appaiono e scompaiono, sfiorando l’assurdo; non mi riferisco tanto all’evento chiave di “dar via il figlio” che è proprio al limite del plausibile, ma a come avviene. Vanno armati? Il bambino col fucile? Non ha senso che diano questa prova di forza e poi il padre ceda così per debiti. Mi pare troppo forzato.
Anche il ritmo narrativo va a scatti, con troppi avverbi in mente (sarebbero da usare con maggiore parsimonia) e altre cose fuori posto (quell’ “entro breve” o “trascinarono dalla maglia”).-
Questa risposta è stata modificata 9 anni, 9 mesi fa da
Alberto Priora.
Ciao. Forse per il poco tempo, forse perché i racconti a volte tendono ad andare via per i fatti loro, ma ho trovato il risultato troppo confuso e con dei passaggi che non trovo logici. Il tema è rispettato, anche se sembra un solo genitore “sbagliato” (però non è un problema). Sono più un problema i salti narrativi, il passare continuo da una situazione all’altra che mi facevano pensare di aver saltato qualche riga. E poi i personaggi si muovono senza una logica chiara, appaiono e scompaiono, sfiorando l’assurdo; non mi riferisco tanto all’evento chiave di “dar via il figlio” che è proprio al limite del plausibile, ma a come avviene. Vanno armati? Il bambino col fucile? Non ha senso che diano questa prova di forza e poi il padre ceda così per debiti. Mi pare troppo forzato.
Anche il ritmo narrativo va a scatti, con troppi avverbi in mente (sarebbero da usare con maggiore parsimonia) e altre cose fuori posto (quell’ “entro breve” o “trascinarono dalla maglia”).Ciao. Il tema è rispettato fino a un certo punto perché più che un figlio dimenticato è un figlio di cui non si aveva alcuna conoscenza. OK che la situazione è un po’ particolare (e al limite del plausibile perché sarebbe uno stupratore seriale mai beccato da record), ma mi pare troppo labile.
La forzatura della coincidenza è la chiave di tutto il racconto ed è decisamente una forzatura. E’ stato così attento da rimanere in giro per quasi trent’anni ed è così ingenuo da tenere tutto nella cassaforte di casa? Mah.
Anche se nella prima parte il racconto si trascina un poco, la parte finale lo risolleva e ha una sua netta incisività; di sicuro la parte migliore è questo contrappasso finale.Ciao. Sono un poco spiazzato dal racconto. Anche rileggendolo non sono sicuro di dove vuole arrivare. Vuole svolgersi su vari livelli: uno più pratico (all’inizio pensavo che fosse una storia realistica), la parabola e poi passa al mistico o alla fantascienza, ma malgrado il lungo monologo alla fine non mi ha lasciato molto, forse anche perché tende a ripetere un unico concetto. Forse è stata una questione di tempo rimanente (poco) per far quadrare il tutto. Sul piano “parabola” si possono mettere molte cose da interpretare, ma non tutte mi filano (avrebbe un solo figlio perduto? È l’angelo caduto?). Non so. Anche la storia dei 6000 anni mi lascia perplesso; capisco da dove arrivi il concetto, ma prima era assente? I figli li aveva già fatti.
A livello di tema poi non è che si tratti proprio di un figlio dimenticato, perché ne parla fin troppo e mi pare che lo abbia sempre nei suoi pensieri.
Forse concettualmente puntava troppo in alto per quello che poi era possibile realizzare.Ciao. L’intensità del racconto mi è piaciuta molto. Quasi sempre riesce a essere davvero incisivo con pochi tratti, soprattutto quando fai trarre al lettore le conclusioni, meno quando la protagonista sembra “suggerirle” (anche se non ce ne è particolare bisogno. La sua confusione si sente già tutta.
Nulla da dire sulla dinamica dei fatti di una situazione che è molto comune (pure nella mia famiglia due generazioni in su!) e il tema è centrato.
Qualche appunto sulla forma. Togliere le “d” eufoniche, usare un po’ di più il punto e virgola (che dove è stato usato ci sta bene) e usare una forma diversa per i discorsi diretti riportati per non farli assomigliare ai pensieri.Ciao. All’inizio mi aveva lasciato un po’ perplesso, ma la seconda lettura mi ha permesso di capire i collegamenti che avevi preparato nella prima parte e che mi erano parsi all’inizio troppo sospesi. Il tema c’è ed è indovinato, anche se il velo di malinconia finale tende a perdersi ed è troppo coperto dal malore (problema comune di preparare molto nella parte iniziale e centrale e avere poco spazio alla fine; un po’ si vede) . Unico dubbio: da come il personaggio narrante cita il nome dell’amico sembra che non abbia mai fatto il collegamento. OK, che è un cognome comune, ma non ci ha mai pensato?
Devi però rivedere il modo di usare la punteggiatura, con quelle virgole messe (oppure omesse) un poco a casaccio. Ad esempio in “e affettano cipolle, alla velocità della luce.” Non ci deve stare e manca in “disse riportando la maglia sull’addome”. Da sistemare anche le maiuscole dopo il discorso diretto.
Orrendo o perlomeno pesantissimo (anche se corretto, ma ho dovuto controllare) quel “Minuti interminabili scaddero al momento dell’iniezione”, anche perché mescola un esaurirsi dei minuti, quindi qualcosa che è trascorso, con il presente del “al momento”.
Racconto da perfezionare, ma comunque con una bella botta di riflessione.Ciao. Temo che ci siano troppe forzature, non tanto per rientrare nel tema (anche se ci si sposta di una generazione, perché anche se di padre/figlia si tratta, il fatto che il protagonista sia una nipote pare rendere la cosa più distante e meno empatica). C’è la forzatura della malattia del cuore che mi pare una spada di Damocle che nessuno trascurerebbe (sarebbe più logico un tumore) e l’infarto che capita così troppo a proposito. Va bene che pare esserci l’elemento scatenante, anche se l’ho trovato poco chiaro con tutte quelle negazioni o quel “non ti conosco”. Anche i dettagli del pagamento (perché mai il nonno darebbe quei soldi?) avrebbero bisogno di chiarezza o l’arrabbiatura della ragazza che quasi se la prende con la tazzina della zia.
Corretta e abbastanza incisiva la forma.Ciao. Il tema c’è, anche se è usato in maniera tutto sommato un poco scontata come “pessimi genitori”. Lo stesso si può dire per l’andamento della vicenda, che ricorda un telefilm di trafficanti americani con una serie di comportamenti e usi stereotipi (anche se è un dettaglio non so se è credibile che una famiglia così fiera di ispanici accetti cone genero un Charlie, che non sembra un nome ispanico – forse è solo un sofisma, ma mi stonava).
Però il modo in cui le cose sono raccontate (non so se qualche dialogo sarebbe stato un bene o un male visto che i caratteri disponibili sono così pochi) non solo rende bene l’idea, ma ha un ritmo di scrittura che va di pari passo all’ambientazione, quasi pulsa come la musica senza che sia necessario dirlo. L’eccitazione, la rabbia, la desolazione e il fatto di essere sbagliati sono resi vividi e incisivi la massimo.Ciao. Anche qui il tema è rispettato, con l’uso di sbagliato come “genitori non originali”. La storia è semplice e si dipana senza intoppi e incontra una risoluzione che da un lato e logica, dall’altra crea abbastanza empatia per rimanere in mente. Anche se col senno di poi dovevo sospettarlo, il colpo di scena finale è la cosa migliore e alza di una spanna l’intero racconto.
Lo stile è un po’ troppo aulico forse (quei tre paragrafi che iniziano con un “fu” non sono certo leggeri) e ne soffre un pochino il ritmo, che tende a essere troppo raccontato. Però la semplicità degli avvenimenti sono anche la forza del racconto e il tutto scorre bene.Ciao. Il tema del figlio dimenticato c’è, anche se verte più su di un figlio “abbandonato”. Non sono convintissimo del risultato, forse perché la figura del figlio mi irrita un pochino (alla fine si rivela bastardo quanto il padre con tempo a disposizione che decide di usare male, ma non so se sia un effetti voluto nello scrivere il racconto) e forse il fatto che sia tutto basato su di un prolungato botta e risposta distrae.
Il ritmo non è male, le dinamiche chiare, ma mi sembra una costruzione un poco artificiosa attorno a un qualcosa che stenta a esserci
Varie
Matersasso (refuso); nè (refuso)Ciao. Ho il sospetto che dopo la partenza iniziale il racconto sia andato un po’ per conto proprio. Innanzitutto il tema non lo trovo: dov’è il figlio dimenticato? Poi la logica che sta dietro alla missione è troppo labile e forzata: fanno tutto questo per attirare attenzione? Non solo fanno troppo poco, visto quello che accade nella cronaca reale la cosa rimarrebbe assolutamente non notata, ma nessuno sembra comportasi nella prima parte del racconto come se questo fosse il loro scopo, anche se si comportano ingenuamente (legge ad alta voce quando prima stava in silenzio?), non pare pianificato. Altra cosa forzata è l’accostamento tra un militante centri sociali e uno di Casa Pound, temo che siamo in pura fantascienza. Non è scritto male, anche se si sofferma a descrivere troppi particolari e ha troppi personaggi in scena per riuscire a essere incisivo.
Varie: puscher (refuso) – Virgolettare i nomi dentro al discorso diretto (molto meglio il corsivo) non mi pare l’ideale.Un saluto da Alberto
Partiamo col dire che il Gusato c’è ed è un guasto classico e che lo spunto andava benissimo per mettere il protagonista in una situazione problematica. Ed è stato fatto: ma perché “rovinare” tutto dicendo poi che è un sogno, che è un modo di sminuire il proprio racconto, perché si pone il lettore di fronte a una narrazione per poi dire che era tutto finto. Molto meglio sarebbe stato se la “sfiga” del guasto (o aver forzato la macchina, quindi averse creato un destino) fosse davvero la prima parte di una conseguenza. Così la cosa si perde e basta.
Già che ci siamo segnalo che la frase “Scatta la freccia a destra e accosta sulla corsia d’emergenza” ha questo cambio di soggetto che non va molto bene. In altri punti il fatto di avere tante piccole frasi un po’ nette non favorisce sempre la scorrevolezza.Un saluto da Alberto
Il tentativo di creare un’atmosfera costruendola attorno al treno e poi al suo Guasto è abbastanza riuscita, anche se forse il racconto sarebbe stato più incisivo se il Guasto avesse fatto scaturire entrambe le scene; mentre così la faccenda del guasto sembra un poco un ripensamento e un’aggiunta e la prima parte una lunga introduzione, considerando poi che si perde la donna che magari avrebbe potuto avere un ruolo più importante. Mi ha creato difficoltà anche quel “astroandino” che non riesco a piazzare: siamo in sud america? Ma di che conflitto si tratta? Siamo nel futuro perché la parte astro indica qualcosa di spaziale? Mi è piaciuto nel complesso, la scrittura è buona, ma nel complesso ha un’aria che rende difficile inquadrarlo bene.Un saluto da Alberto
Altro Guasto classico è quello della bomba che non esplode, che qui serve da spartiacque alle due fasi di pensiero del protagonista. Proprio questa trasformazione così repentina non mi ha convinto molto, mi sembra inverosimile che passi così da un istante prima di fare una strage (con tutto l’astrio che cova da anni) a ravvedersi ragionando su quadri di cui ammette lui stesso di non sapere nulla. Mi sembra un “deus ex machina” un po’ troppo forzato. Sarà poi che il racconto ricalca la cronaca recente, ma non sono riuscito a cogliere davvero la tensione della situazione, che prima è smorzata dalla spegazione delle ragioni e poi diventa anticlimatico.Un saluto da Alberto
Il problema principale è che non trovo il Guasto. O meglio, posso fare delle ipotesi se il concetto del guasto sia la mente del maniaco oppure il momento di ripensamento/pietà nel comportamento da maniaco del maniaco oppure l’errore di lasciare una traccia (di DNA come dice il titolo). Insomma sono un poco confuso su dove sia il tema. Mi aspettavo quasi di scoprire che la vittima (o l’assassino) fosse un qualche androide difettoso. Trovo il racconto scritto bene (uno dei migliori sotto questo punto di vista, tanto che non ho neppure un appunto): fila, ha un ottimo ritmo, visualizza bene quello che accade, anche se in fondo si tratta di una sola scena prolungata e abbastanza inquietante vista la freddezza dell’assassino. Unico passaggio un po’ debole è il fatto che la lei si sia fidata subito di uno sconosciuto: ci sta, ma comunque è una forzatura. Proprio per questa atmosfera gelida e calcolatrice, però, non mi ha dato molta empatia con uno dei due personaggi e mi ha lasciato troppo distaccato.Un saluto da Alberto
Un racconto che rimane ambiguo fino all’ultima riga per dargli un senso è sempre un po’ un azzardo. Qui alla fine non è che ne sia rimasto completamente soddisfatto, ma la rilettura, sapendo dove si andava a parare, mi ha strappato un sorriso. Il dramma del protagonista è ben vissuto e trasferisce del pathos al lettore, anche se uno si immaginava il disinnesco di una bomba o chissà quale meccanismo alieno definitivo per l’umanità. In effetti qualche passaggio è un poco esagerato (tasti con ideogrammi? perché non simboli) considerato il finale. Forse il suo limite è proprio il fatto che oltre l’ambiguità da contrappore al finale, c’è poco altro. Comunque il Guasto c’è e il piano B da “effettuarsi manualmente” è carino.Un saluto da Alberto
Come invece non è accaduto in altri racconti, qui il Guasto è proprio il fulcro da cui scaturisce la situazione che viene descritta, perché permette ai quattro personaggi di confrontarsi tra loro e con se stessi. E non è affatto male quello che ne esce, perché comunque tutti e quattro esprimono le loro ragioni e ne sono definiti. Gestire quattro personaggi in così pochi caratteri non è facile, e infatti si dovrebbero distinguere per il loro gioco di frasi, se non che grazie alle abbreviazioni e al fatto che la narrante non è identificata con un nome bisogna operare un lavoro di ricostruzione e capire alla fine (se ho capito giusto) che si tratta di due amici e di due amiche. Questo è un po’ il limite del racconto, il fatto che le loro esperienze si mescolano per il fatto che non è immediato attribuirgliele (a volte sembra che parlino tutti assieme, quindi non è facile) e che quindi le loro esperienze di vita (che erano interessanti, anche se compersse in poco spazio) si perdono un poco.Un saluto da Alberto
Il racconto è partito bene. Con poche righe si riesce a costruire subito una situazione [sapendo che il tema è un Guasto, è facile intuire come siano impostati i binari della narrazione] in maniera abbastanza limpida. All’inizio ci sono un paio di refusi (“sul sua digitastiera” e “Era l’ora”) e l storia delle coordinate è un poco strana considerando che si tratta di combinazioni di tasti.
Purtroppo lo svolgimento è un poco scontato; ci sono generazioni di racconti in cui un meccanismo va in avaria con conseguenze tragiche o tragicomiche, non è certo qualcosa di inedito. Avrei preferito anche che il fallimento dell’assistenza fosse stato qualcosa di più complesso di un semplice scaricabarile di telefonate, magari una contraddizione logica, un qualche loop imprevisto che impediva di procedere in tempo, l’incomunicabilità tra umano e androide. Così è un po’ semplicistico.Un saluto da Alberto
Non dovrei entrare nel discorso dello sforamento del limite dei caratteri se non fosse che il racconto non li sfrutta comunque nella maniera ottimale. Infatti ho avuto la sensazione, anche durante la rilettura, che la paranoia della protagonista [perché ha un nome straniero?; non che sia sbagliato, ma stona col resto] si trascini un po’ troppo, con il risultato di far perdere incisività sia agli avvenimenti che alla risoluzione. Considerato che la rivelazione finale è la malattia del personaggio narrante, le scene alla fine sono state una continua ripetizione e non un’evoluzione di qualcosa. In effetti tutto poteva stare in metà (o meno) caratteri. Comprendo anche i dettagli della vita della protagonista e i suoi rapporti con gli altri, che tendono a ripetersi e il fatto che alla fine si fa un’autoanalisi a uso e consumo del lettore.
Dal punto di vista tecnico segnalo la presenza delle “d” eufoniche, che andrebbero eliminate e un uso “smodato” dei puntini di sospensione [attenzione che dovrebbero essere tre] che se possono essere accettabili nei discorsi diretti come indicazione di una frase sospesa da visualizzare al lettore, non hanno senso nel discorso indiretto; non sono effetti speciali. Segnalo anche che potresti usare il “punto e virgola”, un’arma importante per scandire i periodi, quando la semplice virgola non basta.
Nel complesso era interessante usare il tema del Guasto a livello così personale, ma l’effetto si perde anche in una scrittura non sempre scorrevole, con qualche passaggio un po’ strano: per esempio quel “Hai visto un insetto?” o quando Angelo dice “un certo prodotto” quando nella realtà citerebbe qualcosa di ben preciso.Un saluto da Alberto
È il racconto che mi ha lasciato più perplesso. L’idea è carina, nel senso di avere questa descrizione arruffata in prima persona di un cultista alle prime armi che viaggia sulla falsa riga di un giovane arrembante alla prima esperienza lavorativa. Come in altra occasione devo dire che l’uso esagerato dei puntini di sospensione, oltre a spezzare il ritmo delle frasi, è un po’ un effetto speciale che maschera il saper costruire delle frasi; insomma va usato quando serve davvero.
Nel senso che va bene che il personaggio narrante non è tutto giusto, ma se sono i suoi pensieri, vuol dire che pensa a singhiozzo, facendo delle pause? È un flusso di coscienza, non un discorso diretto.
A parte questo (già che ci sono cito i due “O diavolo” in cui manca la acca), questa scena ha troppe spezzettature per essere sempre chiara, considerando anche che è esagerata (credo volutamente grottesca) proprio negli avvenimenti che descrive. Il Guasto è il coltello che si rompe? Insomma, non è che lo interpreto proprio come un vero guasto, ma diciamo che siamo al limite.20 aprile 2015 alle 22:35 in risposta a: ABRADABAD: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #5871EQUILIBRI PRECARIO
Non dovrei entrare nel discorso dello sforamento del limite dei caratteri se non fosse che il racconto non li sfrutta comunque nella maniera ottimale. Infatti ho avuto la sensazione, anche durante la rilettura, che la paranoia della protagonista [perché ha un nome straniero?; non che sia sbagliato, ma stona col resto] si trascini un po’ troppo, con il risultato di far perdere incisività sia agli avvenimenti che alla risoluzione. Considerato che la rivelazione finale è la malattia del personaggio narrante, le scene alla fine sono state una continua ripetizione e non un’evoluzione di qualcosa. In effetti tutto poteva stare in metà (o meno) caratteri. Comprendo anche i dettagli della vita della protagonista e i suoi rapporti con gli altri, che tendono a ripetersi e il fatto che alla fine si fa un’autoanalisi a uso e consumo del lettore.
Dal punto di vista tecnico segnalo la presenza delle “d” eufoniche, che andrebbero eliminate e un uso “smodato” dei puntini di sospensione [attenzione che dovrebbero essere tre] che se possono essere accettabili nei discorsi diretti come indicazione di una frase sospesa da visualizzare al lettore, non hanno senso nel discorso indiretto; non sono effetti speciali. Segnalo anche che potresti usare il “punto e virgola”, un’arma importante per scandire i periodi, quando la semplice virgola non basta.
Nel complesso era interessante usare il tema del Guasto a livello così personale, ma l’effetto si perde anche in una scrittura non sempre scorrevole, con qualche passaggio un po’ strano: per esempio quel “Hai visto un insetto?” o quando Angelo dice “un certo prodotto” quando nella realtà citerebbe qualcosa di ben preciso.L’ARDUO COMPITO
Un racconto che rimane ambiguo fino all’ultima riga per dargli un senso è sempre un po’ un azzardo. Qui alla fine non è che ne sia rimasto completamente soddisfatto, ma la rilettura, sapendo dove si andava a parare, mi ha strappato un sorriso. Il dramma del protagonista è ben vissuto e trasferisce del pathos al lettore, anche se uno si immaginava il disinnesco di una bomba o chissà quale meccanismo alieno definitivo per l’umanità. In effetti qualche passaggio è un poco esagerato (tasti con ideogrammi? perché non simboli) considerato il finale. Forse il suo limite è proprio il fatto che oltre l’ambiguità da contrappore al finale, c’è poco altro. Comunque il Guasto c’è e il piano B da “effettuarsi manualmente” è carino.IL DIGICALL CENTER
Il racconto è partito bene. Con poche righe si riesce a costruire subito una situazione [sapendo che il tema è un Guasto, è facile intuire come siano impostati i binari della narrazione] in maniera abbastanza limpida. All’inizio ci sono un paio di refusi (“sul sua digitastiera” e “Era l’ora”) e l storia delle coordinate è un poco strana considerando che si tratta di combinazioni di tasti.
Purtroppo lo svolgimento è un poco scontato; ci sono generazioni di racconti in cui un meccanismo va in avaria con conseguenze tragiche o tragicomiche, non è certo qualcosa di inedito. Avrei preferito anche che il fallimento dell’assistenza fosse stato qualcosa di più complesso di un semplice scaricabarile di telefonate, magari una contraddizione logica, un qualche loop imprevisto che impediva di procedere in tempo, l’incomunicabilità tra umano e androide. Così è un po’ semplicistico.DNA
Il problema principale è che non trovo il Guasto. O meglio, posso fare delle ipotesi se il concetto del guasto sia la mente del maniaco oppure il momento di ripensamento/pietà nel comportamento da maniaco del maniaco oppure l’errore di lasciare una traccia (di DNA come dice il titolo). Insomma sono un poco confuso su dove sia il tema. Mi aspettavo quasi di scoprire che la vittima (o l’assassino) fosse un qualche androide difettoso. Trovo il racconto scritto bene (uno dei migliori sotto questo punto di vista, tanto che non ho neppure un appunto): fila, ha un ottimo ritmo, visualizza bene quello che accade, anche se in fondo si tratta di una sola scena prolungata e abbastanza inquietante vista la freddezza dell’assassino. Unico passaggio un po’ debole è il fatto che la lei si sia fidata subito di uno sconosciuto: ci sta, ma comunque è una forzatura. Proprio per questa atmosfera gelida e calcolatrice, però, non mi ha dato molta empatia con uno dei due personaggi e mi ha lasciato troppo distaccato.ZUMBA DUMBA DUMBA
È il racconto che mi ha lasciato più perplesso. L’idea è carina, nel senso di avere questa descrizione arruffata in prima persona di un cultista alle prime armi che viaggia sulla falsa riga di un giovane arrembante alla prima esperienza lavorativa. Come in altra occasione devo dire che l’uso esagerato dei puntini di sospensione, oltre a spezzare il ritmo delle frasi, è un po’ un effetto speciale che maschera il saper costruire delle frasi; insomma va usato quando serve davvero.
Nel senso che va bene che il personaggio narrante non è tutto giusto, ma se sono i suoi pensieri, vuol dire che pensa a singhiozzo, facendo delle pause? È un flusso di coscienza, non un discorso diretto.
A parte questo (già che ci sono cito i due “O diavolo” in cui manca la acca), questa scena ha troppe spezzettature per essere sempre chiara, considerando anche che è esagerata (credo volutamente grottesca) proprio negli avvenimenti che descrive. Il Guasto è il coltello che si rompe? Insomma, non è che lo interpreto proprio come un vero guasto, ma diciamo che siamo al limite.IL CARROZZIERE DI FIDUCIA
Partiamo col dire che il Gusato c’è ed è un guasto classico e che lo spunto andava benissimo per mettere il protagonista in una situazione problematica. Ed è stato fatto: ma perché “rovinare” tutto dicendo poi che è un sogno, che è un modo di sminuire il proprio racconto, perché si pone il lettore di fronte a una narrazione per poi dire che era tutto finto. Molto meglio sarebbe stato se la “sfiga” del guasto (o aver forzato la macchina, quindi averse creato un destino) fosse davvero la prima parte di una conseguenza. Così la cosa si perde e basta.
Già che ci siamo segnalo che la frase “Scatta la freccia a destra e accosta sulla corsia d’emergenza” ha questo cambio di soggetto che non va molto bene. In altri punti il fatto di avere tante piccole frasi un po’ nette non favorisce sempre la scorrevolezza.MOTORI E CUORI GUASTI
Come invece non è accaduto in altri racconti, qui il Guasto è proprio il fulcro da cui scaturisce la situazione che viene descritta, perché permette ai quattro personaggi di confrontarsi tra loro e con se stessi. E non è affatto male quello che ne esce, perché comunque tutti e quattro esprimono le loro ragioni e ne sono definiti. Gestire quattro personaggi in così pochi caratteri non è facile, e infatti si dovrebbero distinguere per il loro gioco di frasi, se non che grazie alle abbreviazioni e al fatto che la narrante non è identificata con un nome bisogna operare un lavoro di ricostruzione e capire alla fine (se ho capito giusto) che si tratta di due amici e di due amiche. Questo è un po’ il limite del racconto, il fatto che le loro esperienze si mescolano per il fatto che non è immediato attribuirgliele (a volte sembra che parlino tutti assieme, quindi non è facile) e che quindi le loro esperienze di vita (che erano interessanti, anche se compersse in poco spazio) si perdono un poco..CALIGINE
Il tentativo di creare un’atmosfera costruendola attorno al treno e poi al suo Guasto è abbastanza riuscita, anche se forse il racconto sarebbe stato più incisivo se il Guasto avesse fatto scaturire entrambe le scene; mentre così la faccenda del guasto sembra un poco un ripensamento e un’aggiunta e la prima parte una lunga introduzione, considerando poi che si perde la donna che magari avrebbe potuto avere un ruolo più importante. Mi ha creato difficoltà anche quel “astroandino” che non riesco a piazzare: siamo in sud america? Ma di che conflitto si tratta? Siamo nel futuro perché la parte astro indica qualcosa di spaziale? Mi è piaciuto nel complesso, la scrittura è buona, ma nel complesso ha un’aria che rende difficile inquadrarlo bene.QUEL CIELO COLOR COBALTO
Altro Guasto classico è quello della bomba che non esplode, che qui serve da spartiacque alle due fasi di pensiero del protagonista. Proprio questa trasformazione così repentina non mi ha convinto molto, mi sembra inverosimile che passi così da un istante prima di fare una strage (con tutto l’astrio che cova da anni) a ravvedersi ragionando su quadri di cui ammette lui stesso di non sapere nulla. Mi sembra un “deus ex machina” un po’ troppo forzato. Sarà poi che il racconto ricalca la cronaca recente, ma non sono riuscito a cogliere davvero la tensione della situazione, che prima è smorzata dalla spegazione delle ragioni e poi diventa anticlimatico.LA CLASSIFICA
Come al solito fare la classifica non è facile, perché mettendoli in fila si fa comunque torto a qualcuno, ma va fatta. In effetti i racconti agli ultimi posti non li meriterebbero, ma riflettendo su quanti mi abbiano interessato i racconti, ecco le mie scelte.
Ne approfitto qui per un saluto a tutti i colleghi del girone comunque più che valido1 — L’ARDUO COMPITO
2 — CALIGINE
3 — IL DIGICALL CENTER
4 — MOTORI E CUORI GUASTI
5 — IL CARROZZIERE DI FIDUCIA
6 — DNA
7 —ZUMBA DUMBA DUMBA
8 —QUEL CIELO COLOR COBALTO
9 — EQUILIBRIO PRECARIO-
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Alberto Priora.
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