Fuoco e smeraldo

Fuoco e smeraldo

Mi scaraventò sul letto. Come avevo fatto a finire in quella situazione lo sapevo benissimo. Quello che non riuscivo a spiegarmi era come le cose mi si fossero rivoltate contro senza che io me ne potessi accorgere. Ero andato là per catturarla, torturarla e poi ucciderla. E ora mi ritrovavo sdraiato sulla schiena con lei che mi strisciava fra le gambe.
Sarà stata colpa di quei capelli rosso fuoco, che le cadevano scompigliati lungo la schiena fino a sfiorarle il sedere. O forse di quelle unghie come artigli affilati che avevano straziato tanti altri uomini e che ora graffiavano il tessuto dei miei jeans.
Mi appoggiai sui gomiti e cercai di indietreggiare, ero ancora in tempo a liberarmi di lei, mi sarebbero bastate due parole. Ma le sue mani mi afferrarono le cosce e scivolarono più su, bloccandomi il respiro.
A che gioco voleva giocare? Aveva fatto la stessa cosa con tutti gli altri?
Mi guardai intorno, il borsone con il fucile e tutto il resto delle armi che mi portavo sempre appresso erano confinati in un angolo, alle sue spalle.
Le sfuggì una risatina. Dannata, riusciva a prevedere ogni mia mossa. Era furba, ma io non mi sarei lasciato abbindolare come quelli prima di me.
«Rilassati» mi disse. La sua voce profonda e seducente mi riempì la testa, la sentii penetrare attraverso tutte le mie difese, anni e anni di allenamento e di autocontrollo mandati a farsi fottere con una sola maledetta parola. E le sue mani. Le sue mani che continuavano a muoversi, a strofinarsi contro le mie cosce, su e giù. Su e giù. Le fissai come ipnotizzato. Scivolarono fino all’inguine, poi di nuovo se ne allontanarono. Cercai di distogliere lo sguardo, ma tutto intorno a me sembrò sfuocato, tranne i suoi occhi. Verdi smeraldo, profondi, taglienti. Mi stava risucchiando nel suo mondo. Le sue labbra si mossero, stava parlando, ma ormai non la sentivo più. Carnose, sensuali. Peccaminose. Sorridevano, no, mi deridevano.
Poi una cascata rossa le ricoprì il volto e lei si piegò su di me. Iniziai ad ansimare, mentre sentivo le sue mani bollenti afferrarlo. E quando se ne riempì la bocca, l’intero corpo mi si paralizzò. Un attimo dopo stavo affondando le dita fra i suoi capelli.
La fine, pensai. Ero andato là per vendicare tutti gli altri, ma l’avevo sottovalutata. Se solo fossi riuscito a pronunciare almeno quelle due parole. Due semplici parole. Forse avrei avuto il tempo di recuperare il borsone.
Vade retro.
No, continua.

Naviga fra i raccontiShort stories navigation

Silver

Lucia, Silver, Sil: ho tanti nomi e tante passioni. Potrei dire che prima su tutte viene la scrittura, ma vi mentirei. Mi piace comunicare, ecco. Amo il cambiamento e mi affascinano le sfide. Che altro dirvi? Sono portata per le lingue. Di fuoco. All'inferno. Insieme ai demoni. E... ops sto divagando!


Lascia una risposta