Maria Rosaria Del Ciello


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  • in risposta a: SOSIO EDITION – La discarica – di M.R. Del Ciello #11794

    Grazie ancora.
    Ci provo,
    SFIDO SPARTACO

    in risposta a: SOSIO EDITION – La discarica – di M.R. Del Ciello #11776

    Ciao a tutti e grazie!
    Grazie dei commenti, delle critiche che ho appuntato per correggere il racconto.
    Però… però è successo che mentre lo rileggevo mi sono venute in mente delle modifiche che riguardano la struttura temporale della storia.
    Per ora mi limito a ripostare il brano con le modifiche suggerite dagli amici del forum.

    LA DISCARICA
    di M.R. Del Ciello

    — Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
    — Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
    Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
    — La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
    La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
    — Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
    Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
    Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
    Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.

     

    Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
    Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
    Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
    Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
    — Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
    — Ma quanto mi verrà a costare…? — sento chiedere mio marito.
    — Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
    — Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
    — Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
    — Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
    Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.

     

    Avrei preferito che sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare presto a casa.
    Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
    Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
    Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
    Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
    Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
    Anche questo per me è una cosa nuova. Le chiamano lacrime.

    in risposta a: Ex novo – Il segreto di Monna Lisa #11728

    Ciao Angela.
    Ho letto ora entrambe le versioni e la seconda è senz’altro molto più efficace.
    Una storia misteriosa che lascia in sospeso il mistero, proprio come la Gioconda di Leonardo.

    Unico appunto che posso farti è quando scrivi:
    “Se avessi avuto un taccuino avrei potuto prendere appunti, ma ero certo che non mi sarei perso un dettaglio della storia che Esmeray stava per raccontarmi.”

    avrei scritto:
    “Non avevo un taccuino per prendere appunti, ma ero certo che non mi sarei comunque perso un dettaglio della storia che Esmeray stava per raccontarmi.”

    CHIEDO LA GRAZIA PER ANGELA

    in risposta a: J. & J. J. – racconto dal live di Farfa #11716

    Ciao Flavia.
    Questo tuo racconto è molto suggestivo.
    Una storia d’amore finita, rievocata in un luogo che si credeva fosse la fine delle terre.
    Bello!
    Cose, a mio avviso, da correggere (pochissime):
    – lungo promontorio (manca l’articolo il)
    – a fianco a una compagnia insolita (avrei scritto con una compagnia insolita oppure in compagnia di gente insolita)
    – il gusto di scoprire le storie dietro a posti e ai nomi del mondo. (avrei preferito il gusto di scoprire le storie celate dai luoghi e dai nomi del mondo)
    – alla fine, quando scrivi Si tuffò fra le onde spumeggianti, nell’acqua fredda, che in poche bracciate lo fece sentire di nuovo vivo toglierei la virgola dopo fredda.

    Ma sono veramente inezie.
    Quindi CHIEDO LA GRAZIA per Flavia.

    in risposta a: L'inutile beffa. #11699

    Ciao Alessandra.
    C’è tanta sensibilità in questa storia triste e malinconica in cui alla fine vince il senso di colpa.
    L’idea non è male ma la scrittura andrebbe, a mio modesto avviso, un po’ rivista e “asciugata”.
    Ti riporto, ad esempio, le correzioni che io farei sull’incipit:

    “Non c’era giorno in cui Luigi non scrivesse una nuova lettera. Una volta sigillata dentro una busta me la consegnava affinché fossi io a recapitarla alla destinataria. Quello che Luigi non sapeva era che (C’era solo un difetto in questo procedimento, alquanto imbarazzante a dire il vero: ) le risposte le scrivevo io stesso perché l’ipotetica ragazza non esisteva.
    Tutto cominciò (ebbe inizio) un giorno in cui sorpresi Luigi in sala studio.
    Lui, chino su un libro, emetteva con la bocca i soliti versi, che davano l’idea di un fastidioso ronzio quasi un ronzio.
    Tuonai alle sue spalle:
    “Mia cugina è passata in Facoltà. Ti ha visto e gli sei piaciuto. Pensa, non parla che di te.”.
    Detto questo lasciai cadere una foto di Agata, la mia ex, quella che mi aveva lasciato un mese fa per il francese prima […]”.

    Riflettendo sulla storia, poi, ho pensato che forse (ma è solo una mia idea e forse un po’ troppo sperimentale) anziché usare un solo punto di vista potrebbe essere interessante dividere la storia in due.
    Una prima parte narrata in prima persona da chi prende in giro Luigi; la seconda parte utilizzando il punto di vista di Luigi.
    Ma questa è solo una idea che mi è venuta in mente questa notte riflettendo sul racconto anche perché a me piace molto sentire in un racconto la “voce” dei perdenti, dei diversi. Non so se è molto praticabile con soli 5000 caratteri.

    A presto.

    :-)

    in risposta a: Il confine dell’Impero #11687

    Il racconto è molto divertente.
    Mi ha ricordato uno simile del mio gruppo Dark Tower, nella Sosio edition.
    Ciao Linda.
    Mi è piaciuto molto il colpo di scena finale che non mi aspettavo e sei stata molto brava a tenere alta la tensione fino allo scioglimento finale dell’enigma.
    Punti deboli (ma io li chiamerei più punti oscuri alla mia comprensione, che sono un tantino lenta, eh):
    tu scrivi “Abbiamo recuperato l’ultimo filmato della Prima Astronave, risalente a ieri mattina. E’ uno spettacolo orribile” ma ciò è un po’ in contrasto con il finale. Il finale scioglie i nodi e spiega tutto ciò che hai raccontato: ad esempio la grandine infernale bianca e vischiosa si capisce (ma solo alla fine) che è lo zucchero, e così via. Invece io non ho capito il filmato come fanno ad averlo.
    Ma forse sono io che non riesco a capire.
    Inoltre quando parli della Bocca dell’Inferno poi dici “alzo lo sguardo e lo vedo”, è chiaro che ti riferisci al bambino. Però allora anziché Bocca dell’Inferno avrei usato più una cosa tipo Bocca del Mostro o dell’Alieno (per rimanere in tema di fantascienza).
    Questo per voler essere pignoli, perché comunque il racconto è molto carino e divertente.

    in risposta a: XXXY #11686

    Ciao Maurizio.
    Il racconto è molto potente. Rimane impresso alla prima lettura e questo è, a mio avviso, un punto di forza.
    Siccome mi capita di leggere molto e molti racconti brevi, uno dei parametri che utilizzo per capire se una storia mi piace è la memoria. Se un racconto rimane impresso nella mia memoria dopo giorni, dopo altre letture, vuol dire che ha lasciato il segno e ciò per me è positivo. Poi può anche avere delle imperfezioni stilistiche ma, di fondo, l’idea e la storia mi hanno preso.
    Per trovare, qui, qualcosa che non va devo passare a una seconda lettura, e magari a una terza.
    Concordo con Angela sui refusi.
    Quello che posso aggiungere, riflettendo su questa storia un po’ onirica, se vogliamo, è che non si comprende bene chi e cosa ci sia dietro tutto.
    Mi spiego: la Reverenda è in una stanza davanti a uno schermo. Immagino si tratti di un computer. La voce che fa domande alla Reverenda di chi è? Del computer o è una voce fuori campo, magari proveniente da altra entità meccanica?
    E i due, l’uomo e la donna, chi sono? All’inizio avevo pensato a una versione fantascientifica di Adamo ed Eva, ma poi ho pensato che no, non poteva essere. Che quei due, scelti da catalogo (quindi ce ne sono altri?) sono genitori naturali di figli che poi diverranno della Reverenda. Qui ho letto il tema della maternità surrogata. Ma non so, forse mi sbaglio.
    Comunque, a parte ciò, è un racconto che ho molto apprezzato per la crudezza delle immagini e per come hai disegnato il personaggio frustrato e frustrante della Reverenda.
    Complimenti!

    in risposta a: Ritorno a casa #11685

    Ciao Alexandra.
    Hai fatto un ottimo lavoro. In questa versione è più chiara la storia.
    Trovo notevole l’ambientazione che sei riuscita a creare e che cala il lettore, fin dalle prime righe, nella realtà fantastica di Devan Myrsen.
    Se proprio devo trovare un punto debole in questa stesura può essere (come già ha scritto Flavia) la frase finale. Lui se ne sta andando quindi più che un urlo ci vedo bene un sussurro, o magari un pensiero (invisibile come lui).
    Ma è una piccolezza.
    Chiedo la grazia per Alexandra.

    :-)

    in risposta a: La discarica – di Maria Rosaria Del Ciello #11542

    Accidenti! Ho dato una letta veloce al tuo link… molto interessante.
    Lì però parlano di robot mentre io avevo in mente esseri viventi (le mamme) utilizzati come macchine.
    Comunque grazie per l’input, chissà se faranno mai la versione italiana.
    A presto!

    :-)

    in risposta a: La discarica – di Maria Rosaria Del Ciello #11533

    Ciao Beppe.
    Son contenta di averti commosso. Era questo quello che volevo. Riuscire a far empatizzare il lettore con questa mamma che si sente inadeguata perchè molto spesso le madri così si sentono, anche se non lo danno a vedere.
    Non ho finora dato una mia interpretazione perchè non volevo condizionare la lettura: mi è capitato spesso di “spiegare” i miei scritti e questo non ha fatto del bene alla lettura. Credo che ogni lettore debba leggere in piena autonomia e dare l’interpretazione che più gli aggrada. A volte mi è capitato di far leggere mie cose e scoprire che chi le leggeva trovava spunti e riflessioni che io neanche avevo minimamente immaginato. Una cosa che mi piace molto.
    Detto ciò, son d’accordo con te. L’aderenza al tema c’è poco, e me lo confermano un po’ tutti i commenti. Ma è solo colpa mia, perchè ho voluto piegare un incipit che mi è balenato in mente a una possibile storia fantascientifica (?) in cui le mamme (considerate più strumenti che persone) vengono trattate come automobili che possono essere rottamate o riparate, a seconda dei bisogni (prioritari) della famiglia.
    Purtroppo la fantascienza non è proprio un ambito in cui mi muovo facilmente, ho voluto provare.
    Tutto qui.
    Sono comunque onoratissima del tuo commento. :-)
    Ancora grazie!

    in risposta a: La discarica – di Maria Rosaria Del Ciello #11395

    Ringrazio tutti dei commenti.
    Forse il tema dell’altro universo non è particolarmente evidente, potevo dargli più spazio e terrò conto di tutte le vostre osservazioni per migliorare il racconto.

    A presto

    :-)

    in risposta a: Gruppo DARK TOWER: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #11269

    Eccomi qua. Alla fine ce l’ho fatta.
    tengo a precisare che, come già avvenuto in altre edizioni di MC, le prime posizioni sono pressoché alla pari.
    Di seguito i commenti e, alla fine, la classifica. Complimenti a tutti! Siete bravissimi! :-)

    Il nuovo mondo di Valter Carignano
    Ho già avuto modo di leggere altri tuoi racconti e devo dire che noto sempre, con piacere, un tocco poetico in ciò che scrivi. Qui la storia della scoperta del Nuovo Mondo rivisitata non mi è dispiaciuta e quello che ho trovato molto originale è stato l’utilizzo del magico dalla parte dei nativi. Ammetto di aver dovuto rileggere più volte la storia per comprendere meglio i due punti di vista (conquistatori e indigeni) ma credo sia solo un mio problema di difficile approccio al fantastico.
    Apprezzabilissimo sempre il tuo stile.

    Miss W. E il Dottor C. di Beppe Roncari
    Una donna va dallo psicanalista e…
    Questo è stato il mio pensiero dopo la lettura delle prime righe di questo racconto. Ma un bravo autore è quello che riesce a metterti fuori strada, a spiazzarti e tu, almeno con me, ci sei riuscito benissimo.
    L’altro universo interpretato come quello delle nostre macchine, dei nostri computer che possono avere una loro vita e una loro sensibilità. Geniale!
    Scritto molto bene, con dialoghi che fluiscono che è una bellezza. Un’ottima lettura.

    Effetto oblio di Ophelia
    Il tema è qui centrato in pieno, nel senso che è un racconto di fantascienza classica. Io ho sempre considerato (l’ho già scritto da altre parti e forse anche in passate edizioni di Minuti Contati) chi scrive di fantascienza un gradino più su rispetto agli altri (uno solo, eh 😉 ) per la capacità di creare con la fantasia mondi alternativi. Detto ciò, credo che la tua storia sia molto affascinante anche se forse un po’ complessa da riuscire un po’ stretta in tremila caratteri.
    Il limite che ho trovato è stato nel finale.
    Mi sarei aspettata una fine diversa, ma non mi chiedere quale.
    Il racconto è a mio avviso un racconto che può, e merita, di essere migliorato.

    Zwitter di Chiara Rufino
    Racconto che parla di un universo parallelo, quello delle Drag Queen. Siamo nel 1928 e c’è addirittura Marlene Dietrich ad assistere allo spettacolo di Dieter, in arte Lola.
    Scrittura scorrevole, immagini che si fanno vedere anche se forse si vede poco del personaggio, della sua interiorità, insomma la sua storia.
    Il titolo, ammetto l’ignoranza, l’ho dovuto cercare su Google e ho imparato una parola nuova. Però, secondo me, il titolo dovrebbe riassumere l’essenza della storia e qui, anche se molto azzeccato, per chi non conosce il tedesco, lascia invece un po’ spaesati. Ma è una piccolezza veramente trascurabile perché il racconto è molto buono.

    La soglia di vetro di Simone Cassia
    Racconto splendido. All’inizio, confesso, sono andata un po’ fuori strada.
    Ho pensato: ecco: la solita storia di un varco misterioso, una sorta di portale, che ci conduce in un altro universo. Invece, verso la fine, ecco delinearsi la verità. L’universo parallelo è quello immaginario di un alcolista: bellissima interpretazione del tema assegnato.
    Scritto molto bene. Bravissimo.

    Fiori per te di Flavia Imperi
    In questo racconto, che ho trovato delizioso, il tema è centrato in pieno e, a mio avviso, in maniera originale. Ho particolarmente apprezzato il riferimento al regno (universo) vegetale che io ho particolarmente a cuore. La scrittura è molto curata e su questo non ci sono appunti particolari da fare.
    Mi rimane solo una battutaccia (e spero mi perdonerai): con quel nome lì, la protagonista che altra fine poteva fare? 😉

    It’s a small world di Linda De Santi
    In questa storia l’ironia ci guida in un mondo (una società) in cui l’interesse personale viene perseguito senza preoccuparsi delle conseguenze su ciò che ci circonda. È la metafora dei comportamenti egoistici di ciascuno di noi che se dal punto di vista personale non sembrano incidere particolarmente su quello che ci circonda, da un punto di vista collettivo possono essere invece catastrofici.
    Il racconto è ben scritto, con la giusta dose di ironia. Unico neo: qui l’altro universo non è proprio un universo quanto un altro mondo.
    Comunque un buon racconto.

    Io no di Alessia Sagnotti
    Una storia d’amore, un viaggio nel tempo. Queste sono le due impressioni che ho avuto alla fine della lettura di questo racconto onirico e intrigante. Ho dovuto rileggere la storia un paio di volte e ho interpretato l’altro universo come quello in cui è possibile incontrare i nostri cari che non ci sono più e in questo caso la defunta ha un fratello gemello ancora in vita. Non so se la mia è un’interpretazione corretta perché devo ammettere che ho avuto un po’ di difficoltà nella lettura.
    Anche il finale con il protagonista che parla di incubo mi ha un po’ spiazzato.
    Racconto comunque affascinante.

    Sarà un ragazzo bellissimo di Stefano Pastor
    Nascere vecchi e ringiovanire crescendo, fino all’estrema conseguenza: ritornare in fasce alla fine dei propri giorni. C’è, in questo racconto, un fondo di amara riflessione sulla condizione dell’uomo. Mi è capitato spesso di pensare che fosse un peccato essere, nell’età della vecchiaia, quando si potrebbe avere più tempo per tutto e soprattutto per se stessi, più deboli fisicamente e spesso più esposti alle malattie. Il contrario, quello che avviene in questo racconto, potrebbe essere una bella esperienza. Chissà.
    Pur non riscontrando una piena aderenza al tema (qual è l’altro universo?) il racconto è ben scritto e l’idea ottima.

    La tragica fine del Sig. Adami di Diego Ducoli
    In questo racconto c’è un ritorno all’infanzia come alternativa (o prosecuzione?)alla morte. Sebbene l’idea sia molto particolare e accattivante non ho riscontrato una giusta aderenza al tema. Mi rendo conto però che il tema “altro universo” possa essere declinato in vari modi e qui forse io non sono riuscita ad afferrarlo in pieno. La scrittura è buona, il tutto scorre bene senza intoppi, c’è qualche refuso ma comprensibile visto il tempo a disposizione. Anche la punteggiatura credo vada un po’ rivista.
    Nel complesso un buon racconto.

    Anche i personaggi nel loro piccolo s’incaxxano di Eleonora Rossetti

    Racconto molto carino. Mi è piaciuta l’interpretazione del tema come l’universo creato da un autore che fa muovere i suoi personaggi in questo contesto fantastico. E mi è piaciuto molto l’idea di dare a questi personaggi una sensibilità propria e una capacità critica sull’ambiente in cui si trovano.
    Ho apprezzato inoltre molto lo stile con cui è scritto. Si intravede una forte proprietà di linguaggio e di uso dei termini.
    Tra i racconti che mi hanno colpito di più.

    Il mostro nel cassonetto di Sara Tirabassi
    Un altro universo qui esiste davvero e la protagonista sembra scoprirlo dopo trent’anni attraverso l’ascolto di un messaggio registrato da suo marito.
    Qui siamo in piena fantascienza, tuttavia mi sarebbe piaciuto capire come ha trascorso gli ultimi trent’anni Lucinda: è stata ibernata? Oppure ha dormito un sonno artificiale indotto da qualche droga sintetica?
    Forse utilizzando meno caratteri per il messaggio registrato (che non svela un granché) avresti potuto meglio approfondire il personaggio di Lucinda e delineare meglio l’altro universo.

    Classifica:
    1- La soglia di vetro di Simone Cassia
    2 – Anche i personaggi nel loro piccolo s’incaxxano di Eleonora Rossetti
    3 – Miss W. E il Dottor C. di Beppe Roncari
    4 – Fiori per te di Flavia Imperi
    5 – Zwitter di Chiara Rufino
    6 – It’s a small world di Linda De Santi
    7 – Il nuovo mondo di Valter Carignano
    8 – Sarà un ragazzo bellissimo di Stefano Pastor
    9 – Effetto oblio di Ophelia
    10 – La tragica fine del Sig. Adami di Diego Ducoli
    11 – Io no di Alessia Sagnotti
    12 – Il mostro nel cassonetto di Sara Tirabassi

    in risposta a: Il mostro nel cassonetto – di Sara Tirabassi #11268

    Ciao Sara.
    Un altro universo qui esiste davvero e la protagonista sembra scoprirlo dopo trent’anni attraverso l’ascolto di un messaggio registrato da suo marito.
    Qui siamo in piena fantascienza, tuttavia mi sarebbe piaciuto capire come ha trascorso gli ultimi trent’anni Lucinda: è stata ibernata? Oppure ha dormito un sonno artificiale indotto da qualche droga sintetica?
    Forse utilizzando meno caratteri per il messaggio registrato (che non svela un granché) avresti potuto meglio approfondire il personaggio di Lucinda e delineare meglio l’altro universo.
    :-)

    PS: leggo solo ora il tuo commento in cui spieghi che Lucinda è stata ibernata.

    Ciao Eleonora.
    Racconto molto bello. Mi è piaciuta l’interpretazione del tema come l’universo creato da un autore che fa muovere i suoi personaggi in questo contesto fantastico. E mi è piaciuto molto l’idea di dare a questi personaggi una sensibilità propria e una capacità critica sull’ambiente in cui si trovano.
    Ho apprezzato inoltre molto lo stile con cui è scritto. Si intravede una forte proprietà di linguaggio e di uso dei termini.
    Tra i racconti che mi hanno colpito di più.
    Complimenti.
    :-)

    in risposta a: La tragica fine del Sig. Adami #11266

    Ciao Diego.
    In questo racconto c’è un ritorno all’infanzia come alternativa (o prosecuzione?) alla morte. Sebbene l’idea sia molto particolare e accattivante non ho riscontrato una giusta aderenza al tema. Mi rendo conto però che il tema “altro universo” possa essere declinato in vari modi e qui forse io non sono riuscita ad afferrarlo in pieno. La scrittura è buona, il tutto scorre bene senza intoppi, c’è qualche refuso ma comprensibile visto il tempo a disposizione. Anche la punteggiatura credo vada un po’ rivista.
    Nel complesso un buon racconto.
    :-)

    in risposta a: Sarà un ragazzo bellissimo, di Stefano Pastor #11265

    Ciao Stefano.
    Nascere vecchi e ringiovanire crescendo, fino all’estrema conseguenza: ritornare in fasce alla fine dei propri giorni. C’è, in questo racconto, un fondo di amara riflessione sulla condizione dell’uomo. Mi è capitato spesso di pensare che è un peccato essere, nell’età della vecchiaia ( quando si potrebbe avere più tempo per tutto e soprattutto per se stessi), più deboli fisicamente e spesso più esposti alle malattie.
    Il contrario, quello che avviene in questo racconto: potrebbe essere una bella esperienza. Chissà.
    Pur non riscontrando una piena aderenza al tema (qual è l’altro universo?) il racconto è ben scritto e l’idea ottima.
    Complimenti.
    :-)

    in risposta a: Io no – di Alessia Sagnotti #11264

    Ciao Alessia.
    Una storia d’amore, un viaggio nel tempo. Queste sono le due impressioni che ho avuto alla fine della lettura di questo racconto onirico e intrigante. Ho dovuto rileggere la storia un paio di volte e ho interpretato l’altro universo come quello in cui è possibile incontrare i nostri cari che non ci sono più e in questo caso la defunta ha un fratello gemello ancora in vita.
    Non so se la mia è un’interpretazione corretta perché devo ammettere che ho avuto un po’ di difficoltà nella lettura.
    Anche il finale con il protagonista che parla di incubo mi ha un po’ spiazzato.
    Racconto comunque affascinante.
    :-)

    in risposta a: It's a small world! #11263

    Ciao Linda.
    In questa storia l’ironia ci guida in un mondo (una società) in cui l’interesse personale viene perseguito senza preoccuparsi delle conseguenze su ciò che ci circonda. È la metafora dei comportamenti egoistici di ciascuno di noi che se dal punto di vista personale non sembrano incidere particolarmente su quello che ci circonda, da un punto di vista collettivo possono essere invece catastrofici.
    Il racconto è ben scritto, con la giusta dose di ironia.
    Unico neo: qui l’altro universo non è proprio un universo quanto un altro mondo.
    Comunque un ottimo racconto. Complimenti.
    :-)

    in risposta a: Fiori per te #11262

    Ciao Flavia.
    In questo racconto, che ho trovato delizioso, il tema è centrato in pieno e, a mio avviso, in maniera originale. Ho particolarmente apprezzato il riferimento al regno (universo) vegetale che io ho particolarmente a cuore.
    La scrittura è molto curata e su questo non ci sono appunti particolari da fare.
    Mi rimane solo una battutaccia (e spero mi perdonerai): con quel nome lì, la protagonista che altra fine poteva fare? 😉
    A presto.

    in risposta a: La soglia di vetro #11261

    Ciao Simone.
    Racconto splendido. All’inizio, confesso, sono andata un po’ fuori strada. Ho pensato: ecco: la solita storia di un varco misterioso, una sorta di portale, che ci conduce in un altro universo.
    Invece, verso la fine, ecco delinearsi la verità. L’universo parallelo è quello immaginario di un alcolista: bellissima interpretazione del tema assegnato.
    Scritto molto bene. Bravissimo. Complimenti.
    :-)

    in risposta a: Zwitter #11259

    Ciao Chiara.
    Racconto che parla di un universo parallelo, quello delle Drag Queen. Siamo nel 1928 e c’è addirittura Marlene Dietrich ad assistere allo spettacolo di Dieter, in arte Lola.
    Scrittura scorrevole, immagini che si fanno vedere anche se forse si vede poco del personaggio, della sua interiorità, insomma la sua storia.
    Il titolo, ammetto l’ignoranza, l’ho dovuto cercare su Google e ho imparato una parola nuova. Però, secondo me, il titolo dovrebbe riassumere l’essenza della storia e qui, anche se è molto azzeccato, per chi non conosce il tedesco, lascia invece un po’ spaesati. Ma è una piccolezza, veramente trascurabile, perché questo racconto è, secondo me, molto buono.
    :-)

    in risposta a: EFFETTO OBLIO #11258

    Ciao Ophelia.
    Il tema è qui centrato in pieno, nel senso che è un racconto di fantascienza classica.
    Io ho sempre considerato (l’ho già scritto da altre parti e forse anche in passate edizioni di Minuti Contati) chi scrive di fantascienza un gradino più su rispetto agli altri (uno solo, eh 😉 ) per la capacità di creare con la fantasia mondi alternativi. Detto ciò, credo che la tua storia sia molto affascinante anche se forse un po’ complessa da riuscire un po’ stretta in tremila caratteri.
    Il limite che ho trovato è stato poi nel finale. Mi sarei aspettata una fine diversa, ma non mi chiedere quale.

    Leggo ora, dopo aver stilato il mio commento, quello che dici a proposito del tuo voler finirla qui. Permettimi di dissentire. Hai avuto una bella idea che forse hai voluto condensare in pochi caratteri (l’ho fatto anche io nell’edizione precedente con scarsi risultati: se ti va, leggiti i commenti) e questo ha compromesso la comprensione del tutto. Un tutto complesso, come era giusto che fosse, ma qui i tremila cartteri sono spietati e richiedono una difficile opera di sintesi.
    Detto ciò, il racconto è a mio avviso un racconto che può benissimo essere migliorato.
    Spero di incontrarti presto da queste parti.
    :-)

    in risposta a: MISS W. E IL DOTTOR C. #11257

    Ciao Beppe.
    Una donna va dallo psicanalista e…
    Questo è stato il mio pensiero dopo la lettura delle prime righe di questo racconto.
    Ma un bravo autore è quello che riesce a metterti fuori strada, a spiazzarti, e tu, almeno con me, ci sei riuscito benissimo.
    L’altro universo interpretato come quello delle nostre macchine, dei nostri computer che possono avere una loro vita e una loro sensibilità. Geniale!
    Scritto molto bene, con dialoghi che fluiscono che è una bellezza.
    Un’ottima lettura. Complimenti.
    :-)

    in risposta a: Il Nuovo Mondo #11256

    Ciao Valter.
    Ho già avuto modo di leggere altri tuoi racconti e devo dire che noto sempre, con piacere, un tocco poetico in ciò che scrivi. Qui la storia della scoperta del Nuovo Mondo rivisitata non mi è dispiaciuta e quello che ho trovato molto originale è stato l’utilizzo del magico dalla parte dei nativi.
    Ammetto di aver dovuto rileggere più volte la storia per comprendere meglio i due punti di vista (conquistatori e indigeni) ma credo sia solo un mio problema di difficile approccio al fantastico.
    Apprezzabilissimo sempre il tuo stile.
    Buon racconto. Complimenti.
    :-)

    in risposta a: La discarica – di Maria Rosaria Del Ciello #11034

    Grazie, Valter e Flavia.
    Sì, c’è un po’ tutto quello che avete detto voi, in questo racconto.
    Un altro universo che, in qualche modo, è più vicino a noi di quanto possiamo immaginare. Perchè, in fondo, ognuno di noi è un universo particolare.
    :-)

    Ciao. A presto

    in risposta a: Livio Gambarini Edition Ritorno a casa #11033

    Ciao Alexandra. :)
    Ho riletto il tuo racconto e mi sono permessa di fare delle modifiche (del tutto personali e quindi discutibili).
    La parte iniziale, come potrai notare, l’ho un po’ alleggerita.
    Ti riporto il racconto con evidenziati i miei appunti.

    Devan Myrsen prese l’ultimo convoglio della notte perché desiderava ritornare nella propria città d’origine, Sorgeva nella piana di Heisenland, ed era famosa per il calore da fornace.
    Proprio quello che ci voleva, per lui, per le sue membra irrigidite dalla lunga permanenza nella città di Ewigreignen.
    Laggiù, l’unico cambiamento era nella temperatura delle gocce che cadevano ininterrotte per ore: dalla morsa del gelo invernale, si passava ai bollori della calura estiva.
    Devan non ne poteva più di quell’eterna stagione di piogge.
    E non importava dove si abitasse. Ci aveva provato, lui a cambiare casa.
    Nel corso dei suoi anni a Ewigreignen era stato in basso e in alto.
    Nel quartiere basso, dalle case di pietra ornate da grondaie con musi di Cane Acquatico, era stato male per via delle strade lastricate di pietra multicolore.
    Sì, c’era una manutenzione, ma si cadeva.
    Colpa degli Spiriti delle Acque, Quei demonietti invisibili che cancellavano gli appigli e facevano cadere soprattutto gli stranieri da poco ambientatisi arrivati in città.
    Come era successo a lui con Verme d’Acqua, così lo aveva chiamato, prima di calpestarlo, senza vederlo.
    Crescendo, si era scoperto invisibile (chi? Lui o Verme d’acqua?), i quattro soli multicolori di Heisenland gli avevano cancellato i lineamenti e sbiadito l’ombra.
    E lui, che per rimediarvi (a cosa? All’invisibilità o al clima inclemente?), cercava clienti per i piatti di metallo azzurro che incideva, riempiendoli di paesaggi assolati e quadrupedi dal lungo collo ornati di campanelli della sua città natale.
    Macché. Sarebbe stato più facile tirare giù i quattro soli e usarli per farsi luce nel laboratorio.
    A Ewigreinen, poco a poco, il suo talento era piaciuto ai ricchi commercianti della città e lui aveva cambiato quartiere.
    Finalmente sulle colline, in alto.
    Ma quanti spiriti invisibili aveva cancellato fra uno scivolone e l’altro.
    E per ogni creatura spiaccicata, era più ricco e solo.
    Fino a quando ce ne fu uno di troppo, che gli tolse anche la visibilità come maestro.
    I suoi allievi, dopo aver imitato in un primo tempo il suo stile, si erano messi a ornare i loro piatti di metallo verde e amaranto di creature acquatiche del genere di quelle viventi nei quartieri degli Evocatori degli Spiriti delle Acque.
    Nessuno le aveva mai viste, Evocatori a parte, però davano prosperità, non solo pioggia.
    Per lui erano fole.
    Lo aveva detto anche a Lysveeta la sua allieva prediletta, la quale era riuscita a fargli accettare un sacchetto con un piccolo dono, che sbatacchiò con un suono metallico nel passaggio di mano.
    Il convoglio, dall’aspetto di gigantesco pesce siluro ornato sulle fiancate con incisioni di musi di creature simili a raganelle, entrò nella lunga galleria che collegava Ewigreignen con Heiseland.
    Fu lì che Devan Myrsen guardò il regalo d’addio di Lysveeta.
    Il metallo era lavorato a specchio e lui vide corpi straziati: molti vermi, un cane.
    Devan si lasciò scappare di mano il piattino e vi guardò attraverso, ma il suo riflesso non c’era più.
    – PERDONO – gridò, ma nessuno gli badò, perché era invisibile.

    A presto.
    maria rosaria :-)

    in risposta a: Ombre #10649

    Grazie a tutti per i commenti.
    Grazie a te, Antico.
    Non so se riuscirò a riscrivere la storia in un modo migliore, ma ci proverò.
    Quello che ho provato a fare (ma credo di non esserci riuscita) è stato un po’ un esperimento, un racconto ligottiano (con tutto il rispetto per Ligotti). Una storia oscura, cupa, senza speranza, in cui qualcosa che vediamo solo noi, ma è invisibile agli altri, può portarci alla morte.

    Grazie ancora a tutti e a prestissimo.
    :-) :-)

    in risposta a: Ombre #10519

    Ciao Adriano,
    ti ringrazio del commento.
    Cercherò il libro che hai citato di cui non ero a conoscenza.

    Alla prossima

    maria rosaria
    :) :)

    in risposta a: Ombre #10461

    Ringrazio ancora una volta tutti dei preziosi consigli.
    Premesso che, secondo me, il lettore ha sempre ragione, vorrei solo rispondere a Damiano quando scrive
    “in genere in ogni testo , almeno nella parte finale, c’è un fondo di speranza”.
    Non ho capito se ti riferisci ai testi di questo Gruppo o ai racconti in generale.
    Secondo me alla fine di un racconto può esserci come non esserci un fondo di speranza. Dipende da quello che uno vuole raccontare.
    Io ho voluto raccontare una storia buia (che poi non ci sia riuscita è un’altra storia) in cui qualcosa può essere visibile a pochi e invisibile a molti. Questa invisibilità ai molti porta il mio personaggio verso un abisso di solitudine senza speranza.
    Ma era un mio preciso intento.

    Il fatto che non ti sia piaciuto mi dispiace, comunque.
    Potevo fare di meglio. Va be’, io un fondo di speranza ce l’ho sempre. 😉
    Alla prossima, Damiano, e ancora grazie per la lettura.

    :-) :-)

    in risposta a: Ombre #10342

    Dispiace a me, Francesco, averti provocato questa sensazione.
    Se ti ho fatto sentire stupido vuol dire che l’ho combinata veramente grossa: non ho saputo trasmettere un’idea come andava fatto.

    Grazie del commento.
    Mi servirà per rielaborare e riscrivere meglio il racconto.

    maria rosaria

    in risposta a: Gruppo UBERTI: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #10285

    Ciao a tutti.
    Ho faticato parecchio per redigere questa classifica in cui i primi quattro posti non hanno fra loro sostanziali differenze (potrei definirli a parimerito) se non per la declinazione del tema. Se avessi potuto confesso che ci avrei infilato anche un 5° e 6° posto tra quelli meritevoli di passare il turno. Ma tant’è.
    Qui di seguito trovate i commenti leggermente diversi da quelli postati nei singoli racconti perchè mi sono voluta rileggere bene i racconti per dare un giudizio più approfondito.
    Alla fine c’è la classifica finale.
    In bocca al lupo a tutti! :-)

    – Il vecchio e le Colombe, di Damiano D’Andrea

    Il racconto è molto poetico, anche se ci sono delle cose che cambierei per spiegare meglio alcuni passaggi che, in questa versione, risultano poco chiari.

    All’inizio, ad esempio:
    Fin troppe volte ho percorso questo lungo sentiero assieme alla mia carrozzina. La mia ormai nota metà da oltre vent’anni solo per poi giungere alla solita panchina e fermarmi lì, ad attendere i miei amici volatili. Colombe, richiamate dalle tenere molliche di pane.
    Dopo carrozzina metterei i due punti per far capire che stai spiegando chi è la tua metà. Puoi mettere un punto dopo vent’anni. Verrebbe più o meno così:
    Fin troppe volte ho percorso questo lungo sentiero assieme alla mia carrozzina: la mia ormai nota metà da oltre vent’anni. Questo solo per giungere alla solita panchina e fermarmi lì, ad attendere i miei amici volatili, colombe richiamate dalle tenere molliche di pane.

    E’ solo un esempio, ovvio.

    Quando scrivi:
    Presi l’ombrello nero dal portaombrelli vicino alla porta, spalancai anche questa e uscii di casa toglierei l’anche questa, perchè non hai scritto che l’ombrello l’avevi aperto.

    C’è un refuso: petto dolorante.

    Comunque l’idea non è male, anche se forse non originalissima.
    Sulla scrittura c’è, a mio avviso, da lavorarci un pochino per renderlo più narrativo.

    – Ritorno a casa, di Alexandra Fischer

    Fantasy intrigante con una bella atmosfera e ambientazione.
    Credo, però, che forse dovrebbe essere strutturato in maniera diversa.
    E’ scritto molto bene ma ho dovuto rileggerlo un paio di volte per comprendere bene l’evoluzione della storia.
    Forse, dico forse, si potrebbe provare a mettere all’inizio la descrizione della città di Ewigreignen, continuando poi con la storia di Devan Myrsen, la sua mancanza di rispetto nei confronti degli Spiriti delle Acque e la decisione di partire perchè stanco del clima.
    L’idea e l’interpretazione dell’invisibile sono molto originali.


    – La guerra invisibile, di Flavia Imperi

    Un bosco, lo scheletro di una vecchia casa in rovina, gatti, una strega: non manca nulla a questo racconto per essere un horror nello stile più classico che tuttavia nel finale riesce a sorprendere con questa strega curiosa della tecnologia umana.
    Scritto molto bene. Forse il tema dell’invisibile non è particolarmente centrato, nel senso che la gattina Stella che dovrebbe essere morta e sepolta sembra riapparire. Ma io non ho capito, un mio limite senz’altro, se è un gattino zombie o se è semplicemente un fantasma.

    Comunque un bel racconto.

    – Un attimo, per sempre, di Vilma Cretti

    Il racconto scorre via fino al finale coinvolgendo il lettore.
    Però è proprio il finale che mi ha lasciato interdetta.
    Non l’ho capito.
    All’inizio pensavo che lo spirito del padre rivivesse l’episodio della morte della figlia in un tentativo, vano, di cambiare il corso degli eventi.
    Però poi quel suono del campanello e la moglie sulla soglia mi hanno confusa.
    Mi dispiace perché il racconto è scritto veramente bene.

    – L’amante invisibile, di Serena Aronica

    Racconto molto originale.
    Un’idea strampalata, stravagante, diciamo pure un po’ azzardata, ma che mi ha fatto sorridere molto.
    Inoltre scritto bene, non c’è che dire.
    Mentre leggevo me lo vedevo quasi davanti quel povero marito, cornuto, depresso, ma pronto a scoprire la verità.
    Sì, diciamo che ho fatto il tifo per lui. 😉
    Toglierei qualche “mi” di troppo sul finale.


    – “Invisible man”, di Adriano Muzzi

    Il tema dell’invisibilità declinato dal punto di vista di un disabile. Che viene, abilmente, mascherato da supereroe invisibile e che a me è piaciuto molto.
    Un fumetto amaro con un finale pieno di speranza (almeno io così l’ho interpretato).
    La lotta continua, giorno dopo giorno, per riuscire a “farsi vedere”, per reclamare la propria presenza.
    Dal punto di vista tecnico non ho nessun appunto da fare, scorre tutto via bene.

    – L’invisibilità, di Omaima Marfoq

    Anche se carico di suggestione il racconto è troppo narrato.
    C’è un elenco di cose che accadono, una di seguito all’altra, però purtroppo non sono riuscita a empatizzare con la protagonista e con il suo dramma.
    Si potrebbe arricchire il racconto con dialoghi e descrizioni “meno descrittive”.

    Faccio un esempio. Riporto un brano e sotto come lo riscriverei.

    Il brano originale:
    Vidi mia madre. Ci aveva appena dato la buona notte ed era scesa per chiamare la nonna, come era solita fare. Io e Tiziana stavamo giocando quando sentimmo qualcuno bussare alla porta insistentemente.
    Nostra madre salì, mi diede il ciondolo d’oro contenente la foto di lei e papà e ci nascose dicendoci addio. Scese al piano di sotto. Sentimmo solo urla.

    Come lo riscriverei:
    Mia madre ci aveva appena dato la buona notte ed era scesa per chiamare la nonna. Io e Tiziana stavamo giocando quando qualcuno bussò alla porta con insistenza. Era nostra madre.
    – Tieni, questa è per te – mi disse affidandomi il ciondolo d’oro contenente la foto sua e del papà. – Adesso nascondetevi, vi prego! – supplicò e ci disse addio. La sentii scendere al piano di sotto. Poi quello che udii furono solo urla.

    Ovvio, sono solo mie opinioni, discutibilissime.

    – Colpevole di non esistere, di Francesco Nucera

    Il racconto è simpatico, ironico e scritto bene.
    Geniale e molto efficace l’idea dell’invisibilità come assenza dal web.
    L’abbonamento alla rivista come sistema per placare gli animi dei carabinieri non l’ho trovata una soluzione particolarmente convincente, ma ci sta e poi il finale recupera e rende ancora più comico il racconto.

    – Le Stringhe di Ermete, di Valter Carignano

    Sono rimasta molto affascinata da questo racconto in cui scienza e magia sono mescolate.
    Descritto in maniera efficace il dolore di un uomo per la perdita della sua amata, dolore che lo condurrà (follemente?) a ipotizzare l’esistenza di una dimensione invisibile in cui poter ritrovare la sua Carla, dimensione raggiungibile attraverso un ponte fatto di suoni.
    Spero di non aver frainteso il significato di questo ottimo e delicato racconto.


    – L’essenziale, di Beppe Roncari

    Mi è piaciuta molto l’idea di narrare l’invisibile come qualcosa di concreto, qualcosa senza il quale non potremmo “vedere”.
    Devo ammettere di aver dovuto rileggere più volte la parte finale del racconto per comprendere bene il significato di ciò che si voleva trasmettere.
    Però, poiché trovo che il racconto sia scritto molto bene, forse è solo un mio problema di comprensione.

    Classifica:
    1) Colpevole di non esistere
    2) Le stringhe di Ermete
    3) “Invisible man”
    4) L’amante invisibile
    5) La guerra invisibile
    6) Ritorno a casa
    7) Un attimo, per sempre
    8) L’essenziale
    9) Il vecchio e le colombe
    10) L’invisibilità

    in risposta a: L'ESSENZIALE, di Beppe Roncari #10256

    Ciao Beppe.
    Mi è piaciuta molto la tua idea di narrare l’invisibile come qualcosa di concreto, qualcosa senza il quale non potremmo “vedere”.
    Devo ammettere di aver dovuto rileggere più volte la parte finale del racconto per comprendere bene il significato di ciò che volevi trasmettere.
    Però, poichè trovo che il racconto sia scritto molto bene, forse è solo un mio problema di comprensione.

    maria rosaria

    in risposta a: Le Stringhe di Ermete #10255

    Ciao Valter.
    Sono rimasta molto affascinata dal tuo racconto in cui mescoli scienza e magia.
    Hai descritto in maniera efficace il dolore di un uomo per la perdita della sua amata, dolore che lo condurrà (follemente?) a ipotizzare l’esistenza di una dimensione invisibile in cui poter ritrovare la sua Carla, dimensione raggiungibile attraverso un ponte fatto di suoni.
    Spero di non aver frainteso il significato di questo ottimo e delicato racconto.

    maria rosaria

    in risposta a: Colpevole di non esistere #10254

    Ciao, Francesco.
    Il tuo racconto è veramente simpatico, ironico e scritto bene.
    Geniale e molto efficace l’idea dell’invisibilità come assenza dal web.
    L’abbonamento alla rivista come sistema per placare gli animi dei carabiniei non l’ho trovata una soluzione particolarmente convincente, ma ci sta e poi il finale recupera e rende ancora più comico il racconto.
    Bravo, complimenti.

    maria rosaria

    in risposta a: Ombre #10243

    Grazie dei commenti.
    Sì, il racconto poteva essere ampliato e in realtà questa è la versione “ridotta” di un originale ben più lungo.
    Per quanto riguarda il finale mi piaceva (a dire la verità su questa cosa c’ho un po’ il chiodo fisso) chiudere il cerchio.
    L’uomo non segue i consigli del medico (diavolo?) e quello gli toglie la moglie.

    maria rosaria

    in risposta a: Un esercizio: "Lampreda" #10242

    Bello!
    Il tuo racconto mi piace molto.
    Devo chiedere la grazia?
    Nel dubbio, chiedo la grazia per Alberto.

    maria rosaria

    in risposta a: L'invisibilità – Omaima Marfoq #10186

    Ciao, Omaima.
    Anche se carico di suggestione il tuo racconto è troppo narrato.
    C’è un elenco di cose che accadono, una di seguito all’altra, però purtroppo non sono riuscita a empatizzare con la protagonista e con il suo dramma.
    Potresti arricchire il racconto con dialoghi e descrizioni “meno descrittive”.
    Ti faccio un esempio. Riporto un tuo brano e sotto come lo riscriverei.
    Ovvio, sono solo mie opinioni, discutibilissime.

    Il tuo brano:
    Vidi mia madre. Ci aveva appena dato la buona notte ed era scesa per chiamare la nonna, come era solita fare. Io e Tiziana stavamo giocando quando sentimmo qualcuno bussare alla porta insistentemente.
    Nostra madre salì, mi diede il ciondolo d’oro contenente la foto di lei e papà e ci nascose dicendoci addio. Scese al piano di sotto. Sentimmo solo urla.

    Come lo riscriverei:
    Mia madre ci aveva appena dato la buona notte ed era scesa per chiamare la nonna. Io e Tiziana stavamo giocando quando qualcuno bussò alla porta con insistenza. Era nostra madre.
    – Tieni, questa è per te – mi disse affidandomi il ciondolo d’oro contenente la foto sua e del papà. – Adesso nascondetevi, vi prego! – supplicò e ci disse addio. La sentii scendere al piano di sotto. Poi quello che udii furono solo urla.

    maria rosaria

    in risposta a: "Invisible Man" #10184

    Ciao, Adriano.
    Il tema dell’invisibilità declinato dal punto di vista di un disabile. Che tu, abilmente, hai mascherato da supereroe invisibile e che a me è piaciuto molto.
    Un fumetto amaro con un finale pieno di speranza (almeno io così l’ho interpretato).
    La lotta continua, giorno dopo giorno, per riuscire a “farsi vedere”, per reclamare la propria presenza.
    Dal punto di vista tecnico non ho nessun appunto da fare, scorre tutto via bene.
    Bravo.

    maria rosaria

    in risposta a: L'amante Invisibile – Aronica Serena #10182

    Ciao, Serena.
    Il tuo racconto è veramente originale.
    Un’idea strampalata, stravagante, diciamo pure un po’ azzardata, ma che mi ha fatto sorridere molto.
    Inoltre l’hai scritto bene, non c’è che dire.
    Mentre leggevo me lo vedevo quasi davanti quel povero marito, cornuto, depresso, ma pronto a scoprire la verità.
    Sì, diciamo che ho fatto il tifo per lui. 😉

    Unico appunto, nella parte in cui scrivi:
    Lui mi guarda sornione, con la lingua che gli penzola quasi fino al petto. Lei mi fissa e non parla, quasi mi aspetto che mi abbai. Ora mi è tutto chiaro.

    toglierei qualche “mi”.

    Brava.

    maria rosaria

    in risposta a: Un attimo, per sempre #10177

    Ciao, Vilma.
    Concordo con chi mi ha preceduta.
    Trovo il racconto scritto benissimo, scorre via fino al finale coinvolgendo il lettore.
    Però è proprio il finale che mi ha lasciato interdetta.
    Non l’ho capito.
    All’inizio pensavo che lo spirito del padre rivivesse l’episodio della morte della figlia in un tentativo, vano, di cambiare il corso degli eventi.
    Però poi quel suono del campanello e la moglie sulla soglia mi hanno confusa.
    Mi dispiace perchè il racconto è scritto veramente bene.

    maria rosaria

    in risposta a: La guerra invisibile #10176

    Ciao, Flavia.
    Un bosco, lo scheletro di una vecchia casa in rovina, gatti, una strega: non manca nulla a questo racconto per essere un horror nello stile più classico.
    L’hai scritto molto bene e non ho veramente nessun appunto da fare se non dirti che sei stata molto brava!
    :)
    maria rosaria

    in risposta a: Ritorno a casa #10174

    Ciao, Alexandra.
    Intanto complimenti per il tuo racconto fantasy e per l’atmosfera e l’ambientazione che sei riuscita a creare.
    Credo, però, che forse dovrebbe essere strutturato in maniera diversa.
    Mi spiego meglio.
    E’ scritto molto bene ma ho dovuto rileggerlo un paio di volte per comprendere bene l’evoluzione della storia.
    Forse, dico forse, potresti provare a mettere all’inizio la descrizione della città di Ewigreignen, continuando poi con la storia di Devan Myrsen, la sua mancanza di rispetto nei confronti degli Spiriti delle Acque e la decisione di partire perchè stanco del clima.
    Ad ogni modo, complimenti.

    maria rosaria

    in risposta a: Il Vecchio e le Colombe #10173

    Ciao, Damiano.
    Il tuo racconto mi piace. E’ molto poetico, anche se ci sono delle cose che cambierei.
    All’inizio, ad esempio:
    Fin troppe volte ho percorso questo lungo sentiero assieme alla mia carrozzina. La mia ormai nota metà da oltre vent’anni solo per poi giungere alla solita panchina e fermarmi lì, ad attendere i miei amici volatili. Colombe, richiamate dalle tenere molliche di pane.
    Dopo carrozzina metterei i due punti per far capire che stai spiegando chi è la tua metà. Puoi mettere un punto dopo vent’anni. Verrebbe più o meno così:
    Fin troppe volte ho percorso questo lungo sentiero assieme alla mia carrozzina: la mia ormai nota metà da oltre vent’anni. Questo solo per giungere alla solita panchina e fermarmi lì, ad attendere i miei amici volatili, colombe richiamate dalle tenere molliche di pane.

    E’ solo un esempio, ovvio.

    Quando scrivi:
    Presi l’ombrello nero dal portaombrelli vicino alla porta, spalancai anche questa e uscii di casa toglierei l’anche questa, perchè non hai scritto che l’ombrello l’avevi aperto.

    C’è un refuso: petto dolorante.

    Comunque l’idea è molto bella.
    Bravo.

    maria rosaria

    in risposta a: Convocazione per la SUMMER EDITION #9976

    Presente anche io questa sera.
    Almeno spero.
    :-)

    maria rosaria

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9889

    Ok.

    Sfido Spartaco.

    maria rosaria

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9864

    Grazie a tutti.
    Ho apportato le modifiche suggerite.
    Il punto di vista evidenziato da Flavia mi ha fatto riflettere su altre cosette che ho provato a correggere.

    Ora lo lascio in pasto a qualche altro volenteroso che si sente di dare ulteriori suggerimenti…

    maria rosaria

    :-)

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9860

    Rodriguez di Maria Rosaria Del Ciello

    Puzza di fritto. Vestiti sgargianti. Pance e deretani in bella mostra. Uomini e donne sembrano falene impazzite all’interno del locale. Qui, all’ultimo piano di un elegante grattacielo, ovunque è un vociare, uno schiamazzo, un olezzo di marcio, di soldi e di morte.
    Capodanno in casa Rodriguez è sempre tumulto di ostentazione, mal celata tristezza sotto chili di trucco e di troppo.
    Su tutto incombe la presenza demoniaca di Ramon, capo indiscusso di questa famiglia giunta qui generazioni fa, dal sud del paese. Cercavano fortuna, speravano di far soldi. A qualunque costo.

     

    – Ehi, ragazzo! Portaci dell’altro vino. Abbiamo le gole asciutte, qui. – Ramon comanda, ordina, si toglie la giacca e allenta il colletto della camicia. Un uomo gli si avvicina, si piega un po’ e sussurra qualcosa all’orecchio.
    – Bastardi. Neanche il giorno dell’ultimo dell’anno – bofonchia Ramon tra sé e sé. Si volge alla donna seduta al suo fianco e, lo sguardo perso verso un punto imprecisato del soffitto, le accarezza i capelli.
    – Che succede, Ramon? – chiede la donna.
    – Hanno fatto esplodere il nuovo supermarket.
    Ramon la bacia su una guancia.
    – Vado a fare una telefonata, piccola. Torno subito. – Si alza e si allontana verso una scalinata che porta a una specie di soppalco con affaccio sulla sala. Mentre sale le scale sente tutto il peso dell’età che avanza. Dovrebbe anche smettere di fumare, e questo proposito di fine anno attraversa leggero i suoi bui pensieri.

     

    Un abito nero strizza un corpo gonfio d’età. Una scollatura inadeguata e una collana barocca, tempestata di strass, completano la figura di Sunny, la moglie di Ramon, che saluta Ramon e lo guarda allontanarsi mentre lei è rapita da Carlos, dai racconti che il genero distribuisce agli astanti.
    Affiorano nella mente della donna pezzi di gioventù, quando anche il marito era un giovane leone, fiero e feroce. Il desiderio irrompe nel corpo della donna che vorrebbe per sé quell’uomo, nonostante sia il marito della sua unica figlia, il padre dei suoi due nipoti. La donna allunga un piede, sotto la tavola imbandita, sfiora le gambe muscolose dell’uomo.
    Carlos sembra ricambiare quel gesto, interrompe le sue bravate oratorie e poco dopo i due si alzano, allontanandosi insieme verso una terrazza. Consumano lì un amplesso veloce tra le grida e il frastuono di quella serata.
    Due bambini sbucano all’improvviso dal buio, spalancano le loro bocche sull’ignoto, sul peccato e fuggono via ridendo. Sunny li riconosce. Sono i suoi nipotini.

     

    Ramon è in piedi, al telefono. La vetrata che ha di fronte affaccia sulla sala piena di gente e lui può vedere tutti muoversi, agitarsi, ridere. Sembra un acquario e lui il pescecane, il re incontrastato di quel mondo palpitante.
    Gli occhi, iniettati di sangue, vagano inutili su cose e persone. Tutti hanno sempre avuto timore dei suoi sguardi di brace, anche se ultimamente le cose stanno un po’ cambiando.
    Ramon sbraita qualcosa dentro la cornetta, poi attacca e si lascia cadere su un’elegante poltrona di pelle.
    Sunny è tornata al tavolo. Ramon l’ha vista mentre si allontanava con Carlos, la troia. La osserva aggiustarsi il vestito e iniziare a chiacchierare con gli altri commensali come se nulla fosse. La vede lanciare occhiate al genero e ridere sguaiata a quell’ultimo giorno dell’anno che è oramai agli sgoccioli.
    Dieci, nove, otto, sette… le bottiglie di champagne sono puntate verso l’alto e verso il futuro.

     

    Un’esplosione improvvisa si confonde tra quegli ultimi secondi di fine anno. Lì, al piano più alto di un elegante grattacielo, la morte si vendica dei Rodriguez in uno scempio di corpi dilaniati, grida soffocate, vite spezzate.
    Ramon è impietrito, guarda la scena dalla vetrata che va in frantumi come le vite brulicanti, fino a un attimo prima, di quell’acquario. Scende le scale di corsa, a fatica, il fumo gli brucia gli occhi, qualcosa cade dal soffitto e lui si scansa appena in tempo per non essere colpito.
    Quando arriva nella sala, Ramon cade in ginocchio davanti ai corpi senza vita di Sunny, di figli e nipoti. I suoi nipoti.
    Ramon piange. Fa gesti convulsi con le mani. La sinistra ferma sul petto, la destra, prima in alto sulla fronte, scivola in basso e, a seguire, tocca la spalla sinistra e poi la destra. Infine, l’uomo giunge le mani.
    Non gli bastava il supermarket, pensa, fottuti Cimino.
    Sono loro, ora, i nuovi trafficanti di droga della città. Si sono aperti anche alla prostituzione e alla vendita di organi. Un mercato in espansione che ora è dei Cimino.
    I nuovi boss. Che vogliono tutto. A qualsiasi costo.
    Solo adesso Ramon se ne rende conto.

    Sì, sì! Mi piace proprio!
    Bravissima.
    Correggi “cade” in “cadde” lì dove scrivi: “Quando lo sguardo cade sullo specchio”…

    Chiedo senz’altro la grazia per Flavia!

    maria rosaria

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9847

    Grazie, Flavia.
    Mi rileggo tutto e vedo di correggere gli errori.

    :-) :-)

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9816

    Grazie, Vastatio.
    :-)

    maria rosaria

    in risposta a: Un esercizio: "Lampreda" #9807

    Ciao Alberto.
    Non ho letto nulla di Cormac McCarthy, quindi non potrò darti impressioni e indicazioni che alla sua opera possano far riferimento.
    Posso però dirti che il racconto, così come l’hai scritto, mi ha colpito molto.
    Sei riuscito a condurmi in quel budello, a vivere l’angoscia della parete da scalare, a sentire l’abisso di dolore del padre per la perdita del figlio.
    Quindi, evitando commenti stilistici che non sono in grado di fare, considero questo racconto un’ottima prova, bravo.
    Complimenti!

    maria rosaria

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9794

    Rodriguez di Maria Rosaria Del Ciello

    Puzza di fritto. Vestiti sgargianti. Pance e deretani in bella mostra. Uomini e donne sembrano falene impazzite all’interno del locale. Qui, all’ultimo piano di un elegante grattacielo, ovunque è un vociare, uno schiamazzo, un olezzo di marcio, di soldi e di morte.
    Capodanno in casa Rodriguez è sempre tumulto di ostentazione, mal celata tristezza sotto chili di trucco e di troppo.
    Su tutto incombe la presenza demoniaca di Ramon, capo indiscusso di questa famiglia giunta qui generazioni fa, dal sud del paese. Cercavano fortuna, speravano di far soldi. A qualunque costo.
    – Ehi, ragazzo! Portaci dell’altro vino. Abbiamo le gole asciutte, qui. – Ramon comanda, ordina, si toglie la giacca e allenta il colletto della camicia. Un uomo gli si avvicina, si piega un po’ e sussurra qualcosa all’orecchio.
    – Bastardi. Neanche il giorno dell’ultimo dell’anno – bofonchia Ramon tra sé e sé. Si volge alla donna seduta al suo fianco e, lo sguardo perso verso un punto imprecisato del soffitto, le accarezza i capelli.
    – Che succede, Ramon?
    – Hanno fatto esplodere il supermarket.
    Il supermarket è quello nel quartiere a Nord della città, avamposto della famiglia per nuovi traffici e commerci.
    Ramon la bacia su una guancia.
    – Vado a fare una telefonata, piccola. Torno subito. – Si alza e si allontana verso una scalinata che porta a una specie di soppalco con affaccio sulla sala. Sale le scale a fatica, il peso e l’età si fanno sentire, e quella sigaretta sempre in bocca non aiuta di certo.

     

    Un abito nero strizza un corpo gonfio d’età. Una scollatura inadeguata e una collana barocca, tempestata di strass, completano la figura di Sunny, la moglie di Ramon, che saluta Ramon e lo guarda allontanarsi mentre lei è rapita da Carlos, dai racconti che il genero distribuisce agli astanti.
    Affiorano nella mente della donna pezzi di gioventù, quando anche il marito era un giovane leone, fiero e feroce. Il desiderio irrompe nel corpo della donna che vorrebbe per sé quell’uomo, nonostante sia il marito della sua unica figlia, il padre dei suoi due nipoti. La donna allunga un piede, sotto la tavola imbandita, sfiora le gambe muscolose dell’uomo.
    Carlos sembra ricambiare quel gesto, interrompe le sue bravate oratorie e poco dopo i due si alzano, allontanandosi insieme verso una terrazza. Consumano lì un amplesso veloce tra le grida e il frastuono di quella serata.
    Due bambini sbucano all’improvviso dal buio, spalancano le loro bocche sull’ignoto, sul peccato e fuggono via ridendo. Sunny li riconosce. Sono i suoi nipotini.

     

    Ramon è in piedi, al telefono. La vetrata che ha di fronte affaccia sulla sala piena di gente e lui può vedere tutti muoversi, agitarsi, ridere. Sembra un acquario e lui il pescecane, il re incontrastato di quel mondo fasullo. Gli occhi, iniettati di sangue, vagano inutili su cose e persone. Tutti hanno sempre avuto timore di quegli sguardi di brace, anche se ultimamente le cose stanno un po’ cambiando.
    Ramon sbraita qualcosa dentro la cornetta, poi attacca e si lascia cadere su un’elegante poltrona di pelle. Sunny è tornata al tavolo. Ramon l’ha vista mentre si allontanava con Carlos, la troia. La osserva aggiustarsi il vestito e iniziare a chiacchierare con gli altri commensali come se nulla fosse. La vede lanciare occhiate al genero e ridere sguaiata a quell’ultimo giorno dell’anno che è oramai agli sgoccioli.
    Dieci, nove, otto, sette… le bottiglie di champagne sono puntate verso l’alto e verso il futuro.

    Un’esplosione improvvisa si confonde tra quegli ultimi secondi di fine anno. Lì, al piano più alto di un elegante grattacielo, la morte si vendica dei Rodriguez in uno scempio di corpi dilaniati, grida soffocate, vite spezzate.
    Ramon è impietrito, guarda la scena dalla vetrata che va in frantumi come le vite brulicanti, fino a un attimo prima, di quell’acquario. Scende le scale di corsa, a fatica, il fumo gli brucia gli occhi, qualcosa cade dal soffitto e lui si scansa appena in tempo per non essere colpito.
    Quando arriva nella sala, Ramon cade in ginocchio davanti ai corpi senza vita di Sunny, di figli e nipoti. I suoi nipoti.
    Ramon piange. Fa gesti convulsi con le mani. La sinistra ferma sul petto, la destra, prima in alto sulla fronte, scivola in basso e, a seguire, tocca la spalla sinistra e poi la destra. Infine, l’uomo giunge le mani.
    Non gli bastava il supermarket, pensa, fottuti Cimino.
    Sono loro, ora, i nuovi trafficanti di droga della città. Si sono aperti anche alla prostituzione e alla vendita di organi. Un mercato in espansione che ora è dei Cimino.
    I nuovi boss. Che vogliono tutto. A qualsiasi costo.
    Solo adesso Ramon se ne rende conto.

    in risposta a: GENITORI SBAGLIATI #9793

    Chiedo la grazia per Vastatio.

    in risposta a: Bommarito Edition – Genitori sbagliati – Rodriguez #9790

    Grazie, Alexandra. Nel pomeriggio aggiusto tutto. 😉

    maria rosaria

    in risposta a: [V] Rodriguez – di M.R. Del Ciello #9784

    Avevo dimenticato di ringraziarti, Antico.
    Ho fatto tesoro delle tue indicazioni e ho modificato il racconto, ora nel Laboratorio.
    Spero di aver messo a frutto tutti i commenti ricevuti.

    :-)

    L’idea alla base del racconto mi piace molto.
    Sono andata a leggermi i la stesura originale del contest e devo dire che questa la trovo molto più accattivante.

    L’hai scritto molto bene però, a mio avviso, dal secondo corsivo in poi è tutto un po’ veloce e poco chiaro.
    Forse diminuirei la seconda parte scritta in corsivo (creando anche un po’ di suspence, non nominando Sammy), tipo:

    La guardava dormire. Sara era diventata grande e bella. L’unica che non lo aveva dimenticato… almeno all’inizio. Poi lo aveva tradito, come tutti gli altri. Ma ora le cose sarebbero tornate a posto.
    Strinse il capello color sangue fra le mani di pezza, in attesa dell’ultimo rintocco della mezzanotte.
    «Non sentirai niente».

    e poi modificherei anche il seguito levando il corsivo e mettendo la prima riga («Certo che sono io, chi vuoi che sia?») alla fine nel dialogo con Sammy. Bisogna un po’ lavorarci con i punti di vista ma forse si può fare. Non so se sono stata chiara.

    Ad ogni modo, bravissima! :)
    maria rosaria

    in risposta a: GENITORI SBAGLIATI #9782

    Mi piace molto.
    Veloce la lettura, curiosità che cresce via via che si procede con la telefonata.
    Unico punto debole, se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, è che si tratta solo di un dialogo. Non vedo cioè le espressioni dei protagonisti (ma le espressioni dei sauri chi le conosce?), non vedo l’ambiente in cui si svolge la vicenda.

    Però, ripeto, è una piccolezza perché il racconto sta tutto nel dialogo e nel colpo di scena finale.
    Bravo. Complimenti!

    maria rosaria

    in risposta a: Roberto Bommarito Edition – L’abito malva #9781

    Hai ragione, Spartaco.
    Anche in questo caso, con le modifiche suggerite, Chiedo la grazia per Alexandra.

    maria rosaria

    in risposta a: ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo #9780

    Con le modifiche che ho appena suggerito Chiedo la grazia per Omaima.

    Scusate, ma è la prima volta per me in questo Laboratorio.
    Spero di aver fatto bene.

    maria rosaria

    in risposta a: ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo #9778

    Ciao Omaima.
    Il racconto mi sembra migliorato.
    Toglierei alcuni avverbi in “mente” che appesantiscono la lettura:
    Fuori il sole splendente illuminava il verde delle colline

    “Ciao, papà” dissi in tono apparentemete che sembrava allegro.

    “Dov’è tua madre?” chiese poiin tono furente lui .

    Il suo telefono squillò. Ma lui rifiutò la chiamata (e quello) continuava a suonare, incessantemente.

    L’uomo mi trascinò per la maglia. Mi sentivo completamente disorientato. Cosa ci facevamo qui?
    Entrammo precipitosamente (di corsa) in una stanza, al secondo piano.

    ————-

    Queste sono le modifiche che farei.
    Per il resto mi sembra efficace.

    maria rosaria

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