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26 giugno 2015 alle 1:16 in risposta a: Gruppo VAMPIRA: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #8700
Classifica e a seguire commenti in disordine sparso!
1- THE PROMISE
2- LA BARCA
3- LA NUDA VERITÀ
4- LA VE CHIETTA ALLA FERMATA DEL BUS
5- QUINTO PIANO, SCALA B
6- LUX ANIMAE
7- ALCOR E MIZAR
8- C’È TROPPO PEPERONCINO SU QUESTA PIZZA
9- LA LUCE NON SI SPEGNE MAI
10-LA TORRE DELLE FIAMME
11-RECUPERILA BARCA
Ciao Diego, ben ritrovato.
Ambientazione cupa, opprimente, ovattata: direi che questo tuo breve racconto ha una forte componente sensoriale, che ti porta a rabbrividire per il freddo, a sentire il suono dei flutti, a respirare i miasmi dell’acqua (unico dubbio: perché l’acqua sarebbe sorniona? non solo non riesco a capirne il motivo, ma anche dando per scontata una mia sicura incapacità interpretativa, mi sembra che, anche stilisticamente, questo aggettivo faccia un po’ a botte col resto della descrizione).
In particolare mi è paciuta molto l’immagine della morte: non la terribile Mietitrice, ma una donna bellissima (o forse è lui a vederla così, proprio perché anziano e malato e quindi vede la morte come una liberatrice, una salvatrice?)
In ogni caso un ottimo racconto che parte con uno stile molto alto, con una descrizione stupenda del parto dal punto di vista del morto/nascituro, per scendere a un linguaggio quotidiano, a segnare un nuovo inizio, una nuova, semplice partenza.
☺
LA NUDA VERITA’
Ciao Beppe!
Ti fa proprio dannare ‘sta meledetta ernia, eh?
Ti capisco e comprendo perfettamente le notti a bighellonare per casa alla ricerca di una posizione comoda!
Il racconto rende perfettamente l’atmosfera Hitchcokiana de La finestra sul cortile (se posso cercare il pelo nell’uovo, ho trovato ridondante il tuo palesarlo, in fondo avevi già dato indicazioni dicendo di esserti sparato l’opera omnia di Alfred!)
In ogni caso rendi molto bene l’ambientazione e il passato del protagonista: complimenti.
Ho solo alcuni dubbi: una donna cieca, presumibilmente sola in casa che apre direttamente al primo sconosciuto che bussa alla porta? Almeno un “Chi è?”dovrebbe chiederlo… o no?
Oltre a Hitchcock mi hai fatto riaffiorare alla mente fior di sit-com che hanno sfruttato il tema della vicina nuda alla finestra!!!!
A rileggerti presto!
☺
RECUPERI
Ciao Alexandra.
Purtroppo ho avuto parecchi problemi a capire il tuo racconto:
1-la luce che non si spegne è la sua speranza di avere il padre vicino? Se no non riesco a individuarla in altro
2- non rieco a capire l’importanza del recupero della famiglia del padre: a parte il fatto che essendo stato sposato con la madre non vedo perché occorra una tale ricerca dei parenti (non conosce gli zii e i nonni paterni?), a meno che il padre non avesse rapporti con loro, ma allora, cosa potrebbe ottenere da questi parenti che non hanno certo una buona opinione del genitore?
Non so, ho come l’impressione di un universo di sentimenti e motivazioni inespresse, che forse avrebbero bisogno di un maggiore respiro per prendere vita.
Infine ti faccio notare:
“collera” usata in due frasi consecutive, “accompagnarle” refuso che dovrebbe stare per “accompagnarla” e “Manlio” che alla fine diventa “Manrico”.
Ciao e alla prossima!
☺
LA VECCHIETTA ALLA FERMATA DEL BUS
Ciao Ambra e benvenuta!
Il tuo racconto è molto carino, con una buona distribuzione degli indizi (la vecchietta muscolosa…) e un finale a sorpresa… che sorprende. Nulla da eccepire, tranne forse la parte iniziale, in cui ho avuto una certa difficoltà a cogliere il “titolare” del pdv: forse dovresti trovare il modo di farci vedere il tuo protagonista accanto all’autista. Ma a parte questo, il racconto scorre piacevole.
Alla prossima!
☺
QUINTO PIANO SCALA B
Ciao Viviana e ben ritrovata!
Che poesia! Il tuo racconto è sussurrato, delicato e sarebbe bellissimo se ci dicessi qualcosa in più! Sembra quasi una favola moderna, se non fosse per l’ambientazione precisa e ben delineata.
Un Dubbio: Emilia ha subito un trauma profondo che la porta a lasciare la luce accesa e, nonostante questo, quando sente suonare il citofono in piena notte e sente le “parole sconnesse” della sconosciuta, si limita a esitare e poi apre la porta? Va bene che sia gentile e disposta ad aiutare il prossimo, ma questo non mi quadra.
Quindi, racconto scritto molto bene, di una poesia rara, ma che non mi convince appieno!
Alla prossima!
LA TORRE DELLE FIAMME
Ciao Vastatio e ben trovato!
Ho l’impressione che la taglia XS di Minuti Contati vada un po’ stretta al tuo racconto!
Ci descrivi una realtà lontana, con torri e fiamme di Miihr, un discepolo che ha concluso il suo cammino formativo e un maestro triste, preoccupato perché conosce il destino che attende il suo pupillo. E fino a qui ci sono.
Poi, sicuramente per un limite mio, non sono riuscita a capire tutto lo spiegone delle proprietà delle pietre: ho letto e riletto, ma mi sono persa ogni volta!
Al di là dei miei limiti e gusti, l’impressione che ho avuto di questo racconto è che ci sia troppo tell e poco show!
Forse, rivedendo e ampliando il tutto potresti riuscire ad arrivare ai lettori tonti come la sottoscritta!
Alla prossima!
C’È TROPPO PEPERONCINO SU QUESTA PIZZA
Ciao Alessandra e ben trovata!
Dunque, parto dalle cose spicciole:
-Ivo diventa Andrea
-Nella prima parte c’è penuria di virgole
-“l’idea di perderlo […] la sua idea era molto allettante”: troppe idee ravvicinate!
A parte questo, mi sembra che anche nel tuo caso la taglia XS di Minuti Contati vada stretta!
Non ho capito cosa sia l’organizzazione di cui fanno parte, non ci dici nulla di ciò che ha legato così profondamente i due amici e che possa farci sentire tutto il sapore amaro del “tradimento” di Carla e anche la luce che non si spegne mai mi pare un po tirata per i capelli!
Mi dispiace, perché si intuisce una storia complessa dietro le tue righe, una storia che, probabilmente, con un maggiore respiro, potrebbe arrivare meglio al lettore.
Alla prossima!
THE PROMISE
Ciao Never e bentrovata.
Racconto struggente, il tuo. Riesci a catturare il cuore (almeno di una romanticona in incognito come me!)
In particolare mi ha colpito l’immagine del “prato nero che fioriva al contrario”: bellissima!
Certo, le costellazioni fanno molto dialogo tra Shrek e Ciuchino, ma sono tenere!
Bello anche il modo in cui ci dai gli indizi della gravidanza facendoci credere altro.
Personalmente avrei omesso la figura luminosa del finale: una chiusura su “…all’improvviso non ebbe più freddo ma nemmeno se ne accorse.” Sarebbe stata molto meglio.
In ogni caso bel racconto
A rileggerti
ALCOR E MIZAR
Ciao Luigi e ben trovato!
Bello l’uso di una stella binaria per narrare l’amore tra due persone!
Purtroppo, però, il tuo racconto non riesce a coinvolgermi, non riesco a provare empatia con Silvia, morta di un male terribile e consapevole di quanto le stava accadendo né con il protagonista, rimasto solo a vagare nelle tenebre della vita.
Non so, è un po come se la tua storia brillasse di una luce troppo fredda per scaldare il cuore (o forse è solo un mio limite!)
A rileggerti!
LA LUCE NON SI SPEGNE MAI
Ciao Gian e bentrovato.
A parte qualche salto nei tempi verbali e un “cella… celle” un po’ troppo ravvicinate, non ho rilevato altri errori formali, ma, purtroppo, la storia non l’ho capita!
Perché un delinquente/bullo dovrebbe patire così tanto il fatto che Mimi si sia suicidato da non parlare più e diventare un detenuto modello? L’anima della lucciola lo perseguita? In che modo una piccola lucciola, con la sua luminescenza può stravolgere a tal punto una mente avvezza alle durezze della vita? E mi pare poco probabile che i secondini, al ritrovamento di un detenuto morto con la faccia fracassata contro i muri (forse sarebbe più corretto parlare di cranio, piuttosto che di faccia, perché presumo che uno pigli a testate la parete e non a “facciate”) abbiano l’acutezza di notare anche la presenza di una lucciola…
Mi dispiace, ma tutte queste cose non mi convincono!
Alla prossima.
LUX ANIMAE
Ciao Raffaele e bentrovato.
Perché? Solo questo mi viene da domandarti.
Perché scrivere un racconto dall’inizio così aulico, così poetico, così bello e poi affogarlo in un finale che non è assolutamente all’altezza?
La prima parte della tua storia mi ha catturata, affascinata, emozionata per poi tradirmi con quel precipitare nella banalità della macchina del tempo parcheggiata dietro l’angolo!
Ci sai fare con la penna (tastiera), ma lo stile e il tono delle due parti sono in un contrasto troppo dissonante per i miei gusti (il che, ovviamente, lascia il tempo che trova!)
A rileggerti!
Ciao Raffaele e bentrovato.
Perché? Solo questo mi viene da domandarti.
Perché scrivere un racconto dall’inizio così aulico, così poetico, così bello e poi affogarlo in un finale che non è assolutamente all’altezza?
La prima parte della tua storia mi ha catturata, affascinata, emozionata per poi tradirmi con quel precipitare nella banalità della macchina del tempo parcheggiata dietro l’angolo!
Ci sai fare con la penna (tastiera), ma lo stile e il tono delle due parti sono in un contrasto troppo dissonante per i miei gusti (il che, ovviamente, lascia il tempo che trova!)
A rileggerti!
Ciao Gian e bentrovato.
A parte qualche salto nei tempi verbali e un “cella… celle” un po’ troppo ravvicinate, non ho rilevato altri errori formali, ma, purtroppo, la storia non l’ho capita!
Perché un delinquente/bullo dovrebbe patire così tanto il fatto che Mimi si sia suicidato da non parlare più e diventare un detenuto modello? L’anima della lucciola lo perseguita? In che modo una piccola lucciola, con la sua luminescenza può stravolgere a tal punto una mente avvezza alle durezze della vita? E mi pare poco probabile che i secondini, al ritrovamento di un detenuto morto con la faccia fracassata contro i muri (forse sarebbe più corretto parlare di cranio, piuttosto che di faccia, perché presumo che uno pigli a testate la parete e non a “facciate”) abbiano l’acutezza di notare anche la presenza di una lucciola…
Mi dispiace, ma tutte queste cose non mi convincono!
Alla prossima.
Ciao Luigi e ben trovato!
Bello l’uso di una stella binaria per narrare l’amore tra due persone!
Purtroppo, però, il tuo racconto non riesce a coinvolgermi, non riesco a provare empatia con Silvia, morta di un male terribile e consapevole di quanto le stava accadendo né con il protagonista, rimasto solo a vagare nelle tenebre della vita.
Non so, è un po come se la tua storia brillasse di una luce troppo fredda per scaldare il cuore (o forse è solo un mio limite!)
A rileggerti!
Ciao Never e bentrovata.
Racconto struggente, il tuo. Riesci a catturare il cuore (almeno di una romanticona in incognito come me!)
In particolare mi ha colpito l’immagine del “prato nero che fioriva al contrario”: bellissima!
Certo, le costellazioni fanno molto dialogo tra Shrek e Ciuchino, ma sono tenere!
Bello anche il modo in cui ci dai gli indizi della gravidanza facendoci credere altro.
Personalmente avrei omesso la figura luminosa del finale: una chiusura su “…all’improvviso non ebbe più freddo ma nemmeno se ne accorse.” Sarebbe stata molto meglio.
In ogni caso bel racconto
A rileggerti
Ciao Alessandra e ben trovata!
Dunque, parto dalle cose spicciole:
-Ivo diventa Andrea
-Nella prima parte c’è penuria di virgole
-“l’idea di perderlo […] la sua idea era molto allettante”: troppe idee ravvicinate!
A parte questo, mi sembra che anche nel tuo caso la taglia XS di Minuti Contati vada stretta!
Non ho capito cosa sia l’organizzazione di cui fanno parte, non ci dici nulla di ciò che ha legato così profondamente i due amici e che possa farci sentire tutto il sapore amaro del “tradimento” di Carla e anche la luce che non si spegne mai mi pare un po tirata per i capelli!
Mi dispiace, perché si intuisce una storia complessa dietro le tue righe, una storia che, probabilmente, con un maggiore respiro, potrebbe arrivare meglio al lettore.
Alla prossima!
Ciao Vastatio e ben trovato!
Ho l’impressione che la taglia XS di Minuti Contati vada un po’ stretta al tuo racconto!
Ci descrivi una realtà lontana, con torri e fiamme di Miihr, un discepolo che ha concluso il suo cammino formativo e un maestro triste, preoccupato perché conosce il destino che attende il suo pupillo. E fino a qui ci sono.
Poi, sicuramente per un limite mio, non sono riuscita a capire tutto lo spiegone delle proprietà delle pietre: ho letto e riletto, ma mi sono persa ogni volta!
Al di là dei miei limiti e gusti, l’impressione che ho avuto di questo racconto è che ci sia troppo tell e poco show!
Forse, rivedendo e ampliando il tutto, potresti riuscire ad arrivare anche ai lettori tonti come la sottoscritta!
Alla prossima!
Ciao Viviana e ben ritrovata!
Che poesia! Il tuo racconto è sussurrato, delicato e sarebbe bellissimo se ci dicessi qualcosa in più! Sembra quasi una favola moderna, se non fosse per l’ambientazione precisa e ben delineata.
Un Dubbio: Emilia ha subito un trauma profondo che la porta a lasciare la luce accesa e, nonostante questo, quando sente suonare il citofono in piena notte e le “parole sconnesse” della sconosciuta, si limita a esitare e poi apre la porta? Va bene che sia gentile e disposta ad aiutare il prossimo, ma questo non mi quadra.
Quindi, racconto scritto molto bene, di una poesia rara, ma che non mi convince appieno!
Alla prossima!
Ciao Ambra e benvenuta!
Il tuo racconto è molto carino, con una buona distribuzione degli indizi (la vecchietta muscolosa…) e un finale a sorpresa… che sorprende. Nulla da eccepire, tranne forse la parte iniziale, in cui ho avuto una certa difficoltà a cogliere il “titolare” del pdv: forse dovresti trovare il modo di farci vedere il tuo protagonista accanto all’autista. Ma a parte questo, il racconto scorre piacevole.
Alla prossima!
Ciao Alexandra.
Purtroppo ho avuto parecchi problemi a capire il tuo racconto:
1-la luce che non si spegne è la sua speranza di avere il padre vicino? Se no non riesco a individuarla in altro
2- non rieco a capire l’importanza del recupero della famiglia del padre: a parte il fatto che essendo stato sposato con la madre non vedo perché occorra una tale ricerca dei parenti (non conosce gli zii e i nonni paterni?), a meno che il padre non avesse rapporti con loro, ma allora, cosa potrebbe ottenere da questi parenti che non hanno certo una buona opinione del genitore?
Non so, ho come l’impressione di un universo di sentimenti e motivazioni inespresse, che forse avrebbero bisogno di un maggiore respiro per prendere vita.
Infine ti faccio notare:
“collera” usata in due frasi consecutive, “accompagnarle” refuso che dovrebbe stare per “accompagnarla” e “Manlio” che alla fine diventa “Manrico”.
Ciao e alla prossima!
Ciao Beppe!
Ti fa proprio dannare ‘sta meledetta ernia, eh?
Ti capisco e comprendo perfettamente le notti a bighellonare per casa alla ricerca di una posizione comoda!
Il racconto rende perfettamente l’atmosfera Hitchcokiana de La finestra sul cortile (se posso cercare il pelo nell’uovo, ho trovato ridondante il tuo palesarlo, in fondo avevi già dato indicazioni dicendo di esserti sparato l’opera omnia di Alfred!)
In ogni caso rendi molto bene l’ambientazione e il passato del protagonista: complimenti.
Ho solo alcuni dubbi: una donna cieca, presumibilmente sola in casa che apre direttamente al primo sconosciuto che bussa alla porta? Almeno un “Chi è?”dovrebbe chiederlo… o no?
Oltre a Hitchcock mi hai fatto riaffiorare alla mente fior di sit-com che hanno sfruttato il tema della vicina nuda alla finestra!!!!
A rileggerti presto!
LA BARCA
Ciao Diego, ben ritrovato.
Ambientazione cupa, opprimente, ovattata: direi che questo tuo breve racconto ha una forte componente sensoriale, che ti porta a rabbrividire per il freddo, a sentire il suono dei flutti, a respirare i miasmi dell’acqua (unico dubbio: perché l’acqua sarebbe sorniona? non solo non riesco a capirne il motivo, ma anche dando per scontata una mia sicura incapacità interpretativa, mi sembra che, anche stilisticamente, questo aggettivo faccia un po’ a botte col resto della descrizione).
In particolare mi è paciuta molto l’immagine della morte: non la terribile Mietitrice, ma una donna bellissima (o forse è lui a vederla così, proprio perché anziano e malato e quindi vede la morte come una liberatrice, una salvatrice?)
In ogni caso un ottimo racconto che parte con uno stile molto alto, con una descrizione stupenda del parto dal punto di vista del morto/nascituro, per scendere a un linguaggio quotidiano, a segnare un nuovo inizio, una nuova, semplice partenza.ciao e grazie per i commenti.
Vedo con piacere che il mio intento è riuscito (al di là del racconto bello o brutto): sono partita da una storia reale, accaduta poco tempo fa qui dalle mie parti: un’imboscata nei campi che ha come vittime marito (ucciso) e moglie (sopravvissuta con due pallottole nella colonna vertebrale) e presunto (come si deve dire in questi casi) colpevole un vicino di causa.
Movente: incomprensibile se si escludono le paranoie della moglie dell’assassino che si sentiva continuamente spiata dai vicini.
In questa storia non ci sono verità chiare, nette, ma tutto è in ombra, incerto.
Proprio per questo ho voluto creare ambigutà (all’inizio avevo idea di introdurre anche il pdv della vicina sulla sedia a rotelle), ma, al di là del limite di caratteri, mi piaceva lasciare tutto nel dubbio, anche in netta contrapposizione alla “luce sempre accesa” del titolo.Grazie per la disponibilità e la generosità. Credo proprio che ne approfitterò: non capita tutti i giorni di poter contare sulla professionalità altrui!
2 giugno 2015 alle 16:41 in risposta a: Classifiche dei GIRONI e ammessi a FASE FINALE (giudizio Di Giulio) #7535grazie a tutti!
Antico, solo tu sai fare queste magie!
expecto patronum!
no… niente da fare, il copiaincolla è una schifezza!
getto la spugna e vado a dormire!
per amore di chiarezza, provo a rendere più leggibili i commenti:
L’uguaglianza di genere
Ehilà Beppe!
(Scusa, il Lupo Alberto che alberga in me ha avuto la meglio!)
A parte battute, finalmente ci incontriamo sul ring e devo ammettere di aver letto con piacere il tuo racconto, in cui mi ha colpita la capacità di usare il punto di vista di una donna.
Il tuo stile è molto curato, nulla da eccepire, ma la storia non mi ha convinta: troppe macchinazioni in poco più di 3000 caratteri!
Mi è piaciuta la sottigliezza del non far urlare la vittima al taglio delle dita perché i lacci che stringono forte anestetizzano anche la mano, ma con un coltello mi sembra piuttosto difficile mozzare tre dita in un colpo solo.
Inoltre non sono riuscita a capire la scelta della vittima: perché proprio lui? E soprattutto, come poteva essere sicura di ottenere un’erezione (cosa di cui si stupisce lei stessa) in modo da concepire il suo folle piano?
Sicuramente una stesura di maggiore respiro avrebbe aiutato, ma, in ogni caso un’ottima prova.
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 11 mesi fa da
The Beps.
ma perchè il copiaincolla ha prodotto un testo con tutti sti tag????????????
lo so… non sono una nativa digitale… e si vede!
CLASSIFICA:
1-anima e corpo
2-Moai
3-un’incurabile mancanza di puntualità
4-il ragno nero
5-l’uguaglianza di genere
6-potenza per vincere
7-amore mio
8-istinto materno
9-la prima battaglia
10-tutte le cose perdute
11-licantropina
12-la prima comunione
COMMENTI IN ORDINE SPARSO (e scusate se non li ho postati sui singoli tread, ma non ho proprio avuto tempo!):
L’uguaglianza di genere
Ehilà Beppe!
(Scusa, il Lupo Alberto che alberga in me ha avuto la meglio!)
A parte battute, finalmente ci incontriamo sul ring e devo ammettere di aver letto con piacere il tuo racconto, in cui mi ha colpita la capacità di usare il punto di vista di una donna.
Il tuo stile è molto curato, nulla da eccepire, ma la storia non mi ha convinta: troppe macchinazioni in poco più di 3000 caratteri!
Mi è piaciuta la sottigliezza del non far urlare la vittima al taglio delle dita perché i lacci che stringono forte anestetizzano anche la mano, ma con un coltello mi sembra piuttosto difficile mozzare tre dita in un colpo solo.
Inoltre non sono riuscita a capire la scelta della vittima: perché proprio lui? E soprattutto, come poteva essere sicura di ottenere un’erezione (cosa di cui si stupisce lei stessa) in modo da concepire il suo folle piano?
Sicuramente una stesura di maggiore respiro avrebbe aiutato, ma, in ogni caso un’ottima prova.
Anima e corpo
Ciao Carolina!
Wow… un pugno nello stomaco, questo racconto!
Il tema è perfettamente centrato, non ci sono scivoloni nel patetico e originale la scelta di due gemelli di sesso differente.
Solo un appunto: perché lui non nomina la parola “metastasi”, quando forse è proprio quello il metaforico avversario contro cui lui continua a combattere?
Ma a parte questo, veramente una bella prova. Complimenti!
Il ragno nero
Ciao Raffaele!
Da aracnofobica ho avuto i miei problemi a empatizzare col bambino, ma, a parte battute, la tua storia è potente, forse un po’ troppo ricca per i pochi caratteri a disposizione, ma bella.
Mi è piaciuta la notazione iniziale “ ragno appartiene alla famiglia degli aracnidi, invertebrati dal corpo costituito da due parti: addome e testa” che ci presenta i due contendenti della battaglia del bambino: il corpo, la malattia e la testa, la psiche.
Bella trovata e complimenti!
Un’incurabile mancanza di puntualità
Ciao Sharon e ben ritrovata.
Bella l’idea del ritardo al proprio funerale, bello il tono leggero del racconto, un po’ meno bello l’uso di Pietro che ti fa capire troppo presto che si tratta di un post mortem, decisamente debole l’aderenza al tema.
Mi spiego: nel tuo racconto vedo un personaggio in dubbio, indeciso, ma non sento il fervore di una battaglia interiore o esteriore. Certo, il protagonista cerca di combattere contro la propria mancanza innata di puntualità, ma mi pare più una scaramuccia che un lotta.
In ogni caso un buon lavoro!
La prima battaglia
Ciao Cristina!
Bel racconto e ottime le descrizioni: ci fai sentire, vedere e annusare quel mondo. Brava!
Brava anche a dare vita a una quattordicenne ormai donna, come era normale in tempi anche non troppo lontani da noi.
Ma nonostante questo, la tua storia mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca: nel clangore delle armi, nel furore della battaglia, nell’eccitazione della lotta, nei visi sporchi di polvere e fango due avversari che non si erano mai incontrati prima riescono a riconoscersi come fratelli… mmmmmmm…..non mi convince!
ma, nonostante questo, è un’ottima prova.
Amore mio
Ciao Stefano.
La tua prosa è sempre così piena di poesia… peccato per l’esiguità di spazio.
Già, perché questo bel racconto, sicuramente non particolarmente originale (mi ha ricordato tanto “The Island”) è fortemente penalizzato dal limite di battute: ci lasci guardare dal buco della serratura un mondo che avrebbe bisogno di essere fotografato con un grandangolo!
In particolare mi è piaciuta tanto la rassegnazione del clone al proprio destino, alla inutilità di provare a combattere!
Potenza per vincere
Ciao Willy!
Mi piace molto la descrizione della fuga della protagonista (mi sentivo il fiatone!) e la lotta centra perfettamente il tema, ma i tuoi protagonisti mi paiono fluttuare in un non luogo!
Mi spiego meglio. Non ci fai vedere il luogo della fuga e quando, alla fine, ci riveli i ruoli e le motivazioni dei due protagonisti fai sentire ancora di più questa mancanza: sono anni che lui la molesta in maniera non plateale (“A quindici anni non sapevo allontanare le mani invadenti sul mio didietro, le dita che scivolavano sul seno con finta casualità.” ), magari in palestra, dopo gli allenamenti, ma qui pare “sbroccare” completamente, liberare il Mr. Hide che è dentro di lui e lanciarsi in un inseguimento in mezzo alla campagna (come si evince dall’allontanarsi di Denise attraverso i campi)…
E poi, non saprei focalizzarne il perché, ma il finale mi ha portato prepotentemente davanti agli occhi i cartoni animati di Mila e Shiro, smorzando, così, il lato tragico della storia!
In compenso l’incipit mi è piaciuto TANTISSIMO!
Tutte le cose perdute
Ciao Enrico!
Il tuo protagonista porta alla luce tutte le fragilità che ognuno di noi conosce, i rimpianti per i personali what if?, per le battaglie combattute e perdute e per quelle disertate.
Complimenti, hai uno stile che mi piace molto, anche se ogni tanto scivoli sui verbi…
Questa storia, pesante come un macigno, la fai salire in aria con le volute di fumo della sigaretta del protagonista.
Bella prova. Complimenti!
Istinto materno
Ciao Lailmil!
Hai una grande capacità nel rendere visiva l’immobilità. L’incipit del tuo racconto è molto bello.
Poi, però, mi sono persa.
Quest’uomo della sabbia, chi è? Mi sembra di capire che sia una sorta di Babau, lo spauracchio che le mamme usano con i figli. Ma perché è di sabbia? E cosa fa? Mangia gli occhi (visto che Clara è cieca a causa sua)?
Poi “Nel buio, sorprese il mostro che le aveva rubato gli occhi”: se è cieca, per lei è sempre buio: forse avresti dovuto usare maggiormente un altro senso rispetto alla vista (che so”nel silenzio percepì la presenza…”)
Poi chi è il padre che procura gli occhi per nutrire i figli?
Forse sono io che mi sono persa qualcosa di importante, ma proprio non riesco a capire la tua storia e la cosa mi dispiace, perché il tema è rispettato e lo stile è veramente molto bello.
P.S.: poi dovrai spiegarmi come fa la tua mamma con un bimbo così piccolo a essere così curata, con lenzuola di percalle e camicie da notte di seta… io, da quando è nata mia figlia vado a dormire in versione “sfatta” completamente!!!!
La prima comunione
Ciao Diego, ben ritrovato!
Mi hai spiazzato! Il titolo e l’incipit mi hanno portato in una direzione e poi… virataaaaa!
A parte qualche refuso sparso, il racconto va tranquillo, col suo messaggio in sovraimpressione (forse in maniera eccessiva, a mio avviso). Bellissima la figura di questo padre assente, ma quanto mai presente, mentre ho trovato un po’ stereotipata la figura della mamma.
Scusa la brevità del commento, ma… l’orologio fa tic tac e io sono ridotta all’ultimo minuto!
Licantropina
Ciao Fnappo.
Idea geniale! Arrivi a un certo punto e non sai più chi sia il vero mostro tra i due. Complimenti, un modo non banale per affrontare un tema un po’ troppo abusato.
Ho apprezzato molto anche la descrizione, incompleta, della trasformazione e il finale aperto: lasci spazio al lavoro della nostra fantasia.
A parte alcuni refusi (“ringia”, “’epidermide”), il racconto è molto valido.
Dal mio punto di vista, perde un po’ con lo spiegotto finale: forse, se la storia della famiglia la facevi solo intuire…
Moai
Ciao Francesca!
Bella ambientazione!
Bella la descrizione degli schiavi: asciutta e diretta.
Mi è piaciuto anche il cambio di narratore, anche se a quel punto sono iniziati i problemi: Un adulto, per di più in posizione di comando, che dorme tra le braccia della madre? Forse vuole indicare un rapporto incestuoso… salvo arrivare alla fine e scoprire che si tratta di bambini!
Con questo non voglio dire che non sia possibile che i ruoli in questione fossero interpretati da bambini, ma non ce ne dai alcuna indicazione, alcun suggerimento prima e questo, ammetto, mi ha spiazzato parecchio.
In ogni caso una buona prova.
ciao Fernando.
i tuoi dubbi sono realistici e giusti.
ma a dodici anni non si e’ razionali (o forse ero io a essere impulsiva) e tante volte si segue l’istinto (e poi per una ragazzina forse la calca è meno “disturbante” che per un adulto!)
Poi, fondamentalmente, ho voluto dare una visione leggera di un tema di per sé “pesante”.
Grazie della lettura!
Ciao Cristina e complimenti per la rapidità di commento!
L’idea è nata mentre cercavo di far addormentare mia figlia che aveva deciso di fare le ore piccole, ed è stata messa giù di corsa e senza pretese!
Mi inchino al giudizio di Vostra Vetustà!
LAB?
La Vostra atavica saggezza sa sempre come stuzzicare la curiosità di noi ingenui neo-nati!
Commenti in ordine sparso:
TESTA A TESTA: racconto originale, con doppio approccio al tema: malattia (come guasto del corpo) e guasto del rimedio.
Che dire? Hai affrontato il tema in maniera originale e interessante, con un ritmo sostenuto e uno stile ineccepibile.
Mi è piaciuta, in particolare, l’amara ironia del finale, e il senso di sconfitta di una scienza che vuole, a ogni costo, sconfiggere la morte.
Complimenti!
UNA SORPRESA PER TE: ciao! Il tuo racconto, a mio parere, usa il tema del guasto in maniera un po’ troppo marginale: il fatto che il coltello fosse danneggiato non giustifica tutto il trambusto messo in atto, dal momento che un sostituto era pronto nel cassetto della cucina!
A parte questo, molto divertente è la zeppola della donna, anche se tirata in ballo troppo spesso, tanto da appesantire la lettura ( e mi aspettavo che questo particolare avesse una qualche rilevanza fondamentale ai fini della storia)
Altro elemento che mi lascia perplessa è l’eccessivo uso di termini onomatopeici (drin, dlin dlon, paf), che, a mio parere, vanno usati col contagocce e solo se indispensabili.
Infine, il ribaltamento dei ruoli è forzato: solo perché le si sono spezzate due unghie lei si trasforma in un’assassina psicopatica?
Non so, non mi convince!
In ogni caso è stato un piacere leggerti e soprattutto “fei riufita a farmi ridere con quella effe!”
IL DISASTRO: ciao! Certo che il tuo protagonista è un bella pentola di fagioli! Eh si, passa tutta la prima parte del racconto a lamentarsi, a ripetere che qualcosa è rotto, e, per chi non l’avesse ancora capito… Si è scassato, finito, deceduto!
Ma cosa? Ammetto che la lettura della parte iniziale di questo sfogo non ha suscitato tanto la mia curiosità circa l’oggetto passato a miglior vita, quanto infastidita per non avere alcun indizio circa la sua natura!
Ci sono alcune battute divertenti, ma ho trovato il tutto eccessivamente didascalico e privo di emozione: se non ho capito male, il tizio vive su un pianeta artificiale che sta per finire arrosto o in ghiacciaia e lui si limita a lamentarsi del guasto senza cercare una via di scampo?
E alla fine la sola imprecazione è per la rottura della maniglia del frigo? Si, la battuta è carina, l’idea che quando tutto è perduto non resta che rassegnarsi a godere delle piccole cose (e se queste si rompono…@@@@@@##) è interessante, ma non mi convince.
Alla prossima!
L’APPRENDISTA: sommergimi di parole! Questo breve racconto mi ha davvero colpita: in pochissime battute riesci a dipingere un mondo nella sua miriade di colori, a creare personaggi vivi e tridimensionali! Che dire? Complimenti (e tanta, sana, invidia!)
L’unico elemento che vorrei criticare è l’aderenza al tema: non trovo il panico da guasto e il piano B ( certo c’è il panico di Ulisse di fronte alla richiesta del goblin, ma non mi sembra così centrato sul tema!)
In ogni caso…ancora complimenti!
LO AGGIUSTI, PAPÀ?: come non amare questo nucleo famigliare qualunque, alle prese con i piccoli problemi di ogni giorno e che, alla fine, si rivela essere la cosiddetta Sacra Famiglia?
Una storia tenerissima, scritta in modo magistrale e capace di immergere il lettore in un’atmosfera, per l’appunto, famigliare!
Anche nel tuo racconto manca la componente del panico da guasto e il piano B, ma ammetto che questo breve racconto mi è talmente entrato nel cuore per la sua dolcezza che… Non me ne frega niente!
IL CARICABATTERIA: è doverosa una premessa: purtroppo non frequento il genere, per cui mi è molto difficile leggere e farmi coinvolgere da un racconto di SF.
Detto questo, cercherò di non farmi influenzare dall’ignoranza.
Se non ho capito male, nel tuo racconto il genere umano è arrivato alla frutta: prossimo al l’estinzione vive una vita “pubblica”, su un palco, i cui spettatori sono robot che attingono energia dal flusso emozionale generato dagli umani.
Il protagonista, quindi, semplice pezzo di ricambio, va a prendere il posto dell’amico morto, in modo da permettere al “CARICABATTERIA di continuare a funzionare.
In tutto questo, c’è una cosa che non mi torna: il protagonista, in maniera molto meccanica (coerentemente col suo ruolo) va a sostituire Owen nel suo ménage familiare. E io mi chiedo, come può questo atto meccanico generare emozioni tali da ricaricare le pile ai robot? Ci sarebbe molta più emozione nel dolore per la morte dell’amico e del marito/padre che in un bacio dato perché quello ora è il ruolo da sostenere.
Ripeto, forse è solo un mio limite, ma questo, secondo me, è il grande difetto del tuo racconto.
Inoltre, mi sembrerebbe più corretto “ammasso di ferraglia travestito da esseri umani”, invece di “ammasso di ferraglia travestiti da esseri umani”
Alla prossima!
TRA MONTORSOLI E BIVIGLIANO: ciao Filippo, ben ritrovato!
Come mi sembra essere la tua cifra stilistica, anche questo racconto ha un approccio molto diretto, netto, in prima persona. Il linguaggio è perfetto per la situazione che delinei, ma ci sono alcune cose che non mi hanno convinta, come la declinazione iniziale di generalità, professione e relativo spiegone: forse le stesse cose potevano essere inserite in maniera più scorrevole, senza creare info dump.
Poi non credo che la tettona si sarebbe allontanata così tanto nella campagna buia da non essere a portata di orecchio, tanto più che la distanza dalla macchina non può essere così tanta, visto che il buon Sergio riesce a vedere gli occhi sbarrati dal bifolco! (Ma questa è, ovviamente una mia opinabilissima opinione!)
Infine, che fa Sergio? Se la sbatte con i fari della macchina puntati addosso? Beh, si, forse il raptus non gli fa valutare i rischi.
Alla prossima!
L’AMORE AI TEMPI DEL 6G: ciao, Francesco!
Bella questa parafrasi di Marquez!
Partiamo dalle cose che mi sono piaciute in maniera particolare: il concetto di panico da disconnessione e il “punto di raccolta”, l’immagine del protagonista in boxer per strada e le reazioni dell’ homo digitalis alle sensazioni fisiche (aria, contatto fisico, etc).
Cosa non mi è piaciuto: il pugno sul tavolo (mi ha dato l’impressione di un attore da strapazzo che in scena deve rendere le emozioni di rabbia e frustrazione…) e soprattutto le faccine da chat (lo so, nel contesto sono azzeccate, ma, perdonami, alla lettura mi hanno infastidita!)
Per il resto la lettura scorre fluida, soprattutto nella seconda parte, che riesce a rendere molto bene il totale straniamento dalla realtà del protagonista, uno straniamento che porta i suoi simili a trovare sicurezza nella parete bianca, quasi uno schermo sostitutivo.
Un’ottima prova e un piacere leggerti.
Alla prossima!
GREMLINS: ciao Eleonora, ben ritrovata!
Come ti ho già detto io e la fantascienza siamo due estranei, ma, a differenza del racconto che hai scritto al live, questo non mi ha entusiasmato.
Il motivo? Nonostante mi piaccia molto il tuo stile scarno e essenziale, ho dovuto rileggere più volte per capire (lo so, sono un po’ lenta di comprendonio!) e questo è un elemento che mi fa scendere il gradimento (modello calzino bianco della pubblicità del Cynar!)
Sorry!
Alla prossima!
CLASSIFICA:
1) LO AGGIUSTI, PAPA?
2) L’APPRENDISTA
3) TESTA A TESTA
4) L’AMORE AI TEMPI DEL 6G
5) IL CARICABATTERIE
6) TRA MONTORSOLI E BIVIGLIANO
7) UNA SORPRESA PER TE
8) GREMLINS
9) IL DISASTRO
CIao Eleonora, ben ritrovata!
Come ti ho già detto, io e la fantascienza siamo due estranei, ma, a differenza del racconto che hai scritto al live, questo non mi ha entusiasmato.
Il motivo? Nonostante mi piaccia molto il tuo stile scarno e essenziale, ho dovuto rileggere più volte per capire (lo so, sono un po’ lenta di comprendonio!) e questo è un elemento che mi fa scendere il gradimento (modello calzino bianco della pubblicità del Cynar!)
Sorry!
Alla prossima!
Ciao, Francesco!
Bella questa parafrasi di Marquez!
Partiamo dalle cose che mi sono piaciute in maniera particolare: il concetto di panico da disconnessione e il “punto di raccolta”, l’immagine del protagonista in boxer per strada e le reazioni dell’ homo digitalis alle sensazioni fisiche (aria, contatto fisico, etc).
Cosa non mi è piaciuto: il pugno sul tavolo (mi ha dato l’impressione di un attore da strapazzo che in scena deve rendere le emozioni di rabbia e frustrazione…) e soprattutto le faccine da chat (lo so, nel contesto sono azzeccate, ma, perdonami, alla lettura mi hanno infastidita!)
Per il resto la lettura scorre fluida, soprattutto nella seconda parte, che riesce a rendere molto bene il totale straniamento dalla realtà del protagonista, uno straniamento che porta i suoi simili a trovare sicurezza nella parete bianca, quasi uno schermo sostitutivo.
Un’ottima prova e un piacere leggerti.
Alla prossima!
22 aprile 2015 alle 10:45 in risposta a: [B] Tra Montorsoli e Bivigliano – Filippo Santaniello #5964Ciao Filippo, ben ritrovato!
Come mi sembra essere la tua cifra stilistica, anche questo racconto ha un approccio molto diretto, netto, in prima persona. Il linguaggio è perfetto per la situazione che delinei, ma ci sono alcune cose che non mi hanno convinta, come la declinazione iniziale di generalità, professione e relativo spiegone: forse le stesse cose potevano essere inserite in maniera più scorrevole, senza creare info dump.
Poi non credo che la tettona si sarebbe allontanata così tanto nella campagna buia da non essere a portata di orecchio, tanto più che la distanza dalla macchina non può essere così tanta, visto che il buon Sergio riesce a vedere gli occhi sbarrati dal bifolco! (Ma questa è, ovviamente una mia opinabilissima opinione!)
Infine, che fa Sergio? Se la sbatte con i fari della macchina puntati addosso? Beh, si, forse il raptus non gli fa valutare i rischi.
Alla prossima!
È doverosa una premessa: purtroppo non frequento il genere, per cui mi è molto difficile leggere e farmi coinvolgere da un racconto di SF.
Detto questo, cercherò di non farmi influenzare dall’ignoranza.
Se non ho capito male, nel tuo racconto il genere umano è arrivato alla frutta: prossimo all’estinzione vive una vita “pubblica”, su un palco, i cui spettatori sono robot che attingono energia dal flusso emozionale generato dagli umani.
Il protagonista, quindi, semplice pezzo di ricambio, va a prendere il posto dell’amico morto, in modo da permettere al “CARICABATTERIA di continuare a funzionare.
In tutto questo, c’è una cosa che non mi torna: il protagonista, in maniera molto meccanica e apatica (coerentemente col suo ruolo) va a sostituire Owen nel suo ménage familiare. E io mi chiedo, come può questo atto meccanico generare emozioni tali da ricaricare le pile ai robot? Ci sarebbe molta più emozione nel dolore per la morte dell’amico e del marito/padre che in un bacio dato perché quello, ora, è il ruolo da sostenere.
Ripeto, forse è solo un mio limite, ma questo, secondo me, è il grande difetto del tuo racconto.
Inoltre, mi sembrerebbe più corretto “ammasso di ferraglia travestito da esseri umani”, invece di “ammasso di ferraglia travestiti da esseri umani”
Alla prossima!
Come non amare questo nucleo famigliare qualunque, alle prese con i piccoli problemi di ogni giorno e che, alla fine, si rivela essere la cosiddetta Sacra Famiglia?
Una storia tenerissima, scritta in modo magistrale e capace di immergere il lettore in un’atmosfera, per l’appunto, famigliare!
Anche nel tuo racconto manca la componente del panico da guasto e il piano B, ma ammetto che questo breve racconto mi è talmente entrato nel cuore per la sua dolcezza che… Non me ne frega niente!
L’APPRENDISTA: sommergimi di parole! Questo breve racconto mi ha davvero colpita: in pochissime battute riesci a dipingere un mondo nella sua miriade di colori, a creare personaggi vivi e tridimensionali! Che dire? Complimenti (e tanta, sana, invidia!)
L’unico elemento che vorrei criticare è l’aderenza al tema: non trovo il panico da guasto e il piano B ( certo c’è il panico di Ulisse di fronte alla richiesta del goblin, ma non mi sembra così centrato sul tema!)
In ogni caso…ancora complimenti!
Ciao! Certo che il tuo protagonista è un bella pentola di fagioli! Eh si, passa tutta la prima parte del racconto a lamentarsi, a ripetere che qualcosa è rotto, e, per chi non l’avesse ancora capito… Si è scassato, finito, deceduto!
Ma cosa? Ammetto che la lettura della parte iniziale di questo sfogo non ha suscitato tanto la mia curiosità circa l’oggetto passato a miglior vita, quanto infastidita per non avere alcun indizio circa la sua natura!
Ci sono alcune battute divertenti, ma ho trovato il tutto eccessivamente didascalico e privo di emozione: se non ho capito male, il tizio vive su un pianeta artificiale che sta per finire arrosto o in ghiacciaia e lui si limita a lamentarsi del guasto senza cercare una via di scampo?
E alla fine la sola imprecazione è per la rottura della maniglia del frigo? Si, la battuta è carina, l’idea che quando tutto è perduto non resta che rassegnarsi a godere delle piccole cose (e se queste si rompono…@@@@@@##) è interessante, ma non mi convince.
Alla prossima!
Ciao! Il tuo racconto, a mio parere, usa il tema del guasto in maniera un po’ troppo marginale: il fatto che il coltello fosse danneggiato non giustifica tutto il trambusto messo in atto, dal momento che un sostituto era pronto nel cassetto della cucina!
A parte questo, molto divertente è la zeppola della donna, anche se tirata in ballo troppo spesso, tanto da appesantire la lettura ( e mi aspettavo che questo particolare avesse una qualche rilevanza fondamentale ai fini della storia)
Altro elemento che mi lascia perplessa è l’eccessivo uso di termini onomatopeici (drin, dlin dlon, paf), che, a mio parere, vanno usati col contagocce e solo se indispensabili.
Infine, il ribaltamento dei ruoli è forzato: solo perché le si sono spezzate due unghie lei si trasforma in un’assassina psicopatica?
Non so, non mi convince!
In ogni caso è stato un piacere leggerti e soprattutto “fei riufita a farmi ridere con quella effe!”
TESTA A TESTA: racconto originale, con doppio approccio al tema: malattia (come guasto del corpo) e guasto del rimedio.
Che dire? Hai affrontato il tema in maniera originale e interessante, con un ritmo sostenuto e uno stile ineccepibile.
Mi è piaciuta, in particolare, l’amara ironia del finale, e il senso di sconfitta di una scienza che vuole, a ogni costo, sconfiggere la morte.
Complimenti!
Ciao Filippo!
grazie per il commento.
il refuso del nome nasce dalla necessità di ridurre i caratteri (in origine era stefania, poi ho optato per Anna, più corto, ma la fretta mi ha fatto sfuggire qualche stefania!)
Per quanto riguarda il resto, il racconto è stato pesantemente sforbiciato in corsa, dapprima per raggiungere i 3000 caratteri spazi esclusi, poi, orrore, mi sono resa conto che dovevano essere inclusi gli spazi, per cui…altro colpo di mannaia a pochi minuti dal termine!
La nonna non vive con loro, ma va a casa loro al bisogno per tenere d’occhio la ragazzina (mia nonna faceva così): hai ragione la cosa non è chiara.
anche il discorso dei ladri ha subito un’amputazione drastica: lei si ricorda del furto a casa dei vicini e decide di simulare la stessa situazione (gli adolescenti a volte, pur di non prendersi responsabilità creano casini anche peggiori…), ma la situazione le prende la mano e la porta a sfogare tutta la rabbia repressa.
il fatto che tutte queste cose non siano chiare in un racconto così breve, la dice lunga sulla sua riuscita!
Grazie, il tuo commento è molto prezioso.
thanks!
come ho scritto sulla mail, non riuscivo a postare, per cui ho inviato via mail.
sono poi riuscita a postare 2 min dopo la scadenza.
fatemi sapere voi quale dei due orari sia da ritenere valido!
e scusate il “casino”!
14 marzo 2015 alle 2:02 in risposta a: Lista dei racconti ammessi e vostre classifiche – MC Live alla Ginzburg #4315PREMESSA: sono solita commentare i racconti senza leggere gli altri commenti per non farmi influenzare, per cui la ripetizione di cose già dette è inevitabile.
CLASSIFICA:
1-RIMPIANTO
2-NON CAMBIA MAI
3-SOLO TU PUOI PRENDERLO
4-L’ASSURDA COLPA DI ESISTERE
5-PERFECTION
6-INCENSO
7-BURIED TOWN
SE SOLO SAPESSERO:
Racconto interessante e scritto bene con una buona gestione dei due piani temporali.
Purtroppo mancano le immagini, nel senso che i personaggi e i luoghi non sono descritti in alcun modo, sono lasciati lì, sospesi e alla totale immaginazione del lettore (forse la cosa è voluta al fine di esporre un concetto che vorrebbe essere “universale”, ma non mi convince)
In particolare la comparsa nel presente di Mattia è straniante, non c’è nulla che, anche fisicamente, ricolleghi il bambino a quell’uomo dagli occhi chiari, magro e dall’aria dimessa.
Anche il tema trattato, i terribili ricordi dei sopravvissuti, sono solo accennati e affidati alle conoscenze del lettore: in questo modo, però viene meno il contrasto tra il dolore passato e la protesta presente.
Ma la cosa che mi convince di meno è l’aggeggio inventato da Mattia: te la cavi definendolo “congegno elettronico”, non lo connoti in altro modo, se non dicendo che per attivarlo serve un telecomando. Eppure dovrebbe avere qualcosa di particolare che lo fa aderire al palmo della mano, ad esempio, perché se uno sconosciuto mi mette in mano un oggetto che all’improvviso inizia a vibrare… Beh, io lo lascio subito cadere!
NON CAMBIA MAI
Ti piace vincere facile! Bonzi bonzi bon bon bon!
Si vede che hai dimestichezza col genere zombi e soprattutto sai affrontarlo con originalità.
All’inizio ero un po’ prevenuta sia nei confronti dell’uso della seconda persona (che non amo) sia delle apocalissi zombie, ma sei riuscito a spiazzarmi con una scrittura ineccepibile (con l’esclusione delle d eufoniche!) e una storia originale e cinematografica (il pezzo della bicicletta che impala lo zombie e fuoriesce all’addome, beh nella mia testa la sequenza ha preso forma sulle tue parole!)
Non posso fare altro che farti i miei complimenti!
RADIOMAN
Questo racconto mi ha lasciata molto perplessa: confusa alla prima lettura, dubbiosa alle successive.
Mi spiego meglio. Si vede una buona fantasia e l’ambientazione è resa bene: gli incontri della AA sono ormai parte del nostro immaginario, grazie a tutti i film e serie tv americane, per cui bastano pochi cenni per immergerci nell’atmosfera. Brava (anche se, secondo me, l’esplicitazione “i compagni dell’Alcolisti Anonimi” è ridondante, proprio per quanto detto prima).
Purtroppo, però, ho faticato molto a seguire la storia nei suoi passaggi temporali, e nella gestione dei dialoghi, forse per un non felice uso della punteggiatura.
In ogni caso il racconto, al di là del cliché del reduce alcolizzato/sbandato/homeless, è interessante e con una buona dose di ironia che non guasta mai.
LA BESTIA DEL GÉVAUDAN
Racconto che parte da un’idea intrigante, cioè un mito che svolge realmente la sua funzione: la catarsi.
Purtroppo, però, secondo me, la storia è narrata in maniera troppo confusa, nel senso che, i miei limiti di lettrice (che mi portano ad amare storie meno sfocate), non mi hanno permesso di goderne appieno.
Ti segnalo, poi, parecchie ripetizioni di termini che appesantiscono la lettura, come pure alcune confusioni nell’uso dei tempi verbali.
Di certo i limiti di tempo e di battute non aiutano a dare la giusta forma alle idee che sovraffollano la fantasia: sicuramente una buona revisione del tutto potrà rendere questo racconto molto interessante.
LA BESTIA DI FUOCO
Un storia di violenza familiare che porta il protagonista a ricorrere all’aiuto di uno psichiatra per superare il trauma: idea di per sé non particolarmente originale, ma che può permettere un viaggio interessante nel cuore degli esseri umani.
Ma, nonostante una scrittura che scorre bene, dal mio punto di vista, non sei riuscito a dare fino in fondo lo spessore psicologico di questi personaggi, in particolare della figura della mamma, per la quale basta una semplice constatazione del figlio per scatenare una furia terribile.
Certo, fin dall’inizio ce l’hai mostrata fredda e autoritaria, ma senza quell’odio che rivela nella parte finale (anche perché il bambino la descrive con termini dolci: bella anche mentre pulisce il letame, dall’aria severa, ma immacolata, dolcezza che un bambino maltrattato non potrebbe avere). L’odio che si vede nella parte finale (tanto da progettare una tortura terribile per il figlio: lasciare il cane a digiuno per tre giorni per renderlo pericoloso), dovrebbe essere evidente già da prima e non solo manifestato come indifferenza.
Un simile odio si spiegherebbe se il piccolo fosse frutto di una violenza, ma non di un amore infelice, come si evince dal testo, anzi, forse questa situazione potrebbe portare a un attaccamento ancora più forte al bambino quale unica prova tangibile rimasta di un amore perduto.
Infine, per rigore scientifico: due genitori dagli occhi scuri possono generare un figlio dagli occhi chiari, mentre due genitori con occhi chiari non possono generare un figlio dagli occhi scuri.
PERFECTION
Fantascienza, futuro, robot… Tutto un arsenale di racconti a me sconosciuto (lo ammetto, sono una perfetta ignorante nel campo).
Il che, ovviamente, non mi ha predisposto alla lettura.
E…sorpresa: mi è piaciuto!
Mi è piaciuto lo stile secco, asciutto, dritto al punto.
Mi è piaciuta l’ambientazione: un futuro asettico.
Mi è piaciuta l’idea di un deposito di cose spiacevoli.
Insomma: brava!
RIMPIANTO
Di’ la verità: tu sei Zerocalcare!
Il tuo cinghiale profuma talmente di Armadillo, che per tutto il racconto mi sono immaginata la rappresentazione grafica della storia!
Hai uno stile che mi piace molto, leggero nel trattare temi triti e ritriti in salsa melodrammatica, e capace di strappare il sorriso.
Solo un passaggio mi ha un po’ lasciata perplessa:
“Non capii mai perché quella sera, di ritorno dall’ufficio, la tradii con una prostituta” : sta ricordando il motivo per cui lei lo ha lasciato?
In questo caso, secondo me, sarebbe meglio un “l’avevo tradita”.
A parte questo, il racconto mi è piaciuto veramente tanto (anche se forse dovresti rivedere un po’ la parte dell’incidente: un cinghiale ti distrugge la macchina!)
INCENSO
Un racconto che mi ha riportato alla memoria lo stato d’animo che accompagnò la fine del mio primo amore: immobilità emotiva e fisica, fissazione, feticci.
Lo stile mi è piaciuto molto, soprattutto perché le parole paiono sollevarsi in soffici volute, proprio come l’incenso del titolo; bellissime certe immagini capaci di rendere in maniera perfetta il disagio e la sofferenza della protagonista.
Quindi, brava, ma c’è un “ma”: è vero che a volte, alla fine unilaterale di un amore, succede la totale apatia (che hai reso benissimo, come ho detto) ma in un racconto ho bisogno di trovare una motivazione alla lettura, ho bisogno che accada qualcosa, magari di infinitesimale, ma che mi indichi un cambiamento (in meglio o in peggio, non importa). Qui, invece non succede nulla, nemmeno l’arrivo dell’amica riesce a vivacizzare il quadro!
Infine, proprio non mi è piaciuta la digressione sui ricordi dei vecchi: non aggiunge niente alla comprensione del suo dolore e del suo vivere in funzione del passato, di quella larva che la tiene ancorata a terra e non le permette di tornare a volare.
BURIED TOWN
Wow, che stile, che incisività, che bella scrittura, mi sento carica, mi sento curiosa, voglio sapere tutto, questa storia mi prende un casino… Ma dov’è la storia?
A parte battute, in questo racconto vedo un incipit capace di incollarmi alla pagina e di catturare il mio interesse, ma, appunto, un incipit!
La mia sensazione è che tu avessi in testa un’idea molto più complessa e che il limite di tempo e battute ti abbia costretto a stringere il tutto in un qualcosa di incompiuto e anche affrettato nella seconda parte.
O forse sono io che non ho capito un tubo?
L’ASSURDA COLPA DI ESISTERE
Questo racconto mi ha molto colpita non solo per la descrizione del parto nella cantina e del legame che subito unisce la donna con quella figlia della violenza, ma anche perché mi ha riportato ai racconti dolorosi dei molti sopravvissuti alla guerra dei Balcani che ho conosciuto quando vivevo a Sarajevo.
Il tuo sguardo vivido sugli orrori di quella guerra mi ha fatto pensare che tu possa essere originaria di lì e che, quindi, quello che racconti possa appartenerti come ricordo indiretto e se non è così… brava!
La critica che mi permetto di fare è sull’uso della prima e seconda persona: ho faticato un po’ a capire chi era l’io narrante.
In ogni caso bella prova!
TUTTO TORNA
A dispetto del titolo, alla prima lettura di questo racconto, niente mi torna!
Mi sono servite più letture per comprendere che Aldo, in punto di morte viene aggredito dal proprio passato, o meglio, dalle disgrazie e dalle nefandezze del proprio passato, in particolare ho faticato a capire la scena della madre,a capire che lui vive quella situazione nel modo in cui, probabilmente, l’ha vissuta la vecchia mamma.
Non sto a segnalarti alcuni accenti mancanti, che sono sicuramente da attribuire alla velocità che caratterizza questo contest.
SOLO TU PUOI PRENDERLO
Bello. Semplice, lineare, pulito ed emozionante.
Questo racconto mi ha immersa subito (tanto per restare in tema) in quel mare di dolci ricordi, resi senza cadere nel patetico.
Mi è piaciuto molto anche il filo che unisce il passato al presente, questa ciclicità dei gesti e degli affetti.
Unica critica: IMHO non hai reso molto la “bestialità” del passato, quello che racconti è solo un deja vu del protagonista, doloroso, triste, ma che non ha nulla della bestia feroce.
OMBRE
Racconto che alla prima lettura non mi è stato chiaro fino in fondo.
All’inizio credevo che Julian fosse un pedofilo che portava nella casa del bosco le sue povere vittime e l’ombra fosse la parte di lui che voleva essere fermata.
Poi, alla comparsa del medico ho capito che la prima parte descriveva un’allucinazione.
Un’allucinazione nata da un evento traumatico accaduto molti anni prima.
Un evento non ancora elaborato, un evento di cui il protagonista pare non essere ben cosciente dal momento che il dottore parla di “uomini ragno”.
Però, poi, non mi torna il fatto che lui, lucidamente, dica alla sorella “Sono passati cinquemilacentoquindici giorni, da quando l’ho uccisa”: forse, visto che nelle sue allucinazioni sostituisce la madre con una bambina a lei somigliante, non dovrebbe riuscire a parlare chiaramente dell’omicidio, forse dovrebbe parlare di “cosa brutta”, “incidente” e cose così. Forse.
Ma questa è solo una mia opinione!
AIDA
La prima parte del racconto mi ha catturata, mi ha portata a interrompere la lettura, chiudere gli occhi, tappare le orecchie e provare a sentire con gli altri sensi: sei stato bravo a descrivere il mondo buio e silenzioso di Aida.
Poi tutto precipita in un vortice di disgrazie e il pensiero che mi ha attraversato la mente è stato:”minchia, che sfiga questa qua!” pensiero che ha sdrammatizzato il tutto, portando a una perdita di pathos, che non mi sembra fosse nelle tue intenzioni.
Forse se dopo lo stupro (che non mi ha convinta, non perché cose simili non possano accadere, ma perché non era convincente dal punto di vista di una narrazione) lei avesse avuto un bambino e la famiglia l’avesse costretta a darlo in adozione in quanto figlio della violenza, la celebrazione del compleanno avrebbe comunque avuto un senso e la storia sarebbe stata, secondo me, più credibile.
In ogni caso hai fatto un buon lavoro, penalizzato, forse solo dalla fretta dei…minuti contati!
Ps.: occhio agli errori tipo ” ha iniziato imparato” o “Ha un assistente ….le insegnava”
La prima parte del racconto mi ha catturata, mi ha portata a interrompere la lettura, chiudere gli occhi, tappare le orecchie e provare a sentire con gli altri sensi: sei stato bravo a descrivere il mondo buio e silenzioso di Aida.
Poi tutto precipita in un vortice di disgrazie e il pensiero che mi ha attraversato la mente è stato:”minchia, che sfiga questa qua!” pensiero che ha sdrammatizzato il tutto, portando a una perdita di pathos, che non mi sembra fosse nelle tue intenzioni.
Forse se dopo lo stupro (che non mi ha convinta, non perché cose simili non possano accadere, ma perché non era convincente dal punto di vista di una narrazione) lei avesse avuto un bambino e la famiglia l’avesse costretta a darlo in adozione in quanto figlio della violenza, la celebrazione del compleanno avrebbe comunque avuto un senso e la storia sarebbe stata, secondo me, più credibile.
In ogni caso hai fatto un buon lavoro, penalizzato, forse solo dalla fretta dei…minuti contati!
Ps.: occhio agli errori tipo ” ha iniziato imparato” o “Ha un assistente ….le insegnava”
Alla prossima!
Racconto che alla prima lettura non mi è stato chiaro fino in fondo.
All’inizio credevo che Julian fosse un pedofilo che portava nella casa del bosco le sue povere vittime e l’ombra fosse la parte di lui che voleva essere fermata.
Poi, alla comparsa del medico ho capito che la prima parte descriveva un’allucinazione.
Un’allucinazione nata da un evento traumatico accaduto molti anni prima.
Un evento non ancora elaborato, un evento di cui il protagonista pare non essere ben cosciente dal momento che il dottore parla di “uomini ragno”.
Però, poi, non mi torna il fatto che lui, lucidamente, dica alla sorella “Sono passati cinquemilacentoquindici giorni, da quando l’ho uccisa”: forse, visto che nelle sue allucinazioni sostituisce la madre con una bambina a lei somigliante, non dovrebbe riuscire a parlare chiaramente dell’omicidio, forse dovrebbe parlare di “cosa brutta”, “incidente” e cose così. Forse.
Ma questa è solo una mia opinione!
Alla prossima!
Bello. Semplice, lineare, pulito ed emozionante.
Questo racconto mi ha immersa subito (tanto per restare in tema) in quel mare di dolci ricordi, resi senza cadere nel patetico.
Mi è piaciuto molto anche il filo che unisce il passato al presente, questa ciclicità dei gesti e degli affetti.
Unica critica: IMHO non hai reso molto la “bestialità” del passato, quello che racconti è solo un deja vu del protagonista, doloroso, triste, ma che non ha nulla della bestia feroce.
alla prossima!
A dispetto del titolo, alla prima lettura di questo racconto, niente mi torna!
Mi sono servite più letture per comprendere che Aldo, in punto di morte viene aggredito dal proprio passato, o meglio, dalle disgrazie e dalle nefandezze del proprio passato, in particolare ho faticato a capire la scena della madre,a capire che lui vive quella situazione nel modo in cui, probabilmente, l’ha vissuta la vecchia mamma.
Non sto a segnalarti alcuni accenti mancanti, che sono sicuramente da attribuire alla velocità che caratterizza questo contest.
È stato un piacere conoscerti e spero di rileggerti presto.
13 marzo 2015 alle 15:47 in risposta a: Privato: L’assurda colpa di esistere – Jacqueline Nieder #4294Questo racconto mi ha molto colpita non solo per la descrizione del parto nella cantina e del legame che subito unisce la donna con quella figlia della violenza, ma anche perché mi ha riportato ai racconti dolorosi dei molti sopravvissuti alla guerra dei Balcani che ho conosciuto quando vivevo a Sarajevo.
Il tuo sguardo vivido sugli orrori di quella guerra mi ha fatto pensare che tu possa essere originaria di lì e che, quindi, quello che racconti possa appartenerti come ricordo indiretto e se non è così… brava!
La critica che mi permetto di fare è sull’uso della prima e seconda persona: ho faticato un po’ a capire chi era l’io narrante.
In ogni caso bella prova!
Alla prossima.
Wow, che stile, che incisività, che bella scrittura, mi sento carica, mi sento curiosa, voglio sapere tutto, questa storia mi prende un casino… Ma dov’è la storia?
A parte battute, in questo racconto vedo un incipit capace di incollarmi alla pagina e di catturare il mio interesse, ma, appunto, un incipit!
La mia sensazione è che tu avessi in testa un’idea molto più complessa e che il limite di tempo e battute ti abbia costretto a stringere il tutto in un qualcosa di incompiuto e anche affrettato nella seconda parte.
O forse sono io che non ho capito un tubo?
Alla prossima!
Un racconto che mi ha riportato alla memoria lo stato d’animo che accompagnò la fine del mio primo amore: immobilità emotiva e fisica, fissazione, feticci.
Lo stile mi è piaciuto molto, soprattutto perché le parole paiono sollevarsi in soffici volute, proprio come l’incenso del titolo; bellissime certe immagini capaci di rendere in maniera perfetta il disagio e la sofferenza della protagonista.
Quindi, brava, ma c’è un “ma”: è vero che a volte, alla fine unilaterale di un amore, succede la totale apatia (che hai reso benissimo, come ho detto) ma in un racconto ho bisogno di trovare una motivazione alla lettura, ho bisogno che accada qualcosa, magari di infinitesimale, ma che mi indichi un cambiamento (in meglio o in peggio, non importa). Qui, invece non succede nulla, nemmeno l’arrivo dell’amica riesce a vivacizzare il quadro!
Infine, proprio non mi è piaciuta la digressione sui ricordi dei vecchi: non aggiunge niente alla comprensione del suo dolore e del suo vivere in funzione del passato, di quella larva che la tiene ancorata a terra e non le permette di tornare a volare.
In ogni caso, ci sai fare!
alla prossima!
Di’ la verità: tu sei Zerocalcare!
Il tuo cinghiale profuma talmente di Armadillo, che per tutto il racconto mi sono immaginata la rappresentazione grafica della storia!
Hai uno stile che mi piace molto, leggero nel trattare temi triti e ritriti in salsa melodrammatica, e capace di strappare il sorriso.
Solo un passaggio mi ha un po’ lasciata perplessa:
“Non capii mai perché quella sera, di ritorno dall’ufficio, la tradii con una prostituta” : sta ricordando il motivo per cui lei lo ha lasciato?
In questo caso, secondo me, sarebbe meglio un “l’avevo tradita”.
A parte questo, il racconto mi è piaciuto veramente tanto (anche se forse dovresti rivedere un po’ la parte dell’incidente: un cinghiale ti distrugge la macchina!)
A rileggerti!
Fantascienza, futuro, robot… Tutto un arsenale di racconti a me sconosciuto (lo ammetto, sono una perfetta ignorante nel campo).
Il che, ovviamente, non mi ha predisposto alla lettura.
E…sorpresa: mi è piaciuto!
Mi è piaciuto lo stile secco, asciutto, dritto al punto.
Mi è piaciuta l’ambientazione: un futuro asettico.
Mi è piaciuta l’idea di un deposito di cose spiacevoli.
Insomma: brava!
Alla prossima!
Un storia di violenza familiare che porta il protagonista a ricorrere all’aiuto di uno psichiatra per superare il trauma: idea di per sé non particolarmente originale, ma che può permettere un viaggio interessante nel cuore degli esseri umani.
Ma, nonostante una scrittura che scorre bene, dal mio punto di vista, non sei riuscito a dare fino in fondo lo spessore psicologico di questi personaggi, in particolare della figura della mamma, per la quale basta una semplice constatazione del figlio per scatenare una furia terribile.
Certo, fin dall’inizio ce l’hai mostrata fredda e autoritaria, ma senza quell’odio che rivela nella parte finale (anche perché il bambino la descrive con termini dolci: bella anche mentre pulisce il letame, dall’aria severa, ma immacolata, dolcezza che un bambino maltrattato non potrebbe avere). L’odio che si vede nella parte finale (tanto da progettare una tortura terribile per il figlio: lasciare il cane a digiuno per tre giorni per renderlo pericoloso), dovrebbe essere evidente già da prima e non solo manifestato come indifferenza.
Un simile odio si spiegherebbe se il piccolo fosse frutto di una violenza, ma non di un amore infelice, come si evince dal testo, anzi, forse questa situazione potrebbe portare a un attaccamento ancora più forte al bambino quale unica prova tangibile rimasta di un amore perduto.
Infine, per rigore scientifico: due genitori dagli occhi scuri possono generare un figlio dagli occhi chiari, mentre due genitori con occhi chiari non possono generare un figlio dagli occhi scuri.
Alla prossima!
Racconto che parte da un’idea intrigante, cioè un mito che svolge realmente la sua funzione: la catarsi.
Purtroppo, però, secondo me, la storia è narrata in maniera troppo confusa, nel senso che, i miei limiti di lettrice (che mi portano ad amare storie meno sfocate), non mi hanno permesso di goderne appieno.
Ti segnalo, poi, parecchie ripetizioni di termini che appesantiscono la lettura, come pure alcune confusioni nell’uso dei tempi verbali.
Di certo i limiti di tempo e di battute non aiutano a dare la giusta forma alle idee che sovraffollano la fantasia: sicuramente una buona revisione del tutto potrà rendere questo racconto molto interessante.
Alla prossima!
Questo racconto mi ha lasciata molto perplessa: confusa alla prima lettura, dubbiosa alle successive.
Mi spiego meglio. Si vede una buona fantasia e l’ambientazione è resa bene: gli incontri della AA sono ormai parte del nostro immaginario, grazie a tutti i film e serie tv americane, per cui bastano pochi cenni per immergerci nell’atmosfera. Brava (anche se, secondo me, l’esplicitazione “i compagni dell’Alcolisti Anonimi” è ridondante, proprio per quanto detto prima).
Purtroppo, però, ho faticato molto a seguire la storia nei suoi passaggi temporali, e nella gestione dei dialoghi, forse per un non felice uso della punteggiatura.
In ogni caso il racconto, al di là del cliché del reduce alcolizzato/sbandato/homeless, è interessante e con una buona dose di ironia che non guasta mai.
Alla prossima!
Ti piace vincere facile! Bonzi bonzi bon bon bon!
Si vede che hai dimestichezza col genere zombi e soprattutto sai affrontarlo con originalità.
All’inizio ero un po’ prevenuta sia nei confronti dell’uso della seconda persona (che non amo) sia delle apocalissi zombie, ma sei riuscito a spiazzarmi con una scrittura ineccepibile (con l’esclusione delle d eufoniche!) e una storia originale e cinematografica (il pezzo della bicicletta che impala lo zombie e fuoriesce all’addome, beh nella mia testa la sequenza ha preso forma sulle tue parole!)
Non posso fare altro che farti i miei complimenti!
Racconto interessante e scritto bene con una buona gestione dei due piani temporali.
Purtroppo mancano le immagini, nel senso che i personaggi e i luoghi non sono descritti in alcun modo, sono lasciati lì, sospesi e alla totale immaginazione del lettore (forse la cosa è voluta al fine di esporre un concetto che vorrebbe essere “universale”, ma non mi convince)
In particolare la comparsa nel presente di Mattia è straniante, non c’è nulla che, anche fisicamente, ricolleghi il bambino a quell’uomo dagli occhi chiari, magro e dall’aria dimessa.
Anche il tema trattato, i terribili ricordi dei sopravvissuti, sono solo accennati e affidati alle conoscenze del lettore: in questo modo, però viene meno il contrasto tra il dolore passato e la protesta presente.
Ma la cosa che mi convince di meno è l’aggeggio inventato da Mattia: te la cavi definendolo “congegno elettronico”, non lo connoti in altro modo, se non dicendo che per attivarlo serve un telecomando. Eppure dovrebbe avere qualcosa di particolare che lo fa aderire al palmo della mano, ad esempio, perché se uno sconosciuto mi mette in mano un oggetto che all’improvviso inizia a vibrare… Beh, io lo lascio subito cadere!
Ciao e arrivederci alle prossime sfide.
Ciao a tutti.
Chiedo scusa per la latitanza, ma ho avuto una strana reazione al contest LIVE: un conto è avere a che fare con degli avatar, un altro è metterci la faccia… E per una psico e sociopatica come me ci vuole un po’ di tempo per metabolizzare la situazione!
in poche parole in questi giorni ero terrorizzata all’idea di leggere i commenti al mio racconto (che, lo so, fa acqua da tutte le parti) e scoprire le vostre storie che immaginavo bellissime.
Di certo la seconda che ho detto è prossima al vero, mentre per il resto devo ammettere che siete stati troppo buoni e gentili!
in ogni caso, ora che ho fatto il primo passo, avrete al più presto i miei commenti e la classifica.
Ora mi limito solo a spiegare alcune cose del mio racconto che non sono arrivate (e che quindi IO non sono stata capace a rendere):
Michela non sa chi sia suo padre, quindi, quando vede la madre avvicinarsi al villain che deve uccidere capisce e tentenna: il suo concepimento è successivo, quindi se lei agisce… Lei non esisterà.
La registrazione è realizzata per Michela stessa: se il viaggio alterasse la sua memoria, il registratore l’aiuterà a ricordare chi è e che cosa deve fare.
Per gli errori di battitura segnalati da Beppe… Dannato correttore automatico del pad! (Bella scusa, eh? ;-))
infine:
Ho tentato di cimentarmi con un genere che non mi appartiene per niente, (quindi chiedo scusa ai cultori) con un racconto di cui, a mezz’ora dalla fine, avevo scritto tante battute di ambientazione e introduzione e che poi ho tagliato malamente, chiudendo con un finale a membro canino!
Beh, in ogni caso il ghiaccio è rotto, per cui spero di fare meglio nelle prossime sfide!
È stato un trauma conoscervi!
È un piacere confrontarmi con voi!
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 11 mesi fa da
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