Tina Caramanico


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  • in risposta a: [M] l'Amore brucia #8563
    Tina Caramanico
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    Oddio non l’avevo mica capito… Ma mi sa che in questa edizione di MC non ho capito parecchie cose 😀

    in risposta a: Gruppo MORTICIA: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #8547
    Tina Caramanico
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    Ciao a tutti, ecco la mia classifica e i commenti.

    1) L’ultima spiaggia di Alexia
    Il racconto è molto bello: piano piano, apparentemente divagando, si arriva alla “rivelazione” finale, abbastanza sorprendente e inquietante. La luce ha un ruolo importante e ci resta in mente nell’immagine finale dei due misantropi che si scrutano e si evitano, sospettosi malgrado la solitudine del mondo post-apocalittico e la distanza.
    2) Dannato di Francesca Nozzolillo
    La ripetizione all’infinito di un “processo” è un’idea di inferno che mi piace. Il racconto regge anche per la forma e per i dialoghi. Suppongo che, tra una sessione e l’altra, il dannato dimentichi tutto: è questo che rende la pena davvero insopportabile, e immagino tu lo sottintenda, anche se sarebbe stato meglio a mio parere dirlo esplicitamente.
    3) Non spegnetela di Marco Fronzoni
    Il racconto è piuttosto inquietante e gradevole da leggere, i dialoghi magari un po’ forzati ma complessivamente a posto. Solo un paio di incertezze, forse solo mie:
    dove è andato a finire il papà della bambina? Si è ucciso? E’ morto anche lui?
    Non riesco a immaginare bene la scena finale. All’operaio si accende una mano?
    4) Il centotredicesimo piano di Andrea Viscusi
    L’eterna lotta per il potere qui passa attraverso il possesso di una lampadina. Buoni i dialoghi, la situazione (malgrado le poche battute) è comprensibile, chiara la motivazione di Egon. E’ meno evidente (almeno secondo me) la credibilità “tecnica”: recuperare “quella” lampadina che ancora funziona in “quel” luogo (tra l’altro come mai funziona ancora e proprio lì?) non vuol dire necessariamente avere di nuovo a disposizione l’energia elettrica, quindi il suo ruolo è tutto simbolico, contrariamente a quello che alcune battute dei dialoghi lasciano intendere.
    5) L’amore brucia di Leonardo Marconi
    La trovata “era tutto un sogno” è talmente abusata da essere di per sé un punto a sfavore di qualsiasi storia. In questo caso però si tratta di “un sogno dentro un sogno dentro un sogno”, e questo continuo sfumare di una realtà (onirica) in un’altra è gradevole e rende il racconto delicato, con un suo sapore. La cosa che non mi è piaciuta è il suicidio finale, che mi è parso un po’ eccessivo, un modo di chiudere in fretta. Forse l’avrei lasciato a sognare.
    6) Il faro di Serena Aronica
    La storia c’è e va tutto bene, fino all’ultimo paragrafo. Lì mi sono venuti alcuni dubbi: perché la luce del faro “vacilla” e il padre deve provvedere a fare luce col fiammifero? E’ chiaro che la luce non deve mai spegnersi per guidare il fantasma della figlia annegata, ma perché si spenga il faro non l’ho ben capito.
    Un piccolo appunto formale: il “tuono gutturale” mi ha lasciata molto perplessa.
    7) Un ultimo regalo di ophelia
    La protagonista e la sua psicologia, la sua resistenza estrema contro la malattia, il desiderio di lasciare qualcosa di sé sono ben raccontati. Mi ha lasciato invece un po’ interdetta la frase che la ragazza sceglie come ultimo regalo al mondo, mi è venuto da dire: “Tutto qui?”. Inoltre (ma è cosa meno importante) mi sono chiesta perché ha lavorato settimane intere: per scrivere solo quella frase con le bombolette ci voleva così tanto?
    8) La prima stella della notte di Francesco Nucera
    Situazione molto classica: la vittima che per salvarsi deve risolvere un enigma, che qui è quasi un gioco di parole, uno scherzo amaro che costituisce il finale “a sorpresa” del racconto. Si legge bene, solo due appunti:
    a) all’inizio sembra che ci sia un solo vendicatore, poi si capisce che si tratta di un’intera organizzazione, di cui però non si capiscono bene i contorni, a parte la volontà di redimere i politici;
    b) prendertela proprio con la categoria più odiata del momento, i politici, sa un pochetto di scontato.
    9) Il giorno sbagliato di Rossella Stocco
    Il tema è in effetti solo sfiorato, la luce compare solo come metafora della speranza e come citazione. Per il resto il racconto da una parte cerca di essere divertente, leggero, dall’altra di giocare con il finale “a sorpresa” del mostro che mostro non è (anche se, in effetti, coi cinghiali non si scherza per niente :-) ). Forse però era meglio scegliere una sola delle due opzioni: dal tono leggero si intuisce subito che il mostro non è così pericoloso e quindi la sorpresa non è davvero tale.
    10) La Porta di Gabriele Macchiarella
    Devo dire che, come il protagonista, anch’io non ho ben capito il finale: cos’è questa iniziazione? Che c’entra il nonno? E chi sono questi confratelli? Che ci fanno nella stanza sempre illuminata? Forse mi manca qualche film o qualche lettura di riferimento, ma le domande sono troppe. Comunque una certezza ce l’ho: non sono vampiri, perché quelli starebbero al buio… :-)
    11) Gli altri di Simone Rapizzi
    Abbastanza complicato da capire, la situazione non mi è per niente chiara: chi è il protagonista narratore? Dove si trova? Cosa gli stanno facendo? Ho vagamente intuito che lo stare sotto questa luce continua ha a che fare con la rigenerazione dei tessuti e con l’immortalità, ma non riesco ad andare oltre questo.
    12) Il sentiero della vita di Gloomy97
    Più che un racconto, una riflessione in cui la luce entra solo come metafora. Al di là della saggezza della meditazione, non c’è però nessuna storia e nessun personaggio, il che mi pare andare un po’ fuori tema rispetto alle richieste del contest. Magari potresti provare a comunicare quello che qui dici direttamente inserendolo in una struttura narrativa.

    in risposta a: [M] Il sentiero della vita #8546
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Più che un racconto, una riflessione in cui la luce entra solo come metafora. Al di là della saggezza della meditazione, non c’è però nessuna storia e nessun personaggio, il che mi pare andare un po’ fuori tema rispetto alle richieste del contest. Magari potresti provare a comunicare quello che qui dici direttamente inserendolo in una struttura narrativa.

    in risposta a: [M] Gli altri – Simone Rapizzi #8545
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Abbastanza complicato da capire, la situazione non mi è per niente chiara: chi è il protagonista narratore? Dove si trova? Cosa gli stanno facendo? Ho vagamente intuito che lo stare sotto questa luce continua ha a che fare con la rigenerazione dei tessuti e con l’immortalità, ma non riesco ad andare oltre questo.

    in risposta a: [M] La Porta #8544
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Devo dire che, come il protagonista, anch’io non ho ben capito il finale: cos’è questa iniziazione? Che c’entra il nonno? E chi sono questi confratelli? Che ci fanno nella stanza sempre illuminata? Forse mi manca qualche film o qualche lettura di riferimento, ma le domande sono troppe. Comunque una certezza ce l’ho: non sono vampiri, perché quelli starebbero al buio… :-)

    in risposta a: [M] Il giorno sbagliato #8543
    Tina Caramanico
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    Il tema è in effetti solo sfiorato, la luce compare solo come metafora della speranza e come citazione. Per il resto il racconto da una parte cerca di essere divertente, leggero, dall’altra di giocare con il finale “a sorpresa” del mostro che mostro non è (anche se, in effetti, coi cinghiali non si scherza per niente). Forse però era meglio scegliere una sola delle due opzioni: dal tono leggero si intuisce subito che il mostro non è così pericoloso e quindi la sorpresa non è davvero tale.

    in risposta a: [M] La prima stella della notte #8542
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Situazione molto classica: la vittima che per salvarsi deve risolvere un enigma, che qui è quasi un gioco di parole, uno scherzo amaro che costituisce il finale “a sorpresa” del racconto. Si legge bene, solo due appunti:
    a) all’inizio sembra che ci sia un solo vendicatore, poi si capisce che si tratta di un’intera organizzazione, di cui però non si capiscono bene i contorni, a parte la volontà di redimere i politici;
    b) prendertela proprio con la categoria più odiata del momento, i politici, sa un pochetto di scontato.

    in risposta a: [M] Un ultimo regalo #8541
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    Partecipante

    La protagonista e la sua psicologia, la sua resistenza estrema contro la malattia, il desiderio di lasciare qualcosa di sé sono ben raccontati. Mi ha lasciato invece un po’ interdetta la frase che la ragazza sceglie come ultimo regalo al mondo, mi è venuto da dire: “Tutto qui?”. Inoltre (ma è cosa meno importante) mi sono chiesta perché ha lavorato settimane intere: per scrivere solo quella frase con le bombolette ci voleva così tanto?

    in risposta a: [M] l'Amore brucia #8540
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    La trovata “era tutto un sogno” è talmente abusata da essere di per sé un punto a sfavore di qualsiasi storia. In questo caso però si tratta di “un sogno dentro un sogno dentro un sogno”, e questo continuo sfumare di una realtà (onirica) in un’altra è gradevole e rende il racconto delicato, con un suo sapore. La cosa che non mi è piaciuta è il suicidio finale, che mi è parso un po’ eccessivo, un modo di chiudere in fretta. Forse l’avrei lasciato a sognare.

    in risposta a: [M] Il Faro – Aronica Serena #8539
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    La storia c’è e va tutto bene, fino all’ultimo paragrafo. Lì mi sono venuti alcuni dubbi: perché la luce del faro “vacilla” e il padre deve provvedere a fare luce col fiammifero? E’ chiaro che la luce non deve mai spegnersi per guidare il fantasma della figlia annegata, ma perché si spenga il faro non l’ho ben capito.
    Un piccolo appunto formale: il “tuono gutturale” mi ha lasciata molto perplessa.

    in risposta a: [M] Non spegnetela #8538
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Il racconto è piuttosto inquietante e gradevole da leggere, i dialoghi magari un po’ forzati ma complessivamente a posto. Solo un paio di incertezze, forse solo mie:
    a) dove è andato a finire il papà della bambina? Si è ucciso? E’ morto anche lui?
    b) Non riesco a immaginare bene la scena finale. All’operaio si accende una mano?

    in risposta a: [M] Il centotredicesimo piano #8537
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    L’eterna lotta per il potere qui passa attraverso il possesso di una lampadina. Buoni i dialoghi, la situazione (malgrado le poche battute) è comprensibile, chiara la motivazione di Egon. E’ meno evidente (almeno secondo me) la credibilità “tecnica”: recuperare “quella” lampadina che ancora funziona in “quel” luogo (tra l’altro come mai funziona ancora e proprio lì?) non vuol dire necessariamente avere di nuovo a disposizione l’energia elettrica, quindi il suo ruolo è tutto simbolico, contrariamente a quello che alcune battute dei dialoghi lasciano intendere.

    in risposta a: [M] Dannato – di Francesca Nozzolillo #8535
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    Partecipante

    La ripetizione all’infinito di un “processo” è un’idea di inferno che mi piace. Il racconto regge anche per la forma e per i dialoghi. Suppongo che, tra una sessione e l’altra, il dannato dimentichi tutto: è questo che rende la pena davvero insopportabile, e immagino tu lo sottintenda, anche se sarebbe stato meglio a mio parere dirlo esplicitamente.

    in risposta a: [M] L’ultima spiaggia #8533
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    Partecipante

    Il racconto è molto bello: piano piano, apparentemente divagando, si arriva alla “rivelazione” finale, abbastanza sorprendente e inquietante. La luce ha un ruolo importante e ci resta in mente nell’immagine finale dei due misantropi che si scrutano e si evitano, sospettosi malgrado la solitudine del mondo post-apocalittico e la distanza.

    • Questa risposta è stata modificata 9 anni, 10 mesi fa da Tina Caramanico Tina Caramanico.
    in risposta a: [M] Era d’estate #8517
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Ciao a tutti, sono stata qualche giorno senza connessione e solo ora ho la possibilità di rispondere ai vostri commenti. Innanzitutto vi ringrazio, per la lettura, gli apprezzamenti e i suggerimenti.

    Sul finale: vero che sarebbe stato meglio lavorare sulle sfumature, ma le batture erano veramente poche e non mi bastavano per questo. Del resto volevo anche descrivere un’atmosfera particolare, e ho utilizzato parecchie battute nell’introduzione. Insomma il risultato è un compromesso.

    in risposta a: Tonani Edition: DNA #6543
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Va bene, letto e approvato :-)

    in risposta a: Tonani Edition: L’ora di libertà #6528
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Ciao Linda,

    leggo qui il tuo racconto per la prima volta e mi pare ben scritto. Due soli dubbi:

    1) il guasto dei droni è un evento casuale, ma pare che capiti periodicamente, dato che i protagonisti conservano le riviste sapendo che prima o poi potranno uscire: di cosa vivono le persone non potendo uscire praticamente mai? E come mai ogni tanto la torre di controllo va in tilt? Due parole su queste cose le avrei dette.

    2) il finale è un po’ da tema scolastico, non mi piace e non è in tono con la drammaticità degli eventi. Io toglierei le ultime due righe e finirei con

    I droni sono qui.

    in risposta a: Tonani Edition: Impresa Epica #6526
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Ciao invernomuto,

    il tuo racconto è molto divertente, tanto più divertente per una come me che appena legge mezza pagina di fantasy comincia a sbadigliare. Non so perchè tu sia qui, ma io non ci trovo niente da cambiare al momento, in questo racconto, salvo forse un problema di punteggiatura qua

    E lo teneva alto e fiero, l’impugnatura incantata cinta nel guanto d’armatura, lo sguardo di sfida rivolto all’enorme dragone nero di fronte a lui,

    “La tua stirpe dannata sta per subire un’altra sconfitta, bestia immonda, preparati a dire addio a questo mondo! Io, Aleksandros, porrò fine alla tua vita!”

    Al posto della virgola prima delle virgolette avrei messo due punti.

    • Questa risposta è stata modificata 9 anni, 12 mesi fa da Tina Caramanico Tina Caramanico.
    in risposta a: Tonani Edition: Morte Improvvisa #6525
    Tina Caramanico
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    Ciao Alexandra,

    anche il tuo racconto lo leggo solo ora, dato che eravamo in gironi diversi.

    Allora. Quello che ho capito mi piace, l’idea è intrigante. Però devo dire che molte cose ho fatto fatica a capirle, ho dovuto rileggere una seconda volta. L’idea di semplificare e rendere più evidenti i fatti della storia mi sembra ottima, mi pare che tu sia sulla strada giusta.

    in risposta a: Tonani Edition: Motori e cuori guasti #6524
    Tina Caramanico
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    Ciao Cristina,

    rileggendo mi domandavo se hai fatto già dei cambiamenti rispetto alla versione del contest. In ogni caso, a questa seconda lettura, confermo che l’atmosfera, i personaggi, la situazione sono molto suggestivi, fanno tenerezza e coinvolgono. Continuo a sentire un po’ “stonato” il passato prossimo, preferirei il passato remoto, ma questa è anche una scelta personale.

    Faccio un po’ fatica a cogliere i collegamenti tra queste battute, e anche a capire chi le pronuncia. Non so se continua il colloquio tra i due (ma allora alcune battute mi sembrano slegate dal senso delle battute precedenti) o se intervengono altri (allora sarebbe meglio dirlo) o ancora se sono frasi prese qua e là da una conversazione più lunga (anche se è così, darei qualche indizio per farlo capire).

    “Io un sacco di treni per Sara. Sosteneva che la distanza la soffocasse, che l’uomo della sua vita avrebbe potuto passarle davanti senza che lo vedesse perché era occupata con me.”

    “A casa l’atmosfera è insopportabile. I miei spariscono e poi pretendono di sapere tutto e comandare. Vogliono sapere cosa farò nel futuro e io non so cosa rispondere.”

    “Credo sia stato Peter Pan a dirmi che non era il tempo giusto, dopo un anno non è ancora arrivato. Chissà se è rimasto bambino, mentre io divento vecchia guardando le stelle.”

    in risposta a: Tonani Edition: "Interferenze" #6518
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Ho letto qui per la prima volta il racconto (io ero in un altro girone) e devo dire che mi è piaciuto proprio. Non cambierei nulla, o più nulla, visto che hai già fatto delle modifiche dopo il contest.

    L’unico elemento all’apparenza poco verosimile, il tono dei dialoghi dei due morituri, in realtà ci sta benissimo con l’atmosfera onirica che si crea: la terra che tramonta, il silenzio… Quindi per me va bene così.

     

    in risposta a: Tonani Edition: DNA #6496
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Grazie a tutti i commentatori che insistono per una trilogia (vero Adry666? Mi hai quasi convinto 😀 ) e che mi consolidano nella decisione di restare sulla prima versione, sperando che sconfinferi anche l’Antico.

    Grazie a invernomuto per la riflessione sul pdv. Resto dell’idea che da questo personaggio sia meglio tenere un po’ le distanze (pdv interno, perlopiù, ma narratore esterno); troppa immedesimazione (immagino che tu intendessi un narratore in prima persona, un flusso di coscienza o un monologo) lo avrebbe reso più, come dire, “caldo”, e invece volevo un personaggio freddissimo; d’altro canto usare un narratore e un pdv esterno avrebbero reso difficile entrare nella sua testa almeno quel poco che serviva per capire il senso della storia. Comunque non sei il primo che si lamenta di questa cosa, quindi ci devo riflettere seriamente.

    Domani o dopo (appena ho un po’ di tempo buono) vengo a leggere i vostri racconti. E ora (rullino le trombe)

    CONVOCO L’ ANTICO!

    in risposta a: Tonani Edition: DNA #6365
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    Partecipante

    Rileggendo la mia risposta, mi rendo conto che ha un tono un pochetto duro; in verità ieri avevo pochissimo tempo e mi è uscita una cosa così, chiedo scusa a Devon :-)

    Quello che volevo dire in verità è che ho considerato i tuoi suggerimenti, ho provato ad applicarli al racconto e alla fine, tutto sommato, ho pensato che (per i motivi che ti spiegavo sopra) era meglio non cambiare quelle cose.

    Prometto di essere più gentile con gli eventuali prossimi commentatori, sempre che non mi facciano arrabbiare fuori di qui, nel maledetto mondo reale 😉

     

    in risposta a: Tonani Edition: DNA #6321
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Ciao Devon, grazie per i suggerimenti. Penso tuttavia che la prima persona in questo racconto non vada bene, dato che nel tizio non ci dobbiamo immedesimare, è meglio che lo guardiamo un po’ dall’esterno, considerato che è un anaffettivo. Le ripetizioni sono volute (le prime che citi) o obbligatorie, “aveva” è un ausiliare. I “capelli biondi” fanno il paio con le “mani forti”, se lo tolgo la frase si azzoppa. Sullo scriverci dell’altro assolutamente no, quello che dovevo dire sta già tutto qui 😀

    (A scuola i professori avrebbero detto che potrei fare molto di più, ma non mi applico 😉 )

    in risposta a: Tonani Edition: DNA #6317
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Se ci sono altri pareri va benissimo, purchè non mi chiedano di riscriverlo sotto forma di trilogia, che non ci sono portata 😀

     

    in risposta a: [A] DNA #6113
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    Partecipante

    Ehm, dov’è il lab?

     

    in risposta a: [A] DNA #5937
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    Partecipante

    Ciao Gian, ciao Alberto. Vi ringrazio per la lettura e per le osservazioni. Sul fatto che il tema non sia centrato ovviamente dissento, ma è chiaro che il lettore, come il cliente, ha sempre ragione :-)

    in risposta a: [A] DNA #5607
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    Ciao Giulio, grazie. La sorpresa in effetti non voleva essere che il tipo lasciasse del DNA sul luogo del delitto (altrimenti non gli avrei dato quel titolo 😉 ), ma come e perchè; insomma “il guasto” al centro della storia è la pietà che lo prende per un attimo, non il fatto che gli cada un capello, però pare che tra i lettori prevalga l’altra lettura (forse perchè è quella più legata al genere e quindi “troviamo l’assassino” prevale su tutte le altre suggestioni). Pensa che invece io la storia del capello non ce la volevo neppure mettere. Se avessi tolto le righe “Mentre si rialzava un capello biondo, uno solo, restò impigliato nel bottone della giacca di lei: fu uno strappo impercettibile.” forse si capiva meglio il senso del racconto.

    in risposta a: [A] DNA #5532
    Tina Caramanico
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    Partecipante

    Grazie Francesca, in effetti in un racconto così breve le cose si possono solo accennare: io ci avevo provato, ad accennare che la vittima era una sconosciuta abbordata quella sera (Non era stato difficile: accostarsi a lei con una scusa…) e che lui lo fa solo perchè ha voglia di un’emozione speciale, per provare, per sentirsi superiore alla massa (Ciò che doveva fare l’aveva fatto, lui c’era riuscito, mica come tutti quei cagasotto dei suoi amici. Aveva desiderato una cosa e l’aveva fatta.). La pietà è un attimo, solo un “guasto” casuale, appunto.

    Grazie Francesca Nozzolillo, in effetti lui torna indietro non perchè prova pietà ma per curiosità, vuole vedere come sono diventati gli occhi della ragazza dopo la morte (o mentre muore): “pensò solo i suoi occhi, com’erano diventati morendo. E’ solo una curiosità che mi voglio togliere, si disse, voglio fare tutto stasera.” ; la pietà è un sentimento che si fa strada all’improvviso e lo sorprende.

    Comunque se non si capisce nel racconto, non si capisce. Tutte queste spiegazioni a posteriori servono a niente :-)

    in risposta a: [A] DNA #5463
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    Ciao Cristina, grazie per la lettura e le osservazioni. Certo una storia, per quanto essenziale, racchiusa in 3000 battute finisce per essere vertiginosamente rapida :-) Confusa però non dovrebbe essere, la cosa mi preoccupa: cosa non si capisce? Per quanto riguarda il ritorno quasi immediato all’indifferenza, proprio perché è un assassino che ha ucciso a sangue freddo e per il piacere di farlo me lo sono immaginato incapace di provare empatia; in questo caso “il guasto” per lui è provare per qualche attimo le emozioni di un essere umano “normale”, per poi tornare alle sue modalità di funzionamento consuete.

    Ciao lailmil, grazie anche a te per il commento. Per quanto riguarda l’accezione di “guasto” in questo racconto, nelle mie intenzioni era soprattutto l’attimo di pietà ed empatia che si fa strada inspiegabilmente nella mente dell’assassino, a cui normalmente questi sentimenti sono estranei (vedi la risposta che ho dato sopra a Cristina); il fatto che questa breve “anomalia” lo conduca a lasciare la traccia che poi lo inchioderà è un modo di rafforzare l’idea, ma non era per me “il guasto” vero e proprio. Sulla seconda osservazione devo dirti che hai ragione, in effetti in pdv è interno per tutto il racconto tranne che nel punto che hai individuato. Essendo però un pdv interno con un narratore in terza persona, spero che il cambio non sia troppo fastidioso, come lo sarebbe con un narratore in prima persona. Diciamo che trattasi di un narratore esterno con pdv variabile, così salviamo capra e cavoli :-)

    in risposta a: [A] Equilibrio precario #5460
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    Mi ha dato un po’ l’idea di una chiacchierata in cui non si sa bene dove si vuole andare a parare: poi ho letto che hai cercato di allungare il racconto per arrivare alle battute che, erroneamente, pensavi fossero richieste. In effetti tutta la prima parte poteva tranquillamente essere condensata. Il finale non mi sembra all’altezza dell’idea centrale, quella del tatuaggio che compare ossessivamente su persone diverse: l’idea mi è piaciuta, l’ho trovata affascinante e inquietante, ma credo tu abbia sfruttato solo a metà la bella suggestione.

    in risposta a: [A] Il carrozziere di fiducia – Francesca Di Galbo #5459
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    Non mi è chiarissimo quando il protagonista si addormenti e cominci a sognare; comunque ritrovarlo alla fine del racconto addormentato è abbastanza irritante, quello di “Sorpresa! Era tutto un sogno” è un espediente narrativo abbastanza ingenuo e sicuramente abusato. Insomma, non mi ha convinto del tutto.

    in risposta a: [A] Zumba Dumba Dumba #5457
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    L’inizio è intrigante: ci si chiede cosa combinerà questo satanista sfigato e ci si aspetta che tutto il rito vada a finire in farsa. Quando invece poi la ragazza muore davvero (perchè muore davvero, no?), tutta la burletta stride con questo dato che comico non può essere. Inoltre il finale arriva un po’ troppo bruscamente e la psicologia del protagonista è un poco ballerina: all’inizio è agitato, poi si compiace della violenza e poi ancora torna ansioso, e infine dopo l’omicidio pensa a Ibiza; non so, non mi pare verosimile.

    in risposta a: [A] Motori e cuori guasti – Cristina Danini #5455
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    Il meglio del racconto è, a mio parere, l’atmosfera delicata e malinconica che sei riuscita a evocare. Qualche indecisione coi tempi verbali: la sera (quale sera? La prima? Tutte le sere della vacanza?) “abbiamo parlato”, dopo l’imperfetto e il trapassato mi sarei aspettata piuttosto un passato remoto. I dialoghi non sono sempre chiarissimi, sembrano esserci dei salti logici tra le battute. O sono io che dovrei farmi un caffè? :-).

    in risposta a: [A] Quel cielo color cobalto #5454
    Tina Caramanico
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    Il racconto è, per i miei gusti, un po’ troppo buonista: la psicologia del terrorista che si rifà delle sue frustrazioni e che poi si redime guardando Chagall mi è sembrata un po’ ingenua e semplificata. Dal punto di vista stilistico, mi pare che il monologo interiore sia reso in modo troppo “pulito” e ordinato per farci immedesimare in un terrorista sul punto di compiere un attentato in cui, tra l’altro, dovrebbe perdere lui stesso la vita.

    in risposta a: [A] Caligine #5453
    Tina Caramanico
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    E’ gradevole da leggere, ma la storia sembra essere più fuori (prima e dopo) che dentro (durante) il racconto. Il racconto in sé, tolta la premessa e il finale aperto, dice poco; in particolare il guasto al treno appare abbastanza irrilevante, cosa cambia nel destino del protagonista? Era comunque un disertore e un fuggitivo, e se anche il treno non si fosse guastato sarebbe lo stesso scomparso non si sa dove…

    in risposta a: [A] L’arduo compito – Giulio Marchese #5452
    Tina Caramanico
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    Confesso che la battuta finale non l’ho capita subito, e quando l’ho capita la reazione non è stata di divertimento, ci sono rimasta delusa. Tutta quella tensione, narrativamente così ben costruita (è il punto forte del racconto), poi esita in uno scherzetto abbastanza “cheap”, che non giustifica tutta l’ansia del protagonista, a meno che la moglie non lo abbia minacciato di morte se, al suo rientro, non troverà la cucina in ordine: può darsi l’abbia fatto, ma allora forse era meglio se ce lo dicevi esplicitamente :-)

    in risposta a: [A] IL DIGICALL CENTER #5451
    Tina Caramanico
    Tina Caramanico
    Partecipante

    Racconto divertente, ben architettato: per riparare il guasto e fermare il robot bisogna prima riuscire a farsi dire la procedura facendo lo slalom al telefono tra i vari operatori androidi, non meno impenetrabili di quelli umani. Realistici i dialoghi, se così li possiamo chiamare, salvo che se ti tagliano un braccio non puoi certo riferire l’accidente con quella calma serafica. Quasi superflua la barzelletta finale.

    in risposta a: [A] COME UNA STELLA CHE SORGE di Alberto Priora #5450
    Tina Caramanico
    Tina Caramanico
    Partecipante

    In questo racconto c’è un mondo, una situazione ricca e interessante, e una storia con un prologo e un finale degno di questo nome: questa è la buona notizia. La notizia così così è che l’ho dovuto rileggere due volte e comunque certi particolari mi restano un po’ oscuri: che vuol dire esattamente “tramandata dal dna originale, legato in esclusiva con la sua doppia elica a quel cuore meccanico”? Forse vuol dire semplicemente che il pilota attuale è discendente di quello originario? Insomma, alcune espressioni mi paiono inutilmente contorte. A parte questo, il miglior racconto del nostro gruppo, secondo me.

    in risposta a: ABRADABAD: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #5448
    Tina Caramanico
    Tina Caramanico
    Partecipante

    Buongiorno carissimi. La premessa è: nei commenti mi sono soffermata più sui punti a mio parere discutibili che sui pregi dei racconti, perché penso che siano più utili le critiche degli elogi. I complimenti ve li faccio qui, collettivi: le idee erano tutte originali e mi sono divertita a leggere tutti i racconti. Grazie

    1. Alberto Priora, “Come una stella che sorge”

    In questo racconto c’è un mondo, una situazione ricca e interessante, e una storia con un prologo e un finale degno di questo nome: questa è la buona notizia. La notizia così così è che l’ho dovuto rileggere due volte e comunque certi particolari mi restano un po’ oscuri: che vuol dire esattamente “tramandata dal dna originale, legato in esclusiva con la sua doppia elica a quel cuore meccanico”? Forse vuol dire semplicemente che il pilota attuale è discendente di quello originario? Insomma, alcune espressioni mi paiono inutilmente contorte. A parte questo, il miglior racconto del nostro gruppo, secondo me.

    2. Gian de Steja,“Il Digicall Center”

    Racconto divertente, ben architettato: per riparare il guasto e fermare il robot bisogna prima riuscire a farsi dire la procedura facendo lo slalom al telefono tra i vari operatori androidi, non meno impenetrabili di quelli umani. Realistici i dialoghi, se così li possiamo chiamare, salvo che se ti tagliano un braccio non puoi certo riferire l’accidente con quella calma serafica. Quasi superflua la barzelletta finale.

    3.  Giulio Marchese, “L’arduo compito”
    Confesso che la battuta finale non l’ho capita subito, e quando l’ho capita la reazione non è stata di divertimento. Tutta quella tensione, narrativamente così ben costruita (è il punto forte del racconto), poi esita in uno scherzetto abbastanza “cheap”, che non giustifica tutta l’ansia del protagonista, a meno che la moglie non lo abbia minacciato di morte se, al suo rientro, non troverà la cucina in ordine: può darsi l’abbia fatto, ma allora forse era meglio se ce lo dicevi esplicitamente.

    4. Sara Passannanti, “Caligine”
    E’ gradevole da leggere, ma la storia sembra essere più fuori (prima e dopo) che dentro (durante) il racconto. Il racconto in sé, tolta la premessa e il finale aperto, dice poco; in particolare il guasto al treno appare abbastanza irrilevante, cosa cambia nel destino del protagonista? Era comunque un disertore e un fuggitivo, e se anche il treno non si fosse guastato sarebbe lo stesso scomparso non si sa dove…

    5. Alessandra Corrà, “Quel cielo color cobalto”
    Il racconto è, per i miei gusti, un po’ troppo buonista: la psicologia del terrorista che si rifà delle sue frustrazioni e che poi si redime guardando Chagall mi è sembrata un po’ ingenua e semplificata. Dal punto di vista stilistico, mi pare che il monologo interiore sia reso in modo troppo “pulito” e ordinato per farci immedesimare in un terrorista sul punto di compiere un attentato in cui, tra l’altro, dovrebbe perdere lui stesso la vita.

    6. Cristina Danini, “Motori e cuori guasti”
    Il meglio del racconto è, a mio parere, l’atmosfera delicata e malinconica che sei riuscita a evocare. Qualche indecisione coi tempi verbali: la sera (quale sera? La prima? Tutte le sere della vacanza?) “abbiamo parlato”, dopo l’imperfetto e il trapassato mi sarei aspettata piuttosto un passato remoto. I dialoghi non sono sempre chiarissimi, ci sono dei salti logici tra le battute.

    7. Francesca Nazzolillo, “Zumba Dumba Dumba”
    L’inizio è intrigante: ci si chiede cosa combinerà ancora questo satanista sfigato e ci si aspetta che tutto il rito vada a finire in farsa. Quando invece poi la ragazza muore davvero (perché muore davvero, no?), tutta la burletta stride con questo dato che comico non può essere. Inoltre il finale arriva un po’ troppo bruscamente e la psicologia del protagonista è un poco ballerina: all’inizio è agitato, poi si compiace della violenza e poi ancora torna ansioso, e infine dopo l’omicidio pensa a Ibiza; non so, non mi pare verosimile.

    8. Francesca Di Galbo, “Il carrozziere di fiducia”
    Non mi è chiarissimo quando il protagonista si addormenti e cominci a sognare; comunque ritrovarlo alla fine del racconto addormentato è abbastanza irritante, quello di “Sorpresa! Era tutto un sogno” è un espediente narrativo abbastanza ingenuo e sicuramente abusato. Insomma, non mi ha convinto del tutto.

    9. Violett83, “Equilibrio precario”
    Mi ha dato un po’ l’idea di una chiacchierata in cui non si sa bene dove si vuole andare a parare: poi ho letto che hai cercato di allungare il racconto per arrivare alle battute che, erroneamente, pensavi fossero richieste. In effetti tutta la prima parte poteva tranquillamente essere condensata. Il finale non mi sembra all’altezza dell’idea centrale, quella del tatuaggio che compare ossessivamente su persone diverse: l’idea mi è piaciuta, l’ho trovata affascinante e inquietante, ma credo tu abbia sfruttato solo a metà la bella suggestione.

    p.s. Spero tanto che qualche fatina dell’impaginazione e qualche maghetto della formattazione stanotte intervengano a sistemare il mio testo; mi spiace ma io su questo forum non riesco a capire cosa sbaglio e perchè mi viene fuori ‘sto schifo. Ma imparerò :-)

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